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Contratto e organizzazione nella dinamica societaria: un binomio irrisolto

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Academic year: 2021

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INDICE GENERALE

CAPITOLO I

FINALITÀ E METODO DI INDAGINE: UNA SCELTA. TRA CONSIDERAZIONI GENERALI E UNO SGUARDO AL PANORAMA DOTTRINALE

1.1 Inquadramento generale del dibattito: potenzialità conoscitive, possibili finalità e

corrispondenti metodologie ...……… 6

• 1.1.1 Introduzione generale alla problematica ……….. 6

• 1.1.2 Potenzialità conoscitive della problematica: non una mera classificazione ….. 12

• 1.1.3 I diversi approcci alla problematica: tra finalità e metodo ……… 14

1.2 L’approccio socio-economico: uno sguardo alla nexus of contracts theory ……. 18

• 1.2.1 Nascita e sviluppo della teoria: la lettura della s.p.a……….. 18

• 1.2.2 Il ruolo del diritto societario: funzione generale……… 21

• 1.2.3 Il contenuto del diritto societario ………... 24

• 1.2.4 Tendenziale derogabilità del diritto societario ………... 25

1.2.5 Necessaria puntualità delle default rules ……….…….. 27

• 1.2.6 Apertura verso le norme imperative ……….………. 28

• 1.2.7 Valutazione conclusiva ………...………... 31

1.3 Finalità e metodologie del presente studio: un approccio normativistico alla “contrattualità” della s.p.a. ……….. 34

• 1.3.1 Dalle finalità alla metodologia: l’opzione normativistica ………...….. 34

• 1.3.2 Conseguenze dell’opzione normativistica: precisazione dell’assetto della problematica ………...……… 38

• 1.3.3 Delimitazione del settore normativo: esclusione dei rapporti tra soci ………... 40

• 1.3.4 Delimitazione della problematica interpretativa: esclusione dell’interesse sociale ……….… 42

1.4 Una breve ricostruzione del panorama dottrinale: le possibili opzioni ricostruttive ………..… 51

• 1.4.1 La tesi del contratto come “fatto costitivo” della s.p.a.: critica ed apertura di un nuovo dibattito ……….….. 51

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CAPITOLO II

GLI ELEMENTI FONDAMENTALI DEL FENOMENO: “ATTIVITA’” E “ORGANIZZAZIONE”

2.1 “Attività”: tra concettualismo e normativismo ………. 59 • 2.1.1 Cenni introduttivi: gli ampi margini dell’”attività” ……….……….. 59 • 2.1.2 Dalle difficoltà di “emersione” alle difficoltà di “definizione”. Necessità di una

distinzione dei piani di indagine ………...……….. 62 • 2.1.3 Piano tecnico-normativistico: attività come “complesso di atti teleologicamente

coerenti” ……….. 66 • 2.1.4 Piano concettuale-tipologico: attività come “paradigma” di sistemi normativi. Il

concetto di “sistema ad attività” ………..………... 68 • 2.1.5 Definizione della prospettiva: la traduzione normativistica del sistema ad attività ………... 74 • 2.1.6 Alcune precisazioni conclusive. “Fattispecie” e “soggetto” come strumenti

tecnici imprescindibili ………... 75 2.2 L’organizzazione come “disciplina di un’attività” ……… 80

• 2.2.1 L’organizzazione come “forma giuridica” dell’attività. Alcune implicazioni di ordine generale ………..… 80 • 2.2.2 Analisi del profilo funzionale: le regole organizzative come “regole di azione”

………...…….. 83 • 2.2.3 L’organizzazione a parte subiecti. Cenni e rinvio ……….………… 88 • 2.2.4 La rilevanza giuridica della società quale dialettica di sistemi. Necessità di un

approccio eclettico ……….. 89 • 2.2.5 L’atto costitutivo come “atto di organizzazione” ……….. 94

CAPITOLO III

L’ORGANIZZAZIONE TRA NULLITÀ E INTERPRETAZIONE

3.1 La nullità della società per azioni ………...……….. 98 • 3.1.1 Cenni introduttivi ……….. 98 • 3.1.2 Le cause di nullità. Il principio di tassatività: considerazioni generali ………. 99 • 3.1.3 L’invalidità parziale “oggettiva”. L’irrilevanza della comune volontà delle parti

(3)

3.1.4 Le singole ipotesi di nullità. Ratio complessiva e materiali rilevanti ….……. 104

• 3.1.5 La “sanatoria” della nullità ……….. 107

3.1.6 Gli effetti della nullità: irretroattività della invalidazione. Ratio sostanziale e conseguenze normative ………..………... 109

• 3.1.7 L’invalidità parziale “soggettiva”. Emersione di logiche individualistiche …. 112 • 3.1.8 Osservazioni conclusive. Dimensione “procedimentale” della valutazione giuridica ed “emancipazione” delle regole organizzative ……….… 117

3.2 L’interpretazione degli statuti di s.p.a ………. 120

• 3.2.1 Premessa generale. Introduzione delle problematiche principali ……… 120

• 3.2.2 L’opzione per i criteri di interpretazione contrattuale ………. 122

• 3.2.3 Il rifiuto dei criteri “soggettivi” di interpretazione: tra esigenze sostanziali e criteri formali. Una lettura pragmatica ....………..………... 124

• 3.2.4 Brevi cenni alle teorie “relativistiche”. Una critica ……… 130

3.2.5 Analisi della pars costruens: criteri generali e cenni alla distinzione tra sociale e parasociale ……..……….. 132

• 3.2.6 Le recenti tendenze civilistiche: un (apparente) ritorno alla “comune intenzione delle parti”………... 136

CAPITOLO IV LA POSIZIONE DEI SOCI: FONDAMENTI E LIMITI DELLA “SPERSONALIZZAZIONE” 4.1 Cenni introduttivi. Diritti individuali ed impostazione metodologica ………… 142

• 4.1.1 Introduzione generale alla tematica. Rinvio ……… 142

• 4.1.2 La teoria dei “diritti individuali”: cenni generali ……….……… 144

• 4.1.3 Le differenti “sfere di interessi”: centralità della sfera “collettiva” ………… 151

• 4.1.4 Una precisazione metodologica: il diritto soggettivo come concetto normativo ……….………..… 153

• 4.1.5 Le tecniche di tutela del diritto soggettivo: cenni generali ….………. 157

4.2 La tecnica azionaria: le azioni come medium tra socio e organizzazione sociale ……….... 159

• 4.2.1 La “funzione organizzativa” delle azioni: osservazioni generali ……… 159

• 4.2.2 “Relatività” della posizione sociale: le azioni come “unità di misura” dei “diritti” sociali. Cenni ……… 162

(4)

4.2.3 La “spersonalizzazione” della circolazione azionaria: cenni generali e record

date ………... 164

• 4.2.4 Elementi di “personalizzazione” della partecipazione azionaria nelle società quotate. La disciplina delle cc.dd loyalty shares ……….. 167

4.3 Il recesso del socio: centralità sistematica dell’istituto ………... 175

4.3.1 Il recesso prima della riforma del 2003: brevi cenni a ratio e limiti ………... 175

• 4.3.2 Il cambio di impostazione: la riforma del 2003 e la nuova procedura di liquidazione ……….. 178

• 4.3.3 Il recesso in seguito alla riforma. Cenni generali e rinvio ……….. 182

• 4.3.4 Diritto di recesso come contrappeso all’ampliamento dei poteri della maggioranza assembleare: pluralità di attitudini funzionali ………...…... 185

• 4.3.5 Alcune considerazioni. L’estinzione dei diritti individuali e la fissazione di un nuovo punto di equilibrio nei rapporti endosocietari ……...………. 188

• 4.3.6 Alcune ipotesi specifiche. Tra conferme e “riemersione” del contratto …….. 189

4.4 L’impugnazione delle delibere assembleari e consiliari ………. 194

• 4.4.1 Impugnazione delle delibere assembleari. Centralità sistematica della tutela reale: incompatibilità tra impugnazione e diritti soggettivi ……….. 194

• 4.4.2 La trasformazione della tutela reale in tutela obbligatoria: ulteriore arretramento della tecnica negoziale nei rapporti interni ………...………… 197

• 4.4.3 Interpretazione dei “diritti dei soci” di cui all’art. 2388, co. 4, c.c.: ulteriore manifestazione delle loghce organizzative ………...……… 201

CAPITOLO V CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE 5.1 Il distacco della s.p.a dallo schema dello scambio ……….. 204

5.2 Conseguente impostazione del problema: rapporto tra scambio e contratto ... 205

5.3 La “evoluzione” del contratto ………. 205

5.4 Rischio di nominalismo ……….. 208

(5)
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CAPITOLO I

FINALIT À E METODO DI INDAGINE: UNA SCELTA. TRA

CONSIDERAZIONI GENERALI E UNO SGUARDO AL PANORAMA DOTTRINALE

1.1 Inquadramento generale del dibattito: potenzialità conoscitive, possibili finalità e corrispondenti metodologie – 1.2 L’approccio socio-economico: uno sguardo alla

nexus of contracts theory – 1.3 Finalità e metodologie del presente studio: un

approccio normativistico alla “contrattualità” della s.p.a. – 1.4 Una breve ricostruzione del panorama dottrinale: le possibili opzioni ricostruttive

1.1 Inquadramento generale del dibattito: potenzialità

conoscitive, possibili finalità e corrispondenti metodologie

1.1.1 Introduzione generale alla problematica – 1.1.2 Potenzialità conoscitive della problematica: non una mera classificazione – 1.1.3 I diversi approcci alla problematica: tra finalità e metodo

1.1.1 Introduzione generale alla problematica

Quello della “contrattualità” delle società, ed in particolare della società per azioni, è un tema senza dubbio tradizionale del pensiero giuscommercialistico (italiano e non): la sensazione, anche intuitiva, che il fenomeno societario, caratterizzato da un pregnante significato “collettivo”, o per meglio dire “meta(o ultra)-individuale”1, mal si concili con la matrice prettamente

1 Come recentemente riconosciuto da P. Spada, La rivoluzione copernicana (quasi una recensione tardiva ai Contratti Associativi di Paolo Ferro Luzzi), in Riv. dir. civ., 2008, p. 145 ss., di tale locuzione siamo debitori a P. Ferro-Luzzi, il quale formula con chiarezza tale concezione nella celebre opera I contratti associativi, Milano, 1971.Si tratta di una terminologia estremamente efficace per la presente analisi: difatti, pur riconoscendosi i pregi, nonché le ragioni storiche ed intuitive, della valorizzazione di un momento “collettivo” nel fenomeno societario, pare preferibile, specie alla luce delle più recenti innovazioni normative, ricorrere alla nozione di “meta-(o ultra)individualità”. In particolare, come sottolineato dalla possibilità normativa di una s.p.a. unipersonale, la non

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(ideologicamente) individualistica e, quindi, (giuridicamente) soggettivistica della disciplina contrattuale, e segnatamente di quella generale2, è infatti assai

risalente3.

In particolare, ci si chiede se, o comunque fino a che punto, le figure tradizionali del diritto privato, tipicamente soggetto-centriche, possano essere in grado, senza perdere definitivamente la propria intrinseca significatività, di ricomprendere anche il fenomeno societario e, quindi, i suoi significati

meta-riducibilità della società per azioni ad un valore meramente individualistico può essere pienamente ricondotta non tanto ad un suo significato “collettivo”, quanto piuttosto “meta-individuale”. In altre parole, anche tali novità normative hanno rafforzato la necessità di un ricorso a schemi linguistici e normativi che riescano a cogliere la specificità del fenomeno societario anche in ipotesi di unipersonalità dello stesso. Sottolinea con particolare chiarezza tale necessità C. Angelici, Le basi contrattuali della società per azioni, in G.B. Ferri–C. Angelici, Studi sull’autonomia dei privati, 2001, p. 312 ss.

2 Per un approfondimento circa tale matrice della disciplina sul contratto in generale vedi l’approfondita ricostruzione di P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit, p. 139 ss. e 201 ss. Si tratta di un tema particolarmente caro all’autore, ravvisabile al fondo sostanzialmente di tutto il suo pensiero: vedi, ad es., anche La disciplina dei patrimoni separati, in Riv. soc., 2002, p. 121, in cui la chiave di lettura del problema cui l’intervento è dedicato risulta ancora una volta quella dei paradigmi di fondo del sistema privatistico. Il riconoscimento di una simile matrice del diritto contrattuale e, più in generale, del diritto privato “tradizionale”, è, ad oggi, quasi unanime: vedi, tra gli altri, C. Angelici, La società per azioni. Principi e problemi, in Trattato di diritto civile e commerciale, diretto da A. Cicu– F. Messineo [et. al], Torino, 2012, p. 195 ss., di cui vedi anche il riassunto critico di M.S. Spolidoro, «Principi e problemi» delle società per azioni nel libro di Carlo Angelici, in Riv. soc., 2014, p. 159 ss.; D. Corapi, Gli statuti delle società per azioni, Milano, 1971, p. 14 ss..; F. Alcaro, L’attività. Profili ricostruttivi e prospettive applicative (Saggi), in Quaderni della Rassegna di diritto civile, diretta da P. Perlingieri, Napoli, 1999, p. 1 ss.; P. Spada, La rivoluzione copernicana, cit., p. 144 ss.; F. Denozza, Quattro variazioni sul tema: “contratto, impresa e società nel pensiero di Carlo Angelici”, in Giur. comm., 2013, p. 480 ss.; più di recente, F. D’Alessandro, Il fenomeno societario tra contratto e organizzazione, in Giur. comm., 2017, p. 487 ss.

3 Come si vedrà, nonostante l’indubbia persistenza di simili osservazioni, queste non sono di certo unanimemente condivise: si ravvisano, infatti, sia oggi che in passato, posizioni che negano alla radice la specificità del rapporto societario, sminuendone il significato metaindividuale e riconducendolo a logiche strettamente interindividuali. Tuttavia, al fine di evitare costanti precisazioni e puntualizzazioni in tal senso, nel presente lavoro l’emersione di significati ultraindividuali verrà assunta come una premessa, un dato da cui partire: ciò, tuttavia, non alla stregua di un assunto dogmatico, bensì di un progetto di lavoro, da sottoporre ad esame critico alla luce del diritto positivo.

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individuali4: si parla, in tal senso, di un problema inerente ai c.d. “limiti di

elasticità” del contratto.

Al di là della spontaneità di una simile questione, le risposte, sia passate che attuali, non sono affatto univoche, registrandosi piuttosto una eterogeneità di ricostruzioni sistematiche, variamente collocabili in una scala cromatica che dal più acceso “contrattualismo” si muove sino ad un radicale “anticontrattualismo”5. Si tratta, quindi, di una questione tutt’altro che risolta:

in particolare, se da un lato può dirsi ormai del tutto pacifica la qualificazione in termini contrattuali dell’atto costitutivo6, ossia della società intesa come

“atto”, dall’altro persistono tuttora (assai vive7) discussioni in ordine al

4 Vedi, tra gli altri, C. Angelici, Note sul “contrattualismo societario”: a proposito del pensiero di Francesco Denozza, in Riv. dir. comm, 2018, p. 197 ss.; Id., Le basi contrattuali, cit., p. 303, nota 10 e testo corrispondente. In questi (e altri) lavori, Angelici sottolinea appunto come un’eccessiva estensione del “contratto” possa portare ad una perdita dalla sua significatività e, conseguentemente, alla perdita di un utile strumento concettuale. Si tratta di un tema su cui dovrò soffermarmi più ampiamente in seguito. 5 Se si guarda alle impostazioni contrattualiste, ad esempio, si registrano anzitutto posizioni

che negano alla radice ogni specificità del fenomeno societario, il quale sarebbe quindi pienamente riconducibile alle tradizionali logiche interindividuali di scambio: ad oggi, una simile tesi è prospettata dai sostenitori della nexus of contracts theory, diffusa particolarmente nel contesto della tradizione giuridica di Common law e specificatamente in quella statunitense. Tuttavia, sempre nel genus del “contrattualismo”, si ravvisano anche ricostruzioni che riconoscono le peculiarità della società per azioni rispetto alla figura dello scambio, ritenendo tuttavia di poter comunque ricondurre la prima all’interno dello schema contrattuale alla luce di una rilevante “evoluzione” ed “elasticità” di quest’ultimo: vedi, tra gli altri, P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., passim.; F. Denozza, Quattro variazioni, cit.; Id., Logica dello scambio e “contrattualità”: la società per azioni di fronte alla crisi, in Giur. comm., 2015, p. 5 ss.

6 Come sottolineato anche da C. Angelici, La società nulla, Milano, 1975, p. 5, la riconduzione allo schema contrattuale dell’atto costitutivo di società, trova ormai nella dottrina un consenso che può dirsi unanime: data l’attuale pacificità di tale inquadramento, risulterebbe inevitabilmente superfluo muovere da una nuova indagine circa i fondamenti giuridici dello stesso, il quale verrà quindi considerato come un punto di partenza per la presente indagine. Questo, tuttavia, senza voler sminuire l’importanza che tale discussione ha rivestito nella costruzione e maturazione del pensiero giuscommercialistico italiano: per una approfondita ricostruzione storica del dibattito sul tema, nonché delle ragioni sistematiche dell’opzione contrattuale, si rimanda a P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., passim. In questa sede è possibile limitarsi a riportarne una frase, del resto richiamata anche da P. Abbadessa, Disposizioni generali sulle società, in Trattato di diritto privato, diretto da P. Rescigno, 16, Torino, 1985, la quale rappresenta sostanzialmente il nucleo della qualificazione contrattuale dell’atto costitutivo di società: “in un sistema positivamente organizzato come il nostro la natura contrattuale dell’atto costitutivo di società va considerata piuttosto come un dato da cui prendere le mosse che non un risultato cui occorra pervenire”.

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momento “attuativo”8, ossia alla società intesa come “rapporto” e, quindi, al

momento successivo alla sua effettiva costituzione. Alla luce di tali considerazioni, più che di una “risoluzione” della problematica sarebbe preferibile parlare di un “mutamento” del fulcro della stessa, del suo oggetto: non più l’atto, ma il rapporto, non più il momento formativo9, bensì quello

attuativo dell’assetto di interessi societario10.

In tal senso, il sopra citato conflitto valoriale risulta interno alla stessa fenomenologia societaria, intesa nella sua globalità: esso, infatti, si instaura tra il contratto sociale, caratterizzato da significati di stampo individualistico, ed il rapporto societario, momento in cui taluni rilevano l’emersione di valori strettamente ultraindividuali e, quindi, oggettivi11.

Trattandosi della qualificazione del momento “attuativo” di un regolamento di interessi di indubbia matrice contrattuale, il quesito si pone nei termini

7 Si pensi, ad esempio, alla progressiva maturazione, nella cultura giuridica (e soprattutto economica) statunitense di una nuova, e radicale, forma di “contrattualismo”: mi riferisco, in particolare, alla teoria della società quale nexus of contracts. Ancora, indizio della attualità della questione è rappresentato dal fertile dibattito progressivamente sviluppatosi tra C. Angelici, F. Denozza e, più di recente, M. Libertini.

8 Già nella scelta del termine con cui descrivere il momento dello svolgimento dell’attività emergono le diverse posizioni sul tema: difatti, se parlare di “esecuzione” richiama il fenomeno dell’esecuzione contrattuale e quindi un’impostazione sostanzialmente contrattualistica, ricorrere al termine “attuazione” serve spesso a sottolineare una alterità rispetto a queste logiche.

9 Del resto, il riconoscimento di un’efficacia costitutiva all’iscrizione nel registro delle imprese impedisce di appiattire sul piano dell’atto anche lo stesso momento genetico-formativo della società per azioni e, più in generale, delle società di capitali: in tal senso, essenzialmente in contrapposizione con la teoria del contratto quale “fatto costitutivo” della s.p.a., C. Angelici, La società nulla, cit., p. 151 ss.

10 Difatti, se è pacifica la qualificazione contrattuale dell’atto costitutivo, una discussione sulla contrattualità della società evidentemente non può che concernere il momento attuativo, l’effettivo svolgimento dell’attività. Vedi, tra gli altri: C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 193 ss.; Id., Le basi contrattuali, cit., p. 300 ss.; E. Ginevra, Premesse a uno studio sulla rilevanza non contrattuale della società, in Società, banche e crisi d’impresa, Liber Amicorum Pietro Abbadessa, diretto da M. Campobasso [et. al.], 1, Torino, 2014, p. 273 ss.; Id., La società per azioni: fattispecie economica e rilevanza giuridica, in AA.VV., Diritto commerciale, III, Diritto delle società, diretto da M. Cian, 2017, p. 191. Già in precedenza: P. Abbadessa, Disposizioni generali, cit., p. 5 ss.; G. Oppo, Eguaglianza e contratto nella società per azioni, in Riv. dir. civ., 1974, p. 629 ss. In effetti, anche in P. Ferro-Luzzi, I contratti associativi, cit., p. 80 ss., dopo aver evidenziato l’indubbia contrattualità dell’atto, evidenziava come la distinzione tra scambio ed associazione si giocasse proprio sul profilo funzionale, ossia sul piano da egli stesso definito, richiamandosi alla terminologia della tradizione tedesca, del “rapporto”.

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seguenti: se, (anche) nel momento successivo alla sua costituzione, il fenomeno societario sia propriamente riconducibile all’interno dello schema contrattuale, intendendosi quindi l’attuazione della società per azioni quale una vera e propria “esecuzione di un contratto”; ovvero se, alla luce di una radicale eterogeneità fenomenologica, il “rapporto” societario, nella sua giuridica valutazione, non abbia richiesto l’utilizzo di soluzioni positive differenti, tali da imporre il ricorso a schemi concettuali eterogenei rispetto a quelli tradizionali. In altre parole se, ed (eventualmente) in che senso, una volta costituita la società, questa si emancipi dal contratto, non più idoneo a coglierne compiutamente i relativi valori e, per ciò che effettivamente interessa il profilo giuridico, le relative esigenze12.

In tal senso, può essere utile sottolineare sin da queste prime battute come il fulcro della problematica sia rappresentato dal legame intercorrente, sia sul piano socio-economico che quello propriamente giuridico13, tra l’impresa ed il

momento attuativo della società per azioni14: nonostante tale connessione sia

12 C. Angelici, Le basi contrattuali, cit., p. 300 ss.

13 Per il momento tale profilo è espresso volutamente in termini del tutto generici: l’effettiva consistenza giuridica dello stesso verrà approfondita nel corso del presente elaborato. 14 Si tratta di un legame che viene evidenziato sin da tempi ormai risalenti. Sottolineano, in

particolare, il carattere “tradizionale” dell’idea della centralità dell’impresa nella lettura del diritto societario e, più in generale, del diritto commerciale: M. Libertini, Diritto civile e diritto commerciale: il metodo del diritto commerciale in Italia, in Riv. soc., 2013, p. 35, il quale rileva come «una concezione del diritto commerciale incentrata sull’idea di impresa (intesa come organizzazione produttiva stabile) era presente nella storia del diritto commerciale già dai primi decenni del sec. XX»; G. Scognamiglio, Tutela del socio e ragioni dell’impresa nel pensiero di Giorgio Oppo, in Banca borsa tit. cred., 2012, p. 1, la quale sottolinea come, nonostante l’indubbia incidenza delle più recenti riforme, e specie di quella del 2003, ricondurre semplicemente a queste ultime l’emersione di tale legame costituisca un’inaccettabile omissione del fondamentale dibattito dottrinale che, specie nel contesto italiano, si era già in passato sviluppato sul punto, richiamando in particolare i contributi di: G. Oppo, tra cui Vario Diritto, in Scritti giuridici, VII, Padova, 2005; T. Ascarelli, del quale richiama Il dialogo dell'impresa e della società nella dottrina italiana dopo la nuova codificazione, in Ascarelli, Problemi giuridici, II, Milano, 1959, 781 ss.; G. Ferri, Le società, in Trattato Vassalli, Torino, 1987. Vedi anche E. Ginevra, Premesse a uno studio, cit., p. 291, nota 7, il quale rileva come una particolare attenzione a questi profili sia stata dedicata dalla cosiddetta “Scuola romana”, facente capo a Giuseppe Ferri. E’ proprio di Ferri, del resto, la nota affermazione secondo cui «la società è nel sistema del codice una forma di esercizio collettivo dell’impresa»: G. Ferri, Le società, cit., p. 63 ss.; vedi anche Id., Manuale di diritto commerciale, 2, Torino, 1960, p. 178 ss.).

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ormai unanimemente sostenuta15, infatti, la stessa risulta foriera di conclusioni

anche radicalmente differenti circa le relative conseguenze in ordine alla giuridica valutazione della s.p.a.16 Così impostati i termini della questione, la

dialettica tra atto e rapporto societario deve essere letta quale un confronto tra contratto ed impresa, chiedendosi se il primo sia idoneo a cogliere i tipici significati della seconda, le peculiari esigenze che in essa si manifestano, ovvero se, a causa della sua matrice prettamente soggettivistica, risulti incompatibile con una vicenda metaindividuale quale il fenomeno imprenditoriale, specie se considerato nella sua “forma” societaria.

Si tratta di considerazioni che, data la loro centralità ai fini del presente elaborato, verranno ampiamente riprese e approfondite nel prosieguo dell’indagine: per il momento, il loro richiamo serviva a delineare, in termini generali e quindi inevitabilmente generici, l’assetto fondamentale della problematica in oggetto.

Nelle pagine seguenti verranno esaminate le potenzialità conoscitive di un studio relativo alla “contrattualità” della s.p.a.: dapprima in chiave generale e, successivamente, mediante l’approfondimento di specifici approcci alla stessa. Alla luce delle considerazioni così ricavate, sarà possibile specificare in termini maggiormente puntuali l’impostazione qui adottata.

15 Vedi, tra gli altri, P. Ferro-Luzzi, Riflessioni sulla riforma. I: La società per azioni come organizzazione del finanziamento d’impresa, in Riv. dir. comm, 2005, p. 673 ss; C. Angelici, Note minime su “La libertà contrattuale e i rapporti societari”, in Giur. comm., 2009, p. 403 ss.; Id., Profili dell’impresa nel diritto delle società, in Riv. soc., 2015, p. 237 ss; Id., Introduzione alla riforma delle società di capitali, in Il nuovo diritto societario, Liber Amicorum Gian Franco Campobasso, diretto da P. Abbadessa e G.B. Portale, 1, Milano, 2006; P. Spada, La rivoluzione copernicana, cit., p. 143; M. Libertini, Diritto civile e diritto commerciale, cit.; F. Denozza, Quattro variazioni, cit. Rilevante, infine, è anche sottolineare come la stessa nexus of contracts theory prenda le mosse proprio da una considerazione, sia pure essenzialmente socio-economica, del tema dell’impresa: anzi, come evidenziato da C. Marchetti, La nexus of contracts theory. Teorie e visioni del diritto societario, Milano, 2000, p. 40, nota 7, i giuseconomisti americani utilizzano il termine “impresa” come sinonimo di “società”.

16 Si pensi, in tal senso, alla circostanza per cui Angelici e Denozza, pur ravvisando entrambi una centralità dell’impresa per la comprensione del diritto societario, giungano poi a tesi radicalmente antitetiche in relazione all’inquadramento sistematico della società per azioni: decisamente “anticontrattualistica” la lettura del primo, altrettanto “contrattualistica” quella del secondo. A conferma di ciò si consideri anche quanto detto in ordine alla centralità del tema dell’impresa nel contesto della nexus of contracts theory.

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1.1.2 Potenzialità conoscitive della problematica: non una mera classificazione

Anzitutto, è certamente lecito chiedersi quale sia lo scopo, il concreto vantaggio conoscitivo discendente dalla risoluzione della problematica sopra impostata. Rileva quindi sin da subito sottolineare come non si tratti di uno studio mosso da scopi strettamente descrittivi o classificatori, circostanza che renderebbe forse superflua, o quantomeno povera di potenziali profitti conoscitivi, l’intera questione. Del resto, l’autorevolezza degli studiosi che si sono dedicati, e che tutt’oggi si dedicano, ad approfondire la tematica, nonché la persistenza storica ed il piano internazionale del relativo dibattito, sono certamente indici rivelatori della “fertilità” degli interrogativi in questione: tuttavia, tali riferimenti possono configurarsi al più come un indizio di tale rilevanza, motivo per il quale limitarsi ad essi non costituirebbe un approccio metodologicamente corretto.

In effetti, basta rivolgere uno sguardo alla stessa struttura logica della problematica in questione per comprendere le numerose potenzialità conoscitive che la stessa offre all’interprete. Quest’ultima, infatti, si articola strutturalmente in un confronto tra la “società” ed il “contratto” (preciserò in seguito in che termini intendere queste “entità”): una metodologia, quella del “confronto”, la quale richiede inevitabilmente una pregiudiziale comprensione dei propri termini fondamentali. Di conseguenza, il tipo di analisi che mi accingo a svolgere non concerne solo, o meglio non immediatamente, l’inquadramento sistematico del fenomeno societario, ma anche, ed in realtà ancor prima, le specificità sia della “società” che del “contratto”.

Alla luce di ciò, e in una sorta di eterogenesi dei fini, ne risulta che una ricerca sulla “contrattualità” del fenomeno societario costituisce anche terreno fertile per uno studio sul contratto stesso: in particolare, sul ruolo da poter riconoscere a quest’ultimo nell’attuale contesto sociale, economico e giuridico. Del resto, se il nucleo fondamentale della questione si risolve in una valutazione dei limiti di elasticità del contratto, verrebbe da dire che in realtà sia proprio quest’ultimo

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a costituire il principale oggetto di uno studio di questo tipo. Più in particolare, considerato che, come detto, la peculiarità del “rapporto” societario deriva dal suo legame (i cui termini dovranno essere meglio precisati) con l’impresa, la tematica in esame può essere letta come un momento della più ampia dialettica tra “contratto” e “impresa”: conseguentemente, tale analisi può costituire (e sostanzialmente costituisce) l’occasione per interrogarsi circa la possibilità di riconoscere ancora oggi al “contratto” una posizione centrale nel diritto privato patrimoniale, ovvero se questo non abbia perso la sua tradizionale egemonia, retrocedendo rispetto al settore societario e, più in generale, imprenditoriale17.

Si potrebbe anche dire, infine, come questo confronto, in quanto avente ad oggetto gli schemi fondamentali del diritto civile classico (contratto) e del diritto commerciale (impresa), si inserisca a pieno titolo nel tradizionale dibattito circa l’autonomia o meno del secondo rispetto al primo18.

Società, contratto, impresa: si tratta di “dati” strettamente interconnessi, tutti ugualmente necessari per l’analisi dell’ampia problematica della “contrattualità” della s.p.a.

Evidentemente, non sarà possibile, in questa sede, approfondire ciascuna di tali aree tematiche: il loro richiamo serviva qui essenzialmente a palesare l’effettiva attitudine conoscitiva di una indagine di questo tipo.

17 Vedi, tra gli altri, C. Angelici, Note minime su “La libertà contrattuale e rapporti societari”, cit.; Id., La società per azioni, cit., p. 198, ove afferma che «si potrebbe dire, da questo punto di vista, che la posta in giuoco non è tanto la classificazione di fenomeni (che nella visione classica del diritto privato paiono anomali) come la società per azioni, quanto il ruolo stesso del «contratto» nel sistema: se e in che limiti estenderne la portata e fino a che punto ciò può avvenire senza privarlo di un effettivo significato tecnico»; E. Ginevra, Premesse a uno studio, cit., p. 279 ss.; indirettamente, anche F. Denozza, Quattro variazioni, cit.

18 In relazione a tale problematica vedi, tra gli altri, l’approfondita ricostruzione storica operata da M. Libertini, Diritto civile e diritto commerciale, cit.

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1.1.3 I diversi approcci alla problematica: tra finalità e metodo

Evidenziate in linea generale le potenzialità conoscitive di uno studio relativo alla “contrattualità” della società per azioni, bisogna sottolineare la circostanza per cui, come del resto spesso accade, anche la problematica in questione possa essere affrontata con finalità differenti: non si tratta, infatti, di una tematica teleologicamente monolitica, bensì suscettibile di essere indirizzata a scopi eterogenei.

Si tratta di una considerazione di importanza cruciale per la comprensione della problematica e del dibattito che su di essa si è progressivamente costituto, in quanto molto spesso le opposte conclusioni raggiunte dagli autori non sono il frutto di reali contrapposizioni, bensì di differenti tecniche speculative e strumentari teorici, a loro volta espressione delle diverse finalità poste come obiettivo delle rispettive indagini19.

A fini di chiarezza espositiva, nonché in modo da evitare di incorrere in simili apparenti, nonché evitabili, incomprensioni, risulta essenziale evidenziare le caratteristiche degli approcci astrattamente adottabili e, alla luce di ciò, precisare finalità e metodologia seguite nel presente elaborato.

Semplificandosi enormemente la complessità di un dibattito caratterizzato da un’ampia varietà di posizioni dottrinali, si possono individuare due fondamentali impostazioni, potremmo dire due genera teorici in relazione all’approccio nei confronti della problematica della “contrattualità” della società per azioni.

Anzitutto, essa può consistere in uno studio diretto a “valutare” uno o più ordinamenti e, segnatamente, il loro modo di considerare e disciplinare il fenomeno societario, in una prospettiva essenzialmente interdisciplinare: in tal senso, lo sguardo sarà rivolto anche e soprattutto ai rapporti tra il dato positivo e quello economico e/o sociologico, nonché ad un confronto tra le soluzioni in tal senso adottate nelle varie esperienze giuridiche. Ciò che emerge è, quindi,

19 Rileva con particolare chiarezza tale profilo C. Angelici, Note sul contrattualismo societario, cit., p. 191.

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una prospettiva solo lato sensu giuridica, rivolta principalmente all’analisi del “dover essere” del diritto e/o ad una valutazione circa la corrispondenza dell’esistente rispetto a tesi deontologiche previamente formulate20.

All’opposto, una simile analisi può presentarsi come uno studio strettamente normativistico, rivolto quindi all’“essere” del diritto ed atto alla ricerca della norma applicabile rispetto ai problemi irrisolti della (disciplina della) società per azioni. Una ricerca, quindi, la quale non viene mossa alla luce di formulazioni deontologiche costruite alla luce, alternativamente, di un’analisi della realtà socio-economica, dogmi etici, etc., bensì in relazione alla effettiva e contingente disciplina giuridica del fenomeno.

A seconda dell’impostazione adottata, peraltro, variano profondamente gli stessi strumenti teorici assunti a fondamento dell’indagine: ciò, per quanto concerne la problematica in esame, emerge con particolare chiarezza in relazione alla nozione di “contratto”.

Il nucleo semantico riconducibile al termine, infatti, non è affatto monolitico, in quanto suscettibile di assumere significati anche nettamente differenti. Emblematica, in tal senso, è la differenza di linguaggio proprio delle diverse “scienze”: in particolare, il diverso significato attribuito al contratto nel linguaggio economico (ove viene usato sostanzialmente come sinonimo di “scambio volontario”) e in quello giuridico (ove, al di là delle differenti prospettive adottabili, indica comunque una determinata disciplina normativa). Ancora, all’interno di tale ultimo contesto, si pensi alla distinzione operata da Rodolfo Sacco21 tra un “fenotipo” (risultante dalla normativa positiva dei

singoli ordinamenti) ed un “genotipo” (caratterizzato da un più ampio livello di astrazione) contrattuale.

Risulta quindi imprescindibile, in apertura di ogni discussione sul tema oggetto del presente studio, chiarire preliminarmente la specifica accezione di

20 Si tratta, come si vedrà meglio in seguito (vedi infra, §1.2) dell’ approccio tipico della economic analysis of law.

21 R. Sacco, voce Contratto (genotipi e fenotipi del), in Digesto disc. priv., Sez. civ., Agg. ****, Torino, 2009, p. 127 ss.

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“contratto” che si intende assumere a fondamento della propria teorizzazione: in particolare, se si intende utilizzare una accezione “fenotipica” (e, nel caso, quale), una di maggiore astrazione concettuale e quindi sostanzialmente “genotipica” ovvero una nozione di stampo più marcatamente socio-economico. A seconda della lettura che ne viene data, infatti, risulteranno inevitabilmente differenti le costruzioni teoriche relative, appunto, alla “contrattualità” della società per azioni.

Certamente, tale opzione semantica non sarà arbitraria, ma si baserà, oltre che su inevitabili condizionamenti culturali, anche e soprattutto sul respiro e sulle finalità che si intendono attribuire alla propria ricerca. Pare evidente, infatti, come le diverse concettualizzazioni siano più o meno funzionali alle varie tipologie di approccio teorico: in particolare, una concezione genotipica sarà maggiormente funzionale ad una ricerca di natura comparatistica, una di tipo fenotipico sarà legata ad uno studio più marcatamente endo-ordinamentale, mentre l’utilizzo del linguaggio economico sarà inevitabilmente rivolto ad una costruzione, appunto, economica o comunque interdisciplinare (si pensi, infatti, alla economic analysis of law).

Ecco quindi che, quando si parla di “contrattualità” o meno della società per azioni, nonché quando si criticano ricostruzioni teoriche relative a questa problematica, risulta del tutto pregiudiziale una comprensione del piano su cui una simile qualificazione viene attribuita: in sostanza, se si tratta di una visione “ontologica” della società per azioni, attinente al piano socio-economico, ovvero se ci si muove su di un piano più strettamente normativo e, in tal caso, in che termini.

Si tratta, come evidente, di considerazioni di particolare rilevanza ai fini del presente studio, ragione per cui risulta necessario qualche ulteriore approfondimento. Le pagine successive saranno, quindi, dedicate ad una ricostruzione, inevitabilmente approssimativa, della nexus of contracts theory: un’analisi, si precisa, rivolta sia a fini di maggiore completezza espositiva (trattandosi comunque di una delle più rilevanti letture che del fenomeno

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societario vengono prospettate sul piano internazionale), sia allo scopo di sottolineare la centralità di una considerazione della prospettiva adottata per la valutazione delle conclusioni di una data ricostruzione teorica. Ciò, peraltro, anche nel tentativo di evidenziare con maggiore chiarezza la metodologia qui seguita e la reale portata del “dissenso” nei confronti di tale dottrina.

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1.2 L’approccio socio-economico: uno sguardo alla

nexus of

contracts theory

22

1.2.1 Nascita e sviluppo della teoria: la lettura della s.p.a. – 1.2.2 Il ruolo del diritto societario: funzione generale – 1.2.3 Il contenuto del diritto societario – 1.2.4 Tendenziale derogabilità del diritto societario – 1.2.5 Necessaria puntualità delle

default rules – 1.2.6 Apertura verso le norme imperative – 1.2.7 Valutazione

conclusiva

1.2.1 Nascita e sviluppo della teoria: la lettura della s.p.a.

La nexus of contracts theory nasce nel contesto della economic analysis of law, locuzione con cui si fa riferimento ad una lettura del diritto atta a fornire una valutazione dei costi e benefici connessi ad una determinata norma giuridica, sì da evidenziare all’attore giuridico (indifferentemente studioso, giudice, legislatore, etc.) la soluzione economicamente più “efficiente”23: tale dottrina

costituisce proprio un prodotto, ed anzi uno dei più rilevanti, di una simile impostazione teorica.

In particolare, costituisce una consapevolezza assai diffusa come la nexus of

contracts theory costituisca una rielaborazione delle tesi di Ronald Coase24, ed 22 Dato lo spirito della presente ricostruzione della nexus of contracts theory, volto ad evidenziare alcuni caratteri assolutamente generali della stessa, farò ampio riferimento a C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., ove appunto l’autore effettua una dettagliata ricostruzione dei caratteri fondamentali di tale impostazione teorica.

23 Si può sin da subito notare come una simile impostazione, oltre ad aprire vasti interrogativi in ordine alla concreta concezione di “efficienza” da adottarsi, non sia ugualmente idonea ad indirizzare l’attività dei diversi attori del diritto. Difatti, se per il legislatore può essere effettivamente utile, nei confronti dell’interprete sorgono dubbi ben maggiori, data la vigenza di principi fondamentali quale quello di legalità e di separazione dei poteri. In sostanza, già da queste prime battute emerge come la economic analysis of law si presti maggiormente, appunto, ad una valutazione socio-economica del diritto, piuttosto che ad un supporto all’attività tecnico-applicativa.

24 A titolo meramente esemplificativo, vedi C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 2; C. Angelici, Le basi contrattuali, cit., p. 304, nota 14. La possibilità di ravvisare in Coase le radici della nexus of contracts theory, tuttavia, sono anche oggetto di autorevoli critiche nella stessa dottrina statunitense: vedi, tra gli altri, C.R.T. O'Kelley, Coase, Knight, and the Nexus-of-Contracts Theory of the Firm: A Reflection on Reification, Reality, and the Corporation as Entrepreneur Surrogate, in Seattle University Law Review, vol. 35, n. 4, 2012. Vedi anche infra, nota 31.

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in particolare del suo saggio The Nature of the Firm, del 193725, in cui

l’impresa viene letta come una risposta ai limiti del mercato, individuati dall’Autore nei c.d. transaction costs: in sostanza, l’impresa viene letta quale metodo di coordinamento dell’attività produttiva alternativo al mercato, specificatamente rivolto al fine di ovviare ai costi tipici di quest’ultimo e caratterizzato da una centrale rilevanza della attività autoritativa di direzione e coordinamento svolta dall’imprenditore26. L’inaugurazione della nexus of

contracts theory, tuttavia, può essere individuata nella successiva elaborazione

operata nel 1972 da A. Alchian e H. Demsetz nell’opera Production,

Information and Economic Organization e, in particolare, nella differente

lettura che questi Autori danno dei rapporti interni all’impresa rispetto alla costruzione coasiana27.

Alchian e Demsetz, infatti, ritenendo incoerente sottrarre alle logiche contrattuali il principale attore del mercato, qualificano i rapporti interni all’impresa come veri e propri volontari scambi interinvididuali. Tuttavia, come autorevolmente notato28, l’impostazione prospettata da questi autori, pur

essendo la prima a qualificare i rapporti interni all’impresa come un intreccio di rapporti contrattuali, non si emancipa completamente dal riconoscimento di un momento definibile in termini “autoritativi”. Difatti, ravvisandosi comunque la sussistenza di soggetti caratterizzati da una “forza” peculiare, si ritiene che nel contesto del nexus contrattuale sia comunque presente un soggetto avente una posizione in qualche modo apicale: tutto ciò viene armonizzato con la logica strettamente contrattuale alla luce del paradigma fondamentale dei c.d.

residual claims. In sostanza, si afferma come nell’impresa siano ravvisabili uno

o più soggetti che, in cambio della percezione dei residual claims (ossia dei ricavi residui dopo il soddisfacimento dei fixed claims), ottengono un potere di gestione e monitoraggio dell’attività degli altri agents coinvolti nell’attività

25 Vedi la traduzione italiana nella raccolta di saggi Impresa, mercato e diritto, Bologna, 1995, p. 73 ss.

26 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 2 ss. 27 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 9. 28 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 10 ss.

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d’impresa, tale da potersi estendere sino ad una revisione dell’originario assetto di interessi programmato: un potere, tuttavia, tecnicamente contrattuale29.

Tale visione contrattualistica viene poi sviluppata, nonché “depurata” dei residui aspetti autoritativi, da una serie di autori successivi, trai quali spiccano indubbiamente M. Jensen e W. Meckling, i quali, nel loro saggio del 1976

Theory of the firm: Menagerial Behaviour, Agency Costs, and Ownership Structure30, affermano come «It is important to recognize that most

organizations are simply legal fictions wich serve as a nexus for a set contracting relationships among individuals» e che, in ragione di ciò, «it makes little or no sense to try to distinguish those things that are “inside” the firm (or any other organization) from those things that are “outside” of it».

Entrambi questi “luoghi”, infatti, vengono riportati nelle logiche del mercato: è quest’ultimo, quindi, a costituire il paradigma fondamentale per la comprensione del fenomeno societario31.

In conclusione, rileva evidenziare come anche la nexus of contracts theory abbia conosciuto l’affastellarsi di numerose costruzioni differenti, caratterizzate da profili di reciproca originalità: tuttavia, si possono comunque ravvisare alcuni elementi comuni a tale genus teorico, a prescindere dalle specificità delle varie species ad essa ascrivibili.

Nelle pagine seguenti cercherò, appunto, di ricostruire tale minimo comune denominatore della nexus of contracts theory.

29 Vedi la ricostruzione di C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 10 ss., il quale peraltro critica una simile lettura contrattuale dei poteri del residual claimant, la quale costituirebbe una forzatura dello stesso strumento contrattuale, il quale «mal si accorda con l’attribuzione di un potere discrezionale di revisione unilaterale delle clausole in esso contenute».

30 Ora in Economics and Social Institutions, Boston, 1979, p. 163 ss.

31 Vedi C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 205, ove rileva espressamente come «con tale proposta (…) l’intera vicenda della società per azioni viene ricondotta nella dimensione del “mercato” e della sua logica (...)». Peraltro, nota sempre l’Autore, con tale concezione, la quale evidentemente si discosta nettamente dalla distinzione coasiana tra impresa e mercato, sembra che quest’ultima venga propriamente superata: vedi nota 25, p. 205, per riferimenti bibliografici circa una qualificazione in termini “anti-coasiani” della nexus of contracts theory.

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1.2.2 Il ruolo del diritto societario: funzione generale

Alla luce di una simile lettura di ciò che viene considerata la “realtà” societaria si potrebbe sostenere come, per la disciplina di questa, sia pienamente sufficiente il mero diritto contrattuale, non necessitandosi di una normativa specifica per un fenomeno che, come emerge da tale lettura, non ha alcun margine di originalità strutturale32.

Tuttavia, proprio in ragione dell’obiettiva esistenza di un corpus normativo specifico, i sostenitori della nexus of contracts theory si sono mossi ad una ricerca dello scopo, nonché dello stesso contenuto, che il “diritto societario” dovrebbe avere per giustificarsi economicamente33: tale ricerca, in linea con

l’approccio della economic analysis of law, di cui, come sopra detto, la nexus

of contracts theory è espressione, viene svolta sulla scorta di uno strumentario

essenzialmente economico, prima che giuridico34.

In linea generale, si prospetta una funzione del diritto societario quale mero “supporto” alle negoziazione tra privati: se la società costituisce un nexus of

contracts, un fascio di rapporti interindividuali di scambio, lo scopo di un

32 Vedi C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 38 ss. In tali pagine si evidenzia anche come potrebbe risultare logicamente coerente con una lettura contrattuale una proposta atta all’abolizione del diritto societario o, comunque, una netta svalutazione di quest’ultimo: ciò, si precisa, anche alla luce della convinzione secondo cui la specializzazione del lavoro autonomamente emergente nelle società ad azionariato diffuso sia maggiormente funzionale, e quindi complessivamente migliore, di quella proposta dal legislatore, caratterizzato da margini di fallibilità superiori rispetto alla libera iniziativa dei privati. Nella letteratura statunitense vedi, per tutti, F.H. Eastbrook–D.R. Fischel, The Economic Structure of Corporate Law, Cambridge, Massachussets - London, England, 1991, p. 34, ove appunto tali autori si chiedono, alla luce di una lettura strettamente contrattuale della società, quale possa essere lo scopo della corporate law: «one natural question after all this business of corporation-as-contract is: why law? Why not just abolish corporate law and let people negotiate whatever contracts they please?». Ciò, preme sottolineare, non al fine di proporre effettivamente una abolizione del diritto societario, ma di palesare una domanda che sorge inevitabilmente alla luce di una lettura strettamente contrattuale della società per azioni.

33 Non si può non rilevare sin da questa prima ricostruzione della teoria come tutta l’impostazione venga costruita in un’ottica essenzialmente de iure condendo: parlare del contenuto che le norme “devono” avere, e non del contenuto che queste concretamente “hanno”, credo sia massimamente esplicativo di una simile impostazione.

34 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 39: «non stupisce dunque che sia ancora una volta economico l’approccio che conviene utilizzare per capire quale possa essere l’utilità di una disciplina di fonte legislativa o giudiziale, approccio che, peraltro, rispecchia e segue i principi elaborati dall’analisi economica del diritto in tema della categoria del diritto contrattuale in generale».

(22)

intervento eteronomo non può che essere quello di una assistenza a tali negoziazioni, con la funzione essenzialmente di eliminare quelle inefficienze che, in concreto, possono impedire il raggiungimento delle soluzioni contrattuali economicamente più efficienti35. Del resto, i limiti in tal senso sono

di varia natura e, quindi, variamente idonei a costituire il fondamento economico e/o la giustificazione giuspolitica dell’intervento ordinamentale: un discorso di questa tipologia, quindi, non potrà risultare unitario, dovendo piuttosto basarsi su una serie di distinzioni.

Per comprendere la lettura che del diritto societario viene offerta dai sostenitori della nexus of contracts theory, è utile prendere le mosse dalla concezione coasiana dei transaction costs: nella visione di Coase, come già ricordato, l’impresa (e quindi la società) costituisce un metodo di organizzazione dell’attività produttiva alternativo al mercato, atto proprio al superamento dei costi di transazione e, quindi, di contrattazione, che si incontrano in quest’ultimo. Tuttavia se, come sostenuto dalla nexus of contracts theory, la società si configura quale insieme (o meglio, nexus) di rapporti contrattuali, allora al suo interno si ripresentano gli stessi costi tipici che l’organizzazione dell’attività produttiva subisce all’interno del mercato: in altre parole, ricondotta la società ad una sorta di mercato, ne consegue logicamente una condivisione da parte della prima degli stessi limiti di quest’ultimo36. In

particolare, nel contesto societario, in cui il procedimento si caratterizza per la predisposizione delle clausole contrattuali da parte del managment e dalla loro accettazione da parte dell’investitore, si presentano due fondamentali tipologie di transaction costs: da un lato, le spese di consulenza legale che il primo deve sostenere al fine della predisposizione delle suddette clausole; dall’altro, lo svolgimento di ricerche di mercato (verrebbe da dire, di analisi economica del

35 Per una approfondita ricostruzione del tema, vedi C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 38 ss.

36 Con particolare chiarezza, C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 39 ss., specie nota 81.

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diritto) che i secondi devono effettuare al fine di valutare la convenienza dell’investimento37.

La problematica dei transaction costs, peraltro, si aggrava in considerazione del grado di imprevedibilità caratteristico dei relational contracts38 (di cui il

contratto di società è uno degli esempi di maggiore rilevanza socio-economica), in ordine alle circostanze che possono verificarsi nel corso dello svolgimento della relazione contrattuale stessa: difatti, al di là della logica impossibilità di una contrattazione realmente esauriente, lo sforzo di una sostanziale approssimazione alla completezza renderebbe i costi di contrattazione assolutamente insostenibili39.

L’intervento eteronomo dell’ordinamento, quindi, avrebbe la funzione di fornire una serie di norme di default (c.d. default rules), ossia di regole normative che, in quanto non necessitanti una specifica contrattazione, siano fruibili dalle parti contraende senza dover sopportare costi particolari40. In tal

senso, la funzione del diritto societario sarebbe quella di una assistenza alla negoziazione privata, realizzata nella forma di una “integrazione gratuita” dei contratti stipulati dai vari attori della realtà economica societaria: ciò, al fine di colmare le lacune che, alla luce dei costi di transazione sussistenti, caratterizzano inevitabilmente gli assetti di interessi stipulati41. In tal modo,

sarebbe possibile raggiungere regolamenti contrattuali tendenzialmente

37 Vedi, per una chiarificazione della logica alla base dei transaction costs, C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 40 ss. Vedi anche, in una prospettiva più strettamente economica, O. E. Williamson, Le istituzioni economiche del capitalismo. Imprese, mercati, rapporti contrattuali, Milano, 1987, p. 91 ss.

38 Vedi infra § 5.3.

39 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 44-45.

40 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 42-43, ove peraltro una evidenziazione di come assumendo tali posizioni la nexus of contracts theory abbia recepito riflessioni tipiche della economic analysis of law, la quale da tempo sottolinea come la funzione precipua delle norme contrattuali sia quella di offrire alle parti contraenti regole standard, atte ad abbattere i transaction costs insiti nella libera contrattazione.

41 Come espressamente sostenuto da F.H. Eastbrook–D.R. Fischel, The Economic Structure, cit., p. 34, una risposta sintetica, ma non del tutto soddisfacente, circa il ruolo del diritto societario, è la seguente: «Corporate law is a set of terms available off-the-rack so that partecipants in corporate ventures can save the cost of contracting. (…) Corporate codes and existing judicial decision supply these terms “for free” to every corporation, enabling the ventures to concentrate on matters that are specific to their undertaking».

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completi ed economicamente efficienti anche in quelle ipotesi in cui le parti non riuscirebbero a raggiungere autonomamente tale obiettivo se non mediante la sopportazione di costi rilevanti.

1.2.3 Il contenuto del diritto societario

Da una simile ricostruzione della ratio, della giustificazione, dell’intervento eteronomo dell’ordinamento si ricavano anche conclusioni in relazione al contenuto che le norme di diritto positivo dovrebbero avere al fine di svolgere compiutamente il proprio ruolo di integrazione ed in generale di assistenza alla negoziazione privata.

Emerge, qui, la teoria del c.d. hypothetical bargain, ossia dell’ipotetica volontà delle parti: in tal senso, il contenuto delle regole eteronome deve essere il più possibile corrispondente al regolamento di interessi che le parti avrebbero determinato se i transaction costs non avessero paralizzato la contrattazione42.

Difatti, se il ruolo del diritto societario è quello di fornire delle default rules in grado di colmare i vuoti che l’incidenza dei transaction costs inevitabilmente determina sugli assetti contrattuali dei privati, allora risulta logico che tali regole debbano essere determinate alla luce di una ricostruzione della volontà, inevitabilmente ipotetica, delle parti stesse.

Alla luce di ciò, appare corretta l’idea per cui «il senso di tale complesso di

regole (ossia delle regole private ed ordinamentali) dovrebbe essere inteso, ed unitariamente, sul piano “contrattuale”: in termini concreti, se si vuole dire

42 Così, espressamente, C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 50, ove si rileva però anche come tale impostazione, tradizionale della corrente in esame, non sia l’unica lettura della problematica presente nel dibattito comunque riconducibile alla nexus of contracts theory, sussistendo anche posizioni che ritengono la tecnica dell’hypothetical bargain inidonea, almeno in taluni casi, al raggiungimento delle soluzioni contrattuali più efficienti. Tuttavia, rileva l’Autore, quest’ultima costituisce comunque la ricostruzione maggiormente in linea con i portati della analisi economica del diritto contrattuale. Sempre in tal senso vedi anche F.H. Eastbrook–D.R. Fischel, The Economic Structure, cit., p. 21 ss. e soprattutto 34 ss., ove si afferma come «Corporate law (…) fills in the blanks and oversights with the terms that people would have bargained for had they anticipated the problems and been able to transact costessly in advance» e come «On this view corporate law supplements but never displaces actual bargains (...)».

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realistici, con riferimento alle prime (private), ed in termini ipotetici per quanto riguarda le seconde (ordinamentali)»43.

Se questo può essere ritenuto l’atteggiamento maggioritario nel contesto del dibattito riconducibile alla nexus of contracts theory, emergono tutta una serie di problematiche, nonché di controversie, in relazione al “come”44 e al

“quando”45 determinare tale hypothetical bargain: si tratta, tuttavia, di questioni

che decampano dal contenuto del presente elaborato, diretto, come già detto, alla semplice indicazione della metodologia e degli approdi generali riconducibili al genus di tale teorica.

1.2.4 Tendenziale derogabilià del diritto societario

Ulteriore conseguenza del ruolo riconosciuto dalla nexus of contracts theory al diritto societario è la sua tendenziale derogabilità, ossia la circostanza per cui quest’ultimo dovrebbe essere prevalentemente costituito da regole aventi natura dispositiva.

Difatti, se la ratio delle regole eteronome è quella di evitare ai contraenti di subire gravosi transaction costs, se è nel loro esclusivo interesse di contraenti che tali regole vengono poste, è logico consentire alle parti di discostarsi dalle stesse ogniqualvolta i propri interessi siano con esse incompatibili46. Del resto,

43 C. Angelici, La società per azioni, cit., p. 208.

44 Ricondotto il contenuto del diritto societario alla hypothetical bargain, infatti, sorge immediatamente il problema di come determinare una simile ipotetica volontà: per una approfondita ricostruzione di tale problematica, vedi C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 52 ss.

45 Anche una volta stabilito come determinare l’ipotetica volontà delle parti, rimane pur sempre il problema relativo al “quando”: ciò, è rilevante precisare, non in relazione al momento cui riferire l’hypothetical bargain, pur sempre da valutarsi in relazione alla stipulazione del contratto, bensì rispetto a quello in cui l’ordinamento dovrà andare ad effettuare tale valutazione. Tale problematica si traduce in quella della individuazione del migliore “formante” dell’ordinamento cui ricondurre la ricostruzione della volontà ipotetica dei contraenti, e nella conseguente alternativa tra tailored e untailored rules: per una disamina di tale questione, rinvio sempre a C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 76 ss.

46 F.H. Eastbrook–D.R. Fischel, The Economic Structure, cit., p. 34 ss.; C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 112 e p 154, in quest’ultima affermando come «imporre l’accettazione insindacabile di un aiuto offerto da un soggetto terzo rispetto al rapporto contrattuale – vale a dire il rule maker istituzionale – appare una stonatura difficilmente giustificabile».

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proprio viste le difficoltà nella ricostruzione positiva dell’hypothetical bargain, è logico che il legislatore si limiti a soluzioni dispositive: in tal modo, qualora la sua valutazione risulti fallace, per errore47 o comunque a causa della

impossibilità di ricomprendere ogni ipotesi in una astratta previsione aprioristica48, le parti potranno discostarsene. In sostanza, la derogabilità del

diritto societario fa sì che, ogniqualvolta l’hypothetical bargain non corrisponda alla volontà effettiva delle parti, i contraenti possano discostarsi dalla fallace regola eteronoma. In quest’ottica, il dialogo default rule-deroga diviene un meccanismo idoneo a consentire l’introduzione, nel concreto regolamento di interessi, della clausola migliore ed al minor costo: in sostanza, la soluzione più efficiente.

Concludendo, la norma di diritto societario può essere immaginata come una proposta di soluzione contrattuale, cui le parti potranno decidere se aderire o meno in relazione alla corrispondenza della stessa alla propria effettiva volontà, all’effettivo regolamento di interessi voluto49.

47 Le ragioni possono essere varie. Nella cultura statunitense, in cui tali ricostruzioni sono sorte e conoscono il maggiore successo, si sottolineano particolarmente le pressioni lobbistiche nei confronti dei rule makers, pressioni tali da poter anche fortemente eterodirigere le relative decisioni rispetto a criteri di stretta scientificità e tecnicità: in tal senso, C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 117. Più in generale, si potrebbe dire che, a prescindere da particolari pressioni “esterne”, quantomeno le scelte del legislatore, in quanto eminentemente politiche, assunte da soggetti che non necessariamente detengono competenze tecniche specifiche, nonché discendenti da una sintesi di plurime volontà, difficilmente riescono ad ispirarsi ad uno stretto tecnicismo. Inoltre, e più a fondo, si potrebbe anche dire che l’impostazione della nexus of contracts theory sia espressione di una precisa impostazione ideologica, tale per cui ciò che viene letto quale un difetto di tecnicità potrebbe piuttosto configurarsi come una differente scelta di politica del diritto.

48 Tanto più probabile qualora si ricorra al “formante” legislativo ed in particolare ad un sistema di untailored rules: la determinazione ex ante, nonché in chiave generale e astratta, dell’hypothetical bargain, infatti, rende particolarmente plausibile la possibilità di profili di distacco tra la previsione ordinamentale e la realtà effettiva. In tal senso, C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 115.

49 Vedi C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 114, ove afferma come «la derogabilità del diritto societario, costituisce dunque il più logico e coerente punto d’arrivo della teoria contrattualista circa la funzione del diritto societario. Si era partiti dalla convinzione per cui la norma giuridica è un “regalo” fatto dai contraenti alle prese con alti costi di contrattazione, e si è arrivati ora a ricordare che non c’è donazione senza accettazione».

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Una simile impostazione, certamente di unanime condivisione nel panorama della nexus of contracts theory (sia pure, come ovvio, con tutte le sfumature del caso), necessita però di alcune puntualizzazioni.

1.2.5 Necessaria puntualità delle default rules

Anzitutto, bisogna considerare come il raggiungimento della soluzione più efficiente, astrattamente garantito dal meccanismo della dialettica tra default

rules e derogabilità del diritto societario, possa essere variamente ostacolato da

tutta una serie di fattori, tali da impedire un effettivo esercizio del potere di deroga da parte dei contraenti nonostante nel caso concreto la soluzione di

default “offerta” dall’ordinamento risulti manifestamente inefficiente.

Tali ragioni sono tendenzialmente individuate nelle postive externalities prodotte dalle regole di default, locuzione con cui si fa riferimento all’attitudine di queste ultime ad essere preferite ad una soluzione propriamente contrattuale anche a prescindere dalle qualità intrinseche delle stesse, ossia dalla loro effettiva efficienza nel caso concreto. Tale attitudine, in particolare, è anzitutto attribuita alla riduzione dell’incertezza circa il concreto funzionamento della regola che caratterizza le default rules di larga diffusione, sulle quali si è quindi già creata un’importante casistica giurisprudenziale tale da “rappresentare” ai contraenti i possibili scenari discendenti da un suo inserimento nel proprio regolamento di interessi50.

Alla luce di tali ostacoli alla piena operatività del meccanismo della deroga, ne discende come siano sostanzialmente le default rules a delineare concretamente l’assetto contrattuale in cui l’impresa consiste. Da ciò, una assoluta centralità della tecnica redazionale delle regole stesse: difatti, considerando che probabilmente gli errori ed i limiti delle stesse non saranno evitati a causa della

50 In relazione a tale lettura delle positive externalities vedi C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 141 ss. L’autore, peraltro, evidenzia (p. 149 ss.) anche come tale elemento non sia l’unico fondamento della aprioristica preferenza degli operatori per le dafault rules, sottolineando come concoranno a tale circostanza tutta una serie di bias in cui i privato possono incorrere a causa delle stesse.

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inoperatività del meccanismo della deroga, questi si tradurranno in concreti ostacoli ad un efficiente organizzazione dell’attività produttiva51.

1.2.6 Apertura verso le norme imperative

Quanto sopra detto in ordine alla tendenziale funzione integrativo-suppletiva del diritto societario, tuttavia, non implica un dogmatico rigetto della possibilità di ammettere anche norme a carattere imperativo.

Per comprendere la ratio di tale ammissibilità, bisogna anzitutto evidenziare come quella di integrazione ed assistenza alla negoziazione privata, pur ovviamente centrale, non sia né cronologicamente, né logicamente, la funzione principale del diritto societario.

Anzitutto, infatti, l’ordinamento svolge una funzione di enforcement (ossia di “riconoscimento”, di valorizzazione sul piano ordinamentale) dei contratti stipulati tra privati52: una funzione in assenza della quale, evidentemente, non

sarebbe neppure postulabile quella, di conseguenza inevitabilmente successiva, di integrazione contrattuale53.

Ma perché l’ordinamento dovrebbe “certificare” tali accordi privati? E’ qui che emerge sia uno dei pilastri ideologici della nexus of contracts theory, sia la ragione che viene da questa teoria attribuita alle disposizioni a carattere imperativo.

In particolare, al “contratto” viene attribuita una intrinseca idoneità di realizzazione di soluzioni economicamente efficienti, ossia tali da realizzazione una efficiente allocazione delle risorse scarse: ciò, non in virtù di una particolare qualità logico-razionale e competenza informativa riconosciuta i

51 C. Marchetti, La nexus of contracts theory, cit., p. 151-152, il quale sottolinea anche l’opportunità di una diversificazione dell’offerta normativa, tale da consentire un migliore adattamento al caso concreto delle default rules.

52 Si noti, quindi, come il “contratto” sia considerato come una entità che preesiste al piano giuridico, pienamente riconoscibile già su quello socio-economico.

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