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4. Tsuyukusa e ai I pigmenti blu tradizionali della stampa ukiyoe

4.1 I pigmenti minerali della tradizione pittorica giapponese

4.1.2 Blu di smalto

Il blu di smalto (hanakonjō 花紺青) è un pigmento inorganico minerale artificiale, ottenuto da silicato di potassio, in genere vetro ricco di potassio frantumato grossolanamente, e tinto di blu aggiungendo ossido di cobalto durante la creazione. Si presenta solitamente come un grigio-blu o, talvolta, come un blu brillante, e la pittura da esso ottenuta è generalmente granulosa e luccicante33. È uno dei sei pigmenti introdotti nella pittura ukiyoe solo dopo il XVII secolo, e infatti esso è stato riscontrato in dipinti di questo genere solo a partire dal tardo XVII secolo34. Non se ne trovano esempi in forme pittoriche più antiche, come pitture murali o emakimono, né in altre forme

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Elisabeth West FITZHUGH, “Pigments on Japanese Ukiyo-e Paintings …”, cit. , p. 153 e Sandra GRANTHAM, “Japanese Painted Paper Screens…”, cit., p. 86

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pittoriche precedenti al Seicento; tuttavia in seguito esso cominciò forse ad essere impiegato come sostituto per l’azzurrite, divenuta troppo costosa35

. Se ne trova traccia anche nella pittura su paraventi, sempre però a partire dal XVII secolo36.

Benché sia stato a lungo ritenuto un colore nato nell’Europa del XVI secolo, vi sono alcuni sporadici esempi di un suo precedente impiego anche nel continente asiatico, fatto che potrebbe far pensare a una sua origine orientale37. Giacimenti di cobaltite e smaltite, da cui si ricava l’ossido di cobalto, sono infatti presenti sia in Cina che in Giappone, e questo potrebbe favorire l’ipotesi che in effetti tale colore venisse prodotto in queste aree prima del XVII secolo; tuttavia non si hanno certezze sull’impiego del blu di smalto prima di tale data: una stampa, databile tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII secolo, sarebbe l’unica testimonianza della sua presenza in Giappone prima del tardo Seicento38. Ad ogni modo, nonostante la presenza sul territorio di cobaltite e smaltite, pare che fosse più conveniente importare tali minerali dall’Europa, in quanto meno costosi, e dunque è probabile che tale pigmento venisse realizzato poi direttamente in Giappone. Ad essere più usato, però, era il blu di smalto di provenienza europea ed acquistato dai mercanti olandesi, perché economicamente più vantaggioso di quello locale39. Questo colore venne usato con una certa frequenza in pittura, come per esempio nella decorazione di paraventi, anche come sostituto o aggiunta all’azzurrite40

, probabilmente perché meno costoso.

Trattandosi di un pigmento inorganico di origine minerale, è lecito pensare che la sua preparazione seguisse quella dell’azzurrite e di altri colori simili (gli iwa enogu 岩絵の 具, le “pitture minerali”): si otteneva una polvere della finezza adatta, sminuzzandola e passandola al setaccio, dopodiché la si mescolava con acqua e nikawa, ricavandone una pittura che veniva stesa a più riprese sul supporto di seta o carta.

Le analisi dei dipinti ukiyoe della Freer Gallery, esposti nello studio “A Database of Pigments on Japanese Ukiyo-e Paintings in the Freer Gallery of Art” di Elisabeth

35 EMOTO Yoshimichi e YAMASAKI Kazuo, “Pigments Used on Japanese Paintings from the Protohistoric

Period…”, cit. , pp. 8, 11-14

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Sandra GRANTHAM, “Japanese Painted Paper Screens…”, cit., p. 86

37 Tracce di blu di smalto sono state identificate in Cina su una testa in ghisa di epoca Tang del VII secolo

e su alcune pitture murarie della Mongolia, risalenti all’XI secolo; si veda: Elisabeth West FITZHUGH, “A Database of Pigments on Japanese Ukiyo-e Paintings…”, cit., p. 19

38 Elisabeth West FITZHUGH, “Pigments on Japanese Ukiyo-e Paintings …”, cit. , p. 153 e Elisabeth West

FITZHUGH, “A Database of Pigments on Japanese Ukiyo-e Paintings…”, cit., p. 19

39

Elisabeth West FITZHUGH, “A Database of Pigments on Japanese Ukiyo-e Paintings…”, cit., pp. 18-19

40 Glen R.CASS e Paul M. WHITMORE, “The Ozone Fading …”, cit. , p. 30 e Sandra GRANTHAM,

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Fitzhugh (2003), rivelano come, prima della fine del XVII secolo, non vi fosse traccia del blu di smalto. Tuttavia, a cavallo tra il XVII e il XVIII secolo, esso fa la sua comparsa in un certo numero di opere: su 38 lavori di quest’epoca che presentino l’uso del blu, 12 sono quelli in cui è stato identificato41. Non si tratta di una quantità elevata, ma certamente non trascurabile se si considera che fino a quel momento non era mai stato utilizzato. Il XVIII secolo è il periodo in cui esso venne sicuramente più usato, con 21 identificazioni su 41 dipinti analizzati, sorpassando persino l’azzurrite. Il suo impiego diminuì nei secoli successivi, ma rimase comunque costante fino al XIX secolo42.

Non si può dire che ebbe successo nella stampa: proprio come l’azzurrite, è quasi completamente assente dal mondo delle xilografie policrome. Unica testimonianza sarebbe, come si è visto, una stampa databile tra la fine del XVI secolo e gli inizi del XVII secolo. La ragione di ciò potrebbe essere la sua consistenza granulosa: per quanto economico – forse più dell’azzurrite – il suo essere costituito da particelle relativamente grandi non favoriva certamente il lavoro degli stampatori, che avrebbero rischiato di rovinare la carta e che non avrebbero ottenuto un colore uniforme, dal momento che esso, essendo comunque un pigmento inorganico di origine minerale, non sarebbe stato facilmente assorbito dal supporto cartaceo. Tali criticità non ne avrebbero quindi giustificato l’impiego nella produzione dei nishikie, nonostante potesse essere meno costoso di altri coloranti minerali.

Il blu di smalto, dunque, è annoverato tra i colori blu tradizionali della pittura giapponese, ma non entrò a far parte nell’universo della stampa ukiyoe.