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Blokken (Blocchi) è un romanzo breve di Ferdinand Bordewijk, un avvocato olandese

appassionato di letteratura e di argomenti fantastici, autore di diversi romanzi, racconti, opere teatrali e poesie.1 Pubblicato per la prima volta ad Utrecht nel 1931, è la storia di un

totalitarismo geometricamente giustificato, di una realtà ordinata con controllo e staticità estremamente razionali. Quello creato da Bordewijk è un mondo distopico in cui dominano dei “blocchi”, umani ed architettonici: tutto è ridotto in quadrati, rettangoli e linee rette. Secondo lo Stato, queste forme sono le uniche accettabili, perché rappresentano la perfezione. La forma circolare, simbolo di irrazionalità e di istintività, invece, è proibita, è considerata qualcosa di intrinsecamente malvagio e disordinato. Solo qualche folle ribelle ha il coraggio di lodare il cerchio e di preferirlo al quadrato2. La scelta stilistica che

Bordewijk adotta è molto particolare e sui generis: il racconto, di sole 90 pagine, è conciso e lapidario, descrive nei minimi dettagli il funzionamento di questa comunità, ma lo fa in maniera totalmente impersonale, senza una vera e propria trama. Non ci sono protagonisti, non ci sono eroi, le voci di ribellione sono solo un’eco di sottofondo, facilmente zittite dalla macchina governativa. Il narratore spiega semplicemente come sia organizzata questa società “cubista”.3 Da circa 45 anni, un non ben definito Stato ha fatto

1 Ferdinand Bordewijk nasce ad Amsterdam il 10 ottobre 1884. Si laurea in Giurisprudenza all’Università di Leiden nel 1912. Nell’agosto 1914, nello stesso periodo della mobilitazione generale dei paesi Bassi per la Grande Guerra, sposa la compositrice Johanna Roepman. Nella postfazione dell’edizione italiana di Blokken, gli studiosi Volpi e Gnoli scrivono: “considerava il mestiere di avvocato la sua occupazione principale, mentre la scrittura era per lui un semplice passatempo. Tanto che nelle interviste, quando parlava di sé come scrittore, usava la terza persona, quasi si trattasse di un altro. Si definiva un dilettante e, a malapena, coltivava i contatti con i salotti e gli ambienti ufficiali della letteratura neerlandese.” Nonostante questo, le sue opere sono delle pietre miliari della letteratura moderna olandese.

2 Ferdinand Bordewijk, Blocchi, Milano, ASaggi Bompiani, 2002, p.29: Un prigioniero senza nome, incarcerato per le sue “deliranti” teorie sulla Sfera, ad esempio, ottiene un’udienza di fronte al Consiglio e, con un affascinante e quasi pittorico lirismo, afferma: “Ma perché”, disse, “ avete costruito le vostre città come scatole cubiche, tracciato le vostre aiuole come quadrati, le vostre strade come rette! Siete innamorati, con il duro amore delle vostre anime, delle linee, delle figure e delle forme dalle sporgenze angolose. Avete spinto l’ideale del blocco ai suoi eccessi estremi, siete i cubisti della pratica. Vi ferirete a morte sui bordi taglienti della vostra condizione. Devo solo tastare il mio cranio rotondo per sentire che ciò che sta dentro cerca la perfezione nel cerchio, nel disco e nella Sfera. Oh, la delizia delle linee senza fine, della superficie senza angoli, del corpo senza superfici! Il blocco è il vostro Dio, eppure voi non potete cambiare la natura. Nelle loro scuole quadrate, i vostri bambini accolgono con occhi tondi le lezioni dei vostri principi spigolosi. Voi stessi, uomini, accarezzate nell’ebbrezza dei sensi le rotondità delle vostre donne. Come sarebbe il vostro animo, se la carezza delle vostre mani cadesse su dei cubi? Voi dimenticate che la Terra è rotonda, che descrive un cerchio attorno al sole, i cui colori si rifrangono nell’arcobaleno quando cadono le gocce rotonde. Voi siete seguaci non dell’amorevole acqua, ma delle sgradevoli lastre di ghiaccio. La vostra angolosa intelligenza avanza come il ghiaccio maligno sull’ondeggiamento delle vostre emozioni.”

3 Antonio Gnoli, Franco Volpi, “Il Cubismo di Stato” in F. Bordewijk, op. cit., p.103; F. Muzzioli, op. cit., p.73.

di sé un perfetto, anonimo e forzatamente felice corpo sociale. E’ un terrificante Leviatano che si ritiene

l’ordine più perfetto raggiungibile sulla terra, ed edificato per la terrestre eternità. Per

milioni di anni avrebbe potuto rimanere così, sarebbe rimasto così.4

L’intera popolazione è stata uniformata: stessi vestiti, stesso taglio di capelli, stesse abitazioni, stesse disponibilità di cibo, svaghi, illuminazione o riscaldamento, stesso livello di istruzione, stessi obblighi verso lo Stato e nessuna proprietà, neanche quella affettiva sui propri figli, che appartengono ufficialmente alla nazione. Non vi sono differenze sostanziali tra i due sessi: il genere femminile ha raggiunto la parità e ricopre anche importanti ruoli di potere, ma solo perché

la donna era diventata la copia perfetta dell’uomo, […] si era adattata alle caratteristiche di quest’ultimo.5

Lo Stato, costituito da tante città indipendenti, “non ha bisogno del mondo”6: è autarchico, non ha rapporti con le nazioni straniere, non ha una rete di diplomazia, ma è, comunque, ben consapevole dell’importanza della propaganda estera e, per questo, per intimorire nemici e confinanti, vengono organizzate spesso manovre militari, dimostrazioni di forza per confermare e manifestare la propria pericolosità. Il popolo, ben addestrato, è pronto in caso di guerra.

Lo Stato non aveva bisogno del mondo, ma il mondo osservava e giudicava con sospetto le sue temibili armi. […] Lo Stato era un pericolo costante per l’equilibrio endocrino del mondo. Lo Stato, viceversa, vedeva l’estero come un pericolo e ogni tanto faceva sentire un tintinnio di sciabola.7

Il paese è totalmente anti-religioso: le scoperte astronomiche hanno convinto l’uomo di

essere solo materia e non spirito e lo hanno portato a divinizzare la sua stessa natura.8

Per questo, a capo del paese c’è un collegio di astronomi chiamato Consiglio. Esso è

4 F. Bordewijk, op. cit., p.27. 5 Ivi, p.20.

6 Ivi, p.85. 7 Ivi, pp.85-86.

composto da dieci reggenti, cinque uomini e cinque donne, dieci menti che si muovono all’unisono, fino a diventare quasi un perfetto e pensante monolite.

Il Consiglio era un’unica Norma, un’unica Azione, un’unica Decisione. Non c’era

maggioranza al suo interno, esso era unanimità.9

Il passato è considerato un’epoca "corrotta” e viene utilizzato come monito di imperfezione: nel cuore della capitale, nel cosiddetto “quartiere del cattivo esempio”, è conservata un’antica area capitalista, con diverse abitazioni dell’epoca, chiese, caserme, vicoletti e viuzze tortuose ed irregolari. Al suo interno, si trova anche un Museo, la cui funzione richiama quella della Casa Antica in My di Zamjatin: espone, infatti, opere d’arte, gioielli e ricordi di un tempo perduto e degenerato, simboli di vanità e vizio.

Il Museo Storico era suddiviso in tre case patrizie. Sorvegliarlo implicava una punizione, i custodi erano dei funzionari puniti. […] C’era una tomba reale egizia che nel catalogo era indicata come “lussuoso letto di morte”. Una Madonna di Raffaello, il cui nome era stato cancellato con del colore, si chiamava “donna di un tempo”. Un banchetto di reggenti, che suscitava molto disprezzo, si chiamava “capitalistico culto del ventre”, un più tardo dipinto con signori e dame a cavallo e con cani “sport capitalistico.” C’erano libri sulla venerazione degli eroi messi in mostra come cattivi esempi, un’anonima Iliade e un’Odissea. C’erano gioielli e tesori ecclesiastici con didascalie a spiegare la loro inutilità. Ma tutto il nucleo della città era un Museo del pentimento all’aria aperta. […] E proprio come nel fazzoletto ci sono i microbi, il nucleo della città conteneva i microbi di vite umane nell’ombra, fuori del consorzio sociale.10

Nello Stato non esiste denaro e, conseguentemente, non esistono stipendi: tutti lavorano “volontariamente” per garantire efficienza e prolificità alla società. Un ufficio preposto stabilisce per ogni abitante un’occupazione, basandosi sulle predisposizioni dimostrate dai soggetti in esame durante gli anni scolastici. Nessuno merita riconoscimenti o plausi per il proprio operato. Anche coloro che contribuiscono in maniera sostanziale al miglioramento della società, siano essi scienziati, medici, o architetti, sono lasciati nel più svilente anonimato. La settimana lavorativa è composta da quattro giorni ed è seguita da un giorno

9 Ivi, p.46. 10 Ivi, pp.38-40.

libero, in cui la popolazione si riversa in strada per cortei, concerti e celebrazioni varie, naturalmente, rigidamente regolate e organizzate. Le persone si muovono in gruppi, è giudicato sospetto passeggiare da soli. Il fluido movimento delle masse, pur nella sua ostentata ossessione formale, è stabile ed elegante, diviene, nella sua precisa fusione, addirittura qualcosa di armonioso:

Non era il formicolio di innumerevoli, individui, era il forte movimento delle masse, qualcosa di potente ed incontrollabile, la gioia del proprio potere. […] Solo l’osservatore attento avrebbe notato l’individualità e avrebbe visto che in questi

gruppi spiccava, sorprendentemente, qualcosa di molto bello.11

Il controllo statale è ovunque ed è palese. Contrariamente ad altre realtà distopiche, in

Blokken la sorveglianza non ha bisogno di essere occulta o dissimulata, perché la privacy

è totalmente abolita: la polizia si trova in ogni angolo delle strade e anche gli stessi cittadini possono entrare a loro piacimento nei luoghi di lavoro, negli edifici istituzionali e nelle abitazioni private. Non esistono porte e serrature e l’unica maniera di ottenere un po’ di intimità o di discrezione, principalmente nelle camere da letto, è accendere una luce blu all’ingresso delle stanze in cui si vorrebbe riservatezza. In un sistema talmente massificato, monotono ed indifferenziato, l’individualità è il più grande reato: è dannosa perché i singoli possono avere opinioni diverse da quelle consolidate ed ammesse dal potere. Ogni critica mina l’integrità statale perché “la critica è scissione”: i sovversivi vengono incarcerati o condannati a morte.

Lo Stato negava tutti i valori individuali, in primo luogo il valore dell’individuo. L’individuo interessava lo Stato per una cosa soltanto: la sua pericolosità per lo Stato. Allora lo stato vedeva in lui un uomo. L’uomo era per lo Stato nient’altro che nemico.12

Gli stessi membri del Consiglio vivono in un regime di “supremo terrore”. La loro posizione non è così privilegiata come potrebbe sembrare perché neanche a loro non è permesso essere in disaccordo: coloro che sostengono ostinatamente o in maniera sospetta posizioni differenti dalla maggioranza, vengono sostituiti, ovvero giustiziati. L’eccessivo stress a cui essi sono sottoposti, spesso,conduce i più deboli alla pazzia. Per evitare

11 Ivi, p.18. 12 Ivi, p.35.

l’insorgenza di insidiose tendenze “soggettive”, i governanti stanno redigendo una nuova legge con cui sostituire nomi propri e cognomi con un codice alfanumerico, composto da tre lettere e un numero, in maniera tale che gli uomini siano degradati a “pietre numerate in un blocco collettivo”13, sorte simile, anche in questo caso, a quella dei protagonisti di My

di Zamjatin. Non è un caso che gli unici nomi citati espressamente nel testo siano quelli di cinque ribelli condannati a morte, spiriti disobbedienti che aspiravano ad un mondo più libero ed umano: Glüschaint, De Marcas, Tannenhof, la sig.ra Tekalopte, Ypsilinti. Non viene data nessun’altra informazione personale su queste figure, sappiamo solo che fanno parte del Gruppo A, una rete clandestina che si era prefisso il compito di riconciliare Stato ed individuo:

Qui è felice solo l’uomo che non è uomo, bensì una cellula del corpo dello stato. Come cellula può essere appagato, come uomo soffre la fame. […] La cosa più grave è che l’umanità, in teoria la più alta espressione della vita organica, in pratica è riconosciuta solo come branco. Per mantenerla docile si è creata la finzione dell’umanità come un tutto organico. Si è cominciato con l’abolire i villaggi, alla lunga si vorranno abolire le città e si vorrà sistemare tutta la popolazione in un’unica città, ovvero in un’unica stalla. Se ciò riuscirà, si vedrà il singolare fenomeno di una massa che belando chiede salvezza. E che cos’è questa salvezza? Il diverso. Si può stare al caldo nella stalla e avere abbondanza di foraggio, ma l’uomo non si accontenta di

questo. Vuole incessantemente il diverso.14

I suoi leader vorrebbero ripristinare la dualità degli individui, ovvero renderli funzionali sia come persone singole che come cittadini appartenenti ad uno Stato. Credono che un simile passaggio non debba essere rivoluzionario, ma semplicemente evolutivo. Affermano il diritto alla critica, che è sì scissione, ma anche possibilità di costruzione, di cui la loro realtà governativa avrebbe bisogno, dato che, così com’è, “lo stato è pietrificato, o per meglio dire, è una macchina perfetta, ma morta.”15 Nonostante lo stretto controllo, infatti, nella realtà sotterranea delle città, già prima del Gruppo A, si erano formate diverse organizzazioni antistatali come l’Asintotismo, una minoranza “pessimista” che riteneva impossibile realizzare nella realtà umana la perfezione geometrica teorica, e la Cosmogonia, che, invece, proclamava il valore dell’individualismo. Tutte riescono ad essere represse e annientate, perché il Consiglio è un controllore attento, in grado di

13 Ivi, p.35. 14 Ivi, p.52. 15 Ivi, p.53.

analizzare i segni premonitori delle rivolte, che l’autore definisce “vulcanologia sociale”. La “caccia al Gruppo A” è violentissima e brutale: dura cinque giorni e, negli scontri, la polizia usa addirittura pallottole incendiarie, rade quasi completamente al suolo il nucleo della città ed estende il coprifuoco a tutti gli abitanti, i quali si ritrovano bloccati nelle loro case, senza approvvigionamenti. La descrizione dell’esecuzione dei 5 rivoltosi è una delle parti più riuscite del romanzo: nonostante la sua tendenza “anti-personale”, la laconica narrazione è drammaticamente evocativa: prima di morire, i cinque prigionieri, incatenati su un patibolo rialzato, hanno un ultimo momento eroico, un dignitoso gesto di grandezza morale. Invece di inginocchiarsi o provare inutilmente a proteggersi, si sollevano fermamente in piedi. Uno di loro riesce a stendere la mano verso la piazza gremita di gente, che si prepara ad assistere in silenzio alla fucilazione.16

Ogni volta che viene estirpato un movimento ne nascono altri, perché non è possibile fermare il malcontento. L’ordine, così, continua ad essere incessantemente minacciato da gruppi eversivi. Inoltre, anche se di giorno la vita trascorre tranquilla e regolare, di notte, le città svelano un lato oscuro e peccaminoso. Il sottosuolo, con i suoi tunnel e le sue gallerie, pullula di traffici illeciti: tutto ciò che è proibito, come oro, gioielli, profumi, alcool, cibi particolarmente prelibati, etc., circola attraverso canali nascosti. Proprio come accadrà nelle nazioni del socialismo reale, nello Stato di Bordewijk, si crea un’estesa ed articolata rete clandestina di contrabbando, che porta anche alla diffusione della prostituzione e delle bische clandestine. L’umanità, paradossalmente, riscopre se stessa e la propria individualità nel vizio e nella trasgressione, impulsi, per definizione, egoistici:

Quando un quadrato abitativo si guadagnava, nel giro di una settimana, una fama particolarmente negativa, se ne intensificava visibilmente l’illuminazione. Come conseguenza le ombre diventavano più nere. Il male vi prosperava con maggiore sfrontatezza, come dei vermi sotto la superficie dell’umida terra. I gioielli servivano a poco, l’oro a niente. Ma era dolce commettere un peccato, essere un individuo. Se non si poteva brillare sugli altri apertamente, si poteva, però, brillare nascostamente di luce profonda e falsa.17

Lo Stato è a conoscenza della “doppia vita” dei suoi cittadini, ma non può, per ragioni di propaganda, “indignarsi apertamente”18, perché sarebbe controproducente mostrarsi “infetto” e soggetto a simili mali, endemici delle “velenose” nazioni estere. Nelle ultime

16 Ivi, p.65. 17 Ivi, p.81. 18 Ivi, p.79.

pagine del libro, però, l’apparentemente esemplare e lucida e spigolosa logica geometrica comincia a vacillare, anche se quasi impercettibilmente. Si notano “dei germi del disordine”, delle irregolarità nelle azioni e nelle coreografie, preludio della tanto temuta scissione. Il panem et circenses che fino ad aveva calmato e distratto la popolazione, forse, non è più sufficiente.

Blokken richiama, per quanto riguarda la prepotenza geometrica, la trama di un’altra

importante opera, un racconto ironico, per molti versi definibile come una riflessione distopica ante litteram: Flatland (1884) di Edwin Abbott Abbott, uno scrittore, teologo e pedagogo inglese. Riflesso dell’epoca borghese vittoriana, il romanzo radicalizza la realtà del suo tempo, il suo classismo, il suo maschilismo e il suo bigottismo, attraverso satira e

burlesque 19, dando vita ad “un capolavoro di illusionismo prospettico”.20 Flatlandia è un mondo bidimensionale spietatamente gerarchico e i suoi abitanti sono figure piane. Il loro

status dipende dal numero dei lati e dall’ampiezza degli angoli che li compongono.21 Il protagonista, un quadrato, incontra una sfera proveniente da un mondo tridimensionale e viene a sapere dell’esistenza di spazi “non piatti”, arrivando addirittura a ipotizzare la presenza di realtà a più dimensioni. Quando cerca di spiegare cosa ha scoperto alla sua comunità, però, nessuno gli crede e viene incarcerato con l’accusa di eresia.

Il mondo di Blokken è duro e opprimente, la sua metodica precisione ed identicità rasentano un delirio ossessivo-compulsivo. Oltre all’architettura e alle formazioni umani, perfino la settimana lavorativa, essendo composta da soli quattro giorni, infatti, ricorda il

“quadrato”.22 E’ interessante ed anomalo, però, che questa sia una distopia, per così dire,

“egalitaria”, perché nessuno trova scampo dalla sua brutale rigidità, neanche i consiglieri che governano la popolazione. I carnefici, infatti, sono vittime delle loro stessi leggi e delle vessazioni che queste implicano. Tutte gli incubi e le ombre che si muovono nello Stato costruito sull’idea dei “blocchi” sono tipicamente totalitari e provengono principalmente dal comunismo sovietico, estremizzano magistralmente le contraddizioni dell’Urss degli anni Trenta.23 L’opera, purtroppo, non è molto conosciuta, ma la sua scrittura, essenziale, scarna e, allo stesso tempo, coinvolgente, la sua storia, narrata in maniera quasi imparziale ma, comunque, feroce, fanno di essa un’intrigante espressione della distopia e

19 A. Gnoli, F. Volpi, op. cit., p. 93; B. Battaglia, op. cit., p.17.

20 Giorgio Manganelli, Un luogo è un linguaggio, in Edwin A. Abbott, Flatandia, Milano, Adelphi, 1992, p.170.

21 Le donne di Flatlandia, ad esempio, sono semplici linee, mentre i soldati e gli operai sono dei particolari triangoli isosceli con la base molto corta (quindi di forma particolarmente allungata e sottile). La classe media è composta da triangoli equilateri, professionisti e gentlemen sono quadrilateri o pentagoni, i nobili hanno sei o più lati, i sacerdoti sono poligoni con così tanti lati da essere quasi percepiti come cerchi. 22 F. Muzzioli, op. cit., p.73.

una profetica e un’accurata ed oggettiva analisi, trasfigurata nel fantascientifico, del malessere politico che comincia ad inghiottire l’Europa. Espressamente incisiva è anche la dedica con cui si apre il libro: “ A S.M. Ėjzenštejn e A. Einstein, regista e filosofo, maestri dell’orrore.” Il primo è un maestro dell’orrore perché è stato poeta d’immagini e profeta della Rivoluzione Russa, il secondo perché “la sua ipotesi scientifica rivoluziona la fisica moderna e apre involontariamente la strada a un terribile spettacolo.”24

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