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Andromaca. Indagine storica, filologica e culturale di un mito letterario

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TESI DI DOTTORATO DELL’UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO, INSIGNITE DELLA DIGNITÀ DI STAMPA E SOTTOPOSTE A PROCEDURA DI BLIND PEER REVIEW.

Sposa dell’eroe troiano Ettore, madre di Astianatte, Andromaca resta tuttavia una delle più criptiche figure femminili del mito antico. Grazie a una rivisitazione complessiva delle fonti e a una metodologia di ricerca comparativa, come quella presentata in questo studio, è possibile delineare meglio un personaggio che troppo spesso la critica ha idealizzato e cristallizzato nell’immagine di sposa devota e madre affettuosa. In un gioco di specchi che è anche un viaggio nel tempo e nello spazio, basato sulla ricerca di continuità e divergenze tematiche e strutturali, il lavoro ripercorre la storia della presentazione e della ricezione culturale di Andromaca non solo attraverso le riletture di autori classici (Omero, Saffo, Euripide, Ennio, Virgilio, Ovidio, Properzio, Seneca), ma anche mediante le sopravvivenze del mito nella Seconda Sofistica (Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio), nel melodramma e nella modernità (Racine, Baudelaire, De Sanctis, Saponaro). Dietro la superficie vengono così additati significati nascosti e persino contraddittori che consentono una nuova valorizzazione e percezione dinamica, anche oppositiva, di Andromaca.

CARMEN SPADARO insegna presso il Liceo Classico “Paolo Sarpi” di Bergamo. Ha conseguito il titolo di Dottore di Ricerca in Studi Umanistici Interculturali (XXIX Ciclo) presso l’Università degli Studi di Bergamo. Oltre che nell’ambito dell’editoria scolastica, ha pubblicato saggi e articoli dedicati a figure femminili del mito antico in cataloghi d’arte e in periodici specialistici.

ISBN: 978-88-940721-9-8 DOI: 10.6092/978-88-940721-9-8

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-Carmen Spadaro

ANDROMACA

Indagine storica, filologica e culturale di un

mito letterario

2020

15

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Diretta da Paolo Cesaretti

Ogni volume è sottoposto a blind peer review.

ISSN: 2611-9927

(4)

Carmen Spadaro

ANDROMACA

Indagine storica, filologica e culturale di un mito letterario

______________________________________________________

Università degli Studi di Bergamo

(5)

Università degli Studi di Bergamo, 2020.

(Collana della Scuola di Alta Formazione Dottorale; 15)

ISBN: 978-88-940721-9-8

DOI:

10.6092/978-88-940721-9-8

Questo volume è rilasciato sotto licenza Creative Commons

Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0

© 2020 Carmen Spadaro

Progetto grafico: Servizi Editoriali – Università degli Studi di Bergamo

© 2018 Università degli Studi di Bergamo

via Salvecchio, 19

24129 Bergamo

Cod. Fiscale 80004350163

P. IVA 01612800167

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A Virginia e Ginevra,

forza e luce della mia vita,

respiro della mia anima,

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(8)

Vorrei ringraziare sentitamente tutti coloro che a vario titolo mi sono stati accanto durante

questo importante percorso formativo e hanno contribuito alla realizzazione del presente lavoro.

Innanzitutto desidero ringraziare il Prof. Paolo Cesaretti, mio Tutor, non solo per il sostegno, la

disponibilità e l’attenzione che ha sempre dimostrato verso la mia tesi, ma anche e soprattutto

per aver creduto in me e nella validità del mio progetto, nonché per gli impagabili consigli

metodologici e teorici, che hanno accompagnato costantemente tutte le fasi della mia indagine:

la sua professionalità e il suo amore per la ricerca rappresenteranno per me sempre un modello

da seguire.

Ringrazio il prof. Daniele Giglioli, mio Co-Tutor, per l’interesse e l’entusiasmo con cui ha

sempre letto il mio lavoro, per l’incoraggiamento e per il suo ottimismo rasserenante, per i

preziosi suggerimenti soprattutto nell’ambito letterario del periodo moderno.

Un ringraziamento speciale è rivolto alla Prof.ssa Alessandra Violi, Coordinatrice del dottorato

di ricerca in “Studi umanistici interculturali”, per la stima dimostratami, per la sua

comprensione e per i numerosi stimoli derivati da questa esperienza.

Vorrei esprimere la mia gratitudine al Prof. Enrico Giannetto, al Prof. Adolfo Scotto di Luzio,

alla Prof.ssa Paola Radici Colace, cui devo la mia formazione filologica, e al Prof. Corrado

Cuccoro, mio collega e amico, per le utili indicazioni bibliografiche, di cui mi sono avvalsa in

alcune sezioni del mio lavoro.

Inoltre, per avermi sostenuto e incoraggiato in questi anni, sono riconoscente alla mia famiglia,

su cui ho sempre potuto fare affidamento, e, in particolare, a mia madre, senza la quale nulla

sarebbe stato possibile. Ringrazio, infine, Alessandro, per il supporto morale e “tecnico”, e le

mie figlie, Virginia e Ginevra, per avere spesso alleggerito, con il loro sguardo libero e

incantato, la fatica di questo duro ma gratificante cammino.

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Sommario

1.1

1.2

1.3

2.1

2.2

3.1

3.2

1.1

1.2

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2.2

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1.1

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2.1

Introduzione……….

Cap. I- Andromaca in Omero

La presentazione di Andromaca in Omero………

Dietro le apparenze: cavalli, guerra e potere delle donne ………

Andromaca= Amazzone?...

Tra Andromaca e Andromaco ………..

Andromaca, sposa ideale di Ettore ………

La maternità nell’Iliade………..

Andromaca, madre di Astianatte ……….

Cap. II- Andromaca nella lirica arcaica

Andromaca nella lirica ……….

L’attività cultuale e il canto di nozze ……….

Testo e traduzione del componimento sulle nozze di Ettore e Andromaca

(Sapph. fr. 44 LP)……….

Commento ………..

Classificazione del fr. 44 LP………

Perché Andromaca?...

|Elikw%piv Ἀndromaéch ...

|Abraè Ἀndromaéch ...

Il fr. 44 LP e l’Iliade………

I canti del componimento ……….

Interpretazione del canto………..

Cap. III- Andromaca in Euripide

Introduzione: Andromaca, emblema dei vinti in Euripide ……….

Euripide e il mito troiano ………

Andromaca ………...

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6.1

6.2

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2.4

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3.2

3.3

4.1

4.2

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5.1

5.2

5.3

5.4

5.5

5.6

5.7

Commento all’Andromaca ……….

Le Troiane ………

Commento alle Troiane……….

L’ Andromaca di Euripide ………

Le donne ad Atene fra realtà e teatro euripideo ………

La maternità in Euripide: rapporto madre-figlio ………..

Una madre di nome Andromaca ………

Una sposa ideale ………..

8- Le donne del ciclo troiano in Euripide ………...

9- Andromaca ed Ermione ……….

Andromaca ed Ecuba ……….

Approfondimenti intertestuali ………

Cap. IV- Andromaca a Roma

Introduzione ……….

Ennio ……….

Andromacha (85-99 Vahlen): testo e traduzione ………

Commento all’Andromacha ……….

Gli altri frammenti ………..

L’esilio di Andromaca……….

Il terzo libro dell’Eneide di Virgilio ………..

L’episodio di Andromaca ed Eleno (Aen. 3.294-357, 463-505) ………..

Andromaca in Virgilio ………

Andromaca nell’elegia di età augustea ………..

Andromaca in Properzio ……….

Andromaca in Ovidio ………..

Andromaca in età imperiale: Seneca e la tragedia ………...

Troades………

Commento alle Troades ………...

Andromaca in Seneca ………..

Andromaca:moglie e madre ………..

Andromaca e gli altri personaggi ………..

Le apparizioni ……….

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3.1

3.2

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5.1

5.2

Approfondimento: alcuni percorsi post-classici della figura di Andromaca

Premessa………

Sopravvivenza di Andromaca durante l’età post-classica: Omero ed

Euripide ‘reinventati’ da Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio…….

L’Andromaca di Racine: contaminatio di modelli classici………

Andromaca nel melodramma italiano del Settecento e Ottocento …………

Considerazioni generali sulla figura di Andromaca nel melodramma

italiano………

L’Andromaca virgiliana di Baudelaire ………..

Andromaca nel Novecento italiano ………

Cenni bibliografici supplementari ………...

Conclusioni generali………

Bibliografia………..

Indice dei principali passi greci e latini citati………

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Introduzione

Andromaca: storia e fortuna di un mito dalla Grecia antica al Novecento

Sposa di Ettore e madre di Astianatte, Andromaca,

1

fin dal suo nome, è tra le figure più

enigmatiche e meno studiate del panorama letterario. A partire da Omero, che canta il suo

tragico destino, la storia di questa eroina si sviluppa nell’opera di vari autori, arricchendosi, con

il trascorrere del tempo, versione dopo versione, di aspetti sempre nuovi. Se dovessimo

sintetizzare il personaggio, di primo acchito diremmo che l’eroina è stata recepita come la

moglie devota e la madre maesta, ma è davvero soltanto questo? Chi si manifesta attraverso

Andromaca? Perché è stata idealizzata? È la donna dell’antichità, remissiva dinanzi agli ordini

degli uomini, o è un personaggio femminile atipico, che cerca, a suo modo, di imporre la propria

volontà? È la moglie che attende ai lavori muliebri dentro casa, secondo l’antico costume

ellenico, o è colei che inaspettatamente si improvvisa stratega fuori dalle mura domestiche? È

una figura debole che piange inconsolabilmente la morte del marito e prega per la salvezza del

figlio o è un’immagine eroica, coraggiosa e risoluta, che, nonostante il dolore, non si abbatte e

mantiene inalterata la sua dignità? È una supplice impotente o una Menade furiosa? È la

principessa che ha compiuto un’irreparabile parabola discendente o è una saggia che accetta

stoicamente la katastrofhé (“rovesciamento della sorte”), senza compromettere la sua regalità?

Quali molteplici e variegate sfaccettature si celano dietro Andromaca? Questo mito

inaspettatamente solleva numerosi interrogativi, le cui risposte devono essere cercate nel

contesto sociale, culturale e politico delle opere dei vari autori che hanno trattato il suo

personaggio.

Andromaca è ricordata da millenni come prototipo di donna ideale nella Grecia antica, con

peculiarità fissate dalla tradizione e ben determinate, le quali probabilmente sono state anche la

causa della modesta attenzione che le hanno accordato gli studiosi, affascinati in prevalenza da

altre figure del mito, considerate più problematiche e più elusive (si pensi a tutte le riletture di

Antigone, di Elena e di Medea). La tematica narrativa, che consta di una parte molto conosciuta

(Ettore muore durante la guerra di Troia, ucciso da Achille; Andromaca rimane vedova e suo

figlio Astianatte viene gettato giù dalle mura diroccate della città) e di una meno nota (la donna

1 La tradizione ci tramanda oltre alla più famosa, la moglie di Ettore, altri due personaggi con questo nome: una

pressoché sconosciuta, citata da Servio (In Aen. 6.21), figlia dell’ateniese Eurimedonte destinata ad essere sacrificata al Minotauro, l’altra un’Amazzone (Schol. in Il. 3.189; Tzetze, Posth.182; amazzonomachie vascolari. Vd.infra, n.6).

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2

diventa concubina di Neottolemo e poi, alla morte di quest’ultimo, si sposa con Eleno, fratello

di Ettore, trasferendosi in Epiro), non è priva di riscritture, rifacimenti e varianti. Muovendosi

sulle orme di quell’autorevole filone della critica letteraria che ha offerto preziosi contributi per

la comprensione di miti letterari,

2

il presente lavoro ripercorre nel tempo e nello spazio,

attraverso le fonti letterarie, la storia di questa eroina, cercando di rischiarare, dal punto di vista

filologico, storico e culturale,

3

gli aspetti più reconditi e sottintesi, analizzando anche le varianti

meno note del mito e offrendo un ritratto a tutto tondo del personaggio. L’indagine si fonda su

documenti di autori della classicità (Omero, Saffo, Euripide, Ennio, Virgilio, Ovidio, Properzio,

Seneca), in cui la figura di Andromaca gode di una certa rilevanza; nell’approfondimento finale

l’attenzione si sposta sulla fortuna del mito di questa eroina nel periodo post-classico (Quinto

Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio),

4

nel melodramma italiano e nella modernità (Racine,

Baudelaire, De Sanctis, Saponaro).

5

Il lavoro non prende in considerazione le arti figurative, ma, benché non sia oggetto della nostra

indagine, si può affermare che la storia dell’eroina in questo ambito è legata principalmente alle

vicende di Troia (distruzione della città, morte di Ettore, sorte di Astianatte), mentre è poco

presente la restante tradizione (la schiavitù, il rapporto con Neottolemo, il matrimonio con

Eleno, Butroto).

6

2 Solo per fare qualche esempio, Steiner 20032; Bettini- Pellizer 2003; Guidorizzi 2009b; Guidorizzi 2012; Donadi

201310; Ciani 20136; Ciani 201310; Bettini-Brillante 2014; Pattoni 201410; Ieranò 2015. In questo ambito

significativa è anche la recente pubblicazione sulle Danaidi di M.P. Beriotto (Beriotto 2016), che, pur non ignorando le diverse scuole di pensiero sull’interpretazione del mito (analisi delle funzioni di Propp; semantica strutturale di Greimas, basata su opposizioni binarie; metodologia strutturalista fondata sul “mitema”), opta per un’indagine storico-filologica delle fonti, ripercorrendo la storia di questi personaggi dall’età arcaica fino al IV sec. a.C., avvalendosi anche delle attestazioni scoliastiche e paremiografiche. Pregevole è anche l’articolo sull’eroe Idomeneo di Valverde Sanchez (Valverde Sanchez 2005) che testimonia la fortuna di questo mito, non solo nell’età classica e post-classica, tanto in campo letterario quanto in quello artistico, ma anche in età moderna, soprattutto durante il XVIII secolo, nelle opere teatrali e melodrammatiche, che si basano principalmente sulla versione tramandata da Servio e ripresa successivamente da alcuni mitografi.

3 Non si è volutamente preso in esame l’aspetto metrico, drammaturgico e retorico.

4 La datazione di Quinto Smirneo è piuttosto discussa. Nel lavoro ci si attiene allo studio effettuato da Lelli 2013,

p.XX, che lo colloca tra il II e il III sec. Le due opere di Ditti Cretese e di Darete Frigio sono trasmesse in latino, ma appartengono a un autore greco ignoto e sono di datazione incerta. Senza addentrarsi sulla questione della datazione, il lavoro si basa sull’ipotesi di Prosperi 2013, p. 5, che li colloca intorno al II secolo.

5 La scelta dei testi dell’approfondimento ha una funzione meramente esemplificativa, includendo autori

appartenenti a periodi storici diversi e opere di genere e fama differenti. Nell’ambito della modernità, a parte Racine e Baudelaire, la cui rilevanza è troppo nota per essere taciuta e il cui contributo alla valorizzazione e all’evoluzione del personaggio è fondamentale, sono state volutamente trascurate opere appartenenti alla letteratura straniera moderna e contemporanea e si è posto l’accento esclusivamente sul Novecento italiano.

6 Si possono, tuttavia, segnalare alcune opere vascolari in cui compare Andromaca, come il cratere calcidese di

Würzburg (risalente al VI sec. a.C., dove, oltre a esserci Ettore che si congeda dalla sposa, appaiono anche Elena e Paride) o la coppa del vasaio Brygos (V sec. a.C., in cui Andromaca difende Astianatte dai Greci. Vd. infra cap. 3 “Andromaca in Euripide”, par. 9 “Approfondimenti intertestuali- E) Andromaca bellicosa ); nella Domus Aurea di Nerone si trova la sala di Ettore e Andromaca, dove è dipinto l’ultimo saluto di marito e moglie narrato nell’Iliade (Il. 6.390-496) e nella miniatura XXVI dell’Iliade Ambrosiana viene raffigurato l’addio di Ettore. L’eroina compare anche in vari sarcofagi romani, dove è rappresentato il riscatto del corpo di Ettore. In età moderna si

(15)

3

La ricerca è stata divisa in due momenti: 1) fase ricognitiva, con individuazione e

classificazione dei documenti; 2) analisi e confronto di testi e personaggi (metodo analitico-

comparativo). Dopo l’esame della semantica del testo letterario, il lavoro si è rivolto all’analisi

dell’azione e all’individuazione delle motivazioni alla base dei comportamenti/situazioni che

coinvolgono la figura di Andromaca. In alcuni casi è stato possibile avanzare ipotesi circa il

meccanismo di produzione del testo e di transtestualità,

7

grazie ad analogie con documenti

letterari e affinità/divergenze fra personaggi.

8

Il lavoro si è soffermato anche

sull’individuazione di isotopie figurative-tematiche (per es. della guerra, della Menade,

dell’Amazzone, della maternità).

In base ai due obiettivi propostici (1- tracciare un quadro esaustivo del personaggio, finora

mancante;

9

2- interpretare l’etimologia del nome) si è ragionato sul probabile significato

dell’antroponimo e sulle varie sfaccettature della personalità di Andromaca, presentata come

un’insolita e ambigua fusione di più figure, che apparentemente non hanno alcuna caratteristica

in comune (le immagini della madre, della moglie e della debole donna stonano con quelle

dell’Amazzone, della Menade e del guerriero), ma che invero nascondono notevoli

corrispondenze. Analizzando la situazione delle donne nella Grecia classica, è stato possibile

possono ricordare il “Sogno di Andromaca”, affresco di Giulio Romano (1536-1539 ca) nella sala di Troia nel Palazzo Ducale di Mantova e il dipinto “Ettore e Andromaca” (1709 ca) di G. A. Pellegrini. Allo stesso argomento di derivazione omerica si sono ispirati fra il Settecento e l’Ottocento nelle loro tele A. P. Losenko (opera rimasta incompiuta per la sopraggiunta morte dell’artista nel 1773) e F. Castelli (post 1811) e nel Novecento G. De Chirico in varie sculture e in diversi disegni e dipinti. La vedova che piange sul cadavere di Ettore si trova in una quadro di J. L. David (“Il compianto di Andromaca sul corpo di Ettore” del 1783). Per le vicende successive si possono ricordare due dipinti: Andromaca e Pirro raffigurati da P. N. Guerin (1810) e un’Andromaca prigioniera rappresentata da F. Leighton (1888). Vd. EAA s.v. Un’Andromaca amazzone, che non si identifica chiaramente con la sposa di Ettore, invece, è presente svariate volte nelle scene di amazzonomachie dei vasi attici a figure rosse e nere. Questo personaggio viene rappresentato o da solo o in lotta contro Eracle (per es. nell’anfora attica a figure nere, conservata nel Museo di Villa Giulia, inv. 131391).

7 Genette 1997 distingue cinque tipologie di transtestualità: il paratesto, l’intertesto, l’architesto, il metatesto e

l’ipertesto.

8 L’analogia fra i personaggi è alla base di numerosi studi di mitologia e letteratura comparata secondo cui “i poeti

non creano alcun nuovo mito essenziale; ma espongono miti già esistenti, li svolgono, li ornano o inconsciamente o seguendo l’analogia e la coscienza creativa del popolo” (De Gubernatis 1887, p. 2). L’analisi comparativa di cui ci

avvaliamo consiste nell’analizzare le analogie e le differenze fra personaggi al fine di pervenire a un’interpretazione plausibile ed evidenziare eventuali interrelazioni fra testi e/o autori. Il metodo comparativo è utilizzato in moltissime discipline (storia, linguistica, mitologia, filologia, sociologia, etnologia) con risultati apprezzabili (per es. Di Benedetto 1979 in cui si accosta il peregrinare di Edipo a quello di Odisseo; Id 1992, pp. 24-46 dove si paragona Alcesti a Medea e quest’ultima a Fedra, basandosi anche sull’uso del termine qumoév; Id. 1994 passim; in particolare, per quanto riguarda la nostra eroina, si segnalano i seguenti studi: Caviglia 1981, p. 56 in cui si confrontano Andromaca e Penelope; Corsaro 1991, p. 64 in cui le figure di Ecuba e Andromaca risultano speculari all’interno delle Troades di Seneca; Belfiore 2000 in cui Andromaca è assimilata a Teti; Seveso 2002, pp. 68-95 in cui, all’interno di modelli di rappresentazione femminile nelle tragedie di Euripide, si mettono a confronto Alcesti e Fedra e soprattutto Medea e Andromaca; Ead. 2012 in cui si paragonano le donne del teatro euripidee nel contesto del topos della maternità; Pattoni 2008 in cui l’Alcesti di Euripide risulterebbe una correzione del modello iliadico: Alcesti=Ettore; Admeto=Andromaca; F. Perusino che, all’interno del convegno “Andromaca e Filottete, eroi fuori luogo” del 2011 presenta un intervento intitolato “Andromaca l’anti-Medea?”).

(16)

4

tracciare un profilo che la configuri come sposa ideale. L’esame filologico si è concentrato

soprattutto su alcuni termini chiave che fungono da spia per la caratterizzazione del

personaggio: in Saffo, specificatamente, l’analisi si è soffermata su due aggettivi di difficile

interpretazione (e|likw%piv e a|braé). Sono stati presi in considerazione alcuni temi (guerra,

sacrificio, menadismo, acqua e roccia,

qaélamov- qaénatov), nel cui contesto Andromaca

agisce. Si è indagato, inoltre, sul valore dei riferimenti zoomorfi (giovenca, ape, cavalla) in

connessione con la sposa di Ettore e sugli elementi che implicano rimandi al suo carattere

bellicoso. Ove sia stato ritenuto utile si è fornito anche un breve inquadramento delle opere e

degli autori nel loro ambiente sociale, letterario e culturale, al fine di rendere chiara e immediata

la comprensione dell’analisi del testo (vd. cap. 2, par.1.2).

Di seguito si riporta una breve sintesi delle fonti prese in esame, suddivise in tre parti: Grecia

(Omero, Saffo, Euripide), Roma (Ennio, Virgilio, poeti elegiaci, Seneca) e approfondimento

(sopravvivenza della figura di Andromaca nel periodo post-classico, nel melodramma italiano e

nella modernità).

Grecia

La prima versione letteraria del mito di Andromaca si trova nell’Iliade, dove la moglie di Ettore

è una delle pochissime figure femminili che gode di una certa rilevanza. In un contesto di guerra

che si basa su valori eroici e su azioni belliche, lo spazio concesso alle donne, infatti, è

estremamente ridotto. Omero si sofferma sulla sposa di Ettore in tre luoghi, evidenziando quelle

virtù di devozione coniugale e amore materno che caratterizzeranno per sempre il suo mito.

Andromaca compare per la prima volta sulla scena nel sesto libro, allorché, temendo per la sorte

del marito, si precipita fuori casa e, in preda alla disperazione, va incontro a Ettore insieme ad

Astianatte e alla nutrice. La donna, ricordando le morti dei suoi familiari e la presa della sua

città natale, Tebe Ipoplacia, prega lo sposo di essere prudente, gli dà consigli strategici e lo

supplica di non cercare lo scontro con i nemici, ma l’eroe, per non incorrere nel biasimo

collettivo, non esaudisce la sua richiesta. La seconda apparizione avviene nel ventiduesimo

libro, dopo che Ettore è stato sconfitto e ucciso da Achille. Anche in questa occasione la donna

corre fuori casa e, vedendo dall’alto delle mura lo sposo morto e trascinato dal carro dell’eroe

greco, si abbandona a un pianto inconsolabile, straziata dal dolore e attanagliata dal timore per

l’incerto destino che attende lei e soprattutto il figlioletto Astianatte. L’ultima scena che vede

‘protagonista’ la vedova troiana è il momento del compianto funebre per Ettore. La donna

(17)

5

intona il lamento per il marito, prima della madre Ecuba e della cognata Elena. La giovane

sposa piange il destino dello sposo e ‘profetizza’ l’imminente fine di Troia e la morte del figlio.

Nella lirica arcaica la presenza della giovane principessa troiana è minima, essendo testimoniata

solo da un’ode di Saffo, in cui si descrive l’arrivo di Andromaca a Troia, in occasione delle sue

nozze con Ettore. La poetessa di Lesbo non accoglie la versione tradizionale del mito, ma

presenta Andromaca in un contesto totalmente diverso da quello omerico. Saffo fornisce una

variante nuova e mai più ripresa: un’Andromaca giovanissima su cui ancora non grava il

terribile destino tramandato dalla tradizione. Il clima della narrazione è gioioso e festoso, in

contrapposizione con quello luttuoso che fa sempre da sfondo alle vicende dell’eroina. Si assiste

a un ribaltamento della situazione tradizionale: la donna si è appena sposata e nutre ancora

speranze di un prospero e felice futuro, speranze che, tuttavia, come si sa, verranno deluse.

Il corteo di nozze di Saffo si oppone al ‘corteo’ -presente o semplicemente evocato- delle donne

troiane, costrette a lasciare Troia e a seguire i vincitori greci nelle opere di Euripide. Il

tragediografo ateniese offre la drammatizzazione di questo mito, dedicando alla vedova di

Ettore due opere, Andromaca e le Troiane. L’autore nel passaggio dall’epos al

dra%ma lascia

inalterate le caratteristiche essenziali del mito, aggiunge alcuni particolari e puntualizza il ruolo

del personaggio, riagganciandosi alla tradizione omerica. Nell’Andromaca la nostra eroina,

umiliata e vilipesa, unitasi ou\c e|kou%sa (E. Tr. 36: «contro la sua volontà») al padrone,

Pirro-Neottolemo, figlio dell’uccisore di suo marito, si mostra in tutta la sua fermezza, razionalità e

forza di fronte alla capricciosa e crudele Ermione. Può nuovamente esprimere il suo amore

materno per Molosso, il figlio che ha avuto da chi l’ha resa schiava

10

e che rappresenta il punto

di unione fra vinti e vincitori, partecipando del sangue di entrambi. La donna non è più la sposa

legittima presentata nei versi di Omero e Saffo, ma è la concubina, è colei che attenta alla

stabilità familiare; lei, che apparteneva a stirpe regale, ora è una schiava. La sua

katastrofhé

apparentemente si è conclusa, ma dopo la morte dei suoi cari e la perdita della patria, è costretta

nuovamente a soffrire. Il personaggio si arricchisce di aspetti nuovi: è una supplice della dea

Teti che cerca scampo dalla sua rivale ed è dotata di una grande abilità oratoria. Nella sua

r|h%siv (E. Tr. 91-102) scandaglia la situazione con estrema lucidità, per giungere, infine, a

una riflessione topica universale ( E. Andr. 100-102: «Non si deve dire felice nessuno dei

mortali,/ prima di vedere com’è disceso sotto terra,/ come ha varcato il giorno estremo»

11

), che

la rende agli occhi dei lettori/spettatori una figura paradigmatica depositaria di saggezza.

10 Paus. 1.11 sostiene che Andromaca ha avuto tre figli da Neottolemo (Molosso, Pielo e Pergamo). Igino (Fab.123)

ne ricorda solo uno di nome Anfialo.

(18)

6

Nell’a\gwén in cui affronta chi ha preso il suo posto, la greca Ermione, dimostra un’abilità

dialettica, sconosciuta nell’Iliade. Andromaca in questa tragedia non è più moglie, ma è solo

madre: la sua audacia e la sua forza si sgretolano, quando il crudele Menelao cattura il figlio

Molosso. La donna, dopo la ‘breve parentesi’ oratoria in cui riesce a far fronte ai nemici, si

trasforma di nuovo in umile supplice, accettando di sacrificare la propria vita per quella del

figlio (Tr. 413) e giudicando “infelice” la sua carnefice, in quanto priva di figli, e felice se stessa

che sta per morire per Molosso. Il suo eroismo è quello proprio delle madri, insito nell’istinto

materno; se gli uomini usano le azioni per dimostrare il proprio valore, lei, inerme e debole, può

affidarsi solo alle parole, uniche armi a sua disposizione, e al sacrificio. Anche Andromaca,

come il marito nell’Iliade, dimostra in qualche modo il suo coraggio, decidendo di andare

incontro alla morte per il bene della sua famiglia, per salvare il suo oikos (“casa”), rappresentato

in questo caso solo dal figlio. Il suo gesto risulta tuttavia inutile. La salvezza arriva solo grazie

all’intervento di Peleo e della ninfa Teti.

Nelle Troiane si narrano le vicende dell’ultima notte di Troia, allorché i capi si spartiscono le

prigioniere. Se in Saffo Troia rappresenta il punto di arrivo della donna e del corteo festoso, qui

la città di Priamo è il luogo da cui bisogna partire e che si deve abbandonare per sempre.

Andromaca si configura come un’eroina senza patria: nell’Iliade soffre per la presa della sua

città natia e nelle Troiane subisce la perdita della sua patria d’adozione. La tragedia è

cronologicamente successiva rispetto all’Andromaca, ma tratta gli avvenimenti precedenti,

spiegando a posteriori alcuni riferimenti che si ritrovano nel primo dramma. Andromaca non

solo è assegnata a Pirro, ma è costretta a lasciare il figlio Astianatte in mano ai Greci, che lo

uccidono, facendolo precipitare giù dalle mura della città ormai distrutta. Nella struttura

drammatica “episodica” la vedova di Ettore ha la possibilità di ripercorrere il suo destino con

ricordi, che mescolano presente (e imminente futuro) e passato; la donna rappresenta un

ossimoro esistenziale: è una daémar (“sposa legittima”) divenuta douélh (“schiava”). In E. Tr.

636-637 Andromaca, ancora una volta, come nella tragedia precedente, dà voce a una sentenza

gnomica: «Non essere mai nati è come essere morti/ ed essere morti è meglio che vivere nello

strazio»,

12

in base a cui la sorte di Polissena è certamente da preferire alla sua. L’immagine più

struggente di questo personaggio viene offerta dall’episodio in cui è costretta a consegnare il

figlioletto Astianatte alla furia omicida e vendicativa dei nemici. Nell’Iliade Andromaca è una

moglie che diventa vedova, ma che continua ad essere madre; nelle Troiane la storia della donna

raggiunge l’apice della sua sofferenza, completando la metabolhé (“mutamento”) iniziata nel

(19)

7

poema omerico: ora è una vedova che però si illude di poter continuare ad essere almeno madre,

speranza, questa, che viene presto infranta dai Greci. In una climax emozionale e semantica ( Tr.

774:

a"gete, feérete, r|iéptete, «Prendetelo, portatelo via, gettatelo giù»), culminante

nell’invettiva contro Elena, l’eroina si mostra consapevole della sua impotenza, sa di essere

costretta a rassegnarsi, ma non riesce ad accettare la logica maschile della guerra e diventa

foriera del concetto denigratorio dell’ eu\geéneia (“nobiltà”) e dell’ a\rethé (“valore”) bellica.

Roma

Data l’esiguità delle fonti della tragedia arcaica latina, non si può essere certi che il merito di

aver introdotto questo mito a Roma vada a Ennio, l’unico di cui ci siano pervenuti versi inerenti

al personaggio, o sia da ascriversi a qualche altro autore. Nel passaggio del mito di Andromaca

dal mondo greco a quello latino si assiste a una maggiore umanizzazione e caratterizzazione

psicologica dell’eroina. La sua figura diventa sempre più isolata nel suo parossismo di dolore; si

tramuta in paradigma, nel bene e nel male, di fedeltà coniugale, amore materno e pianto

inconsolabile.

Di Ennio ci sono pervenuti alcuni frammenti della sua Andromacha aechmalotis,

13

di cui non è

possibile ricostruire nel dettaglio la trama, ma che, nonostante ciò, offre notevoli spunti di

riflessione. La figura di questa donna comincia ad abbracciare peculiarità tipiche del mondo

romano, restituendoci il ‘prototipo’ dell’Andromaca ‘romanizzata’, angustiata per il suo destino

di exul. Nella sua Andromacha l’autore, riprendendo la tragedia euripidea, presenta il

personaggio, vittima della guerra, che nostalgicamente rievoca il suo passato e la perduta patria.

Con Virgilio Andromaca ritorna nell’ambito letterario dell’epos, benché in un contesto

differente, dopo la morte di Neottolemo-Pirro. L’autore inserisce la vedova di Ettore nel terzo

libro dell’Eneide, all’interno del viaggio effettuato da Enea alla ricerca della terra promessa.

L’eroe incontra Andromaca a Butroto, una piccola città dell’Epiro costruita sul modello di

Troia; la donna si trova presso il sepolcro vuoto del marito Ettore, tutta intenta a offrire

libagioni all’anima del defunto sposo. L’atmosfera sospesa dell’episodio unita all’immobilità

della figura restituiscono alla donna il suo status di personaggio epico. Come il suo

predecessore, Virgilio evidenzia nella caratterizzazione del personaggio virtù muliebri

tipicamente romane: glissando sul concubinato con Pirro e sulla sua seconda maternità, l’autore

dell’Eneide presenta Andromaca come la sposa univira per eccellenza. La donna, tuttavia, per

13 Ma non si può escludere la sua presenza in tragedie andate perdute. Vd. infra cap. 4 “Andromaca a Roma”, par.

(20)

8

rimanere fedele al marito oltre la morte, deve vivere in una finzione, dove la realtà si confonde

con l’illusione.

La lirica latina di età augustea e imperiale (Ovidio, Properzio, Marziale, Giovenale) offre

un’immagine inedita della donna, legata principalmente alla sua fisicità e alle sue capacità

seduttive. Le virtù muliebri e materne non interessano più. Il poeta è un anti-eroe che ‘milita’

solo nel campo di battaglia dell’amore. I valori intimi e personali, quindi, si sostituiscono a

quelli eroici e la devozione familiare di Andromaca si tramuta in ‘disvalore’. Gli autori stessi

giocano su doppi sensi derivati proprio dalla tradizione classica più antica (Omero)

14

e ribaltano

i canoni ‘etici’, presentando l’eroina come modello di amante da evitare, non solo riscrivendo,

ma spesso addirittura riplasmando la figura della moglie di Ettore con particolari talvolta osceni.

La variante lirica del mito non ha prodotto alcun seguito, se non qualche implicito riferimento.

Nell’animo degli scrittori rimane salda l’immagine tradizionale e pura della donna. Nell’ambito

della classicità l’ultimo esponente che presenta una riscrittura di Andromaca è Seneca, che

compone le Troades sulla falsariga dell’omonima tragedia euripidea, contaminandola con

reminescenze soprattutto enniane e virgiliane. Rispetto al suo illustre modello drammatico, la

trama presenta notevoli differenze, proponendo una visione del tutto personale del mito.

L’autore cordovese riprende e amplia il caratteristico antropocentrismo e realismo euripideo,

presentando il suo personaggio sempre meno idealizzato e ancora più umanizzato. Se nella

tragedia attica l’attenzione è rivolta prevalentemente al conflitto interpersonale, in Seneca,

invece, il motivo catalizzatore della tragedia è essenzialmente il dissidio interiore del

personaggio, lo scontro fra mens bona e furor. Nel dramma senecano è pressoché assente

l’intervento divino, perché tutto (emozioni, sentimenti, decisioni) appartiene al mondo

dell’uomo. Andromaca e gli altri personaggi sono costruiti sulla logica della contrapposizione

dialettica tipica dei canoni della psicologia stoica (paéqov-a\paéqeia; loégov-ἄlogov;

furor-virtus).

15

Seneca presenta l’eroina con un forte temperamento, pronta ad affrontare i nemici

anche senza armi, pur di difendere il sepolcro del marito e il figlio. Per la prima volta il suo

personaggio è dilaniato da un conflitto interiore: prediligere l’amore per Astianatte o quello per

lo sposo defunto? Il bambino rappresenta per la madre l’immagine miniaturizzata del marito;

nella sua morbosa insistenza sulla somiglianza fra padre e figlioletto, c’è quasi qualcosa di

ambiguamente incestuoso (Tr. 646-647: Non aliud, Hector, in meo nato mihi/ placere quam te,

14 Per esempio, la metafora del cavallo. Vd. infra, cap. 4 “Andromaca a Roma”. 15 Biondi 2001-2003, vol. 3 p. 1300.

(21)

9

«Nient’altro mi piace in mio figlio, Ettore, se non te»).

16

Seneca riprende da Virgilio

l’immagine del sepolcro,

17

ma anche in questo caso con un’evidente differenza rispetto al

modello: nell’Eneide abbiamo un cenotafio con due altari, ma nulla si dice della sua grandezza,

né altri passi dell’opera forniscono elementi ulteriori. Nelle Troades tutto ruota intorno al

tumulus ingens e sacer (grande e consacrato), immensa mole (enorme), fatto costruire da Priamo

con grande dispendio di mezzi.

18

È un posto sacro (Tr. 509: sanctas parentis conditi sedes),

perché in questa tragedia per Andromaca Ettore è l’unico dio cui affidarsi. Il tumulo personifica

il marito, confondendosi a volte con lui (Tr. 508: tumulus, puer, captiva, «[ormai siamo] una

tomba, un fanciullo, una schiava») e la tomba deve difendere Astianatte, così come faceva il

padre in vita. Proprio da questa sovrapposizione deriva l’indecisione, per noi incomprensibile,

se salvare il figlio o le ceneri di Ettore. L’eroina raggiunge in questa tragedia l’apice della sua

violenza verbale, scontrandosi con l’eroe greco Ulisse. Andromaca è il personaggio centrale e

assume dei connotati nuovi: non è più succube passiva come nelle Troiane di Euripide, ma

escogita astutamente il modo di sottrarre il piccolo Astianatte alla furia dei Greci. Tenta una

reazione violenta, si trasforma in una guerriera, un’Amazzone, una Menade. Ingaggia una gara

di astuzie con l’eroe itacese, ma, nonostante un’iniziale vittoria, alla fine, per la sua insicurezza

e ingenuità, viene sconfitta da chi è più abile di lei. Seneca nella sua opera la presenta sì come

combattente coraggiosa, ma pur sempre perdente. La supplica a Ulisse sembra restituire ad

Andromaca la sua veste tradizionale, ma anche in questo caso la versione latina non combacia

con il modello: i suoi propositi di vendetta contro i Greci per mano di Astianatte, espressi in

tutto il terzo atto, e il riferimento a Priamo bambino risparmiato da Ercole (Tr. 718-720)

cozzano con la richiesta della madre che i Greci offrano al piccolo almeno la possibilità di una

vita servile e con la constatazione (simulata?) che il figlio non potrà mai recare alcun danno ai

nemici. Si ha l’impressione che ancora una volta Seneca abbia riplasmato la figura dell’eroina,

presentandola nel suo ultimo e disperato tentativo di inganno, mentre usa abilmente la captatio

benevolentiae, come precedentemente aveva fatto con lei Ulisse: veramente i suoi pensieri sono

divenuti improvvisamente pacifici? Davvero rinuncerebbe a vendicarsi, se Ulisse la

assecondasse? Il lettore/spettatore rimane nel dubbio. Se gli autori precedenti mostrano

un’Andromaca che è contemporaneamente madre e moglie, prediligendo di volta in volta un

16 Si pensi a Fedra quando nel suo delirio dice a Ippolito che in lui ama il volto di Teseo da giovane (Sen. Phaedr.

645 ss. Thesei vulutus amo…, «Amo il volto di Teseo…») e che il marito è uguale al figlio (Sen. Phaedr. 653-654 ss. vultus […] tuus…, «aveva il volto […] tuo…»). Il riferimento al corpo del ragazzo (guance, chiome, braccia, testa, dignità) fa affermare alla donna : est genitor in te (Sen. Phaedr. 658: «Tuo padre si trova in te»).

17 Presente anche in E. Tr. 1132-1133 dove Andromaca prima di partire porge l’estremo saluto al sepolcro di Ettore. 18 Tr. 483-486.

(22)

10

aspetto o un altro a seconda della situazione, nelle Troades le due figure non possono essere mai

scisse: la madre si fonde e confonde con la moglie (e viceversa) e anche nell’estremo addio al

suo bambino l’ultimo pensiero di Andromaca è per Ettore.

Approfondimento

Conclusasi l’epoca classica, il mito troiano naturalmente non scompare, ma continua a

diffondersi e a rinnovarsi.

19

Nell’approfondimento vengono affrontate, a titolo di esempio, delle

opere, appartenenti a epoche differenti, che presentano una rivisitazione della figura di

Andromaca. Si precisa che l’indagine si attiene soltanto all’esame del personaggio, senza

pretese di esaustività, soprattutto nel caso di autori eccezionalmente noti e studiati come Racine

e Baudelaire. L’analisi si concentra sulla caratterizzazione della principessa troiana, mediante

un confronto con i testi classici. L’approfondimento si divide in cinque parti fra loro

indipendenti: età post-classica, Racine, melodramma italiano, Baudelaire, Novecento italiano.

Nella prima sezione l’attenzione è posta sulla rivisitazione del personaggio da parte di tre autori

(Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio), che propongono una riscrittura e rilettura

dell’Iliade e dell’Odissea, riplasmando il racconto omerico. Le loro opere fanno gravitare la

figura dell’eroina nell’orbita della Guerra di Troia e degli avvenimenti immediatamente

successivi: Andromaca si presenta sempre come saggia e ponderata e manifesta spesso qualità

profetiche. Le loro composizioni influenzano notevolmente la letteratura medievale, basata

prevalentemente su un filone diverso da quello omerico, risalente proprio al periodo

post-classico (Quinto Smirneo, Ditti Cretese, Darete Frigio), alle opere e ai commenti a Omero del

periodo bizantino (Giovanni Malala, Eustazio) e alle narrazioni mitografiche (Apollodoro,

Igino). Così, per esempio, la vicenda troiana trova fra i suoi autori il chierico normanno Benoit

de Sainte-Maure, che scrive un Roman de Troie in lingua d’oil (circa 1165), di cui viene fornita

una traduzione in prosa latina da Guido ‘de Columna’ identificato da vari studiosi con Guido

delle Colonne.

20

In entrambi, come nel testo di Darete, si parla di un sogno premonitore di

Andromaca. Il personaggio si abbandona a patetici lamenti e accompagna il suocero Priamo

presso la tenda di Achille. A parte i poemi in cui si narrano le vicende troiane, esaltando lo

spirito cavalleresco, che anima il periodo, la vedova di Ettore, tuttavia, non sembra aver ispirato

particolarmente le menti dei poeti del Medioevo. Non si possono dare motivazioni sicure per

spiegare l’eclissi di questa figura, ma si può solo avanzare l’ipotesi che, prima il Cristianesimo

19 Per un quadro della sopravvivenza del teatro classico vd. Ieranò 2010, pp. 194-222.

20 L’ Historia destructionis Troiae, iniziata nel 1272 e conclusa nel 1287, non è oggetto di indagine nella nostra

(23)

11

con la sua demonizzazione della donna e la condanna del corpo che induce a rifuggire dallo

stesso vincolo matrimoniale e a esaltare la Vergine Maria, poi la valorizzazione della dama

cortese, che partecipa alla vita mondana con il marito, e la diffusione di una concezione positiva

dell’amore, in cui la passione e il desiderio erotico sono sinonimi di virtù,

21

abbiano precluso ad

Andromaca una vita letteraria in questo periodo. In particolare, nella poesia italiana in volgare le

donne diventano oggetto di contemplazione, strumento di elevazione spirituale e fonte di

beatitudine. La perenne nota di sofferenza, lamento e sconfitta accompagnata all’impossibilità

di manifestare concretamente il suo amore per il marito in vita, hanno forse fatto cadere la

moglie di Ettore nell’oblio, relegandola solo allo sterotipo di madre e moglie devota e infelice;

nella nostra penisola Dante non mostra interesse per Andromaca, citandola una sola volta (De

Monarchia, 2.3.14) semplicemente al fine di attestare Creusa come moglie di Enea;

22

tuttavia,

nel racconto del suo incontro con Cavalcante nel decimo canto dell’Inferno ( vv. 58-60) il

sommo poeta ha sicuramente in mente l’episodio virgiliano del terzo libro.

23

Nella cultura letteraria umanistico- rinascimentale si assiste a un nuovo protagonismo

dell’universo femminile. Nel Cinquecento, infatti, la tematica amorosa riacquista legittimità

nelle opere degli autori e il ruolo della donna di corte assume sempre più importanza. Nel

Rinascimento l’attenzione e la riscoperta dei classici insieme alla diffusione di una concezione

dell’amore basata su una sintesi platonico-cristiana consentirebbero una nuova fortuna del

personaggio: il ritratto della gentildonna, madre, moglie fedele e dama di corte, potrebbe

sposarsi con le virtù dell’eroina. Nell’inquietudine religiosa della Controriforma vien meno la

fiducia nella naturale bontà dell’uomo e l’eros o diventa passione tragica o si affida alla

rassicurante fedeltà coniugale.

24

Tuttavia, per avere una vera e propria rielaborazione della

figura della sposa di Ettore, bisogna aspettare fino al 1667, quando Racine compone la sua

Andromaque, in cui la donna, pur prigioniera di Neottolemo, non cede alle insistenti profferte

amorose del padrone, rimanendo fedele alla memoria di Ettore e presentandosi come madre del

solo Astianatte (non conosce la maternità di Molosso). Nell’ultima prefazione dell’autore si cita

come fonte principale Virgilio, minimizzando l’influenza euripidea e omettendo completamente

Omero, Ovidio e Seneca (ricordato solo nella prima prefazione), che, come si avrà modo di

dimostrare, sono fondamentali nella costruzione del suo personaggio

.

Racine modifica la storia

della vedova troiana, rendendola l’unica trionfatrice morale e materiale della tragedia.

21 Luperini-Cataldi- Marchiani 1996, vol. 1, pp. 118-120. 22 ED s.v.

23 “Mio figlio ov’è?”. Cf. Aen. 3. 312: Hector ubi est? 24 Luperini-Cataldi- Marchiani 1996, vol. 2, p. 1016.

(24)

12

L’opera è il primo capolavoro dell’autore e tra il Settecento e l’Ottocento diviene fonte di

ispirazione di numerosi drammi musicali, le cui trame, pressoché identiche, restituiscono

un’Andromaca in sintonia con la figura classica, anche quando cede alle avances di Pirro. La

donna mantiene saldo il ricordo del marito, cerca di opporsi al figlio di Achille, medita piani per

difendere Astianatte e soffre per il suo destino. Gli epiloghi sono tendenzialmente lieti: il

bambino sopravvive e la madre o sposa Pirro perché ne riconosce i pregi e lo reputa il degno

successore di Ettore o riesce a evitare il matrimonio (per decisione del padrone o per la morte di

quest’ultimo).

25

Nell’Ottocento francese, in un clima di profondo rinnovamento sociale e politico (dalla

proclamazione della Seconda Repubblica francese all’instaurazione del potere imperiale di

Napoleone III), l’ Andromaca virgiliana diventa per Baudelaire il prototipo dell’emigrata che ha

perso la sua patria e i suoi affetti. Nel Cygne, ode contenuta ne Les Fleurs du Mal, la principessa

troiana viene assimilata a un cigno, che, pur non essendo più in gabbia e avendo ritrovato la

libertà, vaga in preda a una sorta di delirio, avendo perso tutti i suoi punti di riferimento,

esattamente come l’Andromaca a Butroto di Virgilio.

Infine, il percorso dell’approfondimento si conclude con il Novecento italiano, prendendo in

esame due testi. Nel 1938, nel periodo a cavallo fra i due conflitti mondiali, l’emanazione di

leggi razziali, l’abolizione del madamato e le conseguenze degli abomini della guerra ispirano a

Gaetano De Sanctis un romanzo, intitolato Andromaca, in cui si narrano in modo del tutto

originale gli avvenimenti successivi alla presa di Troia, la prigionia della principessa a Ftia,

l’arrivo inaspettato dei figli Astianatte e Molosso, il trionfo e la morte della protagonista. Nel

1953, invece, Michele Saponaro, un autore oggi quasi del tutto dimenticato, compone una

tragedia in tre atti “Andromaca”. È, questo, l’anno in cui inizia la seconda legislatura della

Repubblica italiana, non senza tensioni nel panorama politico e civile.

La strage del secondo

dopoguerra e le vittime del Nazismo sono ancora impresse vivamente negli occhi e nei cuori

degli italiani. Tutto ciò è fonte di ispirazione per l’autore che incornicia il suo dramma in

un’atmosfera luttuosa. L’opera trae il suo soggetto perlopiù dalla contaminazione delle tragedie

euripidee, Andromaca e Troiane, e la vedova di Ettore diventa il prototipo della prigioniera

contemporanea, della donna che deve sopravvivere ai propri affetti ed è costretta a subire un

crudele destino.

25 Fino al Seicento il libretto melodrammatico si concentra solo sulle esigenze dei musicisti e sui gusti del pubblico,

disdegnando i recitativi e soffermandosi prevalentemente sulle arie. Grazie alla riforma avviata da Apostolo Zeno il testo scritto riacquista dignità, eliminando gli effetti spettacolari e gli elementi comici e introducendo temi moralistici ed eroici. Vd. Luperini- Cataldi- Marchiani 1996, vol. 3, pp. 937-938.

(25)

13

Etimologia

Il temperamento di Andromaca nelle opere risulta prevalentemente debole e mite. In un contesto

letterario in cui vige il concetto del valore augurale del nome (nomen omen), il significato

dell’antroponimo è sicuramente di primaria importanza per l’interpretazione di un personaggio;

nel nostro caso l’argomento ha generato nel corso dei secoli una serie di supposizioni, dovute al

fatto che la traduzione del nomen della donna apparentemente si discosta dalla sua personalità.

Il presente lavoro, proponendosi, quindi, come secondo obiettivo, l’interpretazione

dell’etimologia del nome, ha ragionato sui due formanti del nome, a\nhér “uomo, eroe, marito”

e

maécomai “combattere” (o derivati). Il significato si inserirebbe nel campo semantico della

guerra/scontro e potrebbe oscillare fra ”colei che combatte come un uomo”, “colei che combatte

per il marito”, “colei che combatte l’uomo/marito”, traduzioni, queste, che poco si adattano con

il carattere quasi sempre remissivo del personaggio; un’altra ipotesi, che non inficerebbe la

caratterizzazione dell’eroina, ma che, tuttavia, si adatterebbe solo alla figura omerica (o

moderna), potrebbe essere “colei per cui l‘uomo combatte”. Il problema è già noto nei tempi

antichi. Eustazio, arcivescovo bizantino del XII secolo, che redige due monumentali

commentari alle opere omeriche, basandosi su antiche fonti critiche e raccogliendo estratti

provenienti da precedenti e ormai perduti lavori di grammatici e critici di età alessandrina (scoli)

e di epoca più tarda, affronta la questione, evidenziando il valore eroico di Andromaca e

affermando che la donna viene “giustamente chiamata così” (φερωνύμως ), perché il suo stesso

nome è formato dagli aggettivi che significano “coraggioso” e “battagliero” (ἀνδρεῖον καὶ

μάχιμον), in quanto giunge sulle mura temendo per il marito. Inoltre l’autore aggiunge che nei

versi successivi (ἐν τοῖς ἑξῆς ) l’eroina dà consigli strategici a Ettore. Il commentatore avanza

un paragone fra la sposa dell’eroe troiano ed Elena: le due donne sarebbero molto simili in

quanto anche la “coraggiosa” compagna di Paride in precedenza avrebbe parlato solennemente

(σεμνολογεῖται), incitando il codardo figlio di Priamo alla guerra. Laddove, tuttavia, Andromaca

dimostra di amare il marito oltremisura (ἀλλ' ἡ μὲν φίλανδρος ὑπερλίαν),

26

Elena, invece, non

prova alcun sentimento di amore né verso Menelao, né verso Paride.

27

Lo stesso studioso

26 Eustazio anche altrove loda la filandriéa (“amore per il marito”) di Andromaca. Vd. per esempio, Eust. Comm. Il.

2.372.22; 4.976.16. Ugualmente gli scoli apprezzano la medesima virtù (per es. Sch. in Il. 6.383.3; 6.394b1.2; 6.411a1.1; 6.433.5; 17.207-208b.3). Questo aspetto l’avvicina a un’altra sposa, Alcesti, ma l’allontana sicuramente da Elena. A tal proposito cf. infra “Andromaca in Euripide”, par. 2.1 “Andromaca” (filandriéa di Ermione e della madre).

27 Eust. Comm. Il. 2.331.9 ss.:

Οτι ἀνδρείαν γυναῖκα τὴν ᾿Ανδρομάχην ῞Ομηρος ἐν διαφόροις ποιεῖ, ἧς καὶ αὐτὸ

τοὔνομα παρὰ τὸ ἀνδρεῖον καὶ μάχιμον φερωνύμως σύγκειται. (v. 386-9) Αὕτη καὶ νῦν ἀκούσασα τείρεσθαι τοὺς Τρῶας, μέγα δὲ κράτος εἶναι ᾿Αχαιῶν, καὶ περὶ τῷ ἀνδρὶ δείσασα, πρὸς τεῖχος ἐπειγομένη ἀφικάνει μαινομένῃ εἰκυῖα (v. 371-3) […]Η δ' αὐτὴ καὶ ἐν τοῖς ἑξῆς στρατηγικῶς τὸ ποιητέον τῷ ῞Εκτορι συμβουλεύει, τρόπον ὑποτιθεῖσα τῆς πρὸς ῞Ελληνας παρατάξεως. οὕτω δέ πως καὶ ἡ ῾Ελένη ἀνδρεία σεμνολογεῖται, εἴγε, ὡς προερρέθη,

(26)

14

bizantino aggiunge che Andromaca sarebbe abile e

a\ndreiéa (“coraggiosa”) nel parlare

28

e,

ricordando la sua abilità nell’accudire i cavalli di Ettore, ricorda ancora una volta il suo

coraggio.

29

Dal commento si evince che l’a\ndreiéa (“coraggio”) di Andromaca sarebbe da

ricollegare a tre elementi: nel passo del sesto libro dell’Iliade la donna 1) ha il coraggio di uscire

sulle mura “disertando” le occupazioni delle altre donne (non è con le sorelle di Ettore, né con le

cognate e neppure al tempio di Atena con le altre Troiane); 2) il suo animo è incitato dal timore

che accada qualcosa al marito; 3) dà consigli strategici a Ettore al fine di proteggerlo,

30

parlando

“coraggiosamente”e sfidando i ruoli.

31

Eustazio quindi allude a una traduzione del nome che

faccia riferimento alla sua devozione per lo sposo (quindi “colei che coraggiosamente combatte”

non in generale, ma “per il marito”

32

).

Nella nostra epoca, molti noti dizionari di mitologia classica non spiegano il significato

dell’antroponimo.

33

Forcellini nel Lexicon totius latinitatis traduce il nome con viriliter

pugnans, “colei che combatte con coraggio”. Kretschmer propone di interpretare il nome in

maniera analoga a quello di Astianatte, cioè facendo riferimento al valore del marito in guerra,

34

contrariamente a Pomeroy che lo mette in relazione al potere e alla forza del matriarcato.

35

L’unica monografia sul personaggio

36

non propone nessuna soluzione.

37

Il Dictionnaire des

Troyens de l’Iliade ne esplicita la formazione (a\ndro+ maécov) e ne fornisce una traduzione

“che combatte gli uomini, gli eroi”.

38

DEMGOL gli attribuisce il significato di “colei che

combatte gli uomini” o “colei per la quale gli uomini combattono”, ma basandosi su

Hohendahl-Zoetelief,

39

ritiene, come Kretschmer, che sia necessario intenderlo come epiteto del padre

(succede ugualmente per l’eroina Andromeda, “colei che regna sugli uomini”). Anche

τὸν Πάριν αὐτὴ ὀτρύνει πρὸς πόλεμον. καὶ τοῦτο μὲν ὅμοιαί πως ἡ ῾Ελένη καὶ ἡ ᾿Ανδρομάχη. ἀλλ' ἡ μὲν φίλανδρος ὑπερλίαν, ῾Ελένη δὲ οὔτε τὸν Μενέλαον ἔστερξε καὶ τὸν Πάριν δὲ οὐ πάνυ τι φιλοῦσα φαίνεται.

28 Eust. Comm. Il. 2.353.24 ss.: ῞Ολως οὖν καὶ ἀστεία εἰπεῖν καὶ ἀνδρεία δὲ φερωνύμως ἡ ᾿Ανδρομάχη.

29 Eust. Comm. Il. 2.354.24. Vd. cap. 1 “Andromaca in Omero”, par. 1.2 “Dietro le apparenze: cavalli, guerra e

potere delle donne”. Lo accostamento fra cavalli e marito si ritrova in Schol. in Il. 8.186-188 in cui si esplicita come la cura dei destrieri stesso implichi indirettamente l’attenzione della sposa per Ettore e sia finalizzata alla salvezza dello sposo

:

ἣν μάλα πολλήν / ᾿Ανδρομάχη<—πυρὸν ἔθηκεν>: οἰκονομικὸν καὶ εἰς σωτηρίαν τοῦ ἀνδρὸς τεῖνον, εἴ γε καὶ τὰ ὅπλα αὐτοῦ δέχεται, ὡς δηλοῖ ὁ Ζεύς· „ὅ οἱ οὔτι μάχης ἐκνοστήσαντι / δέξεται ᾿Ανδρομάχη κλυτὰ τεύχεα” (Ρ 207—8).

30 Vd. infra “Andromaca in Omero”.

31 Vd. “Andromaca in Euripide”, par. 9 “Approfondimenti intertestuali-E) Andromaca bellicosa”. 32 In questo modo il primo formante avrebbe una doppia valenza.

33 Per esempio, Rocher 1884 e RE. In realtà spesso anche quelli più divulgativi glissano sull’argomento. Vd., per

esempio, Lübker, 1993; Carpitella 1995; Moormann-Uitterhoeve 1997; Cordié 2006; Guidorizzi 2009; Idem 2012. 34 Kretschmer 1923.

35 Pomeroy 1975. Vd. infra “Andromaca in Omero”, par. 1.2 “Dietro le apparenze: cavalli, guerra e potere delle

donne”.

36 Spotorno 1930.

37 Anche l’articolo di Bile- Klein 2007 pp. 121-127, non ci fornisce indicazioni. 38 Wathelet, 1988, p. 275.

(27)

15

Kanavou,

40

trovando il nome in contraddizione con il suo atteggiamento timoroso palesato

nell’Iliade e con il suo consiglio difensivo e non offensivo (propone al marito di proteggere le

mura, senza esporsi al rischio di un attacco contro gli Achei), afferma che il nome si addice più

al marito che alla moglie e che ciò serve a dimostrare implicitamente la netta dipendenza di

Andromaca dallo sposo, resa ancora più evidente dalla frequente perifrasi “moglie di Ettore”.

Indagando sull’evoluzione del personaggio e riflettendo sui vari modi in cui gli autori l’hanno

presentata nei secoli, si deve ritenere che il nome della donna o celi remoti riferimenti a miti

ormai perduti e preomerici, dove forse veniva sviluppato il mito del padre Eezione o addirittura

proprio quello della sposa di Ettore -che, quindi, avrebbe goduto di una storia precedente e

indipendente dal marito-

41

oppure si sia creata una sovrapposizione fra due personaggi

differenti: Andromaca, moglie dell’eroe troiano, e un’altra Andromaca, l’Amazzone citata negli

scoli dell’Iliade.

42

In base alle fonti in nostro possesso si possono avanzare solo ipotesi, ma l’impressione, dopo lo

svolgimento della nostra analisi, è che già a partire da Omero si sia cercato si giustificare a

posteriori il nome di Andromaca, creando ad hoc delle situazioni in cui l’eroina si trovi in una

posizione di scontro, più o meno diretto, con un uomo. E così Euripide, Ennio, Euripide e

Seneca, per citare solo alcuni autori classici, pur tratteggiando il suo profilo in modo tale che

non si discostasse troppo da quello omerico tradizionale, tuttavia, di volta in volta, in modo più

o meno originale, le hanno fatto ricoprire il ruolo di ‘antagonista’ di eroi.

43

Non potendo

presentarla come una guerriera che contende in armi contro un uomo,

44

perché ciò avrebbe

inficiato la sua ‘classica’ caratterizzazione di madre/sposa devota dal comportamento delicato,

femminile e mite, gli autori hanno arricchito la sua immagine creando un personaggio che

mostra il coraggio ‘verbale’ per esprimere la sua opinione solo nei momenti in cui i propri cari

sono in pericolo. Insomma, l’abilità e la temerità dell’eroina sarebbero riferite alla sua capacità

di fronteggiare l’uomo con le parole per il bene della famiglia: nell’Iliade l’antagonista è il

marito, nella tragedia euripidea Andromaca Menelao, nelle Troiane tutti gli Achei, nelle

Troades Ulisse. Il significato del nome, ricostruito a posteriori, potrebbe essere, quindi, “colei

40 Kanavou 2015.

41Forse veniva sviluppato un mito dell’eroina, in cui si narravano avvenimenti precedenti al suo matrimonio. In tal

modo si deve ipotizzare che non ci siano ulteriori chiarimenti sul nome, perché per l’uditorio il riferimento al suo coraggio era ovvio.

42 Vd. infra “Andromaca in Omero”, par. 1.2 “Dietro le apparenze: cavalli, guerra e potere delle donne”.

43 Un mito può essere riformulato e riplasmato, ma deve essere riconoscibile nel suo nucleo essenziale. A tal

proposito vd. le intramontabili osservazioni di Kerényi 2009, pp. 20-22; Jung-Kerényi 2012, pp. 13-17.

44 L’unico che la presenta come guerriera è De Sanctis nel suo romanzo. Vd. infra, “Approfondimento: alcuni

(28)

16

che combatte l’uomo”, nel senso che si oppone con le parole e con i pensieri a un personaggio

maschile.

Dall’indagine condotta si osserva che nessun autore separa il mito di Andromaca dallo sposo e/o

dal figlio: il suo personaggio vive e ha senso solo all’interno del contesto familiare. Nell’epoca a

noi contemporanea, la figura di questa donna potrebbe tornare alla ribalta con le tante mogli e

madri straniere e profughe, vittime della guerra, che ogni giorno purtroppo la cronaca ci

presenta. Se possiamo affermare che l’eroina del mito classico ha avuto una fortuna alterna

legata a momenti storici differenti, sarebbe un interessante motivo di ricerca indagare se nel

panorama della cultura letteraria si celino, sotto mentite spoglie, altre ‘Andromache’ che, pur

non avendo lo stesso antroponimo, ritrovano il loro archetipo nella triste vedova di Ettore e

nell’infelice genitrice di Astianatte.

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