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Per Bourdieu lo scambio verbale non è altro che una relazione simbolica, per questo non potrà che essere espressione dei rapporti di potere e, conseguentemente, essere veicolo di violenza simbolica. Ognuno adatta il proprio linguaggio alla posizione ricoperta all'interno del campo. La strutturazione del discorso sarà quindi specchio di tutto ciò che al campo da forma e sarà, allo stesso tempo, influenzata da quest’ultimo. La comunicazione mediatica in quest’ottica diviene la trascrizione delle relazioni di dominio:

“I media esercitano un effetto proporzionato alle loro capacità di manipolare quelle strutture precostituite nella mente delle persone. Allora, uno dei problemi è sapere che queste strutture precostituite hanno delle condizioni sociali di possibilità: esse sono costituite, alla lunga, da tutta una serie di azioni. C'è un lavoro di fabbricazione delle categorie mentali, e allo stesso tempo ci può essere un lavoro di decostruzione, di trasformazione di queste categorie. Per questo la nozione di presa di coscienza è così inadeguata”29.

Per Bourdieu la comunicazione mediata azzera la portata culturale degli eventi, li banalizza per renderli disponibili ad una logica di consumo passivo su larga scala e somministrarli ad un pubblico manipolabile, privo di strumenti di verifica, controllo o che permettano un qualsivoglia tipo di critica. L’autore si scaglia con forza contro la televisione e la sostituzione del giornalista con il presentatore. La dipendenza dalle élite

29 Bourdieu, intervista di Benvenuto S, in Enciclopedia multimediale delle scienze

che detengono il potere, la portata un discorso estremamente etero-determinato che pone la radice nel dominio maschile, prototipo a parere dell’autore di ogni altra relazione di domino, non sono gli unici problemi riscontrati nei meccanismi di circolo dell’informazione. Egli afferma infatti che, sempre in funzione di quei processi per cui l’oggetto definisce il soggetto mentre da esso viene definito, i manipolatori sono influenzati dalle proprie manipolazioni e, in questo circolo vizioso, l’autonomia intellettuale viene praticamente azzerata.

Si ricorderanno a proposito le posizioni di Foucault e Deleuze espresse nei paragrafi precedenti; secondo i due filosofi infatti il potere moderno trovava il veicolo principe della sua espressione nella gestione dei flussi d’informazione. Bourdieu sembrerebbe concordare con tale affermazione.

I media sarebbero dunque un forte fattore di de-politicizzazione degli eventi, rendendoli sterili e puntando unicamente sulla stravaganza volta a catturare il pubblico. Bourdieu non tralascia l’intenzionalità di chi dirige l’apparato mediatico di muoversi in tale direzione, in una logica per cui, come si diceva, l’interesse del singolo ne determina la produzione di significati ed essa non rimane confinata alle esigenze di classe ma include la soggettività. La comunicazione mediatica diviene una parodia della comunicazione vere a e propria in cui l'interlocutore viene annientato e annichilito. Bourdieu oppone in tale critica il mondo dell'intellettuale ad una élite dotata di forza mediatica, più che di legittimità e competenza nel trattare determinati argomenti e nel fornire informazioni critiche. Le differenze di habitus, natura e volume del capitale diverrebbero qui la base del diverso peso gravitazionale all’interno del campo tra nuovi professionisti dei media ed intellettuali, rendendo i primi più influenti e forti dei secondi. Secondo l’autore francese una delle armi più potenti di cui la comunicazione mediatica dispone per l’affermazione del suo potere simbolico sulla popolazione è il sondaggio. La sua

principale caratteristica è quella di offrire una visione distorta della realtà, costruita dai media e che, pur basandosi apparentemente sulla rappresentanza diretta ed i processi che potremmo dire di origine democratica, li disintegra e nullifica. A tale proposito l’autore sostiene provocatoriamente che l'opinione pubblica non esiste affatto, intitolando l’opera di riferimento relativamente al discorso sui media: “L’Opinion Publique n’Existe Pas”30. Per Bourdieu la scienza sociali dovrebbero scagliarsi contro tali dinamiche e scardinarle tramite l’esercizio del porre domande e dell’analisi critica. Il sociologo afferma che nel sondaggio viene dato per scontato l’avere a disposizione gli strumenti per farsi un’opinione critica sull’argomento, inoltre ogni giudizio viene qui messa sullo stesso livello e si presuppone che tutti gli individui siano in possesso delle stesse capacità di analisi e risposta ad un identico quesito. Queste tre finzione sono per l’autore il fondamento della distorsione del reale operata dallo strumento sondaggistico a vantaggio della comunità mediatica. A questo punto “il sondaggio crolla non per via del campionamento o della tecnica di ricerca utilizzata, quanto per la melliflua adesione dei quesiti a una logica di riconferma dei rapporti sociali esistenti. Oltre a un'ipocrisia di fondo che non arriva a calcolare il diverso peso di un'opinione espressa da un individuo dotato di prestigio rispetto all'anonimato di tanti altri intervistati, cellule quasi inerti del dispositivo sociale”31

Le opinioni sono così pilotate e costruite dalle classi dominanti, che parlare opinione pubblica vuol dire avere a che fare con due insiemi differenti: uno costituito dall’opinione di tutti e l’altro derivante dal sottoinsieme che da questa si fa emergere avvalorandola e conferendogli efficacia. Tale riflessione porta Bourdieu ad affermare la necessità di

30 Cfr. Bourdieu, 1971. 31 Cristante, 2004, p.264.

schierarsi ed agire in difesa dell’indipendenza e autonomia dell’universo intellettuale, da attuarsi tramite una sfida al mondo della cultura e dei media. L’autore in queste sue conclusioni riprende e sviluppa la figura dell’intellettuale impegnato politicamente già paventata da Foucault ma ne estremizza il ruolo. Il pensatore non solo non può concedersi più il privilegio della neutralità, anzi il suo compito è produrre utopie realistiche, scagliarsi contro il dominio del simbolico che esalta la tecnica e l’economia e difendere una razionalità di pensiero, critica e accorta derivante dalla conoscenza specialistica e scientifica.

La mission della scienza sociale diviene qui prettamente politica e, da questo risvegliato interesse combattivo, Bourdieu fa coincidere l’ultima parte della sua produzione intellettuale con lo studio delle dinamiche della globalizzazione, che esplose quasi al termine della sua vita, e con un aperto sostegno ai movimenti che contro di esse si scagliano.

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