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e l’attenzione riservata alle altre pagine in massima parte decorate con bordure miniate o con decorazioni pittoriche raffigurati motivi florea- li o vegetali, animalistici o lapidari. I Breviari contenevano le preghie- re ed erano sempre dipinti a mano; per queste caratteristiche di pre- gio venivano commissionati solo dalle più importanti e facoltose casate. Nel Breviario Grimani la parte più celebre è il calendario iniziale inte- ramente figurato. Nelle scene a piena pagina si può ammirare una se- quenza di quadri che ritraggono la vita contemporanea della borghe- sia, del mondo contadino, scene di caccia, momenti della vita di corte. Questa splendida riproduzione rappresenta il documento mirabi- le di una stagione e di una esperienza artistica tra le più alte della sto- ria dell’occidente. Ecco qui di seguito, quanto scrive della realizzazio- ne di questo fac-simile Enrico Malato, presidente della Salerno editrice.

Noto in tutto il mondo per fama, il «Breviario Grimani» è un capolavoro dell’arte universale di fatto (quasi) sconosciuto, sottratto com’è – necessa- riamente, per ragioni di conservazione – a una frequentazione diretta (se non di pochi selezionati specialisti), e conosciuto fino a tre anni fa sol- tanto attraverso riproduzioni parziali e insoddisfacenti, che fanno torto al pregio dell’originale. Di qui la necessità di una riproduzione in facsimile, che – realizzata al più alto livello di qualità consentito dai mezzi tecnici più avanzati – ha consentito l’autentica “scoperta” di un documento d’ar- te che supera ogni possibilità di immaginazione.

Riprodotto con assoluta fedeltà in ogni minimo dettaglio, dalla fascicola- zione (che conserva le “imbrachettature” di molte tavole aggiunte ai fa- scicoli ordinari) al formato delle carte, dalla scrupolosa riproduzione dei toni cromatici, come delle delicatissime screziature d’oro, alla legatura, ri- gorosamente conformi all’originale, il facsimile di questo straordinario co- dice – realizzato con il patrocinio della Regione del Veneto e l’assistenza della Biblioteca Nazionale Marciana – segna un “evento” nella storia del- la editoria d’arte contemporanea. Il progetto, delineato alla fine del 1999, giunge a compimento dopo una lunghissima fase preparatoria, necessaria per il superamento dei molti e complessi problemi di ordine tecnico, or-

ganizzativo, editoriale – in ragione anche della mole del manufatto – che hanno richiesto soluzioni d’avanguardia, con impiego di macchinari ap- positamente studiati e realizzati a questo fine. Tutta la fase di allestimen- to è eseguita a mano. Il risultato corrisponde all’impegno che è costato: un duplicato perfetto dell’originale, un oggetto prezioso, documento mi- rabile di una stagione e un’esperienza artistica tra le più alte nella storia dell’Occidente, che dà emozione al solo guardarlo, tenerlo in mano, sfo- gliarne le pagine. La realizzazione del fac-simile non è però un evento fine a se stesso. Esso offre l’occasione e l’opportunità di uno studio appro- fondito sul manufatto, idoneo a illuminarne i molti aspetti tuttora (alme- no in parte) misteriosi: dalle condizioni della committenza alla definizione del progetto compositivo, ai tempi e ai modi della sua esecuzione; dalle caratteristiche codicologiche e paleografiche a quelle della decorazione, dall’indagine sugli artisti che ne hanno curato o eseguito il ricco corredo iconografico ai modelli, diretti e indiretti, immediati e remoti, ai messag- gi che esso trasmette, ai suoi eventuali influssi sull’arte contemporanea, e via dicendo. Indagini complesse, impegnative, che richiederanno tempi lunghi e il coinvolgimento di svariate competenze per consentire l’acqui- sizione di risultati certi, all’altezza delle aspettative. Ne deriva – allo sco- po di non lasciare gli utenti senza un minimo di informazione sul codice di cui è disponibile il fac-simile – la necessità di unire a questo una Nota

di Commentario che offra soltanto poche informazioni essenziali, ricava-

te in parte dalla letteratura critica esistente (ancorché non univoca), ma sufficienti a “mettere a fuoco” storicamente l’oggetto. Per altre questioni si rinvia al Commentario (che accompagna la presentazione del fac-simile su Internet) che accoglie i risultati di nuovi studi dedicati, in grado di dare una risposta definitiva a tutti i dubbi tuttora irrisolti.

Caterina Percoto, nata a San Lorenzo di Soleschiano, in terra friulana, quindi, sul Natisone, nel 1812, nell’aristocrazia contadina del primo Ot- tocento, quella dei proprietari terrieri di non suntuose proporzioni, pre- senti sulla terra a ricercarne la produttività e a condividerne i ritmi cam- pestri, il lavoro e la civiltà, la quotidiana, concreta essenza di colture da seguire e fondi da amministrare, e poi nella casa avita vissuta – pur con viaggi e soggiorni alterni di conoscenza ed educazione – pressoché per tutto l’arco della sua vicenda, fino alla morte che si avvera il 15 ago- sto 1887, Caterina Percoto, «contessa contadina», è uno degli scrittori di maggior rilievo della narrativa italiana del medio Ottocento.

È una stagione interessante quella che possiamo definire di medio Ottocento. Stretta tra il prestigio, e il rilievo, beninteso, da un lato del romanzo straordinario di Manzoni (1827, 1840) e delle straordinarie prose brevi delle Operette morali di Leopardi (1827, 1835) e dall’altro, al di là del grande crinale dell’Unificazione, della straordinaria intensi- tà dei romanzi e dei racconti di Giovanni Verga (dal 1880 a seguire), ha spesso una sorta di tacitazione nella nostra percezione di lettori, come se fosse stata una stagione di passaggio, senza una propria identità di vertice, stagione di “minori”, come si diceva un tempo compilando le storie della letteratura italiana.

Non è così. La generazione che si pone problematica e inquieta, certamente in sperimentazione e in polemico confronto, subito al di là