• Non ci sono risultati.

Bisogna ammettere che lo stesso aggettivo impiegato in Omero per uomini greci e una donna filo-troiana potrebbe creare qualche perplessità a livello di interpretazione, soprattutto se s

pensa alla fortuna di questo epiteto, ma in realtà, la difficoltà è superabile se osserviamo che, fra

gli aggettivi composti con w"y, mantengono il medesimo significato per ambo i sessi sia un

124 Page 1959, pp. 244-245. 125 Cf. Sch.in Pind.P. 6.1b. 126 Aloni 1997, p. 81.

127 Bottonelli- Ferroni 2005, p. 142 n. 5. 128 Id. p. 146.

129 cf. DELG s.v. e|liékwy. Infatti, consultando i dizionari, tutti fanno riferimento a una forma circolare: e|liko -

boéstrucov “dai capelli inanellati”; -grafeéw “scrivo in modo sinuoso”; -droémov “dalla corsa sinuosa, circolare”; eidhév “a forma di spirale”; -rroov “dal corso vorticoso”etc… (VGI, p. 571). Analizzando l’aggettivo ei\liépodav riferito ai buoi in Sch. ad Od. 1.92 si dà come significato che “ruotano gli zoccoli procedendo con passo strascicato (εἰλίποδας λέγει βόας ὡς ποιοῦντας τὴν τῶν ποδῶν κίνησιν ὥσπερ ἑλικοειδῆ) e poco dopo si pone ἕλικας in riferimento alle corna ricurve o nere (ἕλικας δὲ ὡς ἑλικοειδῆ κέρατα ἔχοντας. (P.Q.) ἤτοι ἑλικοειδῆ κέρατα ἔχοντας ἢ μέλανας), ma, secondo Heubeck-West 2000⁷, p. 201, quest’ultima spiegazione risulta una semplice congettura dello scoliasta.

130 Cassola 2010, p. 561 nota al verso 19. Lo studioso traduce l’aggettivo “dagli occhi neri”.

131 Bottonelli-Ferroni 2005, p. 142 n.5 ipotizzano che possa significare “dagli occhi ricurvi, dal bel contorno”(da

eé\lix), anche se, come abbiamo già detto, preferiscono adottare un’altra soluzione.

132 Cf. H. Hom. 5.87 e la nota relativa in Cassola 2010, p. 548. Cf. DELG s.v. Non è dello stesso parere Semerano

1994 s.v. che propone come traduzione “dal rapido sguardo”, “dallo sguardo fuggitivo”, facendo derivare il primo formante e$lix “spirale, avvolgimento”dall’accadico āliku “mobile, che va in giro”e dall’ ebraico hālak “muoversi, andare e venire”, senza alcun riferimento al colore. Cf. VGI, s.v. e VLG s.v. accolgono entrambe le traduzioni “dagli occhi neri, mobili, vivaci”. Il GEL s.v. traduce “with rolling eyes, quick-glancing, as a mark of youth and spirits

(not in Od.)”, quindi “occhi mobili, dal rapido sguardo” come segno distintivo della gioventù e del temperamento.

133 Gli scoli alla Teogonia di Esiodo forniscono una spiegazione totalmente diversa interpretando il mito come

un’allegoria naturalistica. Echidna non sarebbe un mostro, ma rappresenterebbe gli alberi da frutto. Il riferimento al serpente farebbe pensare alla forma arrotolata delle loro radici e l‘aggettivo e|likwépida le sarebbe stato assegnato “per il fatto che gli occhi di tutti sono intorno ai fiori e ai frutti” (Scholia in Th. Hes. 295-299 πέλωρον. τὰ δένδρα V./ ἐοικός.ὁμοιούμενον, ὅμοιον M2./ σπῆι. σπηλαίῳ VM2. /῎Εχιδναν. αὐτὰ τὰ δένδρα V. /νύμφην. τὸ ἐκ τῆς γῆς ἄνωθεν V. /ἑλικώπιδα. διὰ τὸ πάντων τοὺς ὀφθαλμοὺς περὶ τὰ ἄνθη καὶ τοὺς καρποὺς εἶναι V./ ὄφιν. διὰ τὴν ἕλιξιν τῶν ῥιζῶν V.). Evidentemente il commentatore fa derivare il nome del mostro Echidna da e"cion (echio), pianta, tipica dei paesi mediterranei, conosciuta anche da Dioscoride e Plinio .

72

aggettivo negativo (kunwéphv/ kunw%piv “faccia di cane/cagna”) sia uno positivo (eu\w%piv/

e\uwéy

134

), rispettivamente presenti in Omero e nel resto della tradizione poetica. Inoltre, non è

infrequente una corrispondenza lessicale (anche se non sempre semantica) per uomini e

donne.

135

Ipotizzare un etimo diverso per il maschile e per il femminile sembra improbabile. È

verosimile semmai che l’aggettivo abbia nel tempo subito uno slittamento semantico a favore di

un aspetto anziché un altro. Dalla storia del nome si evince che il termine si colleghi

principalmente dal verbo e|liéssw, “muoversi qua e là” e riferito alla sua prima attestazione-

cioè Criseide nell’ Iliade- potrebbe far pensare a un sentimento di paura e apprensione per la

nuova vita in un paese straniero. Non credo che sia molto distante dalla realtà immaginare che la

giovane Andromaca presentata da Saffo in qualche modo vivesse timori simili a quelli di

Criseide (allontanamento dalla famiglia, arrivo in un paese straniero, abbandono dello stato

virginale). L’atto di guardare in tutte le direzioni, lungi dal dover essere considerato un

comportamento muliebre impudente, nella lirica di Saffo sarebbe la manifestazione di una paura

mista alla curiosità.

136

Non si alluderebbe quindi a un movimento rotatorio degli occhi, quanto

piuttosto a uno sguardo a 360 gradi, che non va a inficiare l’immagine ideale di donna remissiva

e sottomessa all’uomo, che rifugge dagli sguardi altrui.

137

Saffo potrebbe aver voluto creare una

134 Rispettivamente, per es., in Od. 6.113.142 ed E. Or. 918.

135 Basti pensare che xanqoév “biondo” è indice di bellezza tanto per gli uomini/dei (Il. 1.197; 2.642; 3.284) quanto

per le donne/dee (Il. 5.500; 14.176; 11.740; 22.470) senza che questo infici la forza e il coraggio dei primi.

136 Lo sguardo impaurito della donna può essere assimilato a quello dell’animale braccato, in particolare al bue (o|

bouv%) -che condivide epiteti provenienti dallo stesso etimo (vd., per fare solo un esempio, Il. 9.466 εἰλίποδας ἕλικας βοῦς)- recalcitrante alla cattura dei bovari (Il. 13.570 ss.) o alla giovenca (h| bou%v, termine che indica anche la madre di donna. Cf. Pi. P. 4.142; A. Ag.1125) accompagnata, suo malgrado, all’altare per il sacrificio propiziatorio (cf. Od. 3.430). Questa associazione rende ancora più forte il carattere sacrale del componimento di Saffo, in quanto Andromaca, come Criseide, rappresenta quasi una vittima da immolare per il bene della comunità (il perpetuarsi della stirpe regale). Omero e la poetessa di Saffo avrebbero associato le due fanciulle, attraverso epiteti simili, ad animali destinati per eccellenza ai sacrifici per ingraziarsi gli dei, alludendo alla loro funzione di mediatrici fra il mondo divino e il mondo umano. In particolare, Andromaca e Criseide posseggono un aspetto maschile, cioè la forza pacifica e la servitù paziente del bue, che è l’equivalente ammansito del toro selvatico (vd. Biedermann 2007, p. 79), ma nello stesso tempo appartengono alla sfera femminile con un riferimento implicito alla giovenca che rievoca l’immagine di Io, sacerdotessa di Era argiva, sedotta da Zeus, invaghitosi di lei (il padre degli dei trasforma la fanciulla in questo animale, donandole uno straordinario candore). È utile ricordare che quest’ultima indicazione può rappresentare una forma di matrimonio per ratto (con un simbolico mutamento della condizione della ragazza e allontanamento dalla casa paterna), affine a quello di Europa, rapita da Zeus sotto forma di toro. Inoltre sia Io sia Europa compiono viaggi per mare, come Andromaca, e, in particolare, in ricordo delle peregrinazioni della prima, lo stretto che unisce il Mar Nero al Mar di Marmara e che segna insieme allo stretto dei Dardanelli (l’antico Ellesponto, per il cui controllo può essere stata combattuta verosmilmente la guerra di Troia) il confine meridionale fra l’Europa e l’Asia, viene chiamato Bosforo “Passaggio della Vacca”. Forse ci allontaneremmo troppo dallo scopo del nostro lavoro, ma potrebbe essere utile indagare il rapporto fra Andromaca e Io, venerata dagli Egizi con il nome di Iside, dea della maternità e fertilità, istitutrice del matrimonio e maestra delle arti domestiche, rappresentata nell’iconografia sotto forma di una vacca, (sottintendendo il simbolo della Luna, in quanto la sua luce viene messa in relazione con il latte di vacca dai Sumeri e la forma della corna ricorda quella della falce di luna).

137 L’ipotesi del commentatore bizantino per cui la fanciulla sarebbe modesta, perché rivolgerebbe lo sguardo su se

73

continuità fra le due conterranee, alludendo a un destino che le avrebbe accumunate, seppur con