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2. LO STATO DELL‟AGRICOLTURA ALL‟UNITÀ D‟ITALIA

2.2. Il problema della malaria e delle bonifiche in Italia

2.2.2. La bonifica renana e del ferrarese

Reno nel bolognese e nei dintorni di Comacchio nel ferrarese. Oltre che per questioni sanitarie la bonifica ha importanti risvolti socio-economici vista la difficile “questione agraria” e i tanti disoccupati stagionali, in particolare nel ferrarese.

La Grande Bonificazione nel ferrarese iniziò nel 1874 con le prime opere idrauliche che porteranno anni dopo a rendere un territorio paludoso e acquitrinoso in un grande bacino cerealicolo. Questo è un interessante caso di investimento di capitale estero. Difatti la bonifica fu condotta da un‟impresa a capitale misto italiano ed inglese, la “Società per la Bonifica dei Terreni Ferraresi”, fondata nel 1871 in Inghilterra col nome di “Ferrarese Land

Reclamation Company Limited” (Mozzanti A., 1999).

Come riportato nei lavori del Consorzio di Bonifica del Polesine S. Giorgio (1981) la bonifica nel ferrarese ha avuto effetti positivi molto importanti portando al cambiamento delle produzioni, del reticolo aziendale (fondato sul versuro, unità colturale di circa 30 ettari), nonché il paesaggio stesso. Nel 1875 oltre la metà del territorio ferrarese (all'epoca di circa 243.000 ettari) era improduttivo, occupato da valli dolci e salse e prati per il pascolo. A seminativo vi erano oltre 100.000 ettari (47% del territorio). Nel 1880 il territorio ferrarese che grazie alle bonifiche è salito a 263.000 ettari è profondamente mutato anche sotto il profilo colturale: sono quasi 160.000 gli ettari a seminativo, circa 30.000 ettari con investimenti a frutteto e 36.000 ettari con altri investimenti, le aree vallive sono ridotte a 10mila ettari e sono scomparse le zone a pascolo. In parallelo al mutato panorama agricolo cambia anche il quadro politico-sociale con un aumento demografico rilevante. Nel 1800 la “tranquilla” provincia ferrarese era abitata da circa 135mila abitanti, questi erano quasi il doppio, 230mila, nel 1880 e 310mila nel 1910. Agli inizi del 1900 vi fu la rilevante opera della bonifica del Burana, un territorio immenso a cavallo di tre province (Mantova, Modena e Ferrara).

La valenza socio-economica e la necessità di tali interventi si comprende anche dal fatto che a cavallo del XIX secolo vi furono una serie di scioperi promossi dai movimenti socialisti per la rivendicazione dei diritti e del lavoro. Molti sviluppi si ebbero proprio grazie alle bonifiche, nel 1904 infatti si ebbe il primo contratto di compartecipazione stipulato appunto dalla Società per la

Bonifica dei Terreni Ferraresi, nel possedimenti di Jolanda di Savoia. Contratto che nel 1920 venne applicato all‟intera provincia grazie al “Patto Zirardini” per assorbire la massa di lavoratori immigrati dai territori limitrofi nelle opere di bonifica e per sopire le agitazioni operaie e bracciantili (Mozzanti A., 1999).

Anche il territorio della bassa pianura bolognese, sulla destra del fiume Reno, era afflitto da simili problemi: l‟insufficiente scolo naturale dei terreni e la necessità di prosciugare le paludi malariche. Alla fine dell‟800 infatti il Reno, divenuto pensile in più punti, aveva reso sempre più problematico lo scolo delle acque di pianura. Le attività agricole erano basate prevalentemente sulle colture umide, visto che prima della bonifica oltre 25mila ettari erano sommersi da stagni e paludi e 15mila ettari coltivati a risaia e 2mila a prato stabile/pascolo. Grazie alla rivoluzione della “bonifica meccanica” vaste zone della pianura bolognese vengono rese asciutte dall‟opera di bonifica, aprendo così alla possibilità di nuovi insediamenti umani e di sviluppo dell‟agricoltura con la proliferazione di nuove colture più redditizie.

I lavori poi continueranno sotto l‟opera del “Consorzio della Bonifica Renana” che nel 1915 e quindi in piena Prima Guerra mondiale, grazie all‟uso di tecnologie d‟avanguardia e anche al duro lavoro degli scariolanti, braccianti e prigionieri di guerra austriaci, costruisce una fitta rete di nuovi canali, per 858km complessivi. Le opere termineranno nel 1925, con l‟inaugurazione del complesso delle opere presieduta del Re Vittorio Emanuele III. Mentre nel primo dopoguerra inizia invece il prosciugamento delle valli di Comacchio.

Con il Regio Decreto 215 del 1933, promosso dal Sottosegretario per la Bonifica, Arrigo Serpieri, venne istituita la “Bonifica integrale” che amplia i compiti istituzionali dei Consorzi di bonifica, e promuove l‟esecuzione di opere volte a conseguire rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici o sociali, quindi con la creazione di infrastrutture di viabilità, di difesa del suolo collinare e montano, acquedotti e reti di distribuzione irrigua (Galvani A., 2009).

Durante il ventennio fascista gli sforzi di bonifiche riguardarono soprattutto il Lazio e la Toscana ed in particolare i territori della maremma grossetana fino

all‟agro pontino, come abbiamo visto nella precedente scheda sulle “Cooperative di braccianti”.

Le opere di bonifica e di creazione di infrastrutture quali canali, strade, e la creazione di reti elettriche e di approvvigionamento idrico riprendono del secondo dopoguerra, questo accanto alle opere di ripristino dei manufatti distrutti o danneggiati in quanto obiettivi di grande intesse militare. Il tutto in un quadro di "riforma agraria", avviata nel 1950 con l‟obiettivo di rispondere all'esigenza primaria dello sviluppo dei territori, promosso seguendo il binomio imprescindibile di “acqua e strade” e attraverso l‟espansione dell'agricoltura e l'aumento occupazionale, problema storico ancora molto rilevante. Le leggi del 1933 furono poi riprese ed ampliate nell‟agosto del 1950 con le leggi n. 646 e 647 riguardanti la realizzazione di opere straordinarie, di pubblico interesse, nelle località economicamente depresse dell‟Italia Centro Nord e nel Mezzogiorno e che portarono nascita della “Cassa per il Mezzogiorno” (Galvani A., 2009).

In conclusione le importanti opere di bonifica che hanno riguardato il territorio italiano hanno portato ad un grande cambiamento dello stesso, ad un miglioramento in termini socio-sanitari, ma anche di sviluppo economico molto intenso. Tutto questo è stato reso possibile dalla concomitanza di più fattori, dall‟intervento statale, ma anche ai capitali privati e soprattutto al progresso tecnico che ha permesso l‟utilizzo di macchinari indispensabili. La bonifica ha trasformato il territorio da ostile e malsano a motore dello sviluppo economico. Questo a partire dall‟agricoltura che ha visto aumentare la superfice utilizzabile nonché la possibilità di ampliare la produzione sia in termini quantitativi che di tipologie colturali, fino alla rete di infrastrutture che erano essenziali per creare un equilibrio duraturo e a diminuire le differenze e le distanze tra città e mondo rurale e che hanno portato servizi essenziali nelle campagne. Dal punto di vista sociale sono state opere che hanno messo un freno alle tensioni legate alla dilagante disoccupazione e portato ad una maggiore tutela dei diritti dei lavoratori. Tutt‟oggi queste opere svolgono un ruolo fondamentale di controllo e manutenzione del territorio e in seguito alle evoluzioni socio-economiche che sta attraversando il nostro paese, oggi si sta assistendo ad una riscoperta delle peculiarità di questi territori ed una loro

rivalutazione in senso turistico-naturalistico. Basti pensare all‟area protetta “Parco delta del Po” area naturale e semi-naturale che si affianca alle vaste aree bonificate e che oggi fa parte dell‟ “Area Leader” con molte zone facenti parte della Rete Natura 2000 come zone SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale). In queste zone è oggi rilevante economicamente ed in chiave multifunzionale il ruolo strategico dell‟agricoltore, motore dell‟economia locale: dalla valorizzazione del paesaggio e tutela dei delicati equilibri paesaggistico-ambientali, alle produzioni certificate IGP, DOC, IGT, alle attività agrituristiche e di servizi al turismo come le fattorie didattiche, la promozione di prodotti tipici. Tutti aspetti rilevanti e che sono alla base dei recenti sviluppi del settore agroalimentare italiano che guarda al futuro in un‟ottica di sostenibilità, come meglio approfondirò più avanti.