• Non ci sono risultati.

1 INTRODUZIONE

1.5 INTERFERENTI ENDOCRINI: XENOESTROGENI AMBIENTALI

1.5.8 Il Bisfenolo A (BPA)

Il 2,2-bis (4-idrossifenil) propano, più comunemente conosciuto come Bisfenolo A (BPA), è stato creato da un chimico russo nel 1891 (Figura 1.16). La sua capacità di simulare gli effetti degli estrogeni nel corpo umano è stata accertata già a partire dal 1930, testandolo per un potenziale uso farmaceutico come estrogeno sintetico (Vogel, 2009). Nel 1950, il BPA ha trovato il suo utilizzo come sostanza chimica nella produzione della plastica, diventando una delle sostanze chimiche più prodotte al mondo, con più di 3,5 milioni di tonnellate sintetizzate annualmente (Environ Health Perspect 2010). Il BPA è utilizzato principalmente come monomero nella produzione di policarbonato e di resine epossidiche e come additivo nei prodotti in polivinilcloruro. Le plastiche in policarbonato sono utilizzate nel packaging alimentare e nella produzione di stoviglie, mentre le resine epossidiche per la produzione di rivestimenti protettivi di barattoli e lattine. Il BPA è anche impiegato in una varietà di altre

applicazioni: vernici a base di resine epossidiche, stucco per legno, adesivi, rivestimenti per superfici, ritardanti di fiamma, fabbricazione di pneumatici e fluido dei freni, resine e sigillanti dentali, rivestimenti di cd e dvd e inchiostri per stampanti. È, inoltre, presente in almeno 15 tipologie di prodotti cartacei, tra cui volantini, riviste e giornali, tovaglioli e fazzoletti di carta, carta igienica, banconote, biglietti da visita, buste postali, carte d’imbarco aereo e carta termica, impiegata, ad esempio, nei registratori di cassa, nelle etichette per bagagli, nei biglietti del bus, del treno e della lotteria.

In Europa, le emissioni totali annuali durante la produzione di BPA sono di 2,1 tonnellate nell’aria, 199 tonnellate nell’acqua e 30 tonnellate nel suolo. Le emissioni derivanti dall’utilizzo di prodotti contenenti BPA sono stimate all’incirca in 160 kg dalla plastica in policarbonato e meno di 1 kg dalle resine epossidiche dei rivestimenti dei contenitori. È necessario, oltretutto, tener conto anche del rilascio da articoli in polivinilcloruro, che corrisponde a 20 tonnellate nell’aria e 30 tonnellate nell’acqua (ArpaER, 2007).

Il BPA può essere rilasciato direttamente o indirettamente nell'ambiente a qualsiasi livello del ciclo di vita di un prodotto, produzione, consumo o smaltimento e, pur degradandosi rapidamente, è persistente in ambiente a causa di continue immissioni (Oehlmann et al., 2009) che gli consentono di migrare anche nel cibo (Bolli et al., 2008), nell’aria (Calafat et al., 2008, 2009), nella pelle (Braun et al., 2011) e nel sangue (Calafat et al., 2009). L’esposizione al BPA è legata per più del 90% all’alimentazione e a meno del 5% con l’ingestione di polveri, le resine dentali e l’assorbimento dermico (Geens et al., 2012). Considerevoli quantità di BPA (0,25-1,11 mg/kg) sono state ritrovate in campioni casuali di pesce fresco proveniente da un’area del Sud Italia, probabilmente derivanti dalle plastiche dei tubi di irrigazione (Vivacqua et al., 2003). Esiste un’ampia letteratura sugli effetti dell’esposizione a BPA, soprattutto durante le fasi critiche dello sviluppo. L’esposizione di femmine gravide, a basse dosi di BPA, induce, nei topi, alterazioni nel tasso di crescita corporea della prole maschile e femminile, accelera la pubertà nelle femmine e riduce la spermatogenesi nei maschi, mentre nei ratti altera il comportamento esploratorio, sessuale e di gioco, in età successive all’esposizione. Gli studi condotti all’interno del progetto italiano

“PREVIENI” (condotto dal 2008 al 2010 dall’Istituto Superiore di Sanità) in alcune aree “pilota” hanno, inoltre, evidenziato che nelle donne sterili che abitano in grandi centri urbani si riscontrano livelli elevati di BPA. Ulteriori indagini dell’Istituto Superiore di Sanità (ISTISAN) sul comportamento materno, hanno rilevato degli effetti del BPA nella vita adulta, in fasi sensibili agli equilibri ormonali, come la gravidanza e l’allattamento (Della Seta et al., 2005). In diversi studi è stato osservato che, nei ratti e in coltura cellulare il BPA (µM) può aumentare l’indice di massa corporea, distruggere la normale fisiologia cardiovascolare, ed interferire con l’attività degli ormoni fisiologici. Gli effetti del BPA dipendono, principalmente, da differenti meccanismi in grado di alterare l’omeostasi riproduttiva, sebbene non sia chiaro se tutti o solo una parte contribuiscano al potenziale distruttivo della molecola, principalmente alle basse dosi (Acconcia et al., 2015). A gennaio del 2015, tuttavia, l’EFSA (European Food Safety Authority) ha pubblicato una nuova valutazione sull’esposizione dei consumatori al BPA e sulla tossicità della sostanza, concludendo che, ai livelli attuali di esposizione, il BPA non rappresenti un rischio per la salute della popolazione di alcuna fascia di età (inclusi feti, neonati e adolescenti). Benché sia stato considerevolmente ridotto il livello di sicurezza del BPA da 50 µg/kg di pc/giorno (microgrammi per chilogrammo di peso corporeo al giorno) a 4 µg/kg di pc/giorno, la stima dell’esposizione alimentare unita a quella legata ad un insieme di altre fonti (dieta, polvere, cosmetici e carta termica), ha rilevato livelli di esposizione da 3 a 5 volte più bassi rispetto alla nuova dose giornaliera tollerabile. Nonostante questi esiti rassicuranti, la Francia ha bandito il BPA nei materiali a contatto con gli alimenti e nelle plastiche mentre la comunità scientifica continua a rilevare potenziali rischi per la salute umana e la fauna selvatica.

Per mettere in luce la complessità insita nelle interazioni tra le molecole xenoestrogeniche

ed i propri bersaglisaranno di seguito riportati i principali meccanismi di azione molecolari

del BPA.

Interazione con il recettore per gli estrogeni (Estrogen Receptor, ER)

La molecola di BPA, in virtù delle sue caratteristiche strutturali, possiede la capacità di interagire con i due subtipi recettoriali per gli estrogeni (Erα e ERβ), pur presentando un’affinità di legame più ridotta, da 1000 a 2000 volte, rispetto ad E2 (Bolli et al., 2008, 2010). Il BPA agisce come agonista di ERα, permettendo il corretto spostamento dell’α-elica dal sito di legame per gli estrogeni (LBD, ligand binding domain); viceversa, si comporta da antigonista per ERβ, impedendo al LBD di assumere la conformazione corretta. Fino a poco

tempo fa, la maggior parte degli studi sul BPA si concentravano esclusivamente sui meccanismi nucleari di risposta agli estrogeni, che hanno permesso di rilevare un’attività debolmente estrogenica della molecola (McLachlan et al., 1984). Come già anticipato nel paragrafo 1.4.2, gli estrogeni fisiologici, attraverso meccanismi di risposta extra-nucleari, possono però indurre anche rapidi segnali, grazie alla presenza di un pool di ER localizzati a livello della membrana cellulare. Alcune osservazioni sostengono che l’attività estrogenica del BPA sia legata all’attivazione di questi segnali mediati da ERα, che possono risultare sia

nella fosforilazione di ERK/MAPK e AKT che nel rilascio di Ca2+ (effetto agonista)

(Wonzniak et al., 2005).

Il BPA può, tuttavia, agire anche da antagonista di E2, interferendo sulla normale via di trasduzione del segnale mediata da ERβ (es p38/MAPK) (Bolli et al., 2010; Marino et al., 2012). La molecola di BPA sarebbe, pertanto, in grado di alterare l’equilibrio di

proliferazione-morte cellulare regolato da E2, promuovendo la proliferazione cellulare

attivata dal complesso E2-ERα e bloccando gli effetti antiproliferativi mediati dal complesso E2-ERβ. Il silenziamento selettivo delle attività di ERβ, potrebbe determinare effetti avversi soprattutto in quei tessuti in cui il complesso E2-ERβ svolge un ruolo protettivo, come il sistema nervoso e il colon (Bolli et al., Dipartimento di Biologia, Università “Roma TRE”, PROGETTO PREVIENI). Il BPA ed altri distruttori endocrini ad attività estrogenica, inoltre, mostrano un’elevata affinità per la proteina GPR30 di recente scoperta in un’ampia varietà di tessuti, avendo, pertanto, la potenzialità di attivare anche altri segnali in tutti questi bersagli (Thomas e Dong, 2006).

Il BPA è ritenuto, tra gli interferenti endocrini, il capostipite degli obesogeni, ma non è il solo, poiché anche altri xenoestrogeni, come i PCB e gli ftalati, mimando l’azione di E2, possono essere coinvolti negli stessi meccanismi. Nell’ambito del metabolismo lipidico il legame del BPA ai recettori di membrana di E2 nelle cellule pancreatiche beta può causare un rilascio incontrollato di insulina. Le cellule bersaglio, essendo esposte a livelli troppo alti di insulina per un tempo prolungato, divetano insulino-resistenti, risultando un eccesso di glucosio ematico tipico del diabete di tipo 2. Il BPA è in grado di legarsi anche ai recettori degli estrogeni delle cellule pancreatiche alfa, interferendo direttamente con i livelli di glucosio nel sangue, attraverso il rilascio di glucagone. Questo, a propria volta, stimola la demolizione delle riserve di glicogeno e quindi il rilascio di glucosio, a cui l'organismo risponde con una produzione maggiore di insulina, aggravando ulteriormente il fenomeno.

Interazione con il recettore per gli androgeni (Androgen Receptor, AR)

L’esposizione al BPA è stata associata, in un certo numero di Paesi, sia alla diminuzione del numero di nascite maschili nella popolazione che ad un aumento dei casi di criptorchidismo ed isospadia oltre che ad una riduzione della qualità del seme (Kortenkamp et al., 2011). Sulla base di queste considerazioni , il BPA sarebbe in grado di interferire anche sugli equilibri fisiologici del sistema riproduttivo maschile. Il recettore per gli androgeni (Androgen Receptor, AR), gli ormoni sessuali maschili, è espresso sia negli organi maschili che in quelli femminili, ma non si hanno, ad oggi, sufficienti conoscenze, sulla capacità del BPA di interferire con i segnali extra-nucleari, mediati dagli androgeni (Acconcia et al., 2015; Sohoni e Sumpter 1998; Bulzoni e Marino 2011). Pellegrini e collaboratori hanno osservato che il BPA, in condizioni fisiologiche, non interferisce sull’attività androgenica, ma si comporta da antagonista in cellule tumorali, dove sono presenti isoforme di splicing di AR. Questi dati sono stati di recente confermati in cellule tumorali HeLa (Marino M, dati non pubblicati) e sono stati dimostrati anche da altri autori, in presenza di diversi mutanti AR (Wetherill et al., 2005). Bisogna considerare, tuttavia, la possibilità che gli effetti sopracitati non siano da attribuire all’effettiva androgenicità del BPA quanto, piuttosto, alla sua capacità di interferire con l’azione dei recettori per gli estrogeni, tenendo presente che, principalmente l’isoforma ERβ, sia espressa anche nel sistema riproduttivo maschile (Acconcia et al., 2015, Sohoni e Sumpter 1998; Pellegrini et al., 2013).

Interazione con il recettore correlato agli estrogeni (Estrogen Related Receptor, ERRs) I recettori correlati agli estrogeni (Estrogen Related Receptors, ERRs) sono una subfamiglia di recettori nucleari orfani intimamente correlati a ERα e ERβ, di cui si conoscono tre isoforme ERRα, ERRβ, ERRγ. Sebbene gli estrogeni non siano dei ligandi naturali di questi recettori, esiste un’incredibile omologia con ERs, tanto che gli ERRs possono legarsi agli elementi responsivi agli estrogeni sul DNA (Acconcia et al., 2015) I ERRs possiedono un’attività trascrizionale costitutiva, la quale può essere repressa da alcune sostanze chimiche tra cui il DES e il 4-idrossitamoxifene (4-OHT). Il BPA presenta un’elevata affinità di legame con ERR, tanto da preservare l’attività trascrizionale di ERRγ, anche in presenza di 4-OHT (Takayanagi et al., 2006). Questo recettore è altamente espresso sia nel cervello dei mammiferi durante lo sviluppo, che nel cervello, nel polmone e in altri tessuti dell’adulto. Pertanto, gli effetti alle basse dosi di BPA, potrebbero essere mediati dalle complesse interazioni tra irecettori nucleari ERs e EERs.

Interazione con il recettore tiroideo (Thyroid Hormone Receptor, TR)

Di recente, è stata scoperta la potenzialità di diversi interferenti endocrini di interagire con il recettore degli ormoni tiroidei (TR, Thyroid Receptor). Tra questi, il BPA sembra avere un effetto antagonista sull’attività trascrizionale dei geni per gli ormoni tiroidei che regolano, ad esempio, lo sviluppo del cervello in fase prenatale (Acconcia et al., 2015).

Interazione con il recettore X del pregnano (Pregnane X Receptor, PXR)

Alcuni composti ambientali, tra cui il BPA in concentrazioni elevate, sono in grado di attivare il recettore X del pregnano, coinvolto nell’eliminazione di composti tossici endogeni o di metaboliti esogeni (Acconcia et al., 2015).

Interazione con i recettori attivati dai proliferatori dei perossisomi (peroxisome proliferatoractivated receptors, PPAR)

Il BPA è in grado di indurre l'espressione del recettore nucleare PPARγ (Peroxisome proliferator-activated receptor gamma), appartenente alla famiglia dei recettori nucleari per gli ormoni che regolano l’espressione di molti geni coinvolti nel metabolismo dei lipidi e degli zuccheri. Questo recettore è particolarmente espresso nel tessuto adiposo, nel fegato e nella muscolatura scheletrica. Negli adipociti PPAR γ-2 promuove l’immagazzinamento degli acidi grassi e dei trigliceridi, inibendo l’espressione dei geni che inducono la lipolisi e favorisce, l’espressione di alcuni geni implicati nella regolazione della sensibilità all’insulina (Bishop-Bailey et al., 2000; Kwintkiewicz et al.,2010).

Interazione con il recettore arilico (Aryl hydrocarbon receptor, AhR)

Il recettore arilico per gli idrocarburi (AhR) è un membro della famiglia delle proteine bHLH/PAS (basic Helix-Loop-Helix/ PerArnt-Sim), noti regolatori trascrizionali ed è coinvolto nella detossificazione degli xenobiotici, di cui la 2,3,7,8-tetraclorodibenzodiossina (TCDD) risulta essere il ligando più potente. Il recettore AhR, a seguito del legame con la diossina, entra nel nucleo e forma un eterodimero con una proteina strutturalmente simile, conosciuta come translocatore nucleare di AhR (ARNT). Il complesso AhR/ARNT, associandosi a sua volta al recettore ER libero e al coattivatore p300, riconosce una sequenza specifica di DNA nota come HRE (Hormone Response Elements), corrispondente alla regione enhancer/promoter per un gene ormone-dipendente. L’attivazione di ER indotta dal complesso AhR, sembra essere dipendente dalla struttura del ligando di AhR e, sulla base di quanto descritto finora, non necessariamente avviene per opera del BPA. L’esposizione del

BPA in utero (da 0,02 a 20 µg/kg/giorno), ad ogni modo, aumenta l’espressione di AhRR (AhR repressor) alterando, a livello embrionale, l’espressione e le funzioni di AhR (Nishizawa et al., 2005; Acconcia et al., 2015).

Interazione con meccanismi che coinvolgono il metabolismo ormonale

L’esposizione al BPA è stata associata ad una diminuzione significativa dell’espressione di Cyp11a1 e StAR, due proteine coinvolte nel metabolismo del colesterolo, che regolano i livelli di concentrazione di androstendione, testosterone e estradiolo. Il BPA, inoltre, potrebbe avere un ruolo anche nel catabolismo degli steroidi, contribuendo ulteriormente all’alterazione del normale equilibrio ormonale.

Interazione con meccanismi che riguardano la regolazione genetica ed epigenetica

L' errata o la mancata attivazione fisiologica dei recettori nucleari durante lo sviluppo, è un meccanismo di alterazione epigenetica molto importante, che può portare l’organismo a sviluppare patologie e disfunzioni in età adulta. Le fasi precoci dello sviluppo sono probabilmente le più vulnerabili alle alterazioni epigenetiche poiché, proprio durante questo periodo, viene definito il pattern di metilazione e di organizzazione della cromatina, indispensabile per il normale sviluppo tissutale. L’esposizione al BPA, così come ad altri contaminanti ambientali, in fasi precoci, può alterare la programmazione epigenetica, determinando differenze fenotipiche inter-individuali e modificando la suscettibilità individuale a specifiche patologie, in conseguenza di modificazioni epigenetiche di metilazione al DNA (Ho et al., 2006), modificazioni istoniche ed espressione di RNA non codificanti (Singh et Li, 2012). Il BPA potrebbe avere, quindi, un ruolo cruciale nell’eziologia di numerose patologie umane, contribuendo al rischio di tumori, problemi di sviluppo, diabete, obesità, sindromi metaboliche e probabilmente anche infertilità. L’esposizione in fase pre- e post- natale al BPA, infatti, può alterare l’espressione di alcuni geni, attraverso meccanismi genetici ed epigenetici, con conseguente trasferimento di questi effetti alle generazioni future. Dolinoy e collaboratori (2007) hanno fornito i primi esiti sperimentali sulla capacità del BPA di interferire con i meccanismi di metilazione del DNA che regolano l'accensione e lo spegnimento di alcuni geni. Molte proteine a valle della via del segnale mediata dai recettori per gli ormoni steroidei, hanno la capacità di modificare gli istoni e rimodellare la cromatina, apportando dei cambiamenti significativi nella struttura cromatinica, con conseguente sovra/sotto-regolazione dell’espressione di geni responsivi agli ormoni steroidei (Biddie, 2011). Alcuni studi sostengono che gli estrogeni siano in grado di modificare in maniera dinamica lo stato di metilazione dei proprio geni bersaglio

(Kundakovic et Champagne, 2011). La demitelazione in una certa regione del DNA, permette la distensione della cromatina, e l’accessibilità, oltre che la potenziale attivazione, di specifici geni bersaglio. Bromer e collaboratori (2010) hanno dimostrato il coinvolgimento del BPA nella demetilazione degli elementi responsivi agli estrogeni (EREs) nel gene Hoxa10, che risulta in un aumento significativo dei livelli di ERα legati al DNA e in un ampliamento della responsività agli estrogeni. Il BPA potrebbe aumentare, in tessuti bersaglio, l’attività estrogenica attraverso la sovraregolazione dei recettori per gli estrogeni ERs, mediante modificazioni epigenetiche, tenendo conto che il promotore del gene che codifica ERα è regolato da meccanismi di metilazione-demitelazione del DNA.

Ulteriori indaginisono, tuttavia, necessarie per comprendere i meccanismi molecolari alla

base dei fenomeni epigenetici, allo scopo di intervenire prontamente sulle condizioni ambientali che possono favorire l’insorgenza di eventuali disfunzioni e patologie in età adulta. Una migliore conoscenza di questi effetti è importante soprattutto per la comprensione degli effetti biologici transgenerazionali, compresa l’interazione con modulatori epigenetici fisiologici (ad es., ormoni steroidei).

1.6 LAQUALITA’DELL’ACQUADADESTINAREACONSUMO