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L‟Associazione generale degli operai braccianti di Ravenna

2. LO STATO DELL‟AGRICOLTURA ALL‟UNITÀ D‟ITALIA

2.2. Il problema della malaria e delle bonifiche in Italia

2.2.1. L‟Associazione generale degli operai braccianti di Ravenna

L‟ “Associazione generale degli operai braccianti di Ravenna” è la prima cooperativa1 di operai agricoli nata in Italia. Fondata da Armando Armuzzi l'8 aprile 1883 assieme a 303 braccianti e al segretario Nullo Baldini. Lo statuto predicava l‟idea del solidarismo, della fratellanza e dell‟uguaglianza tra i soci e gli scopi erano "la costituzione di un fondo sociale che permetta di assumere

per conto proprio la più grande parte dei lavoratori pubblici e privati oggi deferiti all'ingordigia degli appaltatori. Con questo mezzo gli operai pensano di fare un primo passo nella via della loro emancipazione, poiché sottratto il lavoro da ogni dipendenza, l'associazione offrirà ad essi il modo di istruirsi ed educarsi e di togliersi dallo stato di abbiezione e di miseria in cui oggi si trovano" ed erano previste anche la creazione di magazzini di consumo, di

alloggi ed infermerie e l‟istituzione della previdenza sociale e della mutua assistenza, oltre che la promozione del tempo libero. Tutte iniziative che mostrarono la solidità e l‟organizzazione dell‟associazione che quindi vide aderire molti altri braccianti, gli iscritti nell‟agosto 1885 erano già 2547 (Lattanzi G. et al., 1986).

La spinta verso l‟istituzione di questa cooperativa venne dalla crisi agraria che aveva colpito il nostro Paese nei primi anni ‟80 del XIX secolo. Particolare grave fu in Emilia-Romagna la cui economia era principalmente basata sulle colture risicole. Settore che subì una forte concorrenza dovuta all‟ingresso nei mercati Europei dei prodotti asiatici e che in quegli anni soffrì la siccità dei fiumi. In risposta alla crisi vi fu una trasformazione produttiva, e le coltivazioni che richiedevano una grande quantità di manodopera vennero sostituite da

1 La storia delle cooperative inizia a Rochdale, nei pressi di Manchester, in Inghilterra quando

nel 1844, quindi in piena Rivoluzione Industriale, un gruppo di una trentina tessitori aprì il primo spaccio cooperativo, noto come “Società dei Probi Pionieri” con lo scopo di “migliorare la situazione economica e sociale dei soci". In Italia fu in Piemonte che iniziò a svilupparsi questo modello organizzativo, grazie in particolare all‟adozione dello Statuto Albertino che prevedeva la possibilità di creare forme di mutuo soccorso. La prima cooperativa in assoluto in

coltivazioni stagionali necessitanti di lavoratori salariati, questo aggravò la già pesante situazione occupazionale (Jacini S, 1885).

Per fronteggiare la disoccupazione l‟Associazione operò nel settore dei lavori pubblici e il primo lavoro affidatogli fu quello del mantenimento della rete stradale ravennate. Da qui ebbe inizio un miglioramento del contesto sociale provinciale che attenuò le proteste e le agitazioni, ma da solo non era sufficiente. Nonostante questa iniziative però vennero spesso osteggiati da alcuni ambienti del socialismo, anche per l‟appoggio dato loro prima dal Comune e dalla Prefettura di Ravenna e poi anche dal Re Umberto I.

L‟attività più grande e significativa intrapresa dalla cooperativa fu infatti, l‟anno successivo alla sua fondazione, quella della bonifica della pineta di Ravenna. Le bonifiche avevano una molteplice valenza positiva: erano fonte di occupazione, soprattutto nei mesi invernali, e serviva a creare di nuovi terreni agricoli da coltivare, ma anche a rendere più salubre il territorio. Forte di questa esperienza la cooperativa ottenne il sub-appalto dei lavori di bonifica delle paludi pontine, in particolare degli stagni di Maccarese, Camposalino, Ostia, Fiumicino e Isola Sacra e delle antiche saline romane. Questo è il territorio del delta del Tevere, dove il paesaggio era formato da aree boschive e terreni paludosi che ricoprivano l‟intera area in modo quasi permanente vista l‟impossibilità dell‟acqua stagnante di defluire verso il mare.

La bonifica oltre che come un‟opportunità di crescita e fu vista come un modo per alleviare la pressione demografica ed occupazionale sullo stagnante mercato del lavoro del ravennate vista l‟emigrazione di braccianti che andavano altrove a “colonizzare”. Come riportato da CAeB (Cooperativa Archivistica e Libraria), la politica sull‟emigrazione, seguita dall‟associazione fu di stampo nazionalistico, verso altre zone d‟Italia ma non verso l‟estero, difatti il motto era: "Se emigrare necessita perché siamo molti, troppi,

emigriamo ma in terra nostra, nell'Italia; se bonificare necessita, giacché mezzo suolo italiano è da bonificare, bonifichiamo pure, ma terreno italiano, nostro, per i nostri, sotto il nostro cielo e sotto il nostro sole, con dignità civile".

Così il 24 novembre 1884 quasi cinquecento braccianti e cinquanta donne partirono dalla Romagna per andare a bonificare due aree delle paludi pontine, in quello che fu il primo esperimento di emigrazione interna collettiva. I lavori si conclusero in 7 anni e non nei previsti 3, date le grandi difficoltà e le avversità ambientali ingigantite dalla malaria (Celli, A. 1929).

Ultimata la bonifica la cooperativa ottenne dal demanio la conduzione trentennale sui terreni di Ostia, che furono ceduti in lotti di tre ettari in conduzione a mezzadria ai soci della neonata “Cooperativa Agricola di Ostia” che gestiva la colonia. L‟iniziativa però non ebbe successo economico e nel dissesto fu coinvolta le stessa Associazione di Ravenna. Re Umberto I per aiutare le due cooperative sottoscrisse azioni e contribuì alla costruzione di case coloniche.

Nel 1904 Armuzzi costituì la “Cooperativa agricola fra operai e coloni ravennati residenti in Ostia e Fiumicino” che proseguì la coltivazione delle terre demaniali bonificate ottenendole in affitto e gestendo la colonia secondo le regole del corporativismo. Gli ideali che muovevano la cooperativa erano quelli del socialismo, creare “Pane e Lavoro”, dell‟autogestione collettiva, in netto contrasto con l‟idea fascista. L‟emigrazione verso Ostia si intensificò nel 1923 quando “A Ravenna il fascismo menava forte … mentre a Ostia le donne

andavano a lavorare cantando Bandiera Rossa”. Ciononostante nel 1926

Mussolini venne acclamato come socio della “Cooperativa Agricola” dei ravennati residenti ad Ostia. Questa realtà poi si scisse in due cooperative, una di operai e una agricola. Durante il fascismo inizia il periodo di crisi che porta allo scioglimento della cooperativa di Operai, rifondata però l‟anno successivo durerà fino alla guerra, mentre quella Agricola resiste agli ostracismi dei governi democristiani, fino al 1956. Comunque idealmente il movimento si concluse durante il ventennio fascista, quando il regime si appropria dell'impresa dei braccianti romagnoli propagandando la bonifica di Ostia come opera del governo (Lattanzi G. et al, 1986).