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PROPRIETARIO.

Sul finire di una giornata nebbiosa un viaggiatore smontava da cavallo alla porta della piccola locanda del villaggio di N... nel Kentucky.

Una comitiva oltremodo svariata era raccolta nella sala d’ingresso; il cattivo tempo aveva tratto là gran nu-mero d’ospiti, e il luogo presentava la solita scena di tali radunanze.

Kentuckiesi d’alta statura, muscolosi e tarchiati, in abito da caccia, avvezzi a scorrere, vagando liberamen-te, il loro vasto territorio, con quel fare sbadato e legge-ro plegge-roprio della lolegge-ro razza; fucili, borsette da polvere e da pallini, carniere, cani da caccia e piccoli negri, il tut-to messo alla rinfusa in un cantut-to, tali erano i tratti prin-cipali del quadro. Davanti al fuoco era seduto un gentle-man con le gambe lunghe, che si tentennava sulla seg-giola, col cappello in testa, e appoggiava con atto super-bo i tacchi dei suoi stivali inzaccherati sul camino, posi-tura che piace ai frequentatori delle taverne dell’Ovest, come quella più favorevole alle riflessioni.

Dietro il banco stavasene l’oste, il quale, come la

XI.

MANIFESTAZIONI DELLA

PROPRIETÀ CONTRO IL

PROPRIETARIO.

Sul finire di una giornata nebbiosa un viaggiatore smontava da cavallo alla porta della piccola locanda del villaggio di N... nel Kentucky.

Una comitiva oltremodo svariata era raccolta nella sala d’ingresso; il cattivo tempo aveva tratto là gran nu-mero d’ospiti, e il luogo presentava la solita scena di tali radunanze.

Kentuckiesi d’alta statura, muscolosi e tarchiati, in abito da caccia, avvezzi a scorrere, vagando liberamen-te, il loro vasto territorio, con quel fare sbadato e legge-ro plegge-roprio della lolegge-ro razza; fucili, borsette da polvere e da pallini, carniere, cani da caccia e piccoli negri, il tut-to messo alla rinfusa in un cantut-to, tali erano i tratti prin-cipali del quadro. Davanti al fuoco era seduto un gentle-man con le gambe lunghe, che si tentennava sulla seg-giola, col cappello in testa, e appoggiava con atto super-bo i tacchi dei suoi stivali inzaccherati sul camino, posi-tura che piace ai frequentatori delle taverne dell’Ovest, come quella più favorevole alle riflessioni.

maggior parte dei suoi compaesani, era alto di statura, di buona indole, di forme non molto belle, con una gran capigliatura ed un enorme cappello in testa. Chi avesse percorso la sala con lo sguardo, si sarebbe accorto che ciascuno di quegli uomini portava in capo un emblema del suo carattere, ed era il modo di mettere il cappello. Fosse un cappello di feltro o di foglie di palma, di casto-ro o di seta, il modo in cui era messo sulla testa dava la nota caratteristica di ciascun individuo.

Alcuni lo portavano libertinamente inclinato sull’orecchio, ed erano i bontemponi, i gaudenti, nemici delle cerimonie; altri lo avevano calcato fin sul naso, ed erano i caratteri fermi, arditi, uomini insomma che por-tavano il cappello perché volevano portarlo, e portarlo a modo loro. Ve ne erano vari che lo portavano all’indie-tro, ed erano uomini svegli ed accorti che volevano ve-der chiaro da lungi, mentre gli uomini spensierati, che poco si curavano del cappello, se lo mettevano in capo come andava andava.

Parecchi negri dalle ampie brache, i cui movimenti non erano impacciati da altre vesti, facevano un conti-nuo andare e venire nella sala, senza che tanta alacrità producesse alcun notevole resultato. Ad ogni modo essa dimostrava un gran desiderio di mettere tutto sossopra nel mondo a vantaggio del padrone e dei suoi ospiti. Aggiungasi a cotesto quadro un fuoco allegro e scop-piettante in un vastissimo camino, una porta e varie fi-nestre tutte spalancate delle quali un vento umido e freddo faceva svolazzare le cortine, e avrete un’idea maggior parte dei suoi compaesani, era alto di statura, di buona indole, di forme non molto belle, con una gran capigliatura ed un enorme cappello in testa. Chi avesse percorso la sala con lo sguardo, si sarebbe accorto che ciascuno di quegli uomini portava in capo un emblema del suo carattere, ed era il modo di mettere il cappello. Fosse un cappello di feltro o di foglie di palma, di casto-ro o di seta, il modo in cui era messo sulla testa dava la nota caratteristica di ciascun individuo.

Alcuni lo portavano libertinamente inclinato sull’orecchio, ed erano i bontemponi, i gaudenti, nemici delle cerimonie; altri lo avevano calcato fin sul naso, ed erano i caratteri fermi, arditi, uomini insomma che por-tavano il cappello perché volevano portarlo, e portarlo a modo loro. Ve ne erano vari che lo portavano all’indie-tro, ed erano uomini svegli ed accorti che volevano ve-der chiaro da lungi, mentre gli uomini spensierati, che poco si curavano del cappello, se lo mettevano in capo come andava andava.

Parecchi negri dalle ampie brache, i cui movimenti non erano impacciati da altre vesti, facevano un conti-nuo andare e venire nella sala, senza che tanta alacrità producesse alcun notevole resultato. Ad ogni modo essa dimostrava un gran desiderio di mettere tutto sossopra nel mondo a vantaggio del padrone e dei suoi ospiti. Aggiungasi a cotesto quadro un fuoco allegro e scop-piettante in un vastissimo camino, una porta e varie fi-nestre tutte spalancate delle quali un vento umido e freddo faceva svolazzare le cortine, e avrete un’idea

completa della gaiezza d’una locanda del Kentucky. Il kentuckiese dei tempi nostri è una prova vivente della trasmissione degl’istinti e delle singolarità caratte-ristiche di una razza. I padri suoi erano grandi cacciatori che vivevano nei boschi, dormivano sotto la libera volta del cielo, e non avevano altra lampada che le stelle; e il loro discendente fino ad oggidì opera ancora come se la sua casa fosse un campo: ha sempre il cappello in testa, si getta e si sdraia sulla prima suppellettile che trova, e mette i calcagni sulla spalliera delle seggiole o sul cami-no, appunto come i suoi padri si gettavano sull’erba e appoggiavano i talloni ai tronchi d’alberi.

Bisogna, inverno o estate, che tutte le finestre e gli usci siano spalancati per dare aria sufficiente ai suoi lar-ghi polmoni. Con una incurante bonomia e senz’ombra di superbia egli da del forestiero a chiunque gli capita fra i piedi. Egli è finalmente il più franco, il più sincero, il più gioviale degli uomini.

In questa adunanza di gente buona ed allegra s’intro-dusse il nostro viaggiatore. Era questi un uomo di una certa età, basso di statura, ben vestito, col volto gaio e rotondo; in tutta la persona aveva qualche cosa di sim-patico e di originale. Egli sembrava molto preoccupato per la sua valigia e per il suo ombrello, che portò con le sue proprie mani, dopo avere pertinacemente resistito a tutte le offerte che i vari servi gli facevano di togliergli quell’impaccio.

Volse intorno alla sala uno sguardo inquieto, e racco-gliendosi con le sue robe nell’angolo più caldo, posò la completa della gaiezza d’una locanda del Kentucky.

Il kentuckiese dei tempi nostri è una prova vivente della trasmissione degl’istinti e delle singolarità caratte-ristiche di una razza. I padri suoi erano grandi cacciatori che vivevano nei boschi, dormivano sotto la libera volta del cielo, e non avevano altra lampada che le stelle; e il loro discendente fino ad oggidì opera ancora come se la sua casa fosse un campo: ha sempre il cappello in testa, si getta e si sdraia sulla prima suppellettile che trova, e mette i calcagni sulla spalliera delle seggiole o sul cami-no, appunto come i suoi padri si gettavano sull’erba e appoggiavano i talloni ai tronchi d’alberi.

Bisogna, inverno o estate, che tutte le finestre e gli usci siano spalancati per dare aria sufficiente ai suoi lar-ghi polmoni. Con una incurante bonomia e senz’ombra di superbia egli da del forestiero a chiunque gli capita fra i piedi. Egli è finalmente il più franco, il più sincero, il più gioviale degli uomini.

In questa adunanza di gente buona ed allegra s’intro-dusse il nostro viaggiatore. Era questi un uomo di una certa età, basso di statura, ben vestito, col volto gaio e rotondo; in tutta la persona aveva qualche cosa di sim-patico e di originale. Egli sembrava molto preoccupato per la sua valigia e per il suo ombrello, che portò con le sue proprie mani, dopo avere pertinacemente resistito a tutte le offerte che i vari servi gli facevano di togliergli quell’impaccio.

Volse intorno alla sala uno sguardo inquieto, e racco-gliendosi con le sue robe nell’angolo più caldo, posò la

valigia e l’ombrello sotto la sua sedia, si sedette, e si mise a guardare con una cert’aria di apprensione l’alto individuo, i cui stivali, pareva fossero gli alari del cami-no, e che spurgava a destra e a sinistra con tale energia, da inquietare un uomo di nervi delicati.

— Dite un po’, forestiero, state bene? — domandò il signore di cui sopra abbiamo fatto la descrizione, lan-ciando vigorosamente, come saluto cortese, il sugo del tabacco masticato.

— Non c’è male, — rispose l’ometto arretrandosi un poco, sconcertato dall’onore di cui era minacciato.

— E che nuove abbiamo? — riprese il suo interlocu-tore, estraendo di tasca un rotoletto di tabacco ed un lungo coltello.

— Nessuna, ch’io sappia.

— Masticate, voi? — disse il primo, porgendo al nuovo venuto un pezzo di tabacco in modo veramente fraterno.

— Grazie, no; non è cosa che mi si confaccia, — ri-spose questi, ritraendosi un poco.

— No, eh? — fece l’altro con aria indifferente, met-tendosi in bocca il tabacco per averne sempre una buona provvisione a benefizio della radunanza.

E vedendo che il vecchietto aveva una scossa ogni volta che egli sputava, il brav’uomo si volse tranquilla-mente da un altro lato, e si diede a fulminar dei suoi tiri uno degli alari, con tale abilità guerresca, che sarebbe stata sufficiente ad espugnare una città.

— Che cosa c’è? — disse il vecchio signore vedendo valigia e l’ombrello sotto la sua sedia, si sedette, e si mise a guardare con una cert’aria di apprensione l’alto individuo, i cui stivali, pareva fossero gli alari del cami-no, e che spurgava a destra e a sinistra con tale energia, da inquietare un uomo di nervi delicati.

— Dite un po’, forestiero, state bene? — domandò il signore di cui sopra abbiamo fatto la descrizione, lan-ciando vigorosamente, come saluto cortese, il sugo del tabacco masticato.

— Non c’è male, — rispose l’ometto arretrandosi un poco, sconcertato dall’onore di cui era minacciato.

— E che nuove abbiamo? — riprese il suo interlocu-tore, estraendo di tasca un rotoletto di tabacco ed un lungo coltello.

— Nessuna, ch’io sappia.

— Masticate, voi? — disse il primo, porgendo al nuovo venuto un pezzo di tabacco in modo veramente fraterno.

— Grazie, no; non è cosa che mi si confaccia, — ri-spose questi, ritraendosi un poco.

— No, eh? — fece l’altro con aria indifferente, met-tendosi in bocca il tabacco per averne sempre una buona provvisione a benefizio della radunanza.

E vedendo che il vecchietto aveva una scossa ogni volta che egli sputava, il brav’uomo si volse tranquilla-mente da un altro lato, e si diede a fulminar dei suoi tiri uno degli alari, con tale abilità guerresca, che sarebbe stata sufficiente ad espugnare una città.

che una parte della società erasi aggruppata davanti a un cartello.

— I connotati d’un negro, — gli fu risposto.

Il signor Wilson, tale era il nome di quell’omiciatto-lo, si rizzò in piedi, e dopo avere con grande attenzione messo in luogo sicuro la valigia e l’ombrello, trasse dal taschino i suoi occhiali, ed inforcatili sul naso lesse ciò che segue:

«È fuggito dalla casa del sottoscritto il mulatto per nome Giorgio. Il detto Giorgio è un giovane alto sei pie-di; la sua tinta è molto chiara; ha capelli biondi e ricciu-ti; egli è intelligentissimo, parla bene, sa leggere e scri-vere; probabilmente si farà passare per bianco. Il suo dorso e le sue spalle hanno profonde cicatrici, e nella sua mano destra è marcato con la lettera H.

Darò quattrocento dollari a chi me lo riconduca vivo, ed ugual somma a chi mi dia prove sodisfacenti ch’esso è stato ucciso.»

Il vecchio gentleman lesse questo avviso da cima a fondo con voce bassa, come se avesse voluto impararlo a memoria.

L’uomo dalle lunghe gambe, di cui esponemmo le non troppo eleganti abitudini, si alzò anch’egli in piedi quant’era alto, e avvicinatesi all’avviso lo coperse d’una vera scarica di sugo di tabacco.

— Ecco la mia opinione su ciò, — diss’egli con pla-cidezza, e tornò a sedersi.

— Ehi, ehi! Amico, che fate mai? — disse l’oste. — Farei lo stesso in viso all’autore di questo foglio, che una parte della società erasi aggruppata davanti a un cartello.

— I connotati d’un negro, — gli fu risposto.

Il signor Wilson, tale era il nome di quell’omiciatto-lo, si rizzò in piedi, e dopo avere con grande attenzione messo in luogo sicuro la valigia e l’ombrello, trasse dal taschino i suoi occhiali, ed inforcatili sul naso lesse ciò che segue:

«È fuggito dalla casa del sottoscritto il mulatto per nome Giorgio. Il detto Giorgio è un giovane alto sei pie-di; la sua tinta è molto chiara; ha capelli biondi e ricciu-ti; egli è intelligentissimo, parla bene, sa leggere e scri-vere; probabilmente si farà passare per bianco. Il suo dorso e le sue spalle hanno profonde cicatrici, e nella sua mano destra è marcato con la lettera H.

Darò quattrocento dollari a chi me lo riconduca vivo, ed ugual somma a chi mi dia prove sodisfacenti ch’esso è stato ucciso.»

Il vecchio gentleman lesse questo avviso da cima a fondo con voce bassa, come se avesse voluto impararlo a memoria.

L’uomo dalle lunghe gambe, di cui esponemmo le non troppo eleganti abitudini, si alzò anch’egli in piedi quant’era alto, e avvicinatesi all’avviso lo coperse d’una vera scarica di sugo di tabacco.

— Ecco la mia opinione su ciò, — diss’egli con pla-cidezza, e tornò a sedersi.

— Ehi, ehi! Amico, che fate mai? — disse l’oste. — Farei lo stesso in viso all’autore di questo foglio,

se egli fosse qui, — disse il lungo individuo, e tranquil-lamente ricominciò a tagliar del tabacco. — Chiunque possiede un giovane come questo, e non lo tratta me-glio, è degno di perderlo. Tali avvisi sono una vergogna per il Kentucky. Ecco quello che io penso, se c’è qual-cuno che ha voglia di saperlo.

— Va bene; — disse l’oste registrando alcun che nel suo libro.

— Io pure ho una buona frotta di negri, — soggiunse l’uomo alto, rinnovando l’assalto contro un alare del ca-mino — e dico loro:

«— Figliuoli miei, potete fuggirvene e andar dove meglio vi aggrada; non abbiate paura ch’io vi corra die-tro. —

«Ecco il modo con cui io li tengo. Fate che sappiano d’esser liberi di fuggire in ogni tempo, e ciò ne toglie loro il desiderio. Inoltre, le loro lettere d’emancipazione sono fatte e registrate per il caso in cui la mia barca ve-nisse a capovolgersi uno di questi giorni, ed essi ben lo sanno. Posso accertarvi, amico, che non c’è alcuno in queste parti i cui negri lavorino più dei miei. Venti volte li spedii a Cincinnati, con puledri che valevano più di cinquecento dollari; essi tornarono diritti come frecce, portandomi il denaro. Trattateli da cani, e da cani saran-no le loro azioni. Trattateli da uomini, e da uomini sa-ranno le loro opere. —

E l’onesto negoziante di cavalli, che tale era la sua professione, nel calore del ragionamento avvalorò quell’esposizione di principii morali con un vero getto se egli fosse qui, — disse il lungo individuo, e tranquil-lamente ricominciò a tagliar del tabacco. — Chiunque possiede un giovane come questo, e non lo tratta me-glio, è degno di perderlo. Tali avvisi sono una vergogna per il Kentucky. Ecco quello che io penso, se c’è qual-cuno che ha voglia di saperlo.

— Va bene; — disse l’oste registrando alcun che nel suo libro.

— Io pure ho una buona frotta di negri, — soggiunse l’uomo alto, rinnovando l’assalto contro un alare del ca-mino — e dico loro:

«— Figliuoli miei, potete fuggirvene e andar dove meglio vi aggrada; non abbiate paura ch’io vi corra die-tro. —

«Ecco il modo con cui io li tengo. Fate che sappiano d’esser liberi di fuggire in ogni tempo, e ciò ne toglie loro il desiderio. Inoltre, le loro lettere d’emancipazione sono fatte e registrate per il caso in cui la mia barca ve-nisse a capovolgersi uno di questi giorni, ed essi ben lo sanno. Posso accertarvi, amico, che non c’è alcuno in queste parti i cui negri lavorino più dei miei. Venti volte li spedii a Cincinnati, con puledri che valevano più di cinquecento dollari; essi tornarono diritti come frecce, portandomi il denaro. Trattateli da cani, e da cani saran-no le loro azioni. Trattateli da uomini, e da uomini sa-ranno le loro opere. —

E l’onesto negoziante di cavalli, che tale era la sua professione, nel calore del ragionamento avvalorò quell’esposizione di principii morali con un vero getto

di fuochi artificiali contro il camino.

— Io penso, amico, che abbiate ragione: — disse il signor Wilson — il giovane di cui abbiamo or ora letto i connotati, è persona di merito senza alcun dubbio. La-vorò sei anni nella mia fabbrica, ed era il più bravo ope-raio che avessi. È un uomo ingegnosissimo: egli inventò una macchina da purgar la canapa, che è una maraviglia. Si adopera in molte fabbriche, ed il padrone di lui ne ha il brevetto.

— E di certo, — disse l’uomo alto — egli ha il bre-vetto, intasca i guadagni e marca l’inventore con un fer-ro fer-rovente. Se io ne avessi l’occasione, vorrei marcar lui, ve lo accerto, in modo che se ne ricordasse per un pezzo.

— Questi vostri giovani saccenti sono sempre indo-cili e restii; — disse un uomo d’aspetto grossolano, dall’altra parte della sala — ecco perché sono marcati e coperti di cicatrici. Se si portassero bene, non ne avreb-bero.

— Vale a dire, — soggiunse l’individuo dalle gambe lunghe — che Iddio li fece uomini, e che è una dura fac-cenda il mutarli in bestie.

— In fin dei conti, questi negri scelti non sono di un grand’utile ai loro padroni, — riprese l’altro, così ben trincerato nella sua stupidezza goffa e triviale, da non sentire il disprezzo del suo interlocutore. — A che ser-vono i loro talenti e tutte queste belle cose, se non potete usarne voi stessi? Costoro se ne servono solo per ingan-narvi. Io avevo uno o due di questi negri, e mi sono af-di fuochi artificiali contro il camino.

— Io penso, amico, che abbiate ragione: — disse il signor Wilson — il giovane di cui abbiamo or ora letto i connotati, è persona di merito senza alcun dubbio. La-vorò sei anni nella mia fabbrica, ed era il più bravo ope-raio che avessi. È un uomo ingegnosissimo: egli inventò una macchina da purgar la canapa, che è una maraviglia. Si adopera in molte fabbriche, ed il padrone di lui ne ha il brevetto.

— E di certo, — disse l’uomo alto — egli ha il bre-vetto, intasca i guadagni e marca l’inventore con un fer-ro fer-rovente. Se io ne avessi l’occasione, vorrei marcar lui, ve lo accerto, in modo che se ne ricordasse per un pezzo.

— Questi vostri giovani saccenti sono sempre