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L’interpretazione degli statuti di s.p.a

Alla luce dell’analisi svolta nelle pagine precedenti si sono acquisiti alcuni strumenti fondamentali per lo svolgimento di un’analitica indagine in ordine alla disciplina propria della società azionaria: si è compreso, infatti, come la “organizzazione” sia da intendersi come “disciplina di un’attività” (e, in particolare, d’impresa) in quanto tale, una disciplina connotata da una tipica efficacia reale e, quindi, tendenzialmente oggettiva. Si è precisato il modo di operare delle regole organizzative, intese quali regole di azione, nonché le peculiarità di una loro traduzione in termini soggettivi. Infine, si sono evidenziate struttura ed efficacia dell’atto costitutivo: un atto certamente contrattuale, ma altrettanto peculiare.

Si tratta, tuttavia, di considerazioni che si sono effettuate in termini notevolmente aprioristici: di conseguenza, al fine di non contraddire l’impostazione che ho assunto quale prospettiva d’indagine, nelle pagine seguenti sarà affrontata una serie di profili specifici, potendosi così attribuire un più preciso fondamento normativistico alle osservazioni svolte in precedenza.

197 Si veda, per una lettura analoga, C. Angelici, Le basi contrattuali, cit., p. 308: «la questione è in effetti di tipo valutativo, dovendosi chiedere se, avvenuta la costituzione, permangono ancora giuridicamente i problemi che si ponevano con riferimento alla fase precedente oppure essi debbono venire intesi, risultandone in definitiva assorbiti, sul piano proprio dell’attività dell’ente stesso»

3.1 La nullità della società per azioni

3.1.1 Cenni introduttivi – 3.1.2 Le cause di nullità. Il principio di tassatività: considerazioni generali – 3.1.3 L’invalidità parziale “oggettiva”. L’irrilevanza della comune volontà delle parti – 3.1.4 Le singole ipotesi di nullità. Ratio complessiva e materiali rilevanti – 3.1.5 La “sanatoria” della nullità – 3.1.6 Gli effetti della nullità: irretroattività della invalidazione. Ratio sostanziale e conseguenze normative – 3.1.7 L’invalidità parziale “soggettiva”. Emersione di logiche individualistiche – 3.1.8 Osservazioni conclusive. Dimensione “procedimentale” della valutazione giuridica ed “emancipazione” delle regole organizzative

3.1.1 Cenni introduttivi

Inevitabilmente, in una ricerca di questo tipo non può non assumere un ruolo centrale la disciplina della nullità della società per azioni, dettata all’art. 2332 c.c.: ciò, sia perché il tema della invalidità è in grado di far emergere quei profili che l’ordinamento ritiene essenziali ai fini della riconoscibilità di un determinato assetto di interessi, sia per le assolute peculiarità che tale disciplina assume rispetto a quella contrattuale generale: peculiarità, peraltro, concernenti profili centrali quali le “cause” di nullità, gli “effetti” della stessa, nonché il relativo meccanismo di “sanatoria”.

L’art. 2332 c.c. risulta, quindi, una disposizione di centrale rilevanza per il tema della presente analisi e, quindi, per una valutazione sistematica della disciplina societaria198. Non deve perciò trarre in inganno l’evidenza, di per sé

incontestabile, della sostanziale mancanza di una prassi applicativa riscontrabile su tale disposizione: difatti, tale marcata assenza di pronunce di nullità costituisce proprio la specifica conseguenza della formulazione dell’art. 2332 c.c., la cui ratio fondamentale deve essere ricercata nella volontà di garantire la stabilità delle società azionarie (e, più in generale, di capitali), a

198 La centrale rilevanza sistematica di tale disposizione è stata da tempo rilevata in dottrina, risultando ad oggi un dato ormai acquisito: senza soffermarmi specificatamente su questo profilo, mi limito a rinviare alla trattazione seguente, dalla quale ritengo che le motivazioni di tale rilevanza emergano chiaramente.

tutela della vasta congerie di interessi che gravitano intorno alle stesse. In tal senso, quindi, tale situazione giurisprudenziale costituisce proprio la conseguenza della “applicazione” (diretta o indiretta) dell’art. 2332 c.c.199 e,

segnatamente, del co. 1, ove si individuano le singole cause di nullità.

Si tratta di osservazioni che verranno meglio esaminate in seguito: il loro richiamo serviva adesso ad evidenziare la centralità sistematica della disposizione.

In particolare, nelle pagine seguenti verranno affrontate alcune questioni di particolare rilevanza inerenti alla disciplina della nullità delle società per azioni, mediante una scomposizione della stessa nelle sue fondamentali componenti: cause di nullità, effetti, sanatoria, etc.

3.1.2 Le cause di nullità. Il principio di tassatività: considerazioni generali

In relazione alle cause di nullità200 emerge una prima, fondamentale,

distinzione rispetto alla disciplina sul contratto in generale: difatti, se per quest’ultima quella della nullità è la categoria generale e residuale in tema di invalidità, tale per cui ogni ipotesi di contrasto con le norme imperative è tale da integrarne (almeno potenzialmente) una fattispecie (art. 1418 c.c.), in ambito societario vige un netto e stringente principio di tassatività. In virtù di esso, le ipotesi di nullità sono solo ed esclusivamente quelle dettate dall’art. 2332, co. 1, c.c. disposizione da interpretarsi conseguentemente in modo

199 G. Palmieri, La nuova disciplina della nullità della società per azioni, in Riv. soc., 2003, p. 846 ss.

200 Dopo l’ulteriore riduzione operata con il d.lgs 6/2003, in conformità all’art. 4, co. 2, lett. b), della l. delega 3 ottobre 2001, n. 366, il quale testualmente imponeva di «limitare la rilevanza dei vizi della fase costitutiva», le cause previste dall’art. 2332 c.c. sono state ridotte a sole tre ipotesi: 1) la mancata stipulazione dell'atto costitutivo nella forma dell'atto pubblico; 2) l'illiceità dell'oggetto sociale; 3) la mancanza nell'atto costitutivo di ogni indicazione riguardante, alternativamente, la denominazione della società, i conferimenti, l'ammontare del capitale sottoscritto, l'oggetto sociale. Rispetto al sistema previgente, quindi, sono state soppresse le cause di nullità di cui ai precedenti numeri 1 e 6 (relative a vizi di procedimento), nonché 7 e 8 (relative ai soci). Tale riduzione, peraltro, costituisce l’ultimo passo di un percorso di progressiva restrizione delle ipotesi di nullità delle società, alla luce del principio della stabilità delle stesse, avviato in sede comunitaria con la direttiva 68/151/CEE, ad oggi confluita nella direttiva 2017/1132/UE.

restrittivo, letterale, e quindi mai in via estensiva e meno che mai analogica201.

Peraltro, se si considera che tale principio non vale a coprire solo le ipotesi di nullità in senso tecnico, ma anche tutte le altre variamente collocabili nel novero delle potenziali patologie dell’atto (sia originarie che sopravvenute), si può comprendere la radicale rigidità della disciplina, nonché la conseguente stabilità delle società di capitali. Si tratta, in particolare, di un principio che discende dall’art. 11 della prima direttiva CEE in materia, la 68/151/CEE, ad oggi confluito nell’art. 11 della direttiva 2017/1132/UE, secondo cui, fuori dalle ipotesi espressamente contemplate, «le società non sono soggette ad

alcuna causa di inesistenza, nullità assoluta, nullità relativa o annullabilità». Il

nostro ordinamento ha recepito questo principio nell’art. 2332, co. 1, c.c. secondo cui «la nullità della società può essere pronunciata soltanto nei

seguenti casi».

In realtà, nonostante l’esplicita dizione della disposizione, non sempre la dottrina italiana si è dimostrata coerente con i conseguenti portati applicativi, risultando al contrario non rari i tentativi di una interpretazione estensiva delle cause di nullità, al fine di introdurre nuove ipotesi ovvero, il che è lo stesso, di reintrodurre cause eliminate nel processo di riduzione che storicamente ha interessato tale ambito202. Tuttavia, e al di là del (in realtà chiaro) contenuto

201 L’adesione a tale principio di tassatività può dirsi ormai sostanzialmente unanime, sia in dottrina che in giurisprudenza. Con riferimento alla dottrina mi limito a richiamare i seguenti riferimenti manualistici, a sottolineare la definitiva acquisizione della questione: E. Ginevra, La costituzione della spa e le altre vicende dell’organizzazione, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, III, Torino, 2017, p. 220 ss.; G.F. Campobasso, Diritto commerciale, cit., p. 163 ss. In giurisprudenza, vedi, tra le (in verità, come già evidenziato, poche) pronunce: Cass. Civ., sez. I, 04/11/2015, n. 22560, in Riv. dott. comm, 2016, p. 120, ove il principio di tassatività viene ribadito con forza; nella giurisdizione di merito, più di recente, Trib. Mil., 30/12/2016, n. 3624, in Riv. not., 2017, p. 803, con nota di S. D’Andrea, Spa unipersonale “falsa” iscritta nel registro delle imprese: effetti e rimedi (Brevi note sul decr. n. 3624/2016 Trib. di Milano), in Riv. not., 2017, p. 803.

202 Si tratta di posizioni emerse essenzialmente nel periodo antecedente alla riforma del 2003, a causa del precedente tenore letterale dell’art. 2332, co. 1, n. 1, c.c. il quale faceva riferimento ad una generica “mancanza dell’atto costitutivo” (ipotesi, come noto, oggi abrogata). Alla luce di tale disposizione, infatti, alcuni autori sostennero come la stessa facesse riferimento ad una mancanza “giuridica” e non “materiale” dell’atto costitutivo: ciò in quanto, trattando l’art. 2332 c.c. della invalidità della s.p.a., la disposizione risulta applicabile solo a seguito dell’iscrizione dell’atto costitutivo nel registro delle imprese, iscrizione che, evidentemente, presuppone la sussistenza materiale dell’atto costitutivo. Di

normativo della disposizione stessa, vi è un’ulteriore considerazione che può risultare risolutiva: il principio di conformità al diritto comunitario203, più volte

ribadito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e dalla Corte Costituzionale italiana204. In virtù di questo principio, infatti, l’interprete ha

l'obbligo di preferire, fra i possibili significati astrattamente ascrivibili ad una disposizione interna, quello conforme alla normativa comunitaria: di conseguenza, data l’esplicita opzione del diritto comunitario per un rigido principio di tassatività, anche l’art. 2332, co. 1, c.c. deve essere interpretato in tal senso205. Sempre dallo stesso principio discende, peraltro, l’obbligo per il

giudice nazionale di disapplicare quelle disposizioni normative inevitabilmente in contrasto con il diritto comunitario, ossia quelle disposizioni per le quali non sia possibile ricavare una interpretazione, e quindi una norma, conforme allo stesso206.

conseguenza, se l’iscrizione presuppone l’atto costitutivo in senso materiale, e se l’art. 2332 c.c. presuppone l’iscrizione nel registro, allora anche l’art. 2332 c.c. presuppone la sussistenza dell’atto materiale: alla luce di ciò, tale disposizione non poteva che riferirsi ad una mancanza “giuridica” dell’atto costitutivo. Nonostante la linearità logica di tale argomentazione, in questo modo la stessa faceva inevitabilmente per così dire “rientrare dalla finestra” tutte le ipotesi di invalidità negoziale che l’art. 2332 c.c. aveva fatto “uscire dalla porta”, scardinando così quel principio di tassatività imposto dalla normativa comunitaria: ciò, nella logica dei sostenitori di tale impostazione, era funzionale a consentire la declaratoria di nullità delle società create con una forzatura della funzione causale dello strumento societario. Per un generico richiamo alla sussistenza di tali concezioni e al loro legame con la precedente formulazione della disposizione vedi, tra gli altri: P. Ghionni, Società di mero godimento tra teoria generale e nuovo diritto societario, in Riv. soc., 2008, p. 1315 ss., nota 50; G. Palmieri, La nuova disciplina, cit.; E. Ginevra, La costituzione della s.p.a., cit., p. 222 ss., nota 69. Per un dettagliato approfondimento della questione, invece, si rinvia a M. Sciuto, La “mancanza dell’atto costitutivo” di società per azioni, Padova, 2000.

203 Per una approfondita ricostruzione delle questioni concernenti questo principio, vedi AA.VV., L’interpretazione conforme al diritto dell’Unione Europea (profili e limiti di un vincolo problematico), a cura di A. Bernardi, Ferrara, 2015.

204 Si veda, data la chiarezza nella esposizione del principio, Corte Giust., 13 novembre 1990, causa C-106/89, in Foro it., 1992, IV, 173 ss.: «il giudice nazionale cui è sottoposta una controversia in una materia che rientra nell'ambito di applicazione della direttiva 68/151 deve interpretare il proprio diritto nazionale alla luce della lettera e dello scopo della direttiva al fine di impedire la dichiarazione di nullità di una società per azioni per una causa diversa da quelle elencate all'art. 11»

205 Argomentano specificatamente in tal senso, tra gli altri, G. Palmieri, La nuova disciplina, cit.; E. Ginevra, La costituzione della s.p.a., cit., p. 222 ss.

206 Si tratta di un’ipotesi tutt’altro che di scuola. Si pensi, ad es., al recente dibattito scaturito in relazione all’art. 7, comma 6, seconda parte del d.lgs 19 agosto 2016, n. 175 (modificato dal d.lgs 16 giugno 2017, n. 100), il quale, in tema di società a partecipazione pubblica,

3.1.3 L’invalidità parziale “oggettiva”. L’irrilevanza della comune volontà delle parti

Al di là di queste, sia pur necessarie, precisazioni, ciò che qui specialmente rileva sottolineare sono le conseguenze applicative di un simile principio di tassatività.

Anzitutto, ed ovviamente, ne consegue una radicale impossibilità di fondare l’invalidità di una società per azioni su vizi, di qualunque tipo, diversi da quelli di cui all’art. 2332, co. 1, c.c207. Da ciò, ed è questo il profilo che qui più rileva,

l’impossibilità di applicare, nella disciplina della nullità della società per azioni, disposizioni incompatibili con tale principio di tassatività: in particolare, non risulterà applicabile la disciplina sulla invalidità parziale di cui agli artt. 1419, 1420 e 1446 c.c.208.

E’ proprio (anche) da tale conseguenza applicativa che emerge, sul piano normativo, la suddetta oggettività della disciplina del momento attuativo di una società per azioni.

prevede che, «se la mancanza o invalidità dell’atto deliberativo riguarda una partecipazione essenziale ai fini del conseguimento dell’oggetto sociale, si applicano le disposizioni di cui all’art. 2332 del codice civile», sembrando così introdurre una palese deroga al principio di tassatività delle ipotesi di nullità. Non è decisamente questa la sede per uno specifico approfondimento del dibattito sul tema: mi limito a rinviare, quindi, sia per una generale impostazione del problema che per specifici riferimenti bibliografici, a V. Sanna, I vizi della costituzione (e di talune modifiche dell'atto costitutivo) delle società a partecipazione pubblica: profili problematici, in Riv. soc., 2018, p. 1381 ss.

207 Si tratta dell’immediata conseguenza del principio di tassatività, come oggi diffusamente evidenziato.

208 Sono, evidentemente, solo alcuni dei precipitati applicativi del principio di tassatività delle cause di nullità. Un ulteriore profilo rilevante è, anche alla luce del dibattito che ha storicamente comportato, quello relativo alla simulazione: mi pare, tuttavia, che alla luce del principio in esame, relativo a tutte le ipotesi di inefficacia, l’applicabilità dell’art. 1414 c.c. sia da escludersi radicalmente. In tal senso, vedi, tra gli altri: E. Ginevra, La costituzione della s.p.a., cit., p. 222; G. Palmieri, La nuova disciplina, cit.; P. Ghionni, Società di mero godimento, cit., p. 1315. Si veda, del resto, anche la suddetta sentenza della Corte di Giustizia UE (vedi supra, nota 204) la quale, proprio alla luce della riconferma del principio di tassatività, rileva come con “oggetto” della società si intenda non l’attività concretamente svolta dalla società, bensì quale descritta nell’atto costitutivo, escludendosi conseguentemente la possibilità di una dichiarazione di nullità per simulazione. Si richiama a tale sentenza, espressamente, V. Sanna, I vizi della costituzione, cit. Del resto, tale ipotesi di invalidità era stata prospettata proprio in vigenza della causa relativa alla “mancanza dell’atto costitutivo”.

Della invalidità parziale “soggettiva” mi occuperò separatamente in seguito. Per quanto concerne invece l’invalidità parziale “oggettiva”, l’art. 1419 c.c. subordina l’estensione all’intero contratto della nullità parziale o di singole clausole ad una valutazione inerente all’intento negoziale delle parti: in particolare, tale espansione è subordinata all’accertamento del fatto che i contraenti, nell’ipotesi in cui il contratto fosse stato originariamente privo di quella parte che è colpita dalla invalidità, non avrebbero concluso il contratto stesso.

Alla luce di ciò, affermare l’inapplicabilità dell’art. 1419 c.c. significa escludere un simile spazio di rilevanza per l’intento negoziale delle parti, il quale quindi non può costituire un elemento in virtù del quale valutare la sussistenza o meno di una invalidità della società. In sostanza, la incidenza del vizio di una clausola statutaria in relazione al complessivo assetto di interessi societario, una volta costituita la società, non è più determinata alla luce della volontà negoziale delle parti, del programma concretamente e storicamente voluto da queste. Il giudizio di essenzialità di una specifica clausola, difatti, non è svolto rispetto alla programma concretamente e storicamente voluto dalle parti originarie, ma in relazione alla legalità ed efficiente operatività dell’organizzazione societaria, oggettivamente considerata: un giudizio che, conseguentemente, non può essere rimesso ad una valutazione soggettiva delle parti, bensì ad una valutazione oggettiva, astratta e quindi inevitabilmente aprioristica, del legislatore (e quindi dell’ordinamento)209.

In conclusione, si deve evidenziare come la clausola invalida, seppure inidonea ad incidere sulla validità della società, non possa comunque, in quanto viziata, operare: di conseguenza, qualora questa disciplini un profilo comunque

209 C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 264, ove afferma espressamente come, «in definitiva, il tema dei rapporti fra la singola clausola e il complessivo statuto, in particolare per quanto concerne i riflessi sul secondo delle patologie della prima, non è risolto considerando la sua funzione per il concreto programma delle parti, bensì il suo ruolo per la valutazione, allora oggettiva, dell’ordinamento. E’ esso, tramite l’elencazione fornita dall’art. 2332 cc, a selezionare e distinguere le clausole “essenziali” rispetto alle altre». Con specifico riferimento, invece, ai criteri con cui il legislatore ha svolto tale giudizio di essenzialità, vedi C. Angelici, La società nulla, cit., p. 223 ss.

rilevante dell’attività sociale, la stessa dovrà essere sostituita dalla corrispondente regola organizzativa legale210.

3.1.4 Le singole ipotesi di nullità. Ratio complessiva e materiali rilevanti

Altre rilevanti considerazioni possono essere tratte da una analisi delle singole cause di nullità. Segnatamente, risulta di particolare interesse la causa di cui all’art. 2332, co. 1, n. 3, c.c., consistente nella «mancanza nell'atto costitutivo

di ogni indicazione riguardante la denominazione della società, o i conferimenti, o l'ammontare del capitale sociale o l'oggetto sociale»: difatti, se

le ipotesi di cui ai nn. 1 e 2 si legano essenzialmente ad esigenze di legalità dell’azione societaria211, la causa di cui al n. 3 si lega strettamente alla

efficienza dell’organizzazione. Difatti, con tale disposizione, nel selezionare quali delle indicazioni di cui all’art. 2328 c.c. non possono essere omesse, a pena di nullità della società, il legislatore ha certamente avuto come proprio faro la concreta ed efficiente operatività dell’organizzazione sociale: sono state selezionate, infatti, proprio e solo212 quelle indicazioni la cui mancanza implica 210 C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 263 ss., nota 136, ove si sottolinea anche come tale profilo costituisca una conferma della configurazione della organizzazione quale corpus di regole risultante dalla combinazione di regole private e legali. Vedi anche G. Palmieri, La nullità della società per azioni, in Trattato delle società per azioni, diretto da G.E. Colombo e G.B. Portale, I*, 2004, p. 451 ss.

211 In tal senso, tra gli altri, C. Angelici, La società nulla, cit., p. 230 ss., nonché G. Palmieri, La nuova disciplina, cit.

212 Bisogna precisare, tuttavia, come lacune contenutistiche non rientranti in quelle previste dall’art. 2332 c.c. (vuoi perché incidenti su elementi differenti, vuoi perché non del tutto radicali) possano ben comportare disfunzionalità anche gravi della struttura societaria. Si tratta, tuttavia, di un problema non affrontabile mediante lo strumento della nullità, alla luce del rigido principio di tassatività previsto per esso. Detto questo, niente vieta di ravvisare nel caso concreto una causa di scioglimento della società, ad es. per impossibilità di conseguimento dell’oggetto sociale o per impossibilità di funzionamento dell’assemblea. Per una particolare ricostruzione di tale problematica vedi M. Sciuto, La nullità della società, in Il nuovo diritto delle società. Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa - G.B. Portale, I, Torino, 2006, p. 440 ss. Tuttavia, nullità e scioglimento non sono istituti pienamente sovrapponibili. Nonostante le estreme analogie sul piano effettuale, infatti, sussistono comunque importanti differenze. Si pensi, anzitutto, alla modalità di nomina dei liquidatori: difatti, se in genere questi sono nominati dai soci con delibera dell’assemblea straordinaria e solo in mancanza interviene il tribunale, qui la nomina spetta esclusivamente al giudice che dichiara la nullità. In secondo luogo, se la nullità può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse ed è dichiarata dal giudice, lo scioglimento è deliberato dall’assemblea e, quindi, con il procedimento tipico dell’organizzazione societaria per le modifiche, appunto, delle regole organizzative. Per

una netta disfunzionalità di quest’ultima, discendendone l’inapplicabilità di molte delle più rilevanti norme organizzative, sia private che legali, legate peraltro a fondamentali interessi sia dei soci che dei terzi213.

Bisogna tuttavia precisare come, nella consueta ottica di stabilità della società, che ispira in generale l’art. 2332 c.c., tale disposizione ricolleghi la nullità non ad una generica lacunosità nelle indicazioni evidenziate, ma alla mancanza di “ogni indicazione”, andando così a disinnescare fortemente le relative potenzialità applicative: potenzialità che, si precisa, sono già fortemente ridimensionate dal controllo notarile su statuto ed atto costitutivo, da cui in genere simili vizi sono in grado di emergere già nella fase antecedente all’iscrizione nel registro delle imprese e che, in coerenza con il già indicato

approfondimenti di questi profili, vedi G. Palmieri, La nullità della società per azioni, cit., p. 559 ss., dove rileva espressamente come «l'assimilazione della dichiarazione di nullità alle cause di scioglimento, senz'altro efficace dal punto di vista descrittivo, va tuttavia