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1 INTRODUZIONE

1.5 INTERFERENTI ENDOCRINI: XENOESTROGENI AMBIENTALI

1.5.4 Tossicocinetica: comportamento degli xenoestrogeni nell’organismo

L’assimilazione di contaminati chimici da parte degli organismi dipende dalla loro biodisponibilità, ovvero dalla loro possibilità di essere effettivamente assorbiti, e dal loro tasso di assorbimento. Gli estrogeni di sintesi possono essere distinti in composti a struttura steroidea (17-etinilestradiolo), che rappresentano una variazione della struttura degli estrogeni naturali, e composti non steroidei (es dietilstilbestrolo, derivati del difeniletano ecc). Esistono, poi, alcune sostanze chimiche che, normalmente, sono prive di azione estrogenica ma possono divenre attive, in seguito a trasformazioni metaboliche che avvengono all’interno dell’organismo.

Gli xenoestrogeni che presentano caratteristiche lipofile (elevato Kow), diffondono facilmente, per trasporto passivo, attraverso le membrane cellulari, scondo la legge di Fick:

Il flusso di sostanze chimiche che attraversa la membrana cellulare è proporzionale al gradiente di concentrazione (ΔC), all’estensione dell’area attraverso cui avviene la diffusione (A) ed inversamente proporzionale allo spessore della membrana cellulare da attraversare (d). Molecole idrofile (basso Kow) necessitano, talvolta, di sistemi di trasporto attivo per attraversare le barriere cellulari, sebbene un certo grado di idrofilicità sia necessario per muoversi attraverso i fluidi extracellulari dell’organismo. Anche il pH può

ΔC = gradiente di concentrazione della sostanza; K = coefficiente di permeabilità;

A = area attraverso cui avviene la diffusione; d = spessore della membrana.

influenzare l’attraversamento delle membrane cellulari, favorendo l’uptake degli acidi deboli a basso pH e quello delle basi deboli a pH elevato. La combinazione di proprietà fisiche e chimiche con la reale biodisponibiltà delle sostanze, può tradursi in un bioaccumulo delle stesse nel corpo, nel momento in cui l’assorbimento della sostanza da parte di un organismo, eccede la sua capacità di depurazione. Molte sostanze ad interferenza endocrina possono depositarsi nei diversi tessuti di un organismo, in particolare, nel tessuto osseo (es. piombo), e in quello adiposo (es. diossine), collocandosi all’interno di micelle lipoproteiche o delle membrane cellulari e venendo rimessi in circolo in tempi successivi.

Il bioaccumulo è un fenomeno di grande interesse dal punto di vista tossicologico, perché anche in presenza di concentrazioni minime di IE nell’ambiente, con il passare del tempo, si possono osservare, negli organismi, degli effetti biologici. Una possibile conseguenza del bioaccumulo è la biomagnificazione, che consiste in un progressivo aumento di queste sostanze lungo la catena alimentare, in quanto i predatori assumono non solo i contaminanti presenti nell’ambiente, ma anche quelli presenti nelle prede.

Il bioaccumulo delle sostanze tossiche può avvenire anche direttamente dall’ambiente in cui l’organismo vive. Nel caso della bioconcentrazione, le concentrazioni della sostanza nei tessuti dell’organismo diventano progressivamente più alte di quelle presenti nell’ambiente, da cui è stata assorbita. Il fattore di bioconcentrazione (BCF), viene definito come il rapporto all’equilibrio tra la concentrazione di una sostanza tossica nell’organismo e quella nel mezzo circostante. Nel caso in cui BCF > 1, la sostanza ha la tendenza a bioaccumularsi, ovvero per quel composto chimico, reazioni biochimiche di quello specifico organismo ne favoriscono l’assunzione e la ritenzione.

Le catene alimentari acquatiche sono generalmente più lunghe e molto più complesse di quelle terrestri, pertanto, mentre la concentrazione di un inquinante nell’acqua può essere inferiore al limite di rilevazione attualmente vigente, nei predatori al vertice della catena alimentare si possono riscontrare gravi effetti tossicologici (White e Hoffman, 1995; Henny et al., 1996). Clarkson (1995) ha verificato che, affinché un contaminante venga accumulato all’interno di un organismo deve essere lipofilico, chimicamente e metabolicamente stabile in acqua e negli organismi e deve avere relativamente bassa tossicità negli organismi della fascia bassa della catena alimentare, per consentire l’accumulo nei predatori al vertice. Esistono, essenzialmente, due approcci generali per valutare, quindi quantificare, il fenomeno del bioaccumulo. Il primo è un approccio empirico, dove BCF (fattore di bioconcentrazione) o BAF (fattore di bioaccumulo), può essere dedotto dalla relazione fra la concentrazione nell’organismo e la contaminazione ambientale. Questi valori, se calcolati

su campioni ambientali, possono essere soggetti a errori dovuti alla variabilità biologica, ma hanno il vantaggio di essere rappresentativi delle reali condizioni ambientali.

Il secondo approccio, più laborioso, consiste nell’organizzare un modello di bilancio di massa in cui vengono quantificati gli assorbimenti e le perdite di tali composti (Figura 1.12).

Questo modello richiede necessariamente molte informazioni che riguardano la caratteristiche chimiche della sostanza in esame e la fisiologia dell’organismo, tenendo conto, oltretutto, dell’effetto di diluizione dovuto alla crescita e al tasso metabolico specifico del composto (Mackay e Fraser, 2000). Normalmente, tuttavia, quando una sostanza endogena entra in un organismo, viene riconosciuta come estranea e deve essere da questo metabolizzata, per favorirne l’eliminazione. Le sostanze lipofile, per le caratteristiche fisico- chimiche sopracitate, sono le più difficili da rimuovere e necessitano di meccanismi metabolici che portano ad un aumento della loro idrofilia, facilitando così la loro escrezione attraverso le urine, l’aria espirata, le feci, le secrezioni biliari, il latte. Gli estrogeni naturali vengono escreti normalmente per via urinaria, dalle donne in età fertile e in gravidanza, periodo durante il quale vengono sintetizzati in elevate quantità, dal sistema feto-placentare. In generale, la biotrasformazione di una sostanza endogena può portare alla formazione di metaboliti inattivi, metaboliti attivi dotati di spettro d’azione uguale a quello del composto d’origine, metaboliti attivi dotati di spettro d’azione diverso da quello del composto di origine, oppure metaboliti tossici, che potenzialmente, possono tornare in ambiente, una volta eliminati.