Appendice Metodologica
II. Il disegno della ricerca
Alla luce di tali considerazioni, il disegno di ricerca120 è stato costruito essenzialmente su cinque momenti.
Il primo passo è stato la definizione degli scopi e dell’orizzonte della ricerca. Momento fondamentale e delicato che mi ha interrogato nel profondo sia come ricercatore che come assistente sociale. La scelta del contesto entro il quale proporre un percorso di ricerca empirica è stata sostenuta da una parte dal curriculum formativo offertomi dalla scuola di dottorato in pedagogia e servizio sociale121, dalle lezioni frontali e dai laboratori con i docenti italiani e stranieri, dai colloqui con il coordinatore del corso di dottorato e dai lunghi momenti di confronto con il docente tutor; dall’altra dal continuo incontro con i diversi professionisti assistenti sociali dei territori e delle comunità toscane. Grazie a questi passi di conoscenza, a questi scambi profondi su temi e problemi emergenti, mi è stato possibile focalizzare sempre con maggior definizione l’orizzonte per una ricerca empirica, la cornice semantica nella quale ho potuto gettare e muovere i miei passi di ricercatore sociale.
Il secondo momento è stato la formulazione vera e propria del disegno di ricerca. Solo dopo aver individuato con attenzione che l’interesse della mia ricerca sarebbe stata una riflessione sul tema delle professioni sociali ed in particolare sul sistema delle
120 Sono affezionato al termine “disegno” per descrivere il fluire dei diversi momenti della ricerca. Come
ricorda Bezzi (2001: 175) sulla ricerca valutativa “affermare che la ricerca valutativa (ma più in generale la ricerca sociale n.d.r.) ha un disegno significa semplicemente affermare il suo carattere di progetto: c’è un prima e c’è un dopo; c’è un qualcosa che dipende d qualcos’altro; ci sono relazioni, interrelazioni, retroazioni; c’è un’unitarietà sistemica che deve essere compresa prima di iniziare a pensare alla valutazione, perché deve guidarne la costruzione tappa dopo tappa, fornendo anche soluzioni ai numerosi imprevisti, tipici in ogni ricerca; c’è una logica che deve fornire argomentazioni che rendano giustificabile e plausibile ogni scelta metodologica”. Il “disegno” non è in effetti, prosegue Bezzi “un kit di tecniche acquisibili al supermarket […]”. il disegno è un percorso, un po’ come un viaggio: sappiamo che vogliamo partire, sappiamo dove vogliamo arrivare e grosso modo come pensiamo di raggiungere la meta ma, se non scegliamo un viaggio già organizzato, come i pacchetti d’agenzia, se vogliamo capire, vedere e sentire cosa ci capita, allora, il viaggio può diventare un’avventura dove la meta può anche cambiare, dove una volta arrivati scopriamo che la realtà è molto diversa da quella che pensavamo di trovare, che i nostri compagni di viaggio ci possono influenzare positivamente o anche negativamente, che i panorami possono essere emozionanti ma i cibi indigesti.
conoscenze e delle competenze dell’assistente sociale di fronte alle sfide del contesto di welfare toscano, ho realmente pianificato le tappe fondamentali della ricerca, le teorie di riferimento, gli strumenti più adatti, la popolazione e il campione oggetto della ricerca, i tempi e le risorse necessarie e quelle effettivamente disponibili.
La successiva raccolta dei dati, seppur in stretta connessione e in parziale sovrapposizione con la precedente, è stata organizzata secondo alcune fasi distinte. Nella prima di queste ho effettuato alcune interviste non strutturate con conduzione a carattere non direttivo (Bichi 2007) a testimoni privilegiati122 quali dirigenti, funzionari della Regione Toscana e professionisti con livelli di coordinamento nelle organizzazioni sociosanitarie toscane. Queste prime interviste123 hanno permesso da una parte di esplorare con efficacia gli interstizi, mettere a fuoco le zone grigie lasciate in evidenza dalla prima ricostruzione semantica fatta attraverso la letteratura, dall’altra di sostenere la successiva lettura del dato anche attraverso il particolare modo dell’intervistato di dare un senso a tale dato (Tusini 2006). Questa fase condotta attraverso le interviste non direttive, “strumento potente di interpretazione e comprensione di comportamenti e atteggiamenti sociali” (Bezzi 2003:297), ha permesso di affrontare le tematiche d’interesse seguendo il filo del discorso dell’intervistato e consentendogli divagazioni. Si è trattato, in pratica, di utilizzare da parte dell’intervistatore un elenco di domande124 in cui le modalità di risposta non siano specificate. Secondo quanto riporta Bailey, le domande aperte “sono utilizzate per stimolare l’intervistato ad esprimere le sue specifiche opinioni, la sua filosofia o i suoi scopi, […] inoltre sono particolarmente utili nelle ricerche preliminari, quando il ricercatore non ha ancora stabilito quali siano le caratteristiche rilevanti del fenomeno” (Bailey, 1982:147). È necessario ricordare che il carattere non strutturato e non standardizzato di questo tipo di intervista pregiudica la comparabilità formale
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Si fa qui riferimento alla conduzione dell’intervista secondo i canoni della non direttività, così come descritta in modo approfondito da Bichi (2007).
123 Si tratta di 7 interviste di circa un’ora fatte a dirigenti, funzionari della Regione Toscana e a
professionisti con livelli di coordinamento (scelti con pratica ragionata tra le SdS).
(Razzi, 1992), ma per gli scopi prefissi nel disegno di ricerca questo è sembrato essere meno importante rispetto ad un primo approfondimento dei concetti esplorati andando ad osservare anche quegli interstizi di senso che in questa fase un’analisi standard avrebbe messo in evidenza con difficoltà ‐o comunque con minor efficacia‐.
Questi primi passi hanno posto in evidenza alcune aree e alcuni concetti sensibilizzanti125 (Blumer 1954) che mi hanno permesso di orientare lo sguardo senza predeterminarlo, che mi hanno indirizzato verso il successivo momento composto essenzialmente da due parti distinte: nella prima ho svolto alcune interviste in profondità con la logica delle storie di vita, per recuperare ulteriori elementi su due profili professionali che ho selezionato come casi emblematici per la ricerca: l’assistente familiare e il mediatore interculturale. Per queste due professionalità ho scelto di effettuare solo alcune interviste ad un campione ragionato di soggetti, cercando persone la cui selezione è avvenuta attraverso l’utilizzo di alcuni criteri quali l’area geografica di provenienza, la lunghezza dell’esperienza professionale e la frequenza o meno di corsi di formazione per lo svolgimento dell’attività lavorativa. La seconda parte di questo momento, invece, mi ha permesso di scendere in profondità con un questionario strutturato per indagare126, con un focus ristretto ‐prendendo in
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L’utilizzo dei concetti sensibilizzanti è stato proposto dall’interazionista simbolico Herbert Blumer (1969: 148), secondo il quale devono suggerire dove guardare senza indicare esattamente ciò che si dovrà vedere. Come sostiene Cipriani (2008: 188) “essi sostituiscono in qualche modo le tradizionali ipotesi di lavoro. Non si tratta di ipotizzare relazioni fra una variabile indipendente ed altre variabili dipendenti, più semplicemente numero di concetti sufficientemente sintetici e rappresentativi della problematica affrontata attraverso l’analisi qualitativa”. È da tali concetti chiave che è poi possibile orientare in qualche modo il prosieguo della ricerca. I concetti sensibilizzanti emersi dalla prima fase della ricerca attengono al tema delle professioni sociali e delle diverse professionalità nel sociale. In particolare mi sono soffermato sulla considerazione che in questo momento di forti trasformazioni anche nel mercato occupazionale, stiano emergendo profili professionali non del tutto strutturati che però hanno una forte rilevanza all’interno del complesso sistema di welfare. La seconda riflessione, che attiene invece al ruolo dell’assistente sociale in Toscana, muove da concetti sensibilizzanti quali quello della trasformazione dell’assistenza sociale e delle relative prestazioni sociali integrate, piuttosto che dal tema conoscenze e delle competenze dell’assistente sociale nel mutato contesto di welfare toscano.
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La survey è stata effettuata attraverso un questionario strutturato composto da 60 domande e costruito su piattaforma web in modo tale da consentire la compilazione direttamente on‐line. L’invio del link del questionario e della lettera di accompagnamento è stato effettuato a tutti gli indirizzi mail degli assistenti sociali iscritti alla banca dati dell’ordine regionale degli assistenti sociali della Toscana. Sono state inviate mail a circa 1400 indirizzi di iscritti pur sapendo che, secondo la segreteria regionale
esame solo il profilo dell’assistente sociale127‐, quali siano le connessioni tra un profilo strutturato e definito a livello nazionale, la trasformazione del contesto sociale di riferimento (quello del sistema di welfare della Regione Toscana) e i mutamenti di conoscenze e competenze necessari per far fronte a tali cambiamenti.
Il quarto momento è stato dedicato alla codifica, all’analisi e all’interpretazione dei dati. Anche se una mole importante di dati empirici è emersa dal questionario strutturato, come detto in apertura di questa appendice metodologica, ho cercato di non separare in modo troppo netto le fasi di raccolta del dato (sia qualitativo che quantitativo) dalla fase di analisi dello stesso. ha facilitato questa tensione l’aver utilizzato uno strumento di raccolta del dato quantitativo che si fonda sull’approccio informatico, che ha permesso di abbattere i tempi di costruzione della matrice dati. La metodologia CAWI128 ha permesso, infatti, di procedere all’inserimento dei dati contestualmente alla compilazione dei questionari on‐line. Alla scadenza prefissata, quindi, ho potuto ottenere una matrice dati in formato .exl poi trasformata in un formato utile all’utilizzo del supporto informatico SPSS (Statistic Package for the Social Sciences).
Il quinto ed ultimo momento della ricerca non è ancora stato realizzato e sarà un momento delicato ed importante. Mi trovo in accordo con quanto sostenuto da Semi (1985) nella sua analisi delle fasi di un colloquio: penso che non possa mancare nel generale disegno di una ricerca sociale una fase finale, che l’autore ha ricondotto ad una “regola della reciprocità” (1985: 32). Condivido il fatto che non si possa prescindere dal riportare i passi compiuti, le motivazioni delle scelte fatte e i risultati della ricerca nei confronti di chi ha partecipato, di chi ha sostenuto e voluto questo dell’Ordine, circa il 30% di questi non controlla la posta elettronica o ha fornito un indirizzo non valido. Il ritorno, tenuto presente questo scarto, è stato di 512 questionari compilati.
127 La scelta di indagare più in profondità il profilo dell’assistente sociale è sostenuta da diverse
motivazioni. In primo luogo dalla possibilità di utilizzare un profilo professionale sul quale molto è stato scritto nel corso del tempo. In secondo luogo non possiamo tralasciare il fatto che ho costruito nel corso del tempo uno rapporto di amicizia e collaborazione sia con l’ordine regionale che con il consiglio nazionale dell’Ordine degli Assistenti sociali che sicuramente ha facilitato la costruzione e la somministrazione del questionario.
tipo di percorso e di chi si è impegnato nella fase di rilevazione del dato rispondendo alle domande poste dalle interviste. Concretamente si tratta di organizzare con la collaborazione della Regione Toscana ‐in particolare con il coordinatore dell’area inclusione sociale e con il suo staff‐, con il Consiglio Regionale dell’Ordine degli assistenti sociali della Toscana e con l’Università, un momento seminariale in cui confrontarsi sui risultati della ricerca, per poter meglio determinare ed approfondire quelle aree messe in luce dall’analisi dei dati, venendo così a tracciare una proposta di tassonomia delle conoscenze e delle competenze per le professioni del sociale che si stanno interfacciando con le recenti trasformazioni del contesto sociale regionale toscano nell’ottica di un lavoro in divenire e soprattutto condiviso con i diversi stakeholder istituzionali.