dolore per la loro sventura e la vecchia regina, tramutatasi in una vecchia schiava, destinata a
170 Anche la dea quindi modifica il suo atteggiamento rispetto all’epos omerico. Il dialogo fra le due divinità, come
ha notato Canfora 2011, p. 68, sembra quasi estraneo allo svolgimento dell’azione tragica, in quanto la sentenza. secondo cui l’abbattimento di una città provoca la rovina del responsabile, non trova compimento nell’opera (vv. 95-97). Leggendo, tuttavia, l’Andromaca e le Troiane come un racconto unico, si può affermare che il secondo dramma rappresenti una giustificazione a posteriori dei comportamenti e fatti accaduti nel primo (vd. supra, par. 2.1 “Andromaca”). In tal senso la premonizione di Poseidone si realizza nella rovina della casa degli Eacidi. Nell’opera storiografica di Tucidide i Melii pronunciano una profezia simile agli Ateniesi (Th. 5, 90). Euripide potrebbe voler divulgare solo un messaggio pacifista, oppure, come afferma Canfora, dietro l’assedio di Troia si nasconderebbe Melo. Cf. infra (par. 3.2 “Commento alle Troiane”).
171 Tr. 37-38 Poseidone la descrive rannicchiata e piangente davanti alla porta. L’immagine è ancora più forte se si
pensa che, mentre la donna versa in questa situazione drammatica, il dio la osserva dall’alto e parla con Atena senza che la vecchia regina se ne accorga. Il suo destino, quindi, è già segnato.
172 L’uso della metafora nautica, così come in Andromaca (vd. supra, par. 2.1 “Andromaca”e infra par. 8.2
“Andromaca ed Ermione”), pone l’accento sulla volubilità della sorte ed evoca il viaggio dei Greci prima verso Troia e poi il ritorno verso la loro patria. Se nel primo caso l’esito è stato fortunato, nel secondo, sappiamo, anche in base alle dichiarazioni di Atena (ispirate probabilmente alla perduta opera del ciclo troiano Noéstoi), il viaggio sarà piuttosto difficile e travagliato. Cf. Albini 2011,⁶ p. 177. La metafora del mare e della nave, frequente nelle
Troiane, come ha osservato Pepe 1994, pp. XVI-XVII, fa sempre riferimento alla disgrazia. Il mare di per sé, sin
dai tempi omerici, ha un’accezione negativa, che genera sentimenti di paura e presagi di morte (cf. le varie similitudini presenti nell’ Iliade: per fare solo qualche esempio, Il. 2.144-149, 207-210, 394-399; 4.422-438.
173 Tr. 107: ἧι πατρὶς ἔρρει καὶ τέκνα καὶ πόσις, «[a me] a cui patria, figli e marito sono fluiti via come un corso
d’acqua». La metafora è molto significativa in quanto indica il corso di un fiume che scorre ininterrottamente e le cui acque non possono mai tornare alla sorgente. La fortuna di Troia è totalmente tramontata e non c’è possibilità alcuna di una rinascita. In questi versi riecheggia il paénta r|ei% di Eraclito, filosofo di Efeso della generazione precedente a Euripide.
119
divenire portinaia o nutrice (vv. 194-195), si paragona a “un inutile fuco,
175miserabile forma di
morte, evanescente
176immagine di trapassato” (vv. 192-194, trad. Albini 2011, p.91). La
seconda coppia strofica potrebbe intitolarsi, con una rievocazione manzoniana, “L’addio a
Troia”: le donne salutano per l’ultima volta (l’avverbio neéaton è ripetuto anaforicamente i
versi 201 e 202) le loro mansioni domestiche (vv. 199-200, si ricordano il telaio e la spola) e le
case dei genitori. Immaginano la loro imminente sorte: diventeranno concubine di un greco,
schiave costrette prendere l’acqua alla fonte.
177Si augurano nella sventura di essere assegnate
ad Atene, alla Tessaglia, alla Sicilia o all’Italia meridionale,
178ma non a Sparta (vv. 207-
229).
179Gli ultimi versi annunciano l’arrivo dell’araldo Taltibio.
c)
I episodio (vv. 235-510)
Taltibio annuncia l’esito del sorteggio: Cassandra è stata assegnata ad Agamennone, Polissena
alla “tomba di Achille”(v. 264),
180Andromaca, la daémar, (v. 272 “moglie legittima”) di
Ettore, al figlio di Achille e infine Ecuba a Odisseo. Alla notizia della sua sorte, la vecchia
regina comincia il suo rito funebre (si percuote il capo, si graffia il volto) ritenendo il suo
padrone il peggiore di tutti i greci
181e il suo destino il più doloroso di quello delle altre Troiane
(vv. 290-292). Taltibio non rivela la destinazione delle rimanenti prigioniere, ma chiede la
consegna immediata di Cassandra. La profetessa esce dalla tenda, con una fiaccola in mano,
delirante (v. 307 mainaév), cantando un lugubre e sarcastico imeneo in proprio onore (vv. 308-
341).
182Subito dopo Cassandra si dichiara soddisfatta della sua sorte in quanto lei stessa è
destinata a diventare la responsabile della morte di Agamennone (vv. 353-363. Cf. 404-405;
445; 448-450; 458-461). Infine argomenta che il destino dei Troiani sia migliore di quello dei
175 Cf. Bacch. 1365. Cf. par. 9 “Approfondimenti intertestuali”, D) Api e fuchi”.
176 Tr. 194 a\menhnoén “fugace” è detto propriamente dei sogni, delle ombre e dei fantasmi. Cf. Od. 10.521;
19.562. Ecuba si considera già morta alla stregua di uno spettro invisibile e impalpabile.
177 Riecheggia in questi versi l’immagine iliadica evocata da Ettore in Il. 6. 456-458: la moglie dovrà tessere la tela
per un’altra donna e dovrà portare l’acqua della fonte Messeide o Iperea.
178 Si citano le terre bagnate dal mar Ionio e il territorio attraversato dal fiume Crati, che scorre presso Sibari.
Euripide allude all’odierna Calabria dove sorgevano prospere colonie greche (Crotone, Sibari, Turi).
179 Si pensi a tutte le valutazioni negative dei personaggi spartani (Menelao, Ermione) dell’opera precedente. 180 Ecuba non comprende le oscure parole dell’araldo e immagina che la figlia sia stata addetta alla cura della
tomba dell’eroe.
181 Ecuba pronuncia un’aspra invettiva contro il figlio di Laerte: ἰώ μοί μοι./ μυσαρῶι δολίωι λέλογχα/ φωτὶ
δουλεύειν, / πολεμίωι δίκας, παρανόμωι δάκει, / ὃς πάντα τἀκεῖθεν ἐνθάδ<ε στρέφει, / τὰ δ'> ἀντίπαλ' αὖθις ἐκεῖσε / διπτύχωι γλώσσαι, / φίλα τὰ πρότερ' ἄφιλα τιθέμενος πάλιν , «La sorte mi consegna come schiava/ a un essere immondo, subdolo, /nemico della giustizia, /a un mostro senza legge. /La sua lingua bifida rivolta le cose, /capovolge il qui e il là e /rende odioso a tutti ciò che prima era caro».(Tr. 281-288, trad. it. Albini 2011⁶ p. 97).
182 Sono ripresi tutti gli elementi della cerimonia e del canto nuziale (fiaccole, accompagnamento della sposa,
corteo, danze, inni a Imeneo, makarismos, lodi alla sposa) ma a Cipride viene sostituita Ecate, divinità ctonia legata al mondo degli Inferi (qaélamov= qaénatov). In IA 1054-1057 si mette in evidenza la circolarità e i movimenti coreografici del contesto imenaico con l’utilizzo del verbo e|liéssw, impiegato nei vv. 1054-1057, così come in E.