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La tecnica azionaria: le azioni come medium tra socio e organizzazione sociale

4.2.1 La “funzione organizzativa” delle azioni: osservazioni generali – 4.2.2 “Relatività” della posizione sociale: le azioni come “unità di misura” dei “diritti” sociali. Cenni. – 4.2.3 La “spersonalizzazione” della circolazione azionaria: cenni generali e record date – 4.2.4 Elementi di “personalizzazione” della partecipazione azionaria nelle società quotate. La disciplina delle cc.dd. loyalty shares

4.2.1 La “funzione organizzativa” delle azioni: osservazioni generali

Prima di procedere ad una analisi più specifica delle situazioni soggettive degli azionisti, ritengo essenziale una seppur breve disamina della tecnica in virtù della quale la persona dei soci viene valorizzata a livello organizzativo: mi riferisco, evidentemente, alla tecnica azionaria.

Prendendosi le mosse da una considerazione del tutto generale (ed invero banale), quello delle azioni costituisce un profilo senza dubbio centrale e tipologico della società (appunto) “per azioni”: come espressamente sancito dall’art. 2346, co. 1, c.c., «la partecipazione sociale è rappresentata da

azioni»306. Quello di “azione” è però un termine polisemico307, nonché un

profilo in cui convergono temi differenti (organizzativi, finanziari etc.). Inoltre, anche in tale ambito le logiche di fondo della disciplina normativa cambiano sensibilmente a seconda che ci si collochi all’esterno o all’interno della società: difatti, se nel primo caso l’azione si presenta come una res, in quanto tale

306 La centralità della tecnica azionaria assume tanto più peso se si considera come questa non solo sia necessaria in relazione alla società per azioni, ma sia anche radicalmente esclusa rispetto a società pur rientranti nel medesimo genus delle società di capitali: mi riferisco, ovviamente, alla società a responsabilità limitata, rispetto alla quale l’art. 2468, co. 1, c.c., in antitesi rispetto all’art. 2346, co. 1, c.c., sancisce che «Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni (...)».

307 Come noto, con tale termine si può indicare tanto una frazione del capitale sociale, quanto l’insieme delle prerogative che contraddistinguono la qualità di socio, nonché il titolo azionario.

oggetto di diritti reali308, nel secondo caso assume centralità l’aspetto

organizzativo, l’azione intesa come tecnica formale di valorizzazione della posizione e delle vicende del socio sul piano dell’organizzazione societaria. Ai fini della presente indagine, la tecnica azionaria verrà considerata nel suo aspetto “organizzativo”.

In tal senso, bisogna considerare come, nei rapporti interni alla società, la persona del socio non assuma una diretta, immediata rilevanza: in altre parole, essa non assurge, in quanto tale, ad elemento dell’organizzazione societaria. Piuttosto, la valorizzazione giuridica del singolo nella stessa è mediata dalle regole organizzative, le quali appunto definiscono, in termini inevitabilmente oggettivi, la posizione del socio nell’organizzazione societaria e gli indici di rilevanza delle vicende di quello su questa.

Tutto ciò è formalizzato nella tecnica azionaria: sono le azioni, quindi, il

medium tra la persona del socio e l’organizzazione sociale309. In altre parole, la

posizione del socio nella società, nonché l’incidenza delle relative vicende sulla stessa, non sono determinate immediatamente in relazione alla persona del primo, bensì mediatamente, in base alla quantità e qualità delle azioni da esso possedute. E’ in tal senso che si parla di una “funzione organizzativa” delle azioni, proprio a sottolineare come l’incidenza sul piano organizzativo di ogni aspetto relativo ai soci passi necessariamente attraverso quel medium oggettivo costituito dalle azioni stesse.

Da una simile impostazione discendono alcune conseguenze fondamentali. Anzitutto, se da un lato le vicende del socio non incidono direttamente sulla società, dall’altro le vicende delle azioni incidono necessariamente sulla posizione dei soci, andando a modificare il parametro di valutazione della posizione di questi nel contesto societario310.

308 In tal senso, l’azione diventa oggetto di proprietà, di trasferimenti di titolarità alla stregua di una qualunque altra res, nonché di diritti reali minori (pegno e usufrutto) e sequestro (vedi l’art. 2352 c.c., rubricato appunto “pegno, usufrutto e sequestro di azioni”).

309 Il tema è approfondito, in particolare, da C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 25 ss. 310 Non si richiedono particolari precisazioni: essendo le azioni il fondamentale strumento di

valorizzazione della posizione dei soci a livello organizzativo, tale per cui sono le stesse a definire la posizione dei primi in quest’ultima, evidentemente ogni mutamento delle azioni

Inoltre, essendo le azioni un elemento dell’organizzazione, queste seguono le logiche proprie di quest’ultima: conseguentemente, il singolo non potrà modificare autonomamente le proprie azioni, necessitando una simile operazione il rispetto delle logiche organizzative e, quindi, corporative311.

I profili in cui tale impostazione emerge sono decisamente vari in quanto, come già evidenziato, è in generale l’intera sfera concernente la posizione del socio all’interno della società che “passa” attraverso lo strumento tecnico delle azioni.

Prima di procedere ad una disamina di alcuni di tali profili, ritengo utile precisare la ratio sottostante ad una simile spersonalizzazione della partecipazione azionaria: in particolare, tale configurazione costituisce lo specchio delle caratteristiche del mercato cui le partecipazioni stesse sono destinate (e, specie nelle s.p.a., lo sono strutturalmente) a circolare. Un mercato, quello in questione, tipicamente di massa e caratterizzato da un decisivo anonimato, in quanto tale strutturalmente incompatibile con un elevato tasso di personalizzazione della partecipazione azionaria, richiedendo piuttosto un netta standardizzazione della stessa e, quindi, una sua spiccata oggettività312.

Sempre in quest’ottica, la ratio fondamentale della tecnica azionaria potrebbe essere individuata proprio nelle specifiche esigenze di finanziamento

non può che ripercuotersi sulla fisionomia delle posizione dei soci all’interno dell’organizzazione sociale. Vedi, tra gli altri, C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 35 ss.

311 Questo, evidentemente, sia in relazione agli elementi più marcatamente “strutturali” (si pensi, ad es. al valore nominale delle azioni), sia per quanto concerne le singole prerogative che si ricollegano alle azioni medesime (ad es., la tipologia di “diritti”). Difatti, se l’organizzazione sociale può essere modificata solo nel rispetto delle regole organizzative che ne disciplinano l’attività (anche la modifica dell’organizzazione è, logicamente ancor prima che giuridicamente, un momento dell’attività sociale), e se le azioni costituiscono un cardine dell’organizzazione stessa (in sostanza, il punto di convergenza, la sintesi di una serie di regole organizzative), è logico, nonché rigidamente consequenziale, che la possibilità di incidere sulle stesse passi necessariamente dal rispetto delle regole organizzative. Si tratta, infatti, pur sempre di modifiche dell’atto costitutivo, sottoposte alla relativa disciplina.

312 Vedi C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 223 ss., il quale individua espressamente in tali esigenze dei mercati finanziari «le ragioni di fondo della tecnica azionaria. La quale consente di negoziare le azioni isolandone il significato oggettivo ed isolando così il loro valore rispetto ad ogni considerazione della posizione “personale” dell’azionista».

dell’impresa societaria, le quali saranno più agevolmente soddisfatte qualora le partecipazioni siano strutturate nella forma che risulti maggiormente confacente alle esigenze del mercato in cui le stesse sono destinate ad essere negoziate.

Conclusa tale premessa generale, nelle pagine successive andrò ad esaminare più da vicino (anche se pur sempre nei termini propri di un indagine di ordine generale) alcuni settori normativi in cui le caratteristiche evidenziate emergono con particolare evidenza, nonché alcuni istituti in cui le stesse entrano radicalmente in crisi.

4.2.2 “Relatività” della posizione sociale: le azioni come “unità di misura” dei “diritti” sociali. Cenni

Guardando specificatamente ai “diritti” dei soci, la rilevanza della tecnica azionaria emerge sotto due fondamentali profili. Anzitutto, sotto un profilo qualitativo: si pensi infatti, alla tecnica, legislativamente imposta, per l’attribuzione di diritti particolari ai singoli azionisti. Come previsto dall’art. 2348, co. 2, c.c., per regola generale una simile attribuzione non avviene (o meglio, non può avvenire) immediatamente nei confronti del singolo socio, bensì implica la creazione di speciali categorie di azioni, che verranno attribuite ai soci i quali, per effetto della titolarità di queste, acquisiranno tali diritti particolari313.

In secondo luogo, sotto il profilo “quantitativo”: difatti, almeno per principio generale è in base al numero di azioni possedute che si determina l’entità dei “diritti” spettanti ai singoli azionisti. Anzi, in genere è proprio alle azioni quali “unità di misura” dei diritti del socio che si fa riferimento parlando della dimensione organizzativa della tecnica azionaria: la posizione dei soci, quindi,

313 Si noti la differenza rispetto alla società a responsabilità limitata, in cui la differenziazione avviene invece direttamente sulle persone dei soci: in tal senso, i diritti particolari di cui all’art. 2468, co. 3, c.c., sono diritti del singolo socio, ossia ineriscono immediatamente ad esso. Tale differenza emerge chiaramente in sede di circolazione dei diritti particolari: difatti, se nella s.r.l, data l’inerenza alla persona dei diritti particolari, con il trasferimento della quota questi si estinguono, nella s.p.a. (almeno per regola generale) tali diritti si trasferiscono con le azioni.

assume un carattere “relativo”, nel senso che la specifica “entità” dei “diritti” sociali viene calcolata sulla base di un rapporto, sia esso tra il capitale sociale nominale ed il capitale sottoscritto ovvero tra il numero totale di azioni emesse ed il numero di azioni possedute314315.

In relazione a tali profili, tuttavia, si richiedono alcune precisazioni. Anzitutto, si registra l’introduzione di una serie di istituti che, tanto in relazione ai diritti “patrimoniali”316, quanto a quelli “amministrativi”317, hanno comportato una

decisiva retrocessione del (pur sempre generale) principio plutocratico318; in 314 Tale seconda modalità discende dalla facoltà, concessa dall’art. 2346, co. 3, c.c., di emettere azioni “senza” valore nominale. Come noto, con ciò non si indica una radicale assenza di valore nominale, comunque ricavabile mediante una mera operazione aritmetica (ossia dividendo il capitale sociale nominale per il numero di azioni emesse), bensì una mera mancanza di un valore nominale “espresso” (del resto, lo stesso art. 2346, co. 3, c.c., parla di una mera «mancanza di indicazione del valore nominale»). Nei casi in cui si proceda in tal senso, il “peso” dei singoli azionisti verrà calcolato non mediante il classico rapporto tra capitale sociale nominale e capitale sottoscritto (rappresentato dalla moltiplicazione del valore nominale delle azioni per il numero di azioni possedute), ma tra il numero totale di azioni emesse ed il numero di azioni sottoscritte: ciò si evince, peraltro, dallo stesso art. 2346, co. 3, c.c., il quale afferma che in questi casi (ossia in caso di emissione di azioni senza indicazione del valore nominale) «le disposizioni che ad esso (ossia al valore nominale) si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero (ossia al numero di azioni possedute dal socio) in rapporto al totale delle azioni emesse». Si tratta, come noto, di una tecnica volta ad uno snellimento di alcune procedure di modifica statutaria: in particolare, allorquando si vada ad effettuare delle modifiche inerenti al capitale sociale nominale, non sarà necessario modificare anche il valore nominale delle azioni, il quale si riallineerà automaticamente ed implicitamente al nuovo valore del primo. Per alcune osservazioni in tal senso vedi, tra gli altri, E. Ginevra, Le azioni. Creazione ed estinzione, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, III, Torino, 2017, p. 259 ss.; C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 29 ss.

315 Tale funzione organizzativa delle azioni, il loro configurarsi quale “unità di misura” dei diritti sociali, si lega strettamente ad alcune caratteristiche essenziali delle stesse: in particolare, alla reciproca “uguaglianza” (riferita, in questo caso, al valore nominale) e alla “indivisibilità” (da parte del singolo azionista).

316 Si pensi alla possibilità di introdurre azioni privilegiate (le quali possono attribuire una maggiorazione dei dividendi, una priorità nella partecipazione agli utili, una postergazione nelle perdite, etc.) nonché il particolare istituto della maggiorazione dei dividendi di cui all’art. 127-quater t.u.f.

317 In relazione ai diritti amministrativi e, in particolare, al diritto di voto, la situazione giuridica è più complessa e, data la centralità di tale “diritto” nella dinamica sociale, anche particolarmente delicata: in particolare, specie alla luce dell’introduzione delle azioni a voto plurimo (peraltro, escluse dal limite di cui all’art. 2351, co. 2, c.c.) e del voto maggiorato (istituti che, comunque, sono reciprocamente escludenti: art. 127-sexies, co. 3, t.u.f.), la regola one share one vote, espressione del principio plutocratico che per regola generale dovrebbe costituire il paradigma del “peso” dei soci nel contesto endosocietario, pare retrocedere (almeno potenzialmente) in modo segnatamente vistoso.

318 Non è questa la sede per affrontare specificatamente il tema, assai dibattuto, del “tramonto del principio plutocratico”. Ai fini del presente studio, infatti, lo stesso risulta

secondo luogo, la quantità di azioni possedute costituisce talvolta il parametro di valutazione non tanto dal quantum, bensì dell’an stesso della titolarità di determinati “diritti” sociali319.

Alla luce di tutto ciò si potrebbe dire, figurativamente, che i diritti spettano immediatamente alle azioni, ed al socio solo mediatamente, in quanto titolare delle stesse: al fine di sottolineare una simile logica, si parla delle azioni come di un prius rispetto ai soci320. Ciò, del resto, emerge chiaramente considerando

che la stessa qualità di socio è determinata in base alla e, quindi, logicamente in seguito all’acquisto della, titolarità di almeno un’azione.

4.2.3 La “spersonalizzazione” nella circolazione azionaria: cenni generali e

record date

Prima di passare al tema delle “situazioni” del socio, ritengo sia comunque di rilievo sottolineare come non solo gli eventi relativi strettamente alla “persona” incidono sull’organizzazione solo in base agli indici oggettivi che l’organizzazione stessa pone a tal fine, ma anche le vicende relative alle azioni stesse sottostanno a questa logica.

Si pensi, in tal senso, a tutta la disciplina inerente alle “leggi di circolazione” delle azioni, le quali prevedono appunto indici oggettivi ai fini dell’acquisizione della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali: indici che, in alcuni casi, possono anche portare, in conseguenza di una vicenda di

sostanzialmente inconferente: in ogni caso, infatti, la posizione del socio, a prescindere dalla proporzionalità o meno delle sue prerogative sociali rispetto all’investimento effettuato, è pur sempre determinata (almeno in linea generale) in relazione al medium organizzativo delle azioni.

319 Non è raro, infatti, che la titolarità di determinati “diritti” sia subordinata al possesso di una determinata percentuale di capitale sociale: si pensi, ed es., alla possibilità di impugnare le delibere assembleari (art. 2377, co. 3, c.c.), al potere di convocare l’assemblea (art. 2367, co. 1, c.c.) all’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori (art. 2393-bis, co. 1-2, c.c.), all’opposizione a rinuncia/transazione all’azione sociale di responsabilità (art. 2393, co. 6, c.c.), alla possibilità di presentare denuncia al tribunale (art. 2409, co. 1, c.c.), etc. Tale modulazione dei “diritti” sociali in relazione all’entità della partecipazione posseduta è espressione dell’esigenza di contemperare l’interesse dei singoli azionisti ad incidere sull’attività sociale con l’esigenza di garantire la stabilità della stessa, evitando azioni di mero disturbo da parte dei soci di minoranza.

320 In tal senso, espressamente, G. Ferri, Le società, cit., p. 460 ss.; C. Angelici, La società per azioni, cit., pp. 31 e 33.

trasferimento azionario, a possibili dissociazioni tra titolarità della partecipazione sociale e legittimazione all’esercizio dei diritti sociali321. Difatti,

poiché il trasferimento è una vicenda interessante, sì, le azioni, ma non nella loro oggettività, bensì di riflesso, attinendo solo alla “persona” del relativo titolare, la rilevanza in sede organizzativa di una simile vicenda successoria dipende dagli indici cui l’organizzazione stessa subordina l’incidenza “interna” di simili vicende322. E’ possibile notare, in tal senso, il riemergere della suddetta

distinzione tra rapporti interni ed esterni: se per questi ultimi l’azione risulta una res ed in quanto tale viene trasferita mediante un normale negozio di compravendita, nei rapporti interni, data l’emersione di logiche ed esigenze differenti, si richiedono indici ulteriori affinché l’acquisto della proprietà possa comportare anche l’acquisto della legittimazione all’esercizio di quei “diritti” mediante i quali il socio partecipa all’organizzazione societaria (e, quindi, allo svolgimento dell’attività sociale).

Fondamentale esempio323 di una simile fenomenologia è l’istituto della record

date e del connesso potenziale empty voting, previsto dall’art. 83-sexies t.u.f. in

relazione alle società quotate324: in virtù di tale meccanismo, il “diritto” di

intervento in assemblea si determina immodificabilmente con riferimento alla situazione esistente alla scadenza del 7° giorno di mercato aperto anteriore alla data di convocazione dell’assemblea (appunto, la record date). Tuttavia, una

321 E’ acquisizione del tutto risalente l’esigenza di tenere nettamente distinto il profilo della “titolarità” di un diritto da quello della “legittimitazione” all’esercizio dello stesso: tutta la disciplina delle “leggi di circolazione” delle azioni, del resto, concerne specificatamente ed esclusivamente tale ultimo aspetto, potendo per questa via condurre, come suddetto, a dissociazioni circa la allocazione soggettiva dei due profili. Si tratta di considerazioni che condurrebbero ben al di là dei limiti del presente studio, per cui mi limito a richiamare la trattazione manualistica di E. Ginevra, I titoli azionari. Legittimazione del socio e circolazione delle azioni, in Diritto commerciale, a cura di M. Cian, III, Torino, 2017, p. 323 ss.

322 C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 35.

323 Sottolineo trattarsi di un esempio, richiamato in quanto particolarmente utile a fini espositivi. Tuttavia, come già evidenziato, l’operatività delle leggi di circolazione delle azioni rende assolutamente generalizzata l’ipotesi di una dissociazione tra titolarità e legittimazione.

324 L’istituto è stato introdotto con il d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, attuativo della Direttiva 2007/36/CE relativa all'esercizio dei diritti degli azionisti nelle società quotate (c.d. “Direttiva azionisti”).

simile cristallizzazione della legittimazione all’intervento (e, quindi, all’esercizio del diritto voto) non implica una parallela fossilizzazione della situazione proprietaria, ben potendo le azioni circolare anche nel periodo successivo alla data di registrazione325: di qui, la possibilità del c.d. empty

voting, ossia di una dissociazione tra titolarità della partecipazione azionaria, e

quindi della qualità di socio (spettante all’acquirente), e della legittimazione all’esercizio del diritto di voto (spettante comunque all’alienante)326327.

Emerge quindi chiaramente come la legittimazione all’esercizio del diritto di voto, elemento del procedimento assembleare e quindi sostanzialmente organizzativo, non venga inciso immediatamente dalle vicende circolatorie della partecipazione azionaria (rectius, dal mutamento della persona del titolare della stessa), ma solo alla luce di specifici ed oggettivi parametri organizzativi.

325 Come stabilito espressamente dall’art. 83-sexies, co. 2, t.u.f. «le registrazioni in accredito o addebito compiute sui conti successivamente a tale termine (ossia alla data di registrazione) non rilevano ai fini della legittimazione all’esercizio del diritto di voto in assemblea». Del resto, il meccanismo della record date è stato introdotto specificatamente per far sì che, nel contesto di società in cui la libera circolazione delle azioni costituisce un profilo primario, quali quelle quotate in mercati regolamentati, le convocazioni assembleari non comportassero un blocco in tal senso. Più in particolare, con tale istituto si è voluto andare incontro alle specifiche esigenze degli investitori istituzionali, favorendone così l’investimento nelle s.p.a. comunitarie. Per osservazioni in tal senso, tra gli altri, R. Sacchi, Voto in base alla data di registrazione e voto per delega dopo l'attuazione della Direttiva azionisti, in Giur. comm., 2012, p. 31.

326 In verità, non sono mancati autori che hanno espresso una posizione contraria alla possibilità giuridica dell’empty voting: vedi, tra gli altri, N. De Luca, La nuova disciplina della gestione accentrata e della legittimazione degli azionisti, in Banca borsa tit. cred., 2010, p. 254 ss., nonché l’intervento di A. Gambino nel contesto del seminario sulla Direttiva azionisti organizzato da Giurisprudenza commerciale e tenutosi a Roma il 29 ottobre 2010, in Giur. comm., 2011, I. p. 997 ss., entrambi richiamati da R. Sacchi, Voto in base alla data di registrazione, cit., cui si rimanda per una critica alle posizioni dei precedenti autori e, più in generale, per un approfondimento delle questioni inerenti a tale problematica. Del resto, alla luce del chiaro tenore letterale dell’art. 83-sexies t.u.f., la configurabilità del c.d. “voto vuoto” non pare in alcun modo tecnicamente inammissibile. 327 Non è possibile qui affrontare il problema costituito dalla legittimazione dell’acquirente ad

impugnare la delibera assembleare: in particolare, si discute se il socio acquirente possa impugnare anche nell’ipotesi in cui il socio alienante abbia votato favorevolmente alla delibera ovvero se il voto favorevole di quest’ultimo vincoli anche l’avente causa. Mi limito a sottolineare come l’opinione prevalente tenda a riconoscere comunque la legittimazione ad impugnare del socio acquirente, considerando quest’ultimo come “assente” nell’assemblea nel contesto della quale la delibera è stata adottata.

4.2.4 Elementi di “personalizzazione” della partecipazione azionaria nelle società quotate. La disciplina delle cc.dd. loyalty shares

Alla luce di questa lettura del fenomeno, ed in particolare della sua ratio,