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Una breve ricostruzione del panorama dottrinale: le possibili opzioni ricostruttive

1.4.1 La tesi del contratto come “fatto costitutivo” della s.p.a.: critica ed apertura di un nuovo dibattito – 1.4.2 Le possibili soluzioni. Cenni e rinvio.

Nelle pagine seguenti effettuerò una breve rassegna del percorso che la tematica sopra impostata ha conosciuto a livello dottrinale, una rassegna certamente non esaustiva della complessità del panorama dottrinale sul tema, né in relazione alle teorie prospettate, né rispetto all’approfondimento delle stesse: una simile ricostruzione, infatti, data la complessità ed eterogeneità di tesi prospettate sul tema, nonché la non linearità del percorso evolutivo delle stesse, richiederebbe certamente un lavoro di ben più ampio respiro. Piuttosto, tale ricostruzione si propone esclusivamente di mettere in luce le principali metodologie, i genera teorici individuabili nel dibattito in questione, sì da porre le basi concettuali per lo svolgimento di una personale indagine della problematica.

1.4.1 La tesi del contratto come “fatto costitivo” della s.p.a.: critica ed apertura di un nuovo dibattito

Originariamente, risultavano senza dubbio dominanti le tesi che individuavano nel contratto il “fatto costitutivo” della società95: secondo i sostenitori di questa

tesi, strettamente meccanicistica96, il significato giuridico dell’intero fenomeno

societario sarebbe stato determinato in relazione al suo momento contrattuale. Più specificatamente, la riconoscibilità da parte dell’ordinamento di un

95 Le posizioni riconducibili a tale vasto genus teorico sono assai eterogenee: mi limito a richiamare, per una approfondita analisi di queste ricostruzioni, C. Angelici, La società nulla, cit. p. 1 ss. In ogni caso, una delle “forme” più evolute di tale impostazione è rappresentata, senz’altro, da quella di P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., passim. 96 Si definiscono “causalistiche” o “meccanicistiche” quelle prospettive che dall’attribuzione

di una certa qualificazione ad un fatto costitutivo traggono conseguenze, intese in termini di stretta necessità, in ordine alla qualificazione dell’assetto di interessi risultante.

fenomeno definibile in termini societari sarebbe stata subordinata alla sussistenza di un momento propriamente contrattuale, momento che, alla luce di una logica formalistico-meccanicistica, sarebbe valso a definire i significati giuridici dell’intero fenomeno societario e, quindi, tanto del suo momento genetico, quanto di quello attuativo: da un punto di vista tecnico-applicativo, ciò si traduceva nella applicabilità della disciplina contrattuale rispetto all’intero iter di svolgimento della fenomenologia societaria97. Come

autorevolmente evidenziato98, la qualificazione del contratto come fatto

costitutivo della società per azioni non sarebbe altro che un’espressione riassuntiva con cui indicare l’applicabilità della disciplina contrattuale.

Tuttavia, tale impostazione non tardò a divenire oggetto di rilevanti perplessità. Per comprendere la ratio delle stesse risulta funzionale prendere le mosse da una considerazione di ordine generale, relativa alla tecnica con cui l’ordinamento qualifica giuridicamente le vicende empiriche: in particolare, bisogna effettuare un chiarimento preliminare circa la configurazione della “fattispecie” quale “tipizzazione formale del dato empirico”99. In tal senso, il

legislatore, al fine della valutazione e quindi della valorizzazione normativa di un dato fenomeno empirico, utilizza una sua “parte” specifica, la quale viene appunto impiegata per la costruzione della fattispecie ed in relazione alla quale viene dettata la disciplina da parte dell’ordinamento100: una simile tecnica,

97 Ciò non necessariamente si traduce in una applicabilità tout court di tale disciplina: al contrario, come del resto emerge chiaramente dal diritto positivo, vi possono essere anche rilevanti differenze in termini di disciplina. Tuttavia, nella logica ora esaminata tali discrasie costituiscono deroghe alla disciplina generale, disposizioni eccezionali, a conferma quindi di come sia pur sempre il contratto a definire i fondamentali significati giuridici del fenomeno societario: vedi, ad es., la qualificazione in termini di norma “eccezionale” dell’art. 2332 c.c., sostenuta in particolare da G. Cottino, Considerazioni sulla invaldità del contratto di società di persone, in Riv. dir. civ., 1963, p. 273 ss. e da A. Graziani, Diritto delle società, Napoli, 1962, p. 232 ss. (richiamati criticamente da C. Angelici, La società nulla, cit., p. 6, nota 8.)

98 C. Angelici, La società nulla, cit., p. 50 ss.

99 In tal senso C. Angelici, La società nulla, cit., p. 54.

100 Ciò non comporta una qualificazione in termini pre-giuridici della fattispecie, la quale, come noto, è «un momento logico-sistematico dell’esperienza giuridica, un fenomeno dunque puramente giuridico, non un’entità anche parzialmente determinabile in termini pregiuridici»: P. Ferro-Luzzi, La conformità delle deliberazioni assembleari alla legge e all’atto costitutivo, Ed. provv., Milano, 1971, p. 27, citato da C. Angelici, La società nulla,

tuttavia, implica inevitabilmente una perdita dei significati e, quindi, una sordità alle esigenze, che ineriscono ad un momento differente da quello giuridicamente tipizzato nella fattispecie. Quando si parla della fattispecie quale “schema normativo di valutazione giuridica del dato empirico”, quindi, bisogna sempre considerare come l’ordinamento, a tal fine, operi una specifica selezione della realtà rilevante e, quindi, sostanzialmente degli interessi e delle esigenze cui attribuire prevalenza nella costruzione della disciplina di un determinato fenomeno. Nella logica contrattuale generale il momento fondamentale è indiscutibilmente quello dispositivo: è in relazione ad esso che il fenomeno empirico viene giuridicamente valutato ed è, quindi, rispetto a quest’ultimo che la disciplina è stata strutturata. In tal senso, il momento attuativo ha una rilevanza meramente subordinata e consequenziale rispetto a quello dispositivo, ossia all’atto: i comportamenti successivi, quindi, acquisiscono il proprio significato giuridico in via consequenziale al significato, tipicamente soggettivo, dell’atto, risultando come una sorta di riflesso di quest’ultimo101. Una simile logica non crea problemi in relazione

all’affare-scambio, rispetto al quale lo schema contrattuale può essere ben considerato la sua “forma” giuridica102: ciò è evidente se si considera che, come

noto103, la disciplina generale è stata costruita proprio con riferimento a tale

p. 50, nota 81.

101 Il consenso sul punto può dirsi assolutamente unanime. Vedi, tra gli altri, A. Di Majo Giaquinto, L’esecuzione del contratto, Roma, 1967, passim.; C. Angelici, La società nulla, cit., p. 53 ss.; P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., p. 324 ss., specie nota 3 e testo corrispondente. Interessante è sottolineare come tale logica si manifesti chiaramente nel contesto della disciplina della invalidità, tipicamente retroattiva: difatti, se nel momento attuativo non vengono riconosciuti momenti di rilevanza, significati, indipendenti da quello dispositivo, in caso di invalidità di quest’ultimo costituisce logica conseguenza un travolgimento anche del momento esecutivo. Come si vedrà, la disciplina della nullità della s.p.a., proprio a causa della presenza di significati autonomi nel momento attuativo, esclude alla radice una possibile retroattività della caducazione degli effetti.

102 C. Angelici, La società nulla, cit., p. 54.

103 La condivisione del punto è quasi unanime, ragione per cui non si richiedono particolari riferimenti: tuttavia, preme richiamare, data l’assoluta centralità per l’emersione e diffusione di tale consapevolezza, l’approfondita ricostruzione di P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., passim. Del resto, tale impostazione si riscontra anche nella manualistica: vedi, di recente, M. Cian, L’organizzazione produttiva: elementi costitutivi, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, III, Torino, 2017, p. 11 ss.

tipologia di affare. Al contrario, in relazione al fenomeno societario, la problematica della “perdita di significati”, discendente dalla combinazione tra la tecnica di tipizzazione che ispira la costruzione delle fattispecie e l’individuazione di quest’ultima nel contratto, risulta assai problematica: difatti, è convinzione comune che il momento centrale, da un punto di vista socio-economico, del fenomeno societario non sia quello della programmazione, quanto quello dell’effettivo svolgimento dell’attività (e, quindi, dell’impresa)104. Nella logica dell’impresa, infatti, il momento centrale

per la valutazione del fenomeno è indiscutibilmente quello della effettività, dell’attuazione105: un piano, quindi, tipicamente oggettivo106. Di conseguenza,

la impossibilità di utilizzare, per la valutazione giuridica del fenomeno societario, dati specifici del momento attuativo, in quanto estranei alla logica contrattuale, «rende particolarmente evidente e marcato il distacco tra il

criterio formale di qualificazione ed il dato economico-sociale»107.

Consapevole di tale fondamentale contraddizione, la dottrina ha cercato in vario modo di prospettare soluzioni alternative: da un lato, ampliando la nozione giuridica di “contratto”, arricchendola di dati estranei alla sua configurazione tradizionale; dall’altro, ricercando momenti di rilevanza del fenomeno ulteriori o addirittura alternativi a quello contrattuale.

Data l’assoluta eterogeneità delle ricostruzioni prospettate, sia da un punto di vista sincronico che diacronico, procedere ad una esauriente ricostruzione non sarebbe certamente possibile, quantomeno non in questa sede: mi limiterò,

104 C. Angelici, La società nulla, cit., p. 55.

105 Si tratta di una considerazione ormai decisamente acquisita. Vedi, in tal senso, A. Bartalena, Società di fatto partecipata da società di capitali, nota a Corte appello Torino, 30 luglio 2007, in Riv. dott. comm., 2008, p. 316 ss., ove sottolinea come «è insegnamento comune che l'impresa, per il principio di effettività, è ravvisabile in presenza di un'attività (intesa come serie di atti fra loro funzionalmente collegati), che presenti i connotati dell'art. 2082 c.c.», a prescindere, tra l’altro, dall’«adempimento di requisiti formali (quale, in particolare, l'iscrizione nel Registro delle Imprese) e dal rilascio delle autorizzazioni amministrative, a cui sia eventualmente subordinato lo svolgimento di una determinata attività».

106 C. Angelici, Profili dell’impresa, cit., p. 237; 107 C. Angelici, La società nulla, cit., p. 55.

quindi, ad una breve ricostruzione delle metodologie seguite, per poi approfondire una specifica tecnica di indagine.

1.4.2 Le possibili soluzioni. Cenni e rinvio

Una prima impostazione, pur consapevole delle specificità del fenomeno societario, ritiene di poter comunque assorbire le stesse in un’ottica contrattualista: ciò, si precisa, alla luce di una radicale “evoluzione” del contratto, a sua volta espressione della sua fondamentale “elasticità”.

Alla luce di tali ricostruzioni, il contratto si sarebbe ormai ampiamente emancipato dal suo paradigma originario (lo scambio), per assumere margini decisamente più ampi, tali da consentirgli di abbracciare senza particolari forzature anche il fenomeno imprenditoriale e, più in generale, ogni manifestazione di autonomia privata. Risulta così preservata la centralità del contratto quale schema generale ed esclusivo di valorizzazione normativa delle vicende di autonomia patrimoniale108.

Una seconda tecnica consiste nella ricerca, al fine di superare il rigido formalismo della prospettiva contrattualistica tradizionale109, di momenti di

rilevanza del fenomeno societario ulteriori rispetto a quello contrattuale.

108 Si tratta di una posizione, in realtà, assai risalente, ma che ha conosciuto formulazioni anche molto eterogenee. Tra gli altri, risulta fondamentale, anzitutto, la posizione di P. Ferro-Luzzi, il quale appunto evidenzia la necessità di distinguere tra la figura del contratto, generale ed esclusiva per la valutazione dei fenomeni di autonomia privata patrimoniale, e la disciplina sul contratto in generale, costruita su di uno specifico affare. Alla luce di ciò, si evidenzia come le strade percorribili siano sostanzialmente due: o modellare le capacità espansive del contratto sulla sua disciplina generale, ponendo al di fuori di esso tutti gli affari caratterizzati da una fenomenologia incompatibile con la stessa; ovvero, strada verso la quale l’Autore propende nettamente, ricondurre la disciplina generale alla normativa di uno specifico affare, ricomprendendo comunque nel contratto ogni fenomeno di autonomia privata patrimoniale e limitandosi a valutare la applicabilità ad essi della disciplina generale. Altri importanti Autori che hanno assunto posizioni analoghe sono F. Denozza (Quattro variazioni, cit.), F. Galgano (Degli effetti del contratto, in Commentario del cod. civ., a cura di A. Scialoja e G. Branca, sub artt. 1372-1405, Bologna-Roma, 1993, p. 52), P. Abbadessa (Le disposizioni generali, cit., p. 9 ss.. In termini più generali, G. Alpa, Le stagioni del contratto, Bologna, 2012, rispetto al quale vedi anche il commento di G.B. Ferri, Le stagioni del contratto e le idee di Guido Alpa, in Rivista del diritto commerciale e del diritto generale delle obbligazioni, 2013, p. 205. 109 Di qui, del resto, la critica di P. Ferro-Luzzi a tali impostazioni, il quale appunto denuncia

“Ulteriori”, non “alternativi”: difatti, tali ricostruzioni non hanno portato alla individuazione di una fattispecie che si sostituisse propriamente a quella contrattuale nella valorizzazione del fenomeno nella sua globalità, prospettando piuttosto la coesistenza di una molteplicità di schemi di valutazione normativa: tendenzialmente, questi sono stati individuati nel contratto e nella organizzazione (nonché, ma la nozione è assolutamente oscillante da un punto di vista semantico, nella personalità giuridica). In questo modo, tuttavia, esse hanno prospettato una sostanziale “frattura”110 nella

fattispecie societaria, con soluzioni frequentemente definite come soluzioni “di compromesso”. Difatti, da un lato si è abbandonato il rigido formalismo che deriverebbe da una impostazione strettamente contrattualistica, dall’altro non si è voluto rinunciare del tutto, ai fini della valutazione giuridica del fenomeno societario, al momento contrattuale111.

La ratio di simili ricostruzioni è stata ampiamente analizzata, ed è stata individuata in una specifica sovrastruttura ideologico-giuridica: in sostanza, nella volontà di non rinunciare alla centralità del momento contrattuale nella valutazione giuridica del fenomeno societario, connessa ad una impostazione teorica tale da impedire una piena inclusione delle specificità del momento attuativo nel contratto112. Non solo, e non tanto, una permanenza del momento

110 Così, polemicamente, P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., p. 117. Per quest’ultimo, infatti, simili soluzioni di “compromesso” entrano in netto contrasto con la logica formalistica che dovrebbe ispirare lo studio dei fenomeni giuridici, per cui «giuridicamente ciò che conta è esclusivamente la forma iuris in cui l’atto modella l’attività e più genericamente è l’intero fenomeno che giuridicamente esiste nella forma impressa dall’atto, dal suo valore giuridico, che compiutamente lo descrive e lo sostanzia».

111 Rileva ciò, in senso critico, C. Angelici, La società nulla, cit., p. 56.

112 Fondamentali, in tal senso, sono i rilievi critici di C. Angelici, La società nulla, cit., p. 55 ss. e P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., p. 110 ss. In particolare, Ferro-Luzzi critica l’abbandono del formalismo derivante da un’impostazione contrattualistica che egli abbraccia pienamente: segnatamente, egli evidenzia come la sensazione di irriducibilità del momento attuativo al contratto derivi da una cattiva lettura del fenomeno, discendente da una assimilazione dei conferimenti alle prestazioni contrattuali e dalla teoria dello scopo comune. Angelici, invece, sottolinea il debito consistente nella volontà ideologico-culturale di non abbandonare la centralità del momento contrattuale, un condizionamento che avrebbe disinnescato le potenzialità di una indagine volta alla ricerca di momenti di rilevanza diversi da quello contrattuale, appiattendole in una insoddisfacente soluzione di compromesso.

contrattuale, ma una sua centralità nella valutazione del fenomeno societario: tra i dati risultanti dalla suddetta frattura della fattispecie, quindi, si instaura uno specifico rapporto gerarchico, il quale pone comunque il contratto come paradigma fondamentale e, quindi, il momento dispositivo come referente principale, per la valutazione giuridica complessiva del fenomeno113.

Ciò, molto probabilmente, derivava da una preoccupazione di fondo di tale dottrina: quella secondo cui da un allontanamento dal contratto deriverebbe anche un inevitabile allontanamento dall’autonomia privata. Di conseguenza, per evitare di aprire la strada ad intollerabili limitazioni di quest’ultima, tale dottrina cercava di riservare uno spazio di assoluta centralità al dato contrattuale, sì da rimarcare l’appartenenza del fenomeno all’autonomia privata patrimoniale114.

Come risulta evidente, tuttavia, simili preoccupazioni, oltre che a fondarsi su un periodo storico ben diverso da quello attuale, trovano la propria fondatezza su un assunto fondamentale: la necessaria coincidenza tra contratto ed autonomia privata. Solo sulla base di tale concezione, infatti, può risultare logicamente fondata la preoccupazione di uno svilimento dell’autonomia patrimoniale nel fenomeno societario alla luce di una retrocessione del relativo momento contrattuale. Di conseguenza, adottandosi una visione pluralistica dell’autonomia privata, nonché ammettendosi la possibilità di una molteplicità di schemi di riconoscimento della stessa da parte dell’ordinamento, risulta del tutto ammissibile un’impostazione che, pur mantenendo ben ferma l’appartenenza dello stesso all’area della autonomia privata patrimoniale,

113 Una simile impostazione costituisce un ampio genus, in cui si trovano svariate tipologie ricostruttive, specie in relazione al tipo di rapporto intercorrente tra contratto ed organizzazione. In Italia è stato frequente il ricorso ad una concezione di “strumentalità” dell’organizzazione rispetto al contratto: vedi, tra gli altri, G. Oppo, Eguaglianza e contratto, cit.; D. Corapi, Gli statuti, cit., p. 352 ss.

114 Vedi in tal senso E. Ginevra, Premesse a uno studio, cit., p. 281 ss., ove, alla luce di una approfondita analisi del pensiero di Abbadessa, evidenzia come probabilmente la sua adesione alle prospettive contrattualistiche, più che da un convincimento tecnico-formale, discendesse piuttosto dalla suddetta preoccupazione. Alla luce di ciò, E. Ginevra si interroga se ad oggi, ossia in un momento in cui simili preoccupazioni di certo non potrebbero più essere fondatamente sostenute, non vi sia lo spazio per una discussione più coraggiosa sul tema.

attribuisca una differente collocazione sistematica alla società per azioni nel momento successivo alla sua costituzione.

Sulla base di queste considerazioni, non a caso, si innesta la terza delle vie di superamento della suddetta problematica115: tale impostazione, infatti, alla luce

di una concezione pluralistica dell’autonomia privata, nonché di un connesso rifiuto di una lettura meccanicistica della fenomenologia giuridica, si muove alla ricerca di un diverso momento di valorizzazione giuridica del rapporto societario, di uno schema quindi alternativo (e non cumulativo) a quello contrattuale per la sua valutazione normativa. In particolare, pur riconoscendo la natura decisamente contrattuale dell’atto costitutivo, si evidenzia come, in seguito alla costituzione della società, le specificità di tale fase di esplicazione dell’autonomia privata abbiano portato l’ordinamento a delineare una disciplina tale da imporre un inquadramento sistematico della società per azioni indipendente dal contratto. In altre parole, lo specifico atteggiarsi dell’autonomia privata nella fase attuativa del rapporto societario avrebbe portato all’adozione di un diverso schema di valorizzazione normativa della stessa, tale per cui non sarebbe più il momento attuativo a ricavare i propri significati giuridici da quello dispositivo, quanto piuttosto il contratto a rilevare alla luce del momento attuativo.

Alla luce di tale, inevitabilmente approssimativa, rassegna delle principali metodologie seguite per la soluzione della problematica in questione, il fulcro della problematica si incentra su due poli fondamentali: l’individuazione delle specificità normative della dinamica della s.p.a, da un lato, e una conseguente valutazione circa l’idoneità del “contratto” a ricomprendere la stessa nonostante tali peculiarità, dall’altro. Nelle pagine successive andrò, appunto, ad analizzare alcuni settori normativi in cui ritengo emergano le principali originalità della disciplina della società azionaria. Alla luce di esse verrà, in sede conclusiva, effettuata una valutazione circa i rapporti tra s.p.a e contratto.

115 Possono essere ricondotti a tale genus teorico C. Angelici (tra gli altri, La società per azioni, cit., p. 193 ss.), A. Gambino (Il principio di correttezza, cit., p. 107 ss.), E. Ginevra (Premesse a uno studio, cit., p. 273 ss.).

CAPITOLO II

GLI ELEMENTI FONDAMENTALI DEL FENOMENO: “ATTIVITA’” E “ORGANIZZAZIONE”

2.1 “Attività”: tra concettualismo e normativismo – 2.2 L’organizzazione come “disciplina di un’attività”

2.1 “Attività”: tra concettualismo e normativismo

2.1.1 Cenni introduttivi: gli ampi margini dell’”attività” – 2.1.2 Dalle difficoltà di “emersione” alle difficoltà di “definizione”. Necessità di una distinzione dei piani di indagine – 2.1.3 Piano tecnico-normativistico: attività come “complesso di atti teleologicamente coerenti” – 2.1.4 Piano concettuale-tipologico: attività come “paradigma” di sistemi normativi. Il concetto di “sistema ad attività” – 2.1.5. Definizione della prospettiva: la traduzione normativistica del sistema ad attività – 2.1.6 Alcune precisazioni conclusive. “Fattispecie” e “soggetto” come strumenti tecnici imprescindibili

2.1.1 Cenni introduttivi: gli ampi margini dell’“attività”

Il punto di partenza per un’indagine di ordine generale circa i pilastri fondamentali del fenomeno societario può essere utilmente individuato in una constatazione preliminare, ma densa di conseguenze per tutta la costruzione della disciplina del fenomeno societario (e, più in generale, associativo116): la

116 Quelle che seguono sono, in realtà, considerazioni che la dottrina ha sviluppato nell’analisi del più ampio fenomeno dei rapporti associativi, di cui le società costituiscono una species. In relazione a tale rapporto tra società e fenomeno associativo la dottrina è unanime, per cui mi limito a richiamare G. Ferri, Le società, cit., p. 4 ss., ove afferma sinteticamente che «La società costituisce (...) una species del genus associazione», evidenziando nella nota corrispondente (1) la pacificità di una simile affermazione. Tuttavia, si deve notare come le società, ed in particolare la s.p.a., abbiano sempre detenuto, nel contesto delle diverse ricostruzioni dottrinali, un ruolo peculiare: esse, infatti, rappresentano costantemente l’ipotesi in cui le specificità riscontrate risultano più macroscopiche e, conseguentemente, più incisive ai fini della costruzione ed interpretazione del sistema normativo.

circostanza per cui il rapporto societario (e quindi anche di s.p.a.) si