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IL PENSIERO CRITICO: IL NESSO TRA PENSIERO E AZIONE

In un testo del 1915 il pensatore indiano Tagore afferma che “una mente non ottiene autentica libertà utilizzando conoscenze ed ideali di altre persone, bensì formando i propri standard di giudizio e producendo i propri ragionamenti”14. Questo pensiero di Tagore ci

ricorda quello di Socrate che proclamò che una vita non sottoposta ad esame non è degna di essere vissuta. Insegnare materie umanistiche serve a fare in modo che gli studenti pensino e ragionino autonomamente, senza conformarsi alla tradizione dell’autorità. Tuttavia, l’ideale socratico si trova sotto duro attacco in un mondo che vuole solo raggiungere una crescita economica sempre più alta. La capacità di pensare da sé e di discutere sembra superflua a molti se tutto ciò che si vuole ha a che fare col denaro. Inoltre, appare chiaramente impossibile valutare la capacità di pensiero con i test standardizzati che si trovano oggi nelle scuole e nelle università. Occorre organizzare delle verifiche basate sul ragionamento, sull’interazione, sull’interpretazione. La cultura imperniata sulla crescita economica ha una propensione per i test standardizzati e non tollera pedagogie e contenuti che non siano rapidamente valutabili in quel modo. Se ci interessa misurare solo la ricchezza le capacità socratiche rischiano di non essere sviluppate.

Certamente la democrazia ateniese in cui crebbe Socrate garantiva a tutti i cittadini la possibilità di discutere le questioni di pubblica rilevanza. Sembra che sia facile ragionare ma non è affatto così perché bisogna essere educati a riflettere correttamente. Solo chi sa riflettere in modo critico non si fa influenzare e non subisce alcun tipo di pressioni. Quando il ragionamento non prevale, le persone sono facilmente ingannate dalla fama o

14 Si veda K.M. O’Connell, Rabindranath Tagore, The Poet as Educator, Kolkata,

dal prestigio dell’oratore o anche da ciò che viene imposto dalla società. Ecco perché è fondamentale essere educati all’ascolto e al pensiero indipendente perché questo è ciò che garantisce successo nel campo dell’innovazione.

Anche i manager dei gruppi più importanti capiscono perfettamente quanto sia importante all’interno dell’azienda sviluppare una cultura in cui le voci critiche non siano messe a tacere, una cultura fatta di responsabilità, una cultura fatta di reciprocità e rispetto delle idee degli altri. Come abbiamo detto prima, gli esseri umani sono inclini alla sottomissione, sia verso l’autorità che verso il gruppo dei pari; occorre quindi produrre una cultura del dissenso individuale che renda le persone libere di esprimere le loro autentiche opinioni. Tagore pensava che l’indipendenza di pensiero fosse essenziale se si volesse evitare che il mondo corresse verso la distruzione. Egli sosteneva che le persone sono sempre più propense a farsi usare come parti di una macchina gigantesca per finalità di potenza nazionale.

Il metodo socratico è importante per qualsiasi democrazia ma lo è in particolare nelle società che devono fare i conti con la presenza di persone diverse per etnia, casta e religione. Bisogna che ciascuno di noi si assuma la responsabilità dei propri ragionamenti e che tutti siano pronti a scambiare opinioni con gli altri in un’atmosfera di reciproco rispetto perché solo così si può arrivare ad una risoluzione pacifica delle differenze in un mondo pieno di contrasti.

Il metodo socratico è una pratica sociale. Ogni studente deve essere trattato come un individuo da cui ci si aspetta che possa esprimersi in modo attivo all’interno della classe. Inoltre, il metodo critico deve essere applicato all’insegnamento di tutte le materie: gli studenti devono abituarsi ad indagare, a giudicare i dati ottenuti, a scrivere resoconti. Non si può infatti gestire un ragionamento logico senza esservi pazientemente preparati.

Certamente la lezione frontale tradizionale, dove non vi è una partecipazione attiva da parte degli studenti, non può funzionare.

A dire il vero in passato si sono sviluppati importanti modelli di educazione socratica, come reazione all’apprendimento passivo, in vari paesi. A partire dal XVIII secolo, alcuni pensatori in Europa, Nord America e India cominciarono a staccarsi dal modello di istruzione come apprendimento meccanico e a fare esperimenti in cui il bambino fosse un protagonista attivo e critico. Tutti questi movimenti di riforma furono certamente ispirati da Socrate ma nacquero soprattutto dalla convinzione dei pedagogisti che l’apprendimento meccanico e la passività dello studente non fossero un bene per la cittadinanza e per la vita. In Europa l’opera che ha dato inizio a tutti questi esperimenti è proprio l’”Emilio” (1762) di Rousseau, che descrive appunto un’educazione finalizzata a rendere il giovane autonomo, capace di giudizio, indipendente ed in grado di risolvere da solo i problemi pratici, senza fare affidamento sulle autorità. Rousseau riteneva che fosse molto importante insegnare ad un bambino a muoversi nel mondo con le proprie forze: solo così egli sarebbe diventato un buon cittadino, in grado di vivere su un piano di parità con gli altri15. Gran parte dell’educazione di Emilio è dunque pratica: egli apprende

facendo, il maestro non si pone come fonte di verità ma si limita a verificare. Rousseau non fondò una scuola e l’”Emilio” è un’opera astratta ed inutilizzabile sul piano pratico ma le idee di Rousseau influenzarono moltissimo due pensatori europei che fondarono entrambi una scuola, mettendo così in pratica le idee suggerite da Rousseau: Pestalozzi e Froebel.

Il pedagogista svizzero Johann Heinrich Pestalozzi (1746-1827) criticò fortemente l’insegnamento meccanico e forzato che era la regola nella scuola di allora. In questo

vecchio tipo di scuola l’obiettivo principale era la creazione di cittadini ubbidienti che avrebbero seguito l’autorità senza fare troppe domande. Al contrario Pestalozzi descrive un’educazione che si propone di rendere il bambino attivo e curioso attraverso lo sviluppo delle sue capacità critiche naturali. L’obiettivo è quello di addestrare la mente e non di produrre un’ubbidienza passiva. In aggiunta, questo autore dava importanza, nell’educazione, alla sensibilità simpatetica e all’affetto. Fu in prima linea nel chiedere l’eliminazione delle punizioni corporali e sottolineò l’importanza del gioco nella formazione infantile.

Nel suo importante romanzo “Leonardo e Gertrude” (1781) Pestalozzi descrive la riforma dell’istruzione in una piccola città ed il passaggio da un indottrinamento elitario ad una forma di risveglio mentale democratico e fortemente partecipativo. E’ significativo che la responsabile di questo mutamento radicale sia una donna della classe operaia, Gertrude, che nella sua scuola di villaggio educa ragazzi e ragazze di tutte le classi sociali, trattandoli come uguali ed insegnando loro utili conoscenze pratiche. Gertrude abitua i bambini a risolvere da soli i problemi, maturando un atteggiamento di comprensione e rispetto reciproco.

Però Pestalozzi non fu capito e le varie scuole che aprì furono tutte destinate al fallimento, anche se la sua influenza si fece sentire molto in seguito.

Poco più tardi il pedagogista tedesco Frederich Froebel (1782-1852) introdusse diverse novità nell’istruzione infantile (nello spirito di Pestalozzi) che hanno cambiato il modo in cui i bambini di tutto il mondo iniziano il loro percorso scolastico. Froebel fu il teorico e l’inventore del Kindergarten, la scuola materna in cui i bambini sono gradualmente incoraggiati a sviluppare le loro potenzialità cognitive in un clima di gioco e affetto, un clima che valorizza le attività dei bambini come base del loro apprendimento. Come Pestalozzi, Froebel non condivideva i modelli educativi tradizionali che consideravano i

bambini come contenitori passivi nei quali “versare la saggezza degli adulti”. Egli era convinto che l’educazione dovesse consistere nel sollecitare e coltivare le capacità naturali del bambino con l’aiuto del gioco. L’idea del kindergarten era quella di un luogo dove il bambino impara e cresce tramite il gioco. Froebel riteneva che alcuni oggetti avessero delle proprietà quasi mistiche e li chiamava “doni”: la palla per esempio. Con l’aiuto di questi oggetti simbolici, i bambini imparerebbero a pensare creativamente e a padroneggiare il loro ambiente. Secondo Froebel i bambini imparano e crescono grazie alla riflessione critica, alla reciprocità, alla manipolazione concreta degli oggetti. Froebel ritiene che l’aggressività sia la reazione alla naturale insicurezza e che essa svanisca quando i bambini imparano a relazionarsi con il mondo che li circonda utilizzando la loro istintiva inclinazione alla sensibilità e alla reciprocità.

Alla base dell’opera di Froebel vi sono le tecniche socratiche e ciò si vede nell’incoraggiamento rivolto al bambino affinché sia attivo, curioso e riflessivo e non semplicemente ricettivo. E’ anche socratica la sua idea che ognuno debba fare domande e dire la sua. Purtroppo, le idee di Pestalozzi non trovano applicazione nel mondo attuale perché i bambini sono sempre più spinti ad assorbire conoscenze, sempre più precocemente, perdendo la possibilità di apprendere tramite il gioco.

Un pedagogista americano che si ispirò a Socrate e a Pestalozzi è Amos Bronson Alcott (1799-1888). In una scuola di Boston fondata nel 1834. Alcott insegnava a 30 bambini e bambine, dai sei ai dodici anni di età. Nel 1839 la scuola accettò un allievo di colore ed allora molti genitori ritirarono i loro figli e la scuola chiuse i battenti. Tuttavia, essa portò avanti la tradizione della pedagogia progressista europea. I metodi di Alcott erano ancora più socratici di quelli di Pestalozzi e di Froebel e l’istruzione prese sempre più la forma di domande; i bambini erano incoraggiati ad esaminare se stessi, i propri pensieri ed i propri sentimenti. In sintesi, l’educazione procede attraverso domande ed attraverso un

metodico esame di sé. Come Froebel e Pestalozzi, Alcott dà importanza allo sviluppo emotivo ed alla funzione emotiva della poesia, tanto che spesso in classe si leggono poesie. Per Alcott, come per Pestalozzi e Froebel, il metodo di Socrate è incompleto perché non si cura delle emozioni e della fantasia.

Vediamo ora un quarto pensatore molto importante per la Nussbaum: Horace Mann (1796- 1859). Mann, abolizionista e difensore della parità delle donne, fu sempre a favore dell’inclusione: egli era per un’istruzione umanistica e non solo un addestramento pratico per tutti, che fosse gratuita; era a favore di biblioteche gratuite in tutto lo stato e di alti livelli di insegnamento anche nelle scuole frequentate dagli alunni delle classi popolari. Anche lui era un riformatore che detestava l’apprendimento puramente meccanico. Le sue riforme erano strettamente legate ad una concezione della democrazia egualitaria ed inclusiva. Egli riteneva che nessuna democrazia potesse sopravvivere senza che i suoi cittadini fossero istruiti e partecipi. In materia di inclusione egli era un radicale e si batteva per il diritto all’istruzione per tutti i bambini senza differenze di razza o di sesso, con l’obiettivo di eliminare le distinzioni di classe nell’educazione. Egli rifiutò i metodi di insegnamento autoritari e passivi, puntando sulla comprensione anziché sulla routine. Tuttavia, egli pose sempre l’accento sulle competenze di base, come saper leggere, scrivere e far di conto; in particolare egli insisteva sul fatto che i bambini capissero ciò che leggevano poiché egli riteneva che i bambini non potessero apprendere a leggere solo per imitazione, senza comprensione. Mann continuò a mettere in pratica la sua idea dell’inclusività nel college americano di Antioch, il primo college ad istruire maschi e femmine su un piano di assoluta parità ed anche uno dei primi a trattare nello stesso modo

studenti bianchi e neri. Inoltre, Antioch fu il primo college a dare risalto alla discussione in classe e a stimolare lo studio autonomo sotto la supervisione dei docenti16.

Il più importante pensatore di questo periodo è senza dubbio John Dewey (1869-1952). Egli cambiò il modo di concepire il lavoro di formazione praticamente in tutte le scuole americane in base ad un principio fondamentale: i bambini hanno bisogno di pensare da soli con curiosità e spirito critico. Dewey riteneva che vi fosse un forte rapporto tra la cittadinanza democratica e l’istruzione socratica; infatti, il suo obiettivo principale fu sempre quello di creare cittadini attivi, curiosi, aperti, critici, rispettosi gli uni degli altri. Per Dewey il limite principale dei metodi di educazione tradizionali è la passività a cui essi inducono gli studenti. Le scuole sono dei luoghi in cui ascoltare e assorbire passivamente nozioni imposte dall’alto: quindi ascoltare viene preferito ad analizzare, vagliare, risolvere problemi. Tutto ciò impedisce lo sviluppo delle facoltà critiche e attive degli studenti ma li indebolisce in senso generale perché essi si accostano ai libri senza curiosità, senza voglia di capire e non ne traggono alcun giovamento. Ciò era esattamente quello che Dewey voleva evitare perché secondo lui tale atteggiamento passivo era negativo per la vita del bambino in generale ed era fatale per la democrazia perché le democrazie non sopravvivono senza cittadini attenti e attivi. Anziché ascoltare, allora, il bambino dovrebbe sempre riflettere sulle cose, ragionare e porre domande. Dewey era convinto che il modo migliore per rendere attivi i giovani fosse trasformare l’aula scolastica in uno spazio simile al mondo esterno, un luogo dove si discutono problemi concreti e dove il sapere trova attuazione pratica. Dewey sottolineò sempre il fatto che in una buona scuola gli allievi apprendono il senso della cittadinanza condividendo progetti e risolvendo insieme problemi, in uno spirito rispettoso ma critico. Egli era convinto,

16 Per gli autori citati fin qui si veda: Nussbaum M., Coltivare l’umanità, I classici, il

inoltre, che l’attività cooperativa insegnasse ai bambini il rispetto del lavoro manuale e delle attività commerciali anziché incoraggiare solamente una preferenza per le attività astratte.

Generalmente gli scolari cominciavano con un compito pratico, specifico e immediato come cucinare e nel corso di tale compito essi erano portati a porsi delle domande riguardanti i materiali, la loro origine, l’organizzazione del lavoro e così via. In breve, l’interrogarsi socratico nasce da eventi concreti quando i bambini sono indotti ad affrontare tali eventi.

Un altro punto importante del pensiero di Dewey riguarda la sua convinzione che tutti i paesi del mondo siano interdipendenti17.

Un altro importantissimo pensatore socratico già citato e non europeo è Rabindranath Tagore che, all’inizio del XX secolo, fondò una scuola sperimentale poco fuori Calcutta ed anche un’università di studi umanistici. Tagore, che vinse il premio Nobel per la letteratura nel 1913, non si interessò solo di pedagogia ma fu anche scrittore e pittore. Egli fu anche un filosofo acuto come dimostrano i suoi libri più importanti: “Nazionalismo” del 1917 in cui egli dà un importante contributo alla teoria dello stato moderno e “Religione dell’uomo” del 1931. In quest’ultimo testo egli sostiene che l’umanità potrà progredire solamente coltivando una sensibilità più inclusiva e che tale capacità può essere coltivata solamente con un’istruzione che porti a un apprendimento globale, alle arti, attraverso un procedimento autocritico di tipo socratico. Potremmo inoltre trovare molte affinità fra Tagore e Mill poiché entrambi nutrivano avversione per la tradizione ed entrambi difesero con forza la libertà individuale.

Certamente Tagore incontrò ed ebbe corrispondenza con Maria Montessori e con altri pensatori europei: ciò che tutti loro non sopportavano era l’apprendimento meccanico e l’idea di considerare il bambino un contenitore passivo di contenuti standardizzati. Inoltre, Tagore fu particolarmente sensibile a tutti i condizionamenti che la tradizione imponeva alle donne e difese con passione l’emancipazione femminile. La scuola fondata da Tagore era anticonformista sotto molti aspetti: quasi tutte le lezioni di tenevano all’aperto, le discipline artistiche attraversavano tutto il piano di studi ed il metodo socratico era dominante. La scuola era una comunità autogestita nella quale i bambini venivano incoraggiati a cercare autonomia e libertà intellettuale, spesso anche tramite un’attività di scambio di ruoli, che induceva i bambini ad estraniarsi dal proprio punto di vista e ad assumere quello di un altro. Ciò dava loro la libertà di sperimentare le posizioni intellettuali degli altri e di comprenderle dall’interno18.

Un grosso problema dell’esperienza di Tagore, di Pestalozzi e di Alcott, è di non avere fissato alcun metodo che potesse essere seguito da altri e questa mancanza di linee guida ha creato e crea dei problemi ai sostenitori di questo approccio.

Matthew Lipman (1923-2010) ritiene che i bambini siano capaci di pensiero filosofico, che siano in grado di valutare attivamente le grandi questioni della vita e che le loro intuizioni andrebbero prese più seriamente dagli adulti. Uno dei filosofi moderni che si è maggiormente ispirato a Tagore, Lipman, con la sua “Philosophy for children”, parte dalla convinzione che i bambini piccoli siano esseri curiosi e attivi, con ricche capacità di interrogarsi e di indagare, capacità che andrebbero sviluppate e rispettate19.

Alla luce di quanto riportato sino ad ora, un cittadino degno di tale condizione deve essere capace di pensare in autonomia, discostarsi dal gruppo dei pari, dall’autorità e dalle

18 Per Tagore si veda: O’Connell K.M., 2002. 19 Cfr. Nussbaum M., 2011.

tradizioni. Secondo Martha Nussbaum questo è un punto fondamentale ed è proprio qui che ella identifica le caratteristiche principali di ciò che chiama “pensiero critico”. Se la democrazia infatti è definita come la partecipazione attiva alla vita sociale da parte di tutti i cittadini, è allora necessario che essi siano capaci di sviluppare idee proprie e non si limitino ad accettare passivamente quelle che vengono loro imposte. Nussbaum esemplifica questo concetto riportando un’immagine di derivazione socratica per cui il popolo è dipinto come un cavallo di razza, capace di grandi imprese, ma che, proprio in funzione del suo essere un animale pregiato, si mostra anche pigro e tende ad essere lascivo. La filosofa sviluppa la sua teoria educativa basandosi sull’immagine di Socrate pervenuta dagli storici romani e greci, ad essa fa più volte riferimento esplicito nel corso della sua trattazione ed è ben attenta a distinguerla e ad opporla all’immagine del filosofo ateniese che Platone e Aristofane forniscono. Socrate, chiamato in causa da Martha Nussbaum, è un uomo che interroga continuamente i potenti e richiede a questi ultimi di argomentare le loro affermazioni con ragionamenti razionali e logicamente validi. L’argomentazione è necessaria, perché il saper difendere le proprie posizioni è, per l’autrice, la base della libertà individuale nel contesto sociale. Tuttavia, seguire l’insegnamento del filosofo di Atene non porta esclusivamente ad ottenere garanzie a livello personale. Richiedere argomentazioni logico-razionali a chi la pensa diversamente, infatti, dispone all’ascolto e, dunque, il fine ultimo del dibattito verrà identificato nella ricerca di un terreno comune su cui porre la basi per un accordo, non più sulla sopraffazione dell’avversario politico inteso come nemico da abbattere. Lo sviluppo di un pensiero critico, quindi, porta necessariamente alla discussione positiva del vissuto politico, orientando l’interesse dei governi in accordo all’interesse soggettivo e all’interesse nazionale. Si svilupperebbe così una sorta di freno inibitore alle derive autoritarie e alla sottomissione incondizionata di alcuni gruppi sociali.

L’autrice si sofferma a lungo sulla storia greca. Riportare per intero il suo percorso intellettuale è sicuramente utile al fine di capire effettivamente l’origine delle su posizioni.

La filosofia socratica è, per la studiosa, da identificarsi con l’avvento della democrazia. Gli autori precedenti a Socrate, infatti, si occupavano di cause astratte e lontane dalla vita quotidiana, si concentravano sulla natura degli elementi, sulla loro origine e sulla creazione del mondo. Erano conviti che la conoscenza non fosse alla portata di tutti e unicamente i soggetti con doti particolari o eletti dalla divinità potessero trattare di determinati argomenti.

Per Socrate, afferma Nussbaum, una vita priva di interrogativi non era vita, perché non aveva alcuna dignità. Così, il filosofo passava le sue giornate interrogando i grandi della città e i sapienti sulla giustizia, sul coraggio e sulle tradizioni, cercando di arrivare a definizioni difendibili razionalmente e non da accettare in maniera acritica.

Dalla contrapposizione del suo Socrate al Socrate di Aristofane, ella trae forti argomentazioni a difesa del proprio modello educativo. Analizzare questa contrapposizione aiuta a comprendere meglio la definizione di pensiero critico fornita dall’autrice. Aristofane era un commediografo e, all’interno dell’opera Le Nuvole, inscena uno scontro pedagogico che si sviluppa secondo la rappresentazione dell’influenza del rivoluzionario filosofo ateniese e di un vecchio militare su un giovane

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