Capitolo 3 Professioni sociali o professionalità nel sociale?
3.2 Una ricerca empirica sulle professioni sociali
3.2.1 Le professioni sociali nelle regioni italiane
Il complesso sistema di welfare nazionale, come abbiamo più volte sottolineato, appare tuttora frammentato e in profondo mutamento. I diversi percorsi regionali in materia sociosanitaria non favoriscono ad oggi una riflessione unitaria né sul tema più ampio delle professioni sociali, né tantomeno sugli specifici fabbisogni delle diverse professionalità che operano nel sociale allargato. Ed il processo di recupero di tali informazioni, anche di carattere locale, rimane ad oggi molto complicato in molti territori perché non viene ancora vista come strategica per la programmazione sociosanitaria l'acquisizione di dati e informazioni; l'archiviazione di tali dati e informazioni; la trasformazione (elaborazione) degli stessi e la loro comunicazione e diffusione. Come ha rilevato recentemente Campostrini (2010: 82), “se da decenni in
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I risultati del percorso progettuale sono in corso di stampa e sono previste alcune monografie su temi specifici.
ambito aziendale si è messa in luce la necessità di organizzare compiutamente la gestione dei flussi informativi, nel settore pubblico ‐e in quello dei servizi alla persona in particolare‐ si scontano un notevole ritardo e alcune fondamentali confusioni”.
Dotarsi di un Sistema Informativo per le professioni sociali oggi appare quindi una necessità urgente non tanto dal punto di vista normativo78 ‐anche se la stessa 328/00 affronta in modo specifico il tema dei sistemi informativi non citando, però, esplicitamente un riferimento ad un sistema informativo su professioni e occupazioni‐ quanto da una necessità di ordine pratico: se si intende “governare” il processo evolutivo delle professioni sociali, è infatti impensabile poter disporre (e gestire) di tutte le informazioni e i dati necessari senza un qualche sistema, una architettura di supporto.
Dai dati raccolti nel corso della ricerca nazionale sulle professioni sociali, abbiamo potuto rilevare che in alcune regioni, seppur parzialmente, esistono in nuce dei sistemi informativi per le professioni sociali, che una volta messi in rete a livello nazionale, dovrebbero essere in grado di - indicare professioni e occupazioni complessivamente presenti nel settore sociale sul territorio nazionale distinguendo per lo 78 La “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali” (328/2000) cerca di dare forma a dei Sistemi Informativi utili e utilizzati nella programmazione e regolazione dei servizi sottolineando riferimenti espliciti ed impliciti ai sistemi informativi. Nella normativa si fa riferimento ai sistemi informativi sin dai primi articoli, quando il legislatore argomenta la necessità di basare la programmazione degli interventi e delle risorse (Art. 3) su precise informazioni, che devono supportare la definizione degli obiettivi strategici e delle priorità di intervento. Riferimento esplicito poi viene fatto più avanti, con riferimento particolare all’ambito provinciale, relativamente alla raccolta di conoscenza e dati sui bisogni e sulle risorse (Art. 7) per concorrere all’attuazione del sistema informativo dei servizi sociali. Nell’art. 19, dedicato poi ai piani di zona, troviamo ancora un riferimento esplicito ai SI, indicando come in questi sia necessario individuare le forme di rilevazione che li alimentino. Infine è dedicato un articolo intero al (Art. 21) al Sistema informativo dei servizi sociali che dovrebbe assicurare per ogni livello (stato, regione, province e comuni) la conoscenza dei bisogni sociali, del sistema integrato degli interventi e dei servizi sociali (…) per poter programmare, gestire, valutare. Come si può notare si tratta di riferimenti precisi, specifici, di forte indirizzo. Certamente non vengono indicati gli aspetti tecnici, che vengono (come usuale) rinviati ad indicazioni successive.
meno per tipologia di servizi, area di intervento, collocazione territoriale e organizzazione di appartenenza;
- indicare i percorsi professionali di ciascuna professione/occupazione;
- consentire previsioni sul loro evolversi e sulla relativa domanda di lavoro;
- collegare questa con l’offerta formativa presente nella regione.
La Regione Toscana, come si vede dalla tabella sinottica qui sotto proposta, è tra le regioni che hanno adottato un sistema informativo, anche se il percorso di strutturazione è ancora in fieri, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di comprendere in questo strumento una parte relativa alle professioni sociali.
Tabella 2. ‐ Presenza sistemi informativi regionali
Presenza di un sistema informativo sui servizi e di un sistema informativo sulle occupazioni in ambito sociale (quest’ultimo anche parziale)
a. Emilia – Romagna b. Marche
c. Piemonte
d. Friuli Venezia Giulia (anche se non ancora implementato in una logica di sistema informatico)
Presenza di un sistema informativo prevalentemente centrato sui servizi (anche se a volte solo parziale, con anche dati sulle occupazioni sociali) a. Toscana b. Veneto c. Puglia d. Umbria
e. Molise (Osservatorio Regionale sui Fenomeni Sociali ‐O.R.F.S.‐)
Assenza di sistema informativo sui servizi e interventi sociali (Le eventuali informazioni disponibili derivano, prevalentemente, da indagini una tantum) a. Basilicata b. Calabria
Nel percorso di realizzazione di un sistema informativo integrato in ambito regionale, la Regione Toscana è intervenuta adottando con la delibera 580/2009 il “Nomenclatore degli interventi e dei servizi sociali della Regione Toscana”, utilizzato come dizionario comune attraverso il quale tutte le applicazioni che compongono e alimentano il sistema informativo potranno dialogare fra sé. Il nomenclatore è stato definito attraverso un percorso interregionale nell’ambito del Cisis ‐Coordinamento tecnico interregionale, Gruppo politiche sociali, a partire dalla classificazione utilizzata nell’indagine sulla spesa sociale. È a partire da tale documento nazionale che la Regione, perfezionandolo affinché potesse essere coerente con il sistema di classificazione toscano, è arrivata alla già citata delibera. A livello nazionale, invece, dovrà essere completato il percorso di lavoro per introdurre una classificazione condivisa delle professioni e delle occupazioni sociali.
Anche se, come si è cercato di dimostrare nei primi capitoli di questo lavoro di tesi nel tentativo di coniugare la teoria delle professioni sociali con la produzione normativa e formativa delle diverse regioni, non esiste ad oggi un univoco sistema classificatorio delle diverse professioni e occupazioni che lavorano nel sociale, si auspica che una prima ipotesi classificatoria venga presto proposta dal Ministero e dalle Regioni in modo tale da poter costruire a livello nazionale un unico sistema di professioni sociali che siano confrontabili nei diversi territori regionali. Per fare questo saranno da concordare modalità condivise di conteggio degli operatori sociali che
riducano le attuali disomogeneità di calcolo (numero assoluto di operatori rispetto al numero equivalente di operatori; conteggio per servizio o per ente/organizzazione) e affrontino il problema delle doppie contabilità. Per questo lo sviluppo dei sistemi informativi sulle professioni ed occupazioni nel sociale dovrebbe avere come caratteristica fondamentale il fatto di essere centrato sui singoli operatori (ovvero l’unità di riferimento dovrebbe essere l’individuo singolo e non, come accade oggi, l’organizzazione/il servizio) in maniera da evitare il problema delle cosiddette “doppie contabilità” che rischia di condizionare pesantemente la produzione di stime puntuali sul numero di operatori presenti nei servizi.
In modo del tutto analogo dovranno essere definite in maniera condivisa quali variabili rilevare sugli operatori sociali e le relative modalità di codifica delle informazioni con l’evidente obiettivo di favorire i confronti interregionali (es. genere, orario di lavoro, tipologia di contratto).
Tutto questo potrebbe sostenere ed aiutare a censire le diverse occupazioni e le professioni impiegate nel settore dei servizi sociali nelle varie regioni. Come abbiamo già accennato, alcune di queste professioni godono già di un riconoscimento formale mentre altre, pur traendo origini da bisogni concreti della popolazione e delle comunità, non sono ancora state definite in modo omogeneo a livello nazionale.