CAPITOLO II: Agatha Christie: la regina del Golden Age Mystery
2.1 Biografia e opere
Agatha Christie non è solo la più prolifica scrittrice di gialli al mondo, ma anche forse la più letta e famosa, persino in ambito teatrale e cinematografico, oltre che editoriale. Si conta che i suoi romanzi siano stati tradotti in oltre cento lingue e che la loro diffusione sia stata, per svariati decenni, superata solo dalla Bibbia e dalle opere di Shakespeare.
Questo tuttavia dice poco o nulla sulle qualità della sua vasta produzione, spesso trascurata dalla critica accademica, fino a epoche molto recenti più attenta alla biografia della Christie, agli eventi della sua vita privata e all’analisi di lei come personaggio, che non alla sua opera. Ciò si spiega probabilmente alla luce del diffuso pregiudizio legato al genere della
detective fiction, ritenuta tendenzialmente di largo consumo e letteratura di intrattenimento.
La Queen of Mystery inglese, il cui nome di battesimo era Agatha Mary Clarissa Miller, nacque il 15 settembre del 1890 a Torquay, nel Devonshire. Terzogenita di padre americano, che morì quando lei aveva undici anni, e madre inglese, Agatha si formò in una famiglia della upper class di provincia, le cui risorse economiche andavano in quegli anni esaurendosi. Visse un’infanzia piuttosto solitaria, durante la quale fu educata in casa dalla madre, nonostante spesso la scrittrice abbia ricordato, nelle rare interviste e alcuni scritti, come questo periodo fosse stato il più felice della sua vita, al riparo dalle ansie della modernità. Durante l’adolescenza studiò pianoforte e canto lirico a Parigi, ma abbandonò abbastanza presto l’aspirazione a diventare cantante, non giudicandosi all’altezza e facendo ritorno in Inghilterra nel 1910. Figure di particolare rilevanza nella vita dell’autrice furono una nonna e una zia con cui era solita passare dei pomeriggi di svago e organizzare gite a Ealing, nella zona ovest di Londra, esperienze che la ispireranno per delineare la figura di Miss Marple. Il periodo gioioso dei suoi anni giovanili risulta dunque decisivo per la formazione della sua personalità, che aveva alla base un carattere timido e riservato. Furono per prima la madre, e in seguito la sorella, divenuta anche lei autrice, a incoraggiarla a scrivere racconti, o anche poesie, alcune di queste pubblicate dalla Poetry Review per mezza ghinea.
Poco dopo l’inizio della prima guerra mondiale, nel 1914, la Christie sposò l’ufficiale dell’esercito Archibald Christie, che venne presto inviato in Francia per prestare servizio
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come colonnello; coinvolta dagli eventi della guerra, anche lei decise di entrare a far parte del Voluntary Aid Detachment e, dopo aver conseguito il diploma di infermiera, svolse questa missione per quattro anni nel Red Cross Hospital di Torquay, esperienza che la arricchì umanamente e sul piano delle conoscenze in fatto di anatomia umana, ma soprattutto di classificazioni di veleni, elemento ricorrente nei suoi romanzi1.
Sia lei che la sorella maggiore (Margaret), avide lettrici sin dall’infanzia, mostrarono, in quegli stessi anni, un particolare interesse verso il poliziesco e la serie di Sherlock Holmes. Nel 1915, la sfida lanciata dalla sorella sullo scrivere un buon giallo e le pressioni finanziare dei Christie, che vissero alcuni anni di povertà tra guerra e dopoguerra, portarono l’autrice a concepire un nuovo tipo di investigatore, sulla scia di Holmes. A ciò si accompagnò la pubblicazione di The Mysterious Affair at Styles (1920), che vide la luce grazie a John Lane della Bodley Head di Londra, dopo il rifiuto di sei case editrici.
La storia è ambientata nel set preferito dalla Christie e dagli esponenti del Golden Age
Mystery, cioè una tranquilla casa di un villaggio rurale, e ha per protagonista un detective
tanto intelligente quanto bizzarro: il belga Hercule Poirot, uomo anziano, ex poliziotto, basso, paffuto e calvo, e per questo descritto con una “testa d’uovo” e con due lunghi baffi scuri poco comuni alle usanze inglesi. Poirot appare sempre vestito in modo curato e meticoloso, scarpe di vernice comprese, anche se in realtà le calzature sono sempre troppo strette. Christie affermò di aver riflettuto sulla notizia dell’arrivo di alcuni rifugiati belgi in terra inglese durante i primi anni della guerra, plasmando di riflesso il suo personaggio.
Si nota però, immediatamente, la presa di distanza della Christie dall’archetipo holmesiano attraverso il fermo rifiuto di Poirot di fare ricorso alla scienza, a strumenti e tecnologie; piuttosto, egli si adopera a far lavorare le sue “cellule di materia grigia” e ad osservare e interrogare gli indiziati, convinto del fatto che, nel momento in cui egli presterà particolare attenzione alle loro affermazioni e alle loro menzogne, potrà scorgervi anche la verità. Poirot si discosta dalla tradizione dei detectives precedenti anche a livello psicologico: se tutti, o quasi tutti, gli scrittori del genere avevano invariabilmente mostrato la tendenza a riproporre la figura di un detective eroico. Poirot incarna invece, molto spesso, la nota comica dei romanzi di cui è protagonista. Oltre a peculiarità dell’aspetto fisico, egli è raffigurato come ridicolo per il suo profilo di uomo egocentrico, vanitoso e presuntuoso. Anche l’accento marcatamente straniero (francese) e l’impiego di parole inusitate sono
1 Per le informazioni bibliografiche, si vedano: Merja Makinen, “Agatha Christie (1890-1976)”, in Charles
Rzepka, Lee Horsley (eds), A Companion to Crime Fiction, Malden, Wiley-Blackwell, 2010, pp. 415-426; Emma Ercoli, Agatha Christie, Imola, La Nuova Italia, 1978.
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elementi che porteranno la Christie stessa a porre il suo protagonista sotto una luce critica, su un gradino inferiore rispetto alla ben più amata Miss Marple.
The Mysterious Affair at Styles è un romanzo dalla trama fitta, con numerosi dialoghi,
impressioni e indizi disseminati nella narrazione. Dal canto suo, Poirot si mostra in grado di sciogliere perfettamente i nodi di questa trama in modo dinamico e brillante, facendo ricorso a intuito e analisi psicologica. Il successo dell’opera portò alla composizione dei romanzi successivi: The Secret Adversary (1922), The Murder on the Links (1923), The Man in the
Brown Suit (1924) e The Secret of Chimneys (1925). Di questi, solo la seconda opera gravita
intorno a un’impresa di Poirot, mentre gli altri sono storie al centro delle quali si pongono intrighi internazionali e gioielli scomparsi. Il vero successo di pubblico giunse nel 1926, con la pubblicazione di The Murder of Roger Ackroyd, romanzo per certi versi aderente alle tradizionali convenzioni del genere consolidatesi negli anni Venti, come la morte della vittima in un luogo chiuso, oppure la messa a disposizione al lettore di una cartina del luogo principale in cui si svolge la trama, utile per tenere a mente indizi e passaggi narrativi che riguardano il contesto dell’assassinio. Ciò che però contraddistingue questo poliziesco dagli esempi precedenti, e che lo ha subito reso celebre tra i critici e gli appassionati di gialli, è la dinamica riguardante l’individuazione del colpevole: il dottor Sheppard, narratore stesso della storia, divenuto amico e assistente di Poirot nell’indagine, finisce per coincidere con l’omicida, “tradendo” l’orizzonte di aspettative dei narratari e rivelandosi un narratore palesemente inattendibile. Il fatto che il narratore sia allo stesso tempo l’assassino, e che ciò sia tenuto nascosto al narratario (e al lettore) fino alla fine, può risultare comprensibile e accettabile dalla critica odierna del poliziesco, ma rappresentò allora una scelta assai rivoluzionaria, che violava una delle regole fondamentali formulate dal Knox Decalogue (1929), un insieme di norme volte a codificare il giallo di tipo deduttivo; il decalogo fu compilato da Ronald A. Knox e pubblicato per la prima volta nell'introduzione alla raccolta The Best Detective Stories of 1928-29 (1929). Tali regole dovevano appunto essere rigorosamente rispettate per consentire ai lettori di giungere alla soluzione dell'enigma. Christie venne dunque “accusata” dalla critica di non giocare onestamente con il pubblico (al quale veniva impedito di scoprire l’identità del colpevole) e di essersi allontanata dalla tradizione del fair-play, che, come si è visto nel capitolo precedente, avrebbe continuato a prosperare in modo cospicuo in Inghilterra e oltreoceano. Tra i sostenitori della Christie si contarono però vari autori, come la contemporanea Dorothy Sayers, la quale ribadì che non era compito degli scrittori, quanto dei lettori, “dubitare” di tutti i personaggi, senza lasciarsi
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trasportare dalla simpatia che può nascere per il personaggio narrante, il cui sguardo e la cui prospettiva sono il nostro tramite per “vedere” l’azione.
Il successo conseguito dal romanzo del 1926 pose Christie al centro dell’attenzione della critica letteraria, ma ben presto l’autrice lo sarebbe stata anche per l’ambito mediatico: nel dicembre dello stesso anno, ella fu infatti protagonista di una misteriosa sparizione. Il 7 dicembre la polizia britannica e alcuni giornali, come il Times e il Daily Mail, annunciarono la scomparsa di Agatha Christie a seguito di un allontanamento volontario in automobile, veicolo ritrovato poi abbandonato. La donna divenne, per circa una settimana, oggetto di una ricerca condotta a livello nazionale da parte di forze di polizia e ammiratori. Emerse inoltre che la scrittrice, prima di scomparire, aveva scritto tre lettere, indirizzate rispettivamente alla segretaria, al cognato e al marito; il contenuto di quest’ultima missiva venne analizzato dalla polizia, che trovò ragioni sufficienti per sospettare il colonnello Christie di omicidio. Nove giorni più tardi, la scrittrice fu invece trovata fortunatamente viva in un albergo di Harrogate, nello Yorkshire, dove si era registrata sotto falso nome. I medici che la esaminarono dichiararono che sarebbe stata colpita da amnesia, probabilmente dovuta a un forte shock emotivo o un crollo nervoso2.
Facendo un passo indietro, si può sostenere che gli avvenimenti che portarono a tutto ciò siano stati soprattutto due: in primo luogo, il decesso della madre di Agatha, da tempo malata, ma rimasta la sua speciale confidente e il suo maggior supporto emotivo, dopo la morte della quale la scrittrice precipitò in un periodo di depressione; il secondo motivo, più legato a doppio filo con la vicenda della sparizione, fu la richiesta di divorzio avanzata dal marito, che aveva già deciso di sposare un’altra donna, Miss Nancy Neele, con la quale, secondo alcune voci di corridoio, la sera stessa dell’allontanamento della Christie egli stava festeggiando il fidanzamento a casa di amici comuni. Alla preoccupante situazione della perdita di memoria va aggiunto che il nome della “other woman” affiorò nelle cronache anche perché il falso nome che la Christie aveva utilizzato in albergo era proprio quello di Miss Neele. Dopo il ritrovamento, l’autrice fu portata nella dimora della sorella, dove, sotto la cura di alcuni dottori, si tenne per un certo periodo lontana dalle conseguenze scatenate dal caso mediatico.
Grande fu lo sdegno di alcuni, che giudicarono l’avvenimento come una mera bravata pubblicitaria finalizzata a incentivare l’interesse per i romanzi successivi, teoria che, d’altro canto, indignò profondamente i moltissimi ammiratori di Christie. L’episodio restò
2 Per ulteriori informazioni, si veda: Derrick Murdoch, The Agatha Christie Mystery, Toronto, Pagurian Press
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comunque venato di mistero e lasciò delle ombre in merito al comportamento della scrittrice: ai testimoni in albergo la donna era apparsa gioiosa e tranquilla durante tutta la sua permanenza. Ella era inoltre arrivata nella struttura con una grande quantità di denaro, cosa che insospettì, come se ciò fosse parte di una pianificazione consapevole. Numerose restano le teorie formulate dai critici sull’evento, la più plausibile delle quali sembra essere quella di Edgar Wallace, poi ripresa da Maida e Spornick: il gesto di Christie fu probabilmente una reazione, dalle sfumature forse vendicative, contro coloro che ne causarono lo stato di sofferenza; alla luce della depressione e della richiesta di divorzio, è possibile ipotizzare che ella si fosse inconsciamente proiettata nella donna ora amata dal marito, o che avesse voluto “punire” di proposito il marito e la donna, legando i loro nomi allo scandalo3.
La vicenda ha acquisito una dimensione letteraria per mano della Christie stessa in
Unfinished Portrait (1934), romanzo dove l’eroina reagisce al piano disonesto del marito
fedifrago, o comunque al tentativo dell’uomo di portarla verso la pazzia e il suicidio; si tratta di un’opera che mescola realtà e immaginazione con al centro temi che la scrittrice continuerà a utilizzare spesso nella sua produzione successiva, come le identità nascoste o i finti suicidi (che mascherano, in realtà, degli omicidi). La perdita di memoria legata al trauma e a tragici avvenimenti sarà, inoltre, la tematica di uno degli scritti pubblicati dalla Christie con lo pseudonimo di Mary Westmacott, ossia Giant’s Bread (1930). Quale che fosse la verità dietro alla sua sparizione, Christie, per tutti gli anni successivi, si mantenne scrupolosamente lontano dal farne parola, compreso il suo scritto postumo, An
Autobiography (1976). Tale esperienza la indusse anche a evitare o limitare i contatti con i
giornalisti.
Il primo, infelice matrimonio, dal quale nel 1919 era nata la figlia Rosalind, si concluse con un divorzio sancito nel 1928; poco dopo, il colonnello Christie sposò Miss Neele e, due anni dopo, anche la scrittrice si risposò con l’archeologo Max Edgar Mallowan, di quattordici anni più giovane, che diverrà in seguito professore di Archeologia Asiatica Occidentale all’Università di Londra, e che Christie accompagnerà nei suoi numerosi viaggi e spedizioni in Medio Oriente. Negli stessi anni, l’autrice scrisse altre opere legate alla figura di Poirot, come The Big Four (1927), romanzo che si avvicina più ad un thriller che non a un poliziesco tradizionale, poiché l’investigatore e l’amico-assistente Hastings si ritrovano a lottare contro gli intrighi di un’organizzazione internazionale, a rischio della loro stessa vita. Seguirono The Mystery of the Blue Train (1928), Peril at End House (1932), Lord
3 Per ulteriori informazioni, si consulti: Patricia Maida and Nicholas Spornick, Murder She Wrote, Bowling
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Endgware Dies (1933), ma anche gialli di altro tipo, come The Seven Dials Mystery (1929), The Sittaford Mystery (1931), Why Didn’t They Ask Evans? (1934), e un detective novel in
cui fa la sua prima apparizione Miss Marple, The Murder at the Vicarage (1930). Sul personaggio di questo detective in gonnella è utile soffermarsi per comprendere meglio alcune caratteristiche dei romanzi e dello stile di Christie. Miss Jane Marple non solo è una figura considerata dalla stessa scrittrice meno “artificiale” di Poirot, ma risulta anche una creazione più nuova e “giocosa”, che non va a immettersi nelle fila dei detectives infallibili, sicuri di sé e anche un po' arroganti, che da Dupin avevano portato a Holmes e ad altre tipologie analoghe. Questa investigatrice amatoriale si presenta, nella serie di romanzi che Christie le dedicherà, come una signora dai modi affabili, piena di vitalità e interessi; oltretutto, i delitti con cui è alle prese non le fanno certo soffrire la solitudine. Ella è descritta alta e magra, perspicace, fragile e decisa al contempo, con svariate passioni tipicamente in linea con la sua età avanzata e il suo status sociale, come il giardinaggio, il lavoro a maglia, il rituale del tè con le amiche. Miss Marple mostra però anche una sfrenata passione per i segreti e la detection dei delitti, tanto da vederla capace di risolvere, prima della polizia o in collaborazione con essa, i complicati omicidi perpetrati nel tranquillo villaggio di campagna di St Mary Maud, ambientazione tipica del Golden Age Mystery, ma anche elemento particolare in Christie perché, rispetto agli esponenti di tale corrente, le sue atmosfere risaltano maggiormente per la tranquillità e i ritmi lassi, nonostante la materia trattata sia cupa e angosciosa. Gli ambienti semplici e familiari del villaggio, con la sua chiesa, la locanda e i villini in stile georgiano, in una società conservatrice e attenta al pettegolezzo, perdono quasi la consistenza realistica per caricarsi di sfumature maliose4. Come la “dolce vecchina”, anche St Mary Maud è raffigurazione di una generazione non più al passo con i tempi, ma di matrice vittoriana, calata in un’atmosfera crepuscolare minacciata dall’arrivo del “progresso” e, tuttavia, meno esposta alle moderne innovazioni, poiché le vecchie abitudini rurali resistono più a lungo.
Il metodo di indagine di Miss Marple non è totalmente dissimile da quello di Poirot, seppur emergano alcune basilari differenze; spesso, Miss Marple riesce a riflettere e comprendere le dinamiche di un caso stando seduta in poltrona a sferruzzare, usando l’ingegno proprio come avveniva per Dupin. Ma le informazioni raccolte le sono giunte non tramite giornali o la ricerca sul campo da parte di un assistente, bensì, il più delle volte, dal suo essere presente vicino alla zona del reato, raccogliendo di conseguenza informazioni da
4 Per approfondimenti, si rimanda a: Lydia Kyzlinkovà, “Social Issues in Agatha Christie’s Mysteries: Country,
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amici e conoscenti, notizie che giungono dalla polizia stessa o addirittura dalle sue domestiche, cui affida la ricerca di indizi rilevanti. Lo stesso aspetto fisico di Miss Marple, innocuo e gentile, le permette talvolta di entrare direttamente negli ambienti e tra i gruppi dei personaggi sui quali vuole indagare. La sua resta comunque, in definitiva, una investigazione psicologica e “umana”, come avviene per Poirot. In modo lievemente più deciso, Christie, attraverso Miss Marple, fa luce su uno dei concetti su cui si basano i suoi polizieschi, e cioè la convinzione che, ovunque ci si trovi, esiste un’universale “tipologia dell’umano”. Esperienza, intuito, spirito di osservazione e attenta analisi della psiche e dei comportamenti dei personaggi sono le “armi” di Poirot e Miss Marple. Partendo dal presupposto che la natura umana sia immutabile, Miss Marple giunge anche a tracciare una teoria dei “tipi”: nel corso della sua vita, si è ritrovata a conoscere moltissime persone, accorgendosi però che le tipologie antropologiche sono sempre le stesse, che non ne esistono di nuove, se non in una riproposizione delle medesime in diversi contesti di vita. È proprio risalendo a questa classificazione tipologica di un dato personaggio che Miss Marple riesce a prevederne il comportamento e risolvere il mistero dei delitti; in mancanza di prove tangibili, ella sa come ricorrere a trappole e strategie per indurre i colpevoli alla confessione. Nella serie incentrata su Miss Marple, forse molto più che in quella di Poirot, il male esiste ma non lascia chiare tracce di paura o angoscia nella comunità, una volta che i casi vengono risolti: in questo sta uno dei fondamenti del Golden Age Mystery, dove le fantasie tormentate e i timori vengono poi esorcizzati.
Parallelamente a Three Act Tragedy, Death in the Clouds (entrambi 1935), The A.B.C.
Murders, Cards on the Table (1936) e Dumb Witness (1937), detective novels più tradizionali
con Poirot sempre al centro, grazie ai viaggi compiuti insieme al marito la Christie comporrà alcuni romanzi di ambientazione esotica, come Murder on the Orient Express (1934),
Murder in Mesopotamia (1936), Death on the Nile (1937) e Death comes as the End (1944).
Tra questi, i primi tre hanno ancora Poirot per protagonista, e nel primo la scrittrice ricorre nuovamente alla tecnica del “personaggio insospettabile” come colpevole, mentre l’ultimo titolo è un giallo ambientato in Egitto in cui, via via, tutti i personaggi vengono assassinati.
Murder on the Orient Express, scritto durante un soggiorno a Istanbul, resta tutt’oggi,
anche grazie al successo riscosso con le trasposizioni cinematografiche, uno dei romanzi christiani più conosciuti e apprezzati. La vicenda si svolge interamente sulle carrozze dell’Orient Express, che da Istanbul giungeva a Calais passando per Trieste. Il veicolo si blocca in Jugoslavia a causa di una tormenta di neve e Poirot è costretto a indagare sull’omicidio di un viaggiatore americano apparentemente perbene. Il detective, cosa assai
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rara, si trova ad usare una tecnica scientifica per analizzare un indizio: una lettera bruciata che lo porterà alla scoperta di un collegamento tra il caso presente e uno avvenuto in America vari anni prima. La vittima è, in realtà, un assassino in fuga, accusato del rapimento a scopo di estorsione e dell'omicidio di una bambina (l'episodio che ispirò la Christie è legato alla tragedia che colpì il noto aviatore statunitense Charles Lindbergh, il cui figlio piccolo fu rapito e brutalmente ucciso nel 1932). Poirot convoca gli altri personaggi uno ad uno, lasciandoli parlare e sfogare, concentrando l’analisi sulla loro psicologia e riuscendo a dedurne la vera identità, fino a giungere alla soluzione dell’enigma, che vede tutti i passeggeri colpevoli, complici di un complotto ai fini di vendetta per una tragedia che aveva avuto terribili conseguenze per tutti loro. La conclusione dell’opera è ugualmente singolare,