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Era già quasi notte allorché Elisa si trovò sull’altra sponda dell’Ohio. La nebbia della sera, inalzandosi len-tamente dalla superficie delle acque, l’avviluppava sem-pre più di mano in mano ch’ella andava allontanandosi dalla riva, e il fiume gonfio, le masse galleggianti di ghiaccio, mettevano tra il suo persecutore e lei una bar-riera insormontabile.

Haley se ne tornò dunque passo passo alla piccola lo-canda per quivi riflettere su quel che aveva da fare. La donna gli aprì la porta di un salottino, parato d’una tap-pezzeria comune. Nel mezzo del salottino vedovasi una tavola coperta di tela incerata, e intorno alla tavola eran-vi delle sedie di legno dall’alta spalliera e dai piedi lun-ghi e sottili; sopra il camino, entro cui fumava, un fuoco a metà spento, alcune figurine di gesso facevan mostra dei loro sfarzosi colori, e una panca piuttosto incomoda si stendeva lungo il focolare.

Ivi appunto Haley andò a sedersi al fine di meditare sulla instabilità delle speranze umane e sulla felicità in generale.

— Che bisogno avevo di quel piccolo mariuolo, — diss’egli a se medesimo — perché mi lasciassi

corbella-VIII.

I CACCIATORI DI CREATURE

UMANE.

Era già quasi notte allorché Elisa si trovò sull’altra sponda dell’Ohio. La nebbia della sera, inalzandosi len-tamente dalla superficie delle acque, l’avviluppava sem-pre più di mano in mano ch’ella andava allontanandosi dalla riva, e il fiume gonfio, le masse galleggianti di ghiaccio, mettevano tra il suo persecutore e lei una bar-riera insormontabile.

Haley se ne tornò dunque passo passo alla piccola lo-canda per quivi riflettere su quel che aveva da fare. La donna gli aprì la porta di un salottino, parato d’una tap-pezzeria comune. Nel mezzo del salottino vedovasi una tavola coperta di tela incerata, e intorno alla tavola eran-vi delle sedie di legno dall’alta spalliera e dai piedi lun-ghi e sottili; sopra il camino, entro cui fumava, un fuoco a metà spento, alcune figurine di gesso facevan mostra dei loro sfarzosi colori, e una panca piuttosto incomoda si stendeva lungo il focolare.

Ivi appunto Haley andò a sedersi al fine di meditare sulla instabilità delle speranze umane e sulla felicità in generale.

— Che bisogno avevo di quel piccolo mariuolo, — diss’egli a se medesimo — perché mi lasciassi

corbella-re a questo modo?

Ed Haley procurava di consolarsi rivolgendo a se stesso una filza d’imprecazioni, ben meritate a parer no-stro, ma che, per non offender le orecchie dei nostri let-tori, ci asterremo dal riferire.

Nel tempo ch’egli si abbandonava a così gradevole occupazione, la grossa voce dissonante di un uomo che, a quanto sembrava, era disceso in quel punto medesimo da cavallo alla porta dell’osteria, lo riscosse profonda-mente.

Haley corse alla finestra.

— Perbacco! Questo si chiamerebbe davvero un aiu-to della Provvidenza! In fede mia, è proprio Tom Loker, costui! —

Ed Haley uscì in fretta.

Presso il banco dell’oste stava un uomo robusto, di forte muscolatura, alto sei piedi e proporzionatamente largo, il quale aveva indosso un pastrano di pelle di bu-falo, il cui pelo in fuori gli dava un aspetto selvaggio e terribile, corrispondente in tutto alla sua truce fisono-mia. Le linee del volto e la conformazione della testa denotavano al più alto grado la brutalità e la violenza.

Per verità, se i nostri lettori potessero rappresentarsi un gran molosso pervenuto allo stato d’uomo, il quale andasse passeggiando in pastrano e cappello, avrebbero esattamente un’idea della sua persona.

Era con lui un suo compagno di viaggio, il quale, sotto vari rispetti, formava, per così dire, la sua antitesi. Piccolo, mingherlino, agilissimo nei movimenti al pari re a questo modo?

Ed Haley procurava di consolarsi rivolgendo a se stesso una filza d’imprecazioni, ben meritate a parer no-stro, ma che, per non offender le orecchie dei nostri let-tori, ci asterremo dal riferire.

Nel tempo ch’egli si abbandonava a così gradevole occupazione, la grossa voce dissonante di un uomo che, a quanto sembrava, era disceso in quel punto medesimo da cavallo alla porta dell’osteria, lo riscosse profonda-mente.

Haley corse alla finestra.

— Perbacco! Questo si chiamerebbe davvero un aiu-to della Provvidenza! In fede mia, è proprio Tom Loker, costui! —

Ed Haley uscì in fretta.

Presso il banco dell’oste stava un uomo robusto, di forte muscolatura, alto sei piedi e proporzionatamente largo, il quale aveva indosso un pastrano di pelle di bu-falo, il cui pelo in fuori gli dava un aspetto selvaggio e terribile, corrispondente in tutto alla sua truce fisono-mia. Le linee del volto e la conformazione della testa denotavano al più alto grado la brutalità e la violenza.

Per verità, se i nostri lettori potessero rappresentarsi un gran molosso pervenuto allo stato d’uomo, il quale andasse passeggiando in pastrano e cappello, avrebbero esattamente un’idea della sua persona.

Era con lui un suo compagno di viaggio, il quale, sotto vari rispetti, formava, per così dire, la sua antitesi. Piccolo, mingherlino, agilissimo nei movimenti al pari

di un gatto, i suoi occhi neri e penetranti avevano un’espressione di curiosità inquieta che ben si addiceva ai lineamenti angolosi della sua faccia. Il suo naso affi-lato e prominente si spingeva innanzi, quasi fosse avido di ficcarsi da per tutto. I suoi rari capelli erano diligente-mente ravviati sopra la fronte; ogni atto o gesto di lui ri-velava l’uomo sospettoso e maligno.

L’omaccione afferrò un gran bicchiere, lo empì a metà, e lo tracannò d’un sorso; il suo piccolo compagno si rizzò sulla punta dei piedi, e girando or di qua or di là il capo, fiutò le bottiglie; poi, con aria circospetta e con voce esile e tremolante, ordinò del rosolio di menta. Quando questa bevanda gli fu mesciuta, egli la prese, la esaminò con aria di compiacenza a guisa d’uomo il qua-le si compiace d’aver fatto quel che desiderava appunto di fare, e si dispose a sorbirla da vero intelligente.

— Per questa volta, ecco quel che si può dire aver fortuna. Come va, Loker? — disse Haley inoltrandosi e stendendo all’omaccione la mano.

— Per il diavolo! Che cosa vi conduce qui, Haley? — tale fu la cortese risposta di Loker.

L’ometto che portava il nome di Marks posò il suo bicchiere d’un tratto, e avanzando la testa guardò con viva curiosità il sopraggiunto.

— Davvero, Tom, ecco la miglior fortuna possibile. Io sono in un imbroglio, e bisogna che voi mi aiutiate ad uscirne.

— Uhm! Uhm! Lo credo bene! — brontolò il poco amabile individuo. — Quando siete contento di vedere di un gatto, i suoi occhi neri e penetranti avevano un’espressione di curiosità inquieta che ben si addiceva ai lineamenti angolosi della sua faccia. Il suo naso affi-lato e prominente si spingeva innanzi, quasi fosse avido di ficcarsi da per tutto. I suoi rari capelli erano diligente-mente ravviati sopra la fronte; ogni atto o gesto di lui ri-velava l’uomo sospettoso e maligno.

L’omaccione afferrò un gran bicchiere, lo empì a metà, e lo tracannò d’un sorso; il suo piccolo compagno si rizzò sulla punta dei piedi, e girando or di qua or di là il capo, fiutò le bottiglie; poi, con aria circospetta e con voce esile e tremolante, ordinò del rosolio di menta. Quando questa bevanda gli fu mesciuta, egli la prese, la esaminò con aria di compiacenza a guisa d’uomo il qua-le si compiace d’aver fatto quel che desiderava appunto di fare, e si dispose a sorbirla da vero intelligente.

— Per questa volta, ecco quel che si può dire aver fortuna. Come va, Loker? — disse Haley inoltrandosi e stendendo all’omaccione la mano.

— Per il diavolo! Che cosa vi conduce qui, Haley? — tale fu la cortese risposta di Loker.

L’ometto che portava il nome di Marks posò il suo bicchiere d’un tratto, e avanzando la testa guardò con viva curiosità il sopraggiunto.

— Davvero, Tom, ecco la miglior fortuna possibile. Io sono in un imbroglio, e bisogna che voi mi aiutiate ad uscirne.

— Uhm! Uhm! Lo credo bene! — brontolò il poco amabile individuo. — Quando siete contento di vedere

qualcuno, è certo che avete bisogno di lui. Di che si trat-ta?

— È un vostro amico, costui? Un socio forse? — disse Haley con una certa titubanza.

— Per l’appunto. Ecco, Marks, vi presento il mio an-tico socio di Natchez.

— Lietissimo di fare la vostra conoscenza! — disse Marks tendendogli una mano secca come l’artiglio d’un corvo. — Il signor Haley, credo?

— Egli stesso, signore, — rispose Haley. — E ades-so, signori, per festeggiare il nostro incontro, bisogna ch’io paghi qualche cosa. Ehi, vecchia marmotta, — gri-dò all’oste — dell’acqua calda, zucchero, sigari e acqua-vite a bizzeffe, ma subito. —

Accese le candele, il fuoco ravvivato, i nostri tre de-gni individui si assisero intorno a una tavola ben provvi-sta.

Haley snocciolò un patetico racconto delle sue tribo-lazioni. Loker lo ascoltava in silenzio, con piglio attento e burbero. Marks, che stava componendo con la più gran cura un ponce di suo gusto particolare, alzava di quando in quando gli occhi, e appuntando il naso affila-to e il menaffila-to verso la faccia di Haley, seguiva col più vivo interesse la narrazione di lui.

La fine della storia parve lo divertisse molto, a giudi-carne da certi atti che indicavano un riso a stento repres-so.

— Così dunque vi hanno servito proprio per le feste? Ah, ah, ah! Bisogna convenire che il tiro è ben condotto, qualcuno, è certo che avete bisogno di lui. Di che si trat-ta?

— È un vostro amico, costui? Un socio forse? — disse Haley con una certa titubanza.

— Per l’appunto. Ecco, Marks, vi presento il mio an-tico socio di Natchez.

— Lietissimo di fare la vostra conoscenza! — disse Marks tendendogli una mano secca come l’artiglio d’un corvo. — Il signor Haley, credo?

— Egli stesso, signore, — rispose Haley. — E ades-so, signori, per festeggiare il nostro incontro, bisogna ch’io paghi qualche cosa. Ehi, vecchia marmotta, — gri-dò all’oste — dell’acqua calda, zucchero, sigari e acqua-vite a bizzeffe, ma subito. —

Accese le candele, il fuoco ravvivato, i nostri tre de-gni individui si assisero intorno a una tavola ben provvi-sta.

Haley snocciolò un patetico racconto delle sue tribo-lazioni. Loker lo ascoltava in silenzio, con piglio attento e burbero. Marks, che stava componendo con la più gran cura un ponce di suo gusto particolare, alzava di quando in quando gli occhi, e appuntando il naso affila-to e il menaffila-to verso la faccia di Haley, seguiva col più vivo interesse la narrazione di lui.

La fine della storia parve lo divertisse molto, a giudi-carne da certi atti che indicavano un riso a stento repres-so.

— Così dunque vi hanno servito proprio per le feste? Ah, ah, ah! Bisogna convenire che il tiro è ben condotto,

— diss’egli.

— Il commercio di codesti piccini mette sempre nell’imbroglio, — soggiunse mestamente Haley.

— Se potessimo trovare una razza di femmine che non fossero così tenere de’loro bamboli, in fede mia sa-rebbe questa la migliore delle scoperte, — disse Marks, accompagnando d’un riso di compiacenza questa sua ar-guzia.

— In verità, — osservò Haley — io per me non ci ho capito mai nulla. Questi bimbi non arrecano mai loro che fastidi; si potrebbe credere per conseguenza ch’esse dovessero esser contente di sbarazzarsene; niente affat-to: anzi, più quelli son loro cagione di affanno, più esse voglion loro un bene matto.

— È vero, signor Haley! — disse Marks. — Favori-temi dell’acqua calda. Sì, è per l’appunto come voi dite. Vedete: io, quando ero negli affari, comprai una giova-ne, robusta, graziosa e molto intelligente. Ella aveva un piccino che era miseramente infermiccio, gobbo, o poco meno. Non sapendo che cosa farne, lo diedi ad un uomo, il quale, visto che il piccino non gli costava nulla, volle pure allevarlo a suo rischio e pericolo. Io non mi sarei mai immaginato che la femmina avesse a trovare da ridire in proposito. Ma, Dio buono, se l’aveste vedu-ta! Si sarebbe detto ch’ella teneva in maggior pregio il fanciullo, appunto perché era cagionevole, piagnolone, e la tormentava di continuo. E non c’era mica nulla d’infinto; perché ella si pose a piangere e a deperire, come se avesse perduto ogni cosa ai mondo. Vi dico io — diss’egli.

— Il commercio di codesti piccini mette sempre nell’imbroglio, — soggiunse mestamente Haley.

— Se potessimo trovare una razza di femmine che non fossero così tenere de’loro bamboli, in fede mia sa-rebbe questa la migliore delle scoperte, — disse Marks, accompagnando d’un riso di compiacenza questa sua ar-guzia.

— In verità, — osservò Haley — io per me non ci ho capito mai nulla. Questi bimbi non arrecano mai loro che fastidi; si potrebbe credere per conseguenza ch’esse dovessero esser contente di sbarazzarsene; niente affat-to: anzi, più quelli son loro cagione di affanno, più esse voglion loro un bene matto.

— È vero, signor Haley! — disse Marks. — Favori-temi dell’acqua calda. Sì, è per l’appunto come voi dite. Vedete: io, quando ero negli affari, comprai una giova-ne, robusta, graziosa e molto intelligente. Ella aveva un piccino che era miseramente infermiccio, gobbo, o poco meno. Non sapendo che cosa farne, lo diedi ad un uomo, il quale, visto che il piccino non gli costava nulla, volle pure allevarlo a suo rischio e pericolo. Io non mi sarei mai immaginato che la femmina avesse a trovare da ridire in proposito. Ma, Dio buono, se l’aveste vedu-ta! Si sarebbe detto ch’ella teneva in maggior pregio il fanciullo, appunto perché era cagionevole, piagnolone, e la tormentava di continuo. E non c’era mica nulla d’infinto; perché ella si pose a piangere e a deperire, come se avesse perduto ogni cosa ai mondo. Vi dico io

che era una cosa strana il vederla. Coteste femmine avranno sempre dunque di tali idee per il capo?

— Ebbene, a me è accaduto precisamente lo stesso, — disse Haley. — L’estate scorsa mi procurai una gio-vane, la quale aveva un fanciullino molto gentile, i cui occhi erano sfavillanti al pari dei vostri: ma quando mi diedi ad esaminarli, m’accorsi che il piccino era cieco, cieco del tutto. Pensai dunque ch’era meglio me ne di-sfacessi senza dir nulla; il danno non era considerevole: io l’avevo cambiato con un barile di whisky. Ma quando volli pigliarlo, la madre diventò furiosa come una tigre. Il fatto accadeva prima della partenza; i miei schiavi non erano ancora incatenati. Eccola dunque che salta so-pra una balla di cotone, strappa un coltello di mano a un marinaro, e fa indietreggiar tutti in un istante. Ma quan-do ella vide che tutto ciò a nulla giovava, si voltò d’improvviso, e, col figliuolo nelle braccia, si gettò a capo in giù nel fiume: e nessuno l’ha mai più riveduta.

— Eh, via, — disse Loker, il quale aveva udito que-sti racconti con mal celato disprezzo — voi, signori, non sapete pigliar le cose per il loro verso! Le mie donne non mi fanno mai siffatte scene, ve lo dico io.

— Davvero? E in qual modo le pigliate, dunque? — disse Marks vivamente.

— Come faccio, volete dire? Ebbene, io, allorché compro una giovane schiava, se ella ha qualche bimbo che sia da vendere, me le pongo dinanzi, e messole il pugno sotto il naso le dico:

«— Guarda bene, se tu fai una parola più alta che era una cosa strana il vederla. Coteste femmine avranno sempre dunque di tali idee per il capo?

— Ebbene, a me è accaduto precisamente lo stesso, — disse Haley. — L’estate scorsa mi procurai una gio-vane, la quale aveva un fanciullino molto gentile, i cui occhi erano sfavillanti al pari dei vostri: ma quando mi diedi ad esaminarli, m’accorsi che il piccino era cieco, cieco del tutto. Pensai dunque ch’era meglio me ne di-sfacessi senza dir nulla; il danno non era considerevole: io l’avevo cambiato con un barile di whisky. Ma quando volli pigliarlo, la madre diventò furiosa come una tigre. Il fatto accadeva prima della partenza; i miei schiavi non erano ancora incatenati. Eccola dunque che salta so-pra una balla di cotone, strappa un coltello di mano a un marinaro, e fa indietreggiar tutti in un istante. Ma quan-do ella vide che tutto ciò a nulla giovava, si voltò d’improvviso, e, col figliuolo nelle braccia, si gettò a capo in giù nel fiume: e nessuno l’ha mai più riveduta.

— Eh, via, — disse Loker, il quale aveva udito que-sti racconti con mal celato disprezzo — voi, signori, non sapete pigliar le cose per il loro verso! Le mie donne non mi fanno mai siffatte scene, ve lo dico io.

— Davvero? E in qual modo le pigliate, dunque? — disse Marks vivamente.

— Come faccio, volete dire? Ebbene, io, allorché compro una giovane schiava, se ella ha qualche bimbo che sia da vendere, me le pongo dinanzi, e messole il pugno sotto il naso le dico:

dell’altra, io ti rompo la testa... Non vo’ ascoltar niente, io, no, niente! —

«Poi seguito a dirle: «— Questo piccino è mio e non tuo, e tu non hai da spartir nulla con esso. Alla prima occasione lo venderò: e tu, femmina, non stare a far pia-gnistei, o ch’io ti farò desiderare di non esser mai nata.

«In questa maniera esse vedon subito alla prima che le mie non son minacce da burla, e tosto divengono mute come tanti pesci; se poi una di loro si da a guaire, allora... —

Loker lasciò cadere il suo pugno chiuso, in modo da spiegare abbastanza quella sua, reticenza.

— Ecco una cosa singolarmente espressiva! — os-servò allora Marks, toccando Haley col gomito e repri-mendo a fatica un certo suo riso beffardo. — Davvero, il nostro Tom è una specialità nel suo genere. In fede mia, gli è un uomo da farsi comprendere; e benché questi ne-gri abbiano sempre la testa, dura, son certo che essi san-no quel che voi volete dire loro. Per fermo, se voi san-non siete il diavolo, Tom, gli siete fratello carnale, potete dirlo per vostra gloria! —

Tom accolse il complimento con aria modesta, e di-ventò tanto affabile quanto lo comportava la sua natura di molosso.

Haley, il quale aveva libato copiosamente, sentì ben presto un certo sviluppo operarsi nelle sue facoltà mora-li; fenomeno poco straordinario, negli uomini gravi e ri-flessivi, in circostanze simili.

dell’altra, io ti rompo la testa... Non vo’ ascoltar niente, io, no, niente! —

«Poi seguito a dirle: «— Questo piccino è mio e non tuo, e tu non hai da spartir nulla con esso. Alla prima occasione lo venderò: e tu, femmina, non stare a far pia-gnistei, o ch’io ti farò desiderare di non esser mai nata.

«In questa maniera esse vedon subito alla prima che le mie non son minacce da burla, e tosto divengono mute come tanti pesci; se poi una di loro si da a guaire, allora... —

Loker lasciò cadere il suo pugno chiuso, in modo da spiegare abbastanza quella sua, reticenza.

— Ecco una cosa singolarmente espressiva! — os-servò allora Marks, toccando Haley col gomito e repri-mendo a fatica un certo suo riso beffardo. — Davvero, il