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Bisogni di competenze e conoscenze delle professionalità nel sociale 

Capitolo 2   L’orizzonte della ricerca: la governance del modello di welfare toscano

2.5  Bisogni di competenze e conoscenze delle professionalità nel sociale 

Come si è cercato di dare rilievo in apertura di questo lavoro, le riflessioni teoriche  nell’abito  delle  professionalità  del  sociale  non  sono  poi  così  sviluppate  da  poter  costituire  un  quadro  teorico  solido,  conchiuso,  e  così  accade  anche  per  quanto  riguarda  il  tema  delle  professioni  sociali  che  si  trovano  a  dover  aggiornare  le  proprie  conoscenze  e  competenze  nella  mutevolezza  dei  sistemi  organizzativi  nei  quali  operano. Se prendiamo poi il più stretto contesto della Regione Toscana, seppur nella  sensibilità  della  struttura  di  governance  regionale,  non  è  possibile  ancora  recuperare  alcuna riflessione che ponga al centro tali temi. 

Ecco  perché  appare  quanto  mai  urgente  proporre  alcuni  spazi  di  dialogo  aperto  e  costruttivo ‐obiettivo forse ambizioso di questo lavoro di tesi‐ nei quali proporre ambiti  di confronto e di crescita non solo per i livelli apicali che operano per la governance del  sistema  di  welfare  toscano,  ma  anche  ‐e  soprattutto‐  spazi  di  confronto  e  di  crescita  per  le  migliaia  di  professionisti  e  di  operatori  che  costituiscono  una  delle  colonne  portanti  del  sistema  sociosanitario  di  questa  regione.    Al  di  là  di  alcune  interessanti  esperienze  di  riflessione  interne  alle  SdS  toscane  sul  tema  della  gestione  del  personale56,  si  ritiene  utile  affrontare  la  più  specifica  tematica  dei  mutamenti  di  conoscenze  e  di  competenze  dei  professionisti  che  lavorano  in  un  sistema  in  mutamento  come  quello  toscano,  nella  convinzione  che  questo  possa  rappresentare  un caso emblematico non solo a livello regionale ma anche a livello nazionale, visto che  in questo più largo orizzonte sono molte le regioni che si stanno attrezzando, seppur  con  diversi  approcci,  come  abbiamo  più  volte  sottolineato,  per  rispondere  alla  profonda  crisi  della  sostenibilità  di  un  sistema  di  welfare  capace  di  dare  risalto  alla  globalità della persona e allo stesso tempo rispondere con efficacia, efficienza e qualità  alle istanze dei territori e delle comunità.  

I professionisti del sociale, e in particolare la compagine degli assistenti sociali57, per  certi aspetti assimilabili ai meglio definiti lavoratori della conoscenza58, per la maggior  parte delle volte sono inseriti all'interno di grandi organizzazioni e burocrazie, in una  posizione  spesso  contraddittoria  nei  confronti  delle  professioni  che  operano  nel  sociale. Una ricerca che ha recente compiuta dalla fondazione IRSO (2009), ha messo in  luce, infatti, che questi sistemi:    ‐ da un lato impoveriscono e mortificano le professioni già esistenti;  ‐ dall’altro sono anche grande generatrici di nuove competenze,  specializzazioni e, per altri versi, professioni.   

Tra  queste  motivazioni  può  essere  interessante  proporre  una  riflessione  su  una  delle  proprietà  addotte  alle  professioni  sociali,  ovvero  quella  della  generatività.  Prendiamo in prestito tale categoria dal recente dibattito portato avanti da una parte  della sociologia italiana che si sta attualmente concentrando sulla classificazione degli  esempi generativi dell’economia italiana59 per poter meglio comprendere in una lista  di proprietà quali possano essere le mutazioni dei profili dei professionisti che operano  nel  sistema  di  governance  sociosanitaria  toscana.  Tali  cambiamenti  concorrono  a  mettere  in  rilievo  l’urgenza  di  una  riflessione  sul  tema  dei  cambiamenti  su  alcune  dimensioni  che  permettono  di  leggere  con  maggiore  accuratezza  e  profondità  i 

57 La scelta di prendere come riferimento riflessivo la professione dell’assistente sociale all’interno del 

più  vasto  orizzonte  dei  gruppi  professionali  che  si  occupano  di  sociale  allargato  è  motivata,  come  già  ricordata in altre parti del testo, da una molteplicità di elementi, non da ultimo il fatto che è in atto sia a  livello regionale che a livello nazionale una riflessione sulla professionalità dell’assistente sociale in una  società  in  mutamento,  che  ha  portato  l’ordine  nazionale  degli  assistenti  sociali  a  presentare,  tra  le  diverse  azioni,  un  disegno  di  legge  presso  il  Senato  della  Repubblica,  per  una  disciplina  organica  della  professione di assistente sociale e assistente sociale specialista il 27 gennaio 2009.  58  Per lavoratori della conoscenza intendiamo quei professionisti ed operatori che operano su processi  immateriali e per i quali la conoscenza è il principale input e output di processi di lavori, e che impiegano  diversi tipi di conoscenza per svolgere il lavoro e producono diverse forme e gradi di conoscenza nuova  (Butera 2007).  59

  A  tal  proposito  si  veda  il  lavoro,  ad  oggi  inedito,  che  Mauro  Magatti  sta  compiendo  per  conto  dell’istituto don Sturzo di Roma sul tema della generatività delle imprese italiane: www.generativita.it. 

cambiamenti che stanno vivendo i professionisti del sociale.  Queste dimensioni fanno  riferimento a quattro macro aree che possono essere definite come:    ‐ L’AREA GESTIONALE/ORGANIZZATIVA o MANAGERIALE;  ‐ L’AREA STRATEGICA;  ‐ L’AREA RELAZIONALE;  ‐ L’AREA DI AIUTO NEI PROCESSI DI INCLUSIONE SOCIALE.   

L’area  gestionale  e  organizzativa  riporta  alle  pratiche  di  collaborazione,  alla  pianificazione  e  alla  programmazione  degli  interventi  nel  campo  delle  politiche  e  dei  servizi sociali e alla costruzione dei piani di zona; alle azioni volte ad attivare e gestire i  flussi informativi; agli interventi per l’integrazione dei servizi, dei soggetti organizzativi,  delle reti, dei territori e delle comunità; alla gestione delle risorse umane, strutturali ed  economiche, alla capacità di proporre e condurre percorsi di valutazione.  

La  macro  area  strategica,  invece,  è  l’orizzonte  che  comprende  le  capacità  di  proporre  obiettivi  e  dialoghi  ai  tre  fuochi  del  servizio  sociale  (Lazzari  2008):  alle  persone  nei  loro  unici  e  specifici  contesti,  alle  comunità  multiple  e  alle  istituzioni  sia  pubbliche,  sia  del  privato,  che  del  no  profit60.  È  lo  spazio  in  cui  si  collocano  quelle  conoscenze e competenze capaci di attivare reti formali e informali, di programmare,  attivare e condurre tutti quei processi di cambiamento necessari all’inclusione sociale. 

60  L’accento  sulla  trifocalità  del  servizio  sociale  e  in  particolare  sulla  dimensione  relazionale  che  lega 

l’assistente  sociale  alle  comunità,  è  stato  esplicitato  anche  in  un  recente  documento  del  Consiglio  Nazionale  dell’ordine  degli  assistenti  sociali  dal  titolo  “Riflessioni  sul  servizio  sociale  oggI”  laddove  esprime che: “Oggi “il sociale” ha necessità assoluta di interconnessioni, di una lettura non parcellizzata  dei bisogni delle persone e dei loro contesti di vita, di interventi di rete, di attenzione a fare risorgere e  vitalizzare la comunità restituendole responsabilità e protagonismo. Per costruire una scelta qualificante  è necessario ri‐appropriarsi di una dimensione comunitaria, mirando a una continuità quasi fisica con la  comunità,  tale  da  permettere  di  monitorare,  comprendere  e  affrontare  “insieme”  il  disagio.  La  dimensione comunitaria è propria degli Assistenti sociali e il rilancio della professione è legato anche al  recupero  di  metodologie  e  spazi  operativi,  ora  trascurati  in  favore  del  lavoro  sui  singoli  casi,  scelta  imposta dalla emergenza quotidiana, ma anche dall’influenza di modelli remunerativi apparentemente  più prestigiosi appartenenti ad altre professioni, che per altro contribuiscono a isolare e privatizzare il  disagio, talvolta interiorizzandolo”. (Scaricabile on‐line dal sito dell’ordine http://www.cnoas.it/) 

L’area  relazionale  è  probabilmente  l’area  di  conoscenze  e  competenze  meno  indagata  negli  ambiti  più  classici  di  ricerca  sulle  professioni.  Anche  se  è  questo  lo  spazio  entro  il  quale  potremmo  dire  sia  nata  la  professione  dell’assistente  sociale61,  sovente  si  tralascia  la  necessaria  sua  capacità  di  prendersi  cura  dell’altro  (Dominelli  2005),  come  se,  presentando  tale  professione  come  capace  di  un  professionalismo  asettico  e  distaccato,  improntato  sull’agire  tecnico  e  funzionale,  si  presumesse  l’acquisto  di  un  maggior  valore  di  fronte  ad  altre  professionalità  con  identità  professionali più solide.   

L’area  di  aiuto  nei  processi  di  inclusione  sociale  è  probabilmente  l’area  che  più  rimanda  al  più  tradizionale  profilo  professionale  dell’assistente  sociale.  Si  tratta  di  conoscenze e competenze per un professionista capace di elaborare con l’utente una  comune visione integrata della situazione di vulnerabilità e co‐costruire con lui e con il  suo contesto di appartenenza specifiche soluzioni (Dal Pra 2010). 

Queste  aree  che  saranno  poi  oggetto  di  approfondimento  anche  attraverso  l’enucleazione  delle  diverse  sottodimensioni  che  le  compongono,  possono  essere  la  nostra  chiave  di  lettura  ed  interpretativa  di  un  sé  professionale  in  profondo  cambiamento.  Tale  approfondimento  sarà  però  possibile  solo  se  partiamo  dal  presupposto che l’assistente sociale non è semplicemente un analizzatore neutrale di  problemi,  una  cinghia  di  trasmissione  tra  bisogni  e  risorse,  ma,  come  esprime  Campanini  (2002:  134),  colui  che  “attraverso  la  descrizione  della  realtà  costruisce  connessioni,  propone  nuove  forme  possibili,  ristruttura  significati,  individua  strategie  d’azione”  ed  è  in  grado  di  operare  “secondo  uno  stile  relazionale  orientato  alla  reciprocità  e  alla  capacità  di  inserirsi  nei  processi  in  corso”.  Processi  permeati  da  trasformazioni diffuse, a diverse velocità che coinvolgono diversi ambiti che, come ha  efficacemente sottolineato Maria Dal Pra nell’ultima sua opera (2010: 39): 

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  Doveroso  ricordare  come  i  “pionieri”  del  servizio  sociale,  a  partire  da  Mary  Richmond  (1917),  coniugavano  i  loro  interventi  attraverso  uno  slancio  che  si  fondava  sull’intenzione  di  contribuire  a  modificare allo stesso tempo la realtà personale dei loro assistiti e il contesto all’interno del quale questi  si  trovavano,  promuovendo  azioni  di  politica  sociale  da  un  lato  e  di  aiuto  organizzato  alla  persona  dall’altro. 

 

‐ cambiano  la  persona  e  le  sue  esigenze  (da  cittadino  a  consumatore); 

‐ cambiano le reti sociali che ho sempre sostenuto la coesione  sociale  (fragilizzazione  dell'integrazione  sociale  con  conseguente  vulnerabilità  delle  persone  dei  rapporti  di  solidarietà,  cambiamenti  della  famiglia,  poca  attenzione  alla  solidarietà intergenerazionale); 

‐ cambiano  i  sistemi  di  governo  (risposte  frammentate,  scarsamente  progettuali,  che  prestano  attenzione  molto  più  agli  aspetti  economici  che  alla  soddisfazione  dei  bisogni  reali  delle persone, diffuse esternalizzazione). 

 

Su queste premesse si fonda la ricerca, vero fulcro di questo lavoro di tesi, che cerca  di  comporre  una  prima  tassonomia62  delle  conoscenze  e  delle  competenze  degli  assistenti sociali quali testimoni privilegiati di un profondo cambiamento che li investe  come professionisti di un rinnovato laboratorio di welfare in Toscana.   62  Sul valore e la fragilità della proposta di una tassonomia si faccia riferimento a quanto esplicitato in  premessa di questo lavoro. 

Capitolo 3