CAPITOLO IV: P D James: nuove sfumature del genere
4.2 The Black Tower
The Black Tower (1975) è il quinto romanzo poliziesco con protagonista l’ispettore di
Scotland Yard, Adam Dalgliesh. Si tratta, tuttavia, di un Dalgliesh differente rispetto
13 Per ulteriori informazioni su questa dinamica, si veda Paola Partenza, “Revisiting Pride and Prejudice: P. D.
James’s ‘Death Comes to Pemberley’”, Purloined Letters. An International Journal of Quotation Studies, 16, December 2017, pp. 101-122.
14 Il passo dell’intervista è consultabile all’indirizzo: https://www.cbsnews.com/news/mystery-writer-p-d-
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all’investigatore sicuro di sé delle avventure precedenti. È, infatti, un uomo a cui era stata diagnosticata una leucemia e la morte nel giro di pochi mesi, e che ora, riconosciuta dai medici la prognosi sbagliata e la sua guarigione, vorrebbe prendersi un lungo periodo di convalescenza e riposo. La recente malattia e il suo stato di salute lo convincono anche di volersi ritirare dal suo impiego con la polizia, allontanandosi dall’ambiente di dolore e morte a cui si era abituato, ma che ora gli appare insopportabile. Questa sua indecisione sul futuro lo porta ad affrontare la detection in modo vagamente diverso. Fino all’ultimo, pur rendendosi conto della stranezza della situazione, egli cerca, infatti, di esorcizzare l’idea di essersi ritrovato invischiato nel caso senza averne l’intenzione, ripetendosi: “But it wasn’t a murder hunt; it wasn’t even an official investigation”15.
La trama si apre su Dalgliesh in letto d’ospedale, che cerca di riprendersi dalla lunga malattia. La sua attenzione viene attirato da una lettera ricevuta qualche giorno prima, da parte di Padre Baddeley, un vecchio amico ed ex curato nella parrocchia del padre con cui egli non aveva più avuto contatti da moltissimi anni. Ora l’anziano lo prega di fargli visita nella sua nuova dimora, Toynton Grange, un istituto privato per giovani invalidi, per parlargli di una preoccupazione che lo affliggeva, sperando che Dalgliesh possa essergli di aiuto. Come spinto da un cattivo presentimento, seppur titubante, il detective decide di fargli visita, pensando di fermarsi un po' nel Dorset per la convalescenza, e risponde all’amico con una cartolina. Il giorno fissato per l’incontro, tuttavia, Dalgliesh trova la casa di Baddeley vuota e viene a sapere che l’uomo è deceduto, apparentemente per cause naturali, circa una settimana prima. Il senso di colpa legato alla richiesta di un povero anziano, e il dubbio su quale fosse il motivo che lo avesse spinto a cercarlo dopo tutti quegli anni inizia a tormentare l’ispettore. Non trovando in casa dell’uomo la propria cartolina inviata in risposta, Dalgliesh si sente mortificato e scosso al pensiero che il religioso abbia potuto pensare che la sua richiesta di aiuto era stata ignorata. Il fatto di aver trovato in casa un cassetto della scrivania forzato, e un biglietto anonimo contenente delle maldicenze sul conto di Baddeley iniziano a insospettire il detective. Per giunta, il diario dell’uomo (oggetto di cui, Dalgliesh ricorda, l’uomo si serviva in modo puntiglioso) è sparito.
La situazione si complica quando egli entra in contatto con la piccola comunità di Toynton Grange, costituita uno strano gruppo di figure, ciascuna con i propri segreti e drammi: il proprietario e direttore dell’istituto, Wilfred Anstey, il medico Eric Hewson e la moglie Maggie, le infermiere Dorothy Moxon e Helen Rainer, l’infermiere Dennis Lerner,
15 Cfr. P. D. James, The Black Tower, London, Penguin Books, 1989, p. 168. Tutte le citazioni dal testo si
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il “tuttofare” Albert Philby e i pazienti sulla sedia a rotelle (Grace Willison, Ursula Hollis, Henry Carwardine e Jenny Pegram). A questi si aggiungono due personaggi esterni, non direttamente coinvolti nella vita della clinica e proprietari di due cottages separati: il ricco londinese Julius Court, che appare agli occhi degli altri come un affidabile benefattore, e infine la sorella di Anstey, Millicent Hammit. Un giovane paziente ricoverato lì tempo prima aveva lasciato l’istituto per trasferirsi in un’altra clinica, dove successivamente era morto, mentre un altro paziente era scomparso da poco, in circostanze spiacevoli.
Era stato quest’ultimo avvenimento ad aver precedentemente sconvolto gli ospiti dell’istituto: l’invalido Victor Holroyd, uomo dal carattere arcigno e inviso a molti, un giorno aveva insistito per farsi scortare dall’infermiere Lerner sulla costa a vedere il mare e poi, in un attimo di disattenzione da parte del ragazzo, si era suicidato spingendo la carrozzina in avanti e gettandosi dalla scogliera. Tutti avevano creduto alla storia dell’infermiere, poiché confermata dalla testimonianza di Court, passato in quel momento, per caso, su un sentiero dal quale aveva assistito all’intera scena. Court sarebbe poi riuscito faticosamente a riportare a riva il cadavere di Holroyd e la polizia intervenuta, in mancanza di prove tangibili che potessero dimostrare il contrario, aveva confermato l’ipotesi del suicidio.
Poiché Baddeley gli ha lasciato i suoi libri in eredità, Dalgliesh è costretto a fermarsi per qualche giorno a Toynton Grange per catalogare e spedire il tutto, e gli viene concesso di prendere possesso proprio della piccola e umile dimora di Baddeley, luogo in cui l’uomo si era spento, seduto su una poltrona in cucina, con ancora indosso la stola destinata ai riti ufficiali. L’investigatore ha così modo di vedere più da vicino il tipo di vita condotta dai pazienti dell’istituto, scoprendo che gli approvvigionamenti dipendono molto da benefattori esterni e dalla vendita di sapone per le mani e borotalco fatti in casa e messi a punto nel laboratorio chimico del palazzo, e che l’unica fonte di gioia per i pazienti sembrano le due visite annuali che Anstey, apparentemente miracolato da una malattia terminale, organizza per Lourdes. In questo arco di tempo, Dalgliesh riesce a parlare con quasi tutti i personaggi, facendosi un’idea di quali siano i veri rapporti tra loro; egli scopre così che anche altri pazienti hanno ricevuto sinistre lettere anonime, seppur chiaramente scritte in uno stile diverso rispetto a quella trovata in casa dell’amico, e comprende la grande sofferenza che un luogo del genere nasconde dietro le apparenze.
Spinto dalla curiosità di sapere di più sulla morte di padre Dabbeley, l’ispettore, non in veste ufficiale, inizia comunque a chiedersi se tutto è proprio come sembra e a lasciarsi guidare, quasi contro la propria volontà, dall’istinto. Gli indizi e le mezze piste che cerca di
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prendere in considerazione non sembrano, però, portarlo a nulla di concreto, nonostante, inconsciamente, egli vi veda molto più di quello che vorrebbe.
A questo punto si verifica un altro incidente, o meglio un attentato alla vita di Anstey, tramite un incendio appiccato nell’inquietante luogo da lui scelto per le sue meditazioni: un’alta torre nera su un promontorio che si affaccia sulla scogliera. Dalgliesh, con l’aiuto di Julius Court, riesce a salvare l’uomo e viene a sapere che non si tratta di una novità, in quanto qualcuno aveva già cercato di ucciderlo, o spaventarlo, tagliando la corda che usava per le arrampicate. La torre nera, edificio inquietante e intriso di mistero, diventa per Dalgliesh un luogo di indagine: nella sua caccia agli indizi, l’investigatore intuisce che anche padre Baddeley doveva aver messo piede all’interno della torre, e addirittura aver sostato accanto ad una finestra per qualche tempo.
Tutta la vicenda inizia a presentarsi in toni oscuri e fitta di intrighi interpersonali tra i membri della comunità, cosicché in un’investigazione condotta prima in modo inconsapevole e poi via via sempre più deciso, Dalgliesh cerca di scoprire se le morti di Baddeley, di Holroyd e gli attentati a Anstey abbiano un filo comune, in modo da sbrogliare il rotolo della matassa. La situazione precipita sempre più quando altre due morti si abbattono sul gruppo, già segnato e provato dal precedente decesso di due membri. Grace Willison sembra morire in modo naturale, apparentemente nel sonno, a causa di una malattia che non le era stata diagnosticata; Maggie Hewson, da sempre outsider del gruppo, insofferente a quell’ambiente (da lei considerato noioso) e incline al bere e a dar luogo a scenate, si suicida con una delle corde per le scalate trovata nell’ufficio di Anstey. In preda all’alcool, la donna aveva lasciato un biglietto di addio al marito, nel quale affermava di essere a conoscenza della relazione extraconiugale tra lui e l’infermiera Reiner e aveva fatto un accenno confuso alla torre nera, come se fosse stata lei la colpevole degli attentati a Anstey. A nulla serve il tentativo di rianimazione effettuato da Dalgliesh, giunto in casa degli Hewson perché richiamato da una luce a intermittenza.
Dalgliesh si mostra collaborativo e si confronta con la polizia sui recenti avvenimenti e su quelle quattro strane morti, tutte avvenute nell’arco di brevissimo tempo e tutte facilmente spiegabili in termini di logica investigativa. Tutto ciò, però, sembra all’ispettore di Scotland Yard come troppo semplice e scontato. È proprio quando crede di aver perduto ogni possibilità di risolvere il mistero che un indizio finora non preso in considerazione e l’arrivo di una lettera tardiva, destinata a padre Baddeley, lo instradano sulla giusta pista. A poco a poco, nella sua mente, tutti i tasselli sembrano ricomporsi per ricostruire i fatti dal principio, e cioè dalla morte di Holroyd, che era avvenuta lo stesso giorno in cui padre Baddeley era
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stato ricoverato in ospedale per un malore. Intuisce che i biglietti anonimi sono opera di una mente disturbata, ma non omicida: quella di Jenny Pegram, in lotta con quell’ambiente e in preda a un ossessivo bisogno di attenzione. Jenny sarebbe stata la mandante di tutti i biglietti, tranne uno: quello, appunto, trovato a casa di Baddeley.
È solo nei capitoli finali che Adam Dalgliesh scopre l’oscuro segreto che si cela tra le mura dell’istituto, all’apparenza un luogo tranquillo in cui pochi pazienti beneficiano di cure e attenzione. Julius Court, all’insaputa di Anstey e degli altri residenti, ad eccezione dell’infermiere Lerner, sfrutta quel luogo come base per i suoi traffici illeciti: la distribuzione di eroina ad alcuni spacciatori in Inghilterra. La droga arrivava direttamente dalla Francia, tramite le visite che la comitiva, senza sospettare nulla, faceva a Lourdes due volte l’anno. Era Lerner (tenuto in pugno da Court per l’omicidio di Holroyd, di cui l’infermiere si era macchiato in un raptus improvviso) ad occuparsi di ritirare le consegne in Francia e nasconderle in modo che la polizia non sospettasse nulla. Quale modo migliore, per passare inosservati ai controlli, se non quello di presentarsi con un gruppo di invalidi la cui meta è un luogo religioso? Padre Baddeley, Grace Willison e Maggie Hewson erano tutte persone che, in un modo o nell’altro, sapevano troppo o erano arrivate a intuire che qualcosa di losco avveniva a Toynton Grange. Esse erano state dunque eliminate una per una da Court. Con quest’ultimo, Dalgliesh ingaggia, nelle ultime pagine del romanzo, una lotta serrata, prima psicologica e poi fisica, sul promontorio della torre nera. Il detective è quasi sul punto di morire ed è solo grazie al suo ingegno e a un po' di fortuna che riesce a mettersi in salvo.
Questo romanzo fa parte di tutta una serie di opere, nell’intera produzione letteraria di James, ambientate in un setting di esplicita ispirazione gotica, esattamente come per Shroud
for a Nightingale e Devices and Desires. In questo caso, forte è non solo la presenza di edifici
gotici e inquietanti, ma anche l’attenzione posta dalla scrittrice sui particolari e i dettagli riguardanti l’architettura di tali costruzioni. Tra queste spicca, certamente, la torre nera a cui si rifà il titolo dell’opera, e che si presenta come una costruzione bizzarra, ingombrante e minacciosa, sia a causa dell’atmosfera che la circonda, sia per quanto riguarda le passate vicende familiari di uno dei personaggi, con la sua tragica scelta della torre come luogo per la propria morte.
Nel testo, lo svelamento delle fonti di ispirazione gotica avviene in modo lento ma puntuale, man mano che la vicenda prende avvio. Evidente è il punto di vista legato alla minaccia costante del crollo di un ordine simbolico tenuto insieme dagli abitanti di Toynton Grange. Il riferimento alla letteratura gotica del passato, in special modo quella ottocentesca in stile Brontë, è un elemento piuttosto evidente nella narrativa di James, e soprattutto nei
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suoi detective novels, che lasciano sempre aperto il dialogo tra il realismo del diciannovesimo secolo e il genere della Golden Age. Altro fattore da non dimenticare è l’aspetto moralistico-religioso della sua produzione16, e dunque l’attenzione posta da James sull’affrontare il problema dei limiti umani in una società atea che ha dimenticato i massimi valori della dottrina cristiana; proprio per questo, l’autrice preferisce generalmente attingere al gotico-orrorifico per rendere il senso di un’umanità corrotta. Rilevante è anche il sublime gotico, a cui James si ispira in alcuni testi, tra i quali proprio The Black Tower.
Molti sono gli elementi di continuità con la letteratura gotica nel testo, già a poca distanza dall’inizio della narrazione; spesso, infatti, si fa riferimento a strane apparizioni di figure, fantasmi, ombre nell’oscurità, anche quando esse si rivelano impressioni o cupi incubi che tormentano la psiche e la memoria dei vari pazienti dell’istituto. Un passaggio relativo a un sogno angosciante fatto dal personaggio di Ursula Hollis intreccia elementi legati alla sua memoria personale, ricordi di una passeggiata con il marito e la visione di sé stessa come fantasma:
She saw the black women with their jutting buttocks and high barbaric staccato chatter, heard their sudden deep-throated laughter, as they crowded round the stall of huge unripe bananas and mangoes as large as footballs. In her dreams she moved on, her fingers gently entwined with Steve’s like a ghost passing unseen down familiar paths (p. 37)17.
Particolare appare la descrizione che James fa della donna, in quanto le dona la caratteristica somatica dell’eterocromia, cioè la differente colorazione delle iridi: in questo caso, si tratta di un occhio azzurro e uno marrone, elemento insolito che conferisce, in qualche modo, sfumature strane al personaggio. Solitamente, caratterizzazioni di questo tipo sono state viste in società e in letteratura come simboli di una personalità altrettanto particolare, sia essa ambigua, perfida o viziosa, come accade per il personaggio della duchessa Josiane in
L’Homme qui rit (1869) di Victor Hugo (1802-85) e la famiglia Martense nella short story
di genere horror The Lurking Fear (1923) di Howard Phillips Lovecraft (1890-1937). In The
Black Tower, la valenza metaforica del personaggio con l’eterocromia è però rovesciata,
perché Ursula Hollis è ritratta come un’invalida gentile, timida e molto provata dalla malattia.
16 Per approfondimenti, si veda: Ralph C. Wood, “A Case for P. D. James as a Christian Novelist”, Theology
Today, 59: 4, Art, Design and Architecture Collection, January 2003, pp. 583-595.
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Successivamente, è la descrizione dell’architettura di palazzi e edifici che ospitano l’istituto Toynton Grange, o che fanno parte del panorama circostante, a richiamare lo stile di antichi edifici gotici e bizzarri. L’ambiente in cui Dalgliesh viene introdotto all’inizio della vicenda, cioè il corpo centrale dell’istituto, si configura come una grottesca chiesa:
The front door of Toynton Grange was open and Julius Court led the way into a high square hall, oak paneled and with a chequered black and white marble floor. The house struck very warm, it was like passing through an invisible curtain of hot air. The hall smelt oddly; not with the usual institutional smell of bodies, food and furniture polish overlaid with antiseptic, but sweeter and strangely exotic as if someone had been burning incense. The hall was as dimly lit as a church. An impression reinforced by the two front windows of Pre-Raphaelite stained glass one on each side of the main door. To the left was the expulsion from Eden, to the right the sacrifice of Isaac (p. 45).
È, tuttavia, la narrazione dell’arrivo di Dalgliesh al margine della scogliera, e la vista del litorale sottostante, cupo e sinistro, a preparare il lettore alla prima comparsa della torre nera e alla sua descrizione in termini gotici, con i richiami all’architettura di edifici inquietanti notoriamente evocata nella letteratura gotica di fine Settecento-inizio Ottocento. Vengono in mente vecchi castelli, case abbandonate nelle campagne incolte, torri e ville dalla struttura manierata e bizzarra, come quella di Strawberry Hill, nei pressi di Londra, costruita nel 1750 per volontà dello scrittore Horace Walpole e il cui stile ha corroborato la nascita del neogotico ed influenzato l’architettura europea. È possibile interpretare la letteratura gotica partendo dagli edifici, da ambientazioni che sembrano avere un’anima ed influenzare la narrazione, custodire segreti, fare da eco a di grida e pianti nei corridoi bui, con lo spettro di passioni e orrori celati dietro tende logore e mura antiche.
Il passo seguente di The Black Tower, in cui ci si sofferma sui dettagli architettonici dell’edificio, si presenta appunto con una forte connotazione di stranezza, mistero e orrore radicato nel passato:
The tide was out and the oblique line of foam moved sluggishly among the furthest rocks. As he looked down on this chaotic and awe-inspiring waste of rock and sea and tried to picture what the fall must have done to Holroyd, the sun moved fitfully from behind the clouds and a band of sunlight moved across the headland lying warm as a hand on the back of his neck, gilding the bracken, marbling the strewn rocks at the cliff edge. But it left the foreshore in shadow, sinister and unfriendly. For a moment Dalgliesh believed that he was looking down on a cursed and dreadful shore on which the sun could never shine.
Dalgliesh had been making for the black tower marked on Father Baddeley's map, less from a curiosity to see it than from the need to set an object for his walk. Still musing on Victor Holroyd's death, he came upon the tower almost unexpectedly. It was a squat intimidating folly, circular for about two-thirds of its height but topped with an
113 octagonal cupola like a pepperpot pierced with eight glazed slit windows, compass points of reflected light which gave it something of the look of a lighthouse. The tower intrigued him and he moved round it touching the black walls. He saw that it had been built of limestone blocks but faced with the black shale as if capriciously decorated with pellets of polished jet. In places the shale had flaked away giving the tower a mottled appearance; black nacreous scales littered the base of the walls and gleamed among the grasses. To the north, and sheltered from the sea, was a tangle of plants as if someone had once tried to plant a small garden. Now nothing remained but a dishevelled clump of Michaelmas daisies, patches of self-seeded antirrhinums, marigolds and nasturtiums, and a single etiolated rose with two white, starved buds, its stem bent double against the stone as if resigned to the first frost. To the east was an ornate stone porch above an ironbound oak door (pp. 109-110)18.
L’aspetto e la struttura della torre, fatta costruire dall’antenato di Anstey, appaiono a Dalgliesh sin da subito come bizzarri, tanto da indurlo a usare il termine “folly”, già incontrato in questa analisi a proposito del romanzo Dead Man’s Folly. Come nell’opera di Christie, anche in questo caso tale nome è usato in modo ambivalente, sia per descrivere una “stramberia” architettonica, un edificio curioso costruito nella proprietà di un qualche gentiluomo benestante, sia per identificare la follia stessa di chi l’ha fatta erigere. Una follia che non è qui semplice eccentricità, in quanto l’uomo aveva elaborato una sua religione