Nel primo pomeriggio di un giorno estivo, con buone condizioni meteorologiche, una piccola unità da diporto presa a noleggio effettuava una gita nelle acque costiere di una nota località turistica. A bordo dell’unità erano presenti il conduttore dell’unità e tre passeggeri.
Nel corso della navigazione, il natante veniva sorpassato da una grossa imbarcazio-ne che, a causa dell’alta velocità, provocava un’onda di grandi dimensioni, che face-va rollare e beccheggiare il piccolo natante.
Uno dei passeggeri, seduto in maniera precaria su uno dei bordi del natante, a seguito dell’improvviso rollio della barca cadeva in mare, andando ad urtare l’elica del natante con la gamba destra, e riportandone una ferita estesa e profonda.
L’infortunato veniva recuperato e soccorso con i mezzi di bordo e successivamente imbarcato sulla motovedetta della Guardia Costiera chiamata in soccorso.
L’inchiesta effettata dalle Autorità marittime attribuiva la responsabilità dell’infortunio alla inesperienza del conduttore nel gestire sia la conduzione del natante che la cor-retta sistemazione dei passeggeri a bordo.
5. Analisi conclusiva e proposte
Come si è avuto moto di evidenziare nei precedenti paragrafi, le cadute da livello e su livello costituiscono oltre la metà di tutti gli infortuni registrati sulle navi di bandie-ra Italiana. Di questi, circa il 60% sono conseguenza di scivolate e cadute su livello, mentre il restante 40% è conseguenza delle cadute da livello che però, in termini di giornate liquidate, rappresentano circa la metà di quanto riconosciuto complessiva-mente per le cadute in genere.
Non vengono, inoltre, registrate particolari differenze, ai fini dell’incidenza sulle cadu-te, tra le fasi in porto e quelle in navigazione né risulta particolarmente rilevancadu-te, sulle navi “Maggiori”, la presenza dei moti ondosi provocati da condizioni meteorologiche avverse.
In relazione alla gravità degli infortuni, si osservi comunque che - da un punto di vista generale - soltanto una piccola percentuale degli infortuni conseguenza delle cadu-te possono essere classificacadu-te come gravi o molto gravi. Infatti, circa la metà di tali infortuni, da un punto di vista generale, è senza postumi mentre un’ulteriore 40% è caratterizzato da postumi di scarsa o modesta gravità con inabilità inferiore al 15%.
Analizzando, però, la gravità delle conseguenze delle cadute in relazione alla tipolo-gia di naviglio su cui si sono verificati gli infortuni, si rileva che le unità “Minori” (le imbarcazioni da diporto e le imbarcazioni della “Piccola Pesca”) si discostano in parte dai dati generali sopra esposti, in quanto presentano percentuali dell’indice di gravità diversi da quelli medi. In effetti, si registra un notevole incremento delle cadute in mare (che purtroppo a volte provocano la morte del marittimo) nella categoria delle imbar-cazioni della “Piccola Pesca”, che nel 2007 ha registrato un indice di mortalità pari al 9% (dati INAIL); inoltre è stato registrato un allarmante valore dell’indice di mortalità per le imbarcazioni da diporto, con una percentuale di ben oltre il 22% degli infortuni mortali causati da cadute dall’alto e da livello (dati MIT e Capitaneria di Porto).
Appare pertanto essenziale - per poter comprendere le cause degli infortuni conse-guenza delle cadute oltre che per poter individuare proposte utili per ridurre sia gli infortuni più gravi sia quelli più ricorrenti - distinguere, come esposto nei seguenti paragrafi, tra il naviglio “Maggiore” (Navi Passeggeri, Navi da Carico, ecc.), il navi-glio “Speciale” (Rimorchiatori, Supply Vessel, ecc.) ed il navinavi-glio “Minore”, tra cui le Imbarcazioni da diporto e le imbarcazioni della “Piccola Pesca”.
5.1 Analisi dei casi più gravi e di quelli ricorrenti ed individuazione delle possibili cause
Alla luce di quanto esposto nel paragrafo precedente, si ritiene utile distinguere tra le cause conseguenza delle cadute occorse sulle navi “Maggiori” e quelle occorse invece sulle Imbarcazioni da diporto e sulle imbarcazioni della “Piccola Pesca”.
In particolare, si rileva che le cadute dall’alto rappresentano sulle navi passeggeri il 66,9% delle cadute, in genere risultando preponderanti anche sulle navi da carico e sul naviglio “Speciale” (Rimorchiatori, Supply Vessel, ecc.), sebbene, in queste ulti-me due categorie, l’incidenza degli scivolaulti-menti e delle cadute su livello siano con-frontabili con quelle delle cadute dall’alto. Tale circostanza, come anche desumibile dai casi anonimi riportati nel paragrafo 4.7, si ritiene possa essere giustificata dal fatto che le navi passeggeri risultano caratterizzate dall’avere molteplici scale che collegano ponti esterni spesso bagnati a causa del mare e delle condizioni meteo-rologiche incontrate. Analogamente accade per le navi da carico e per quelle appar-tenenti al naviglio “Speciale” che, invece, pur avendo meno ponti e quindi meno scale rispetto alle navi passeggeri, presentano a volte scale a tarozzi per l’accesso ai locali o comunque con pendenze più impegnative, oltre a maggiori ostacoli (mastre, tubazioni, ecc.) presenti sui ponti. In relazione alle conseguenze delle cadu-te per tali cacadu-tegorie di navi, si rileva che, come anche evidenziato in precedenza, detti infortuni sono generalmente di modesta gravità comportando, per oltre il 60%
dei casi, abrasioni, escoriazioni e contusioni (dati INAIL) che probabilmente potreb-bero essere ridotte, o quantomeno mitigate, qualora gli ostacoli ed i pericoli fossero idoneamente segnalati e qualora il personale imbarcato indossasse idonei indumen-ti di protezione individuale.
Sempre in relazione alle navi “Maggiori”, si rileva che anche gli infortuni conseguen-za delle cadute in genere, che provocano fratture e schiacciamento, risultano esse-re alquanto ricoresse-renti e quindi rilevanti come anche evidenziato dal caso riportato nel paragrafo 4.7.1, dal quale si può dedurre che il marittimo ha riportato la frattura di una falange del piede a causa dell’urto della scarpa contro una tubolatura in sala macchine. Tale dinamica, scelta proprio perché rappresentativa di diversi casi regi-strati, consente di stabilire che la frattura del dito del piede avrebbe potuto essere evitata se il marittimo avesse indossato le normali scarpe antinfortunistiche che, essendo dotate di punta rinforzata in acciaio, avrebbero protetto le dita del piede anche in presenza di un forte urto contro un tubo.
In relazione alle unità “Minori”, si rileva, invece, che le cadute da scivolamento o inciampamento allo stesso livello sono, a differenza di quanto accade sulle navi
“Maggiori”, le più ricorrenti risultando essere pari a circa il 90% dei casi per le Imbarcazioni della “Piccola Pesca” (dati INAIL) e per le Imbarcazioni da diporto che, nell’82,14% dei casi, comporta la caduta in mare (dati MIT). Si osservi al riguardo che nel 22,2% dei casi, gli infortuni conseguenza delle cadute in genere portano per le imbarcazioni da diporto al decesso della persona caduta in mare con modalità simi-lari, anche se generalmente meno fortunate, di quelle evidenziate nel paragrafo 4.6.4.
Riguardo le modalità con cui spesso si verifica la caduta in mare sulle imbarcazioni da pesca e su quelle da diporto si osservi come dai due casi esemplificativi riporta-ti nei paragrafi 4.6.2 e 4.6.4, che sono stariporta-ti scelriporta-ti in quanto rappresentariporta-tivi delle modalità più ricorrenti causa dell’infortunio, si evince che in entrambe le situazioni è stata riscontrata una scarsa conoscenza da parte degli equipaggi coinvolti, sia dei rischi connessi rispettivamente all’ammaino delle reti ed alla conduzione della barca sia delle procedure di intervento in caso di emergenza.
In relazione alla tipologia di infortunio conseguenza delle cadute, si rileva che sulle unità “Minori”, le commozioni, le contusioni, le escoriazioni e le abrasioni sono le più ricorrenti con un incidenza del 61,6% (dati MIT). Al riguardo, si ritiene che tali infortu-ni potrebbero essere quantomeno ridotti qualora il personale di bordo indossasse il casco, oltre ad idonei indumenti antinfortunistici di protezione individuale che evite-rebbero o, quantomeno, attenueevite-rebbero le suddette escoriazioni e le abrasioni.
Risulta, infine, essere singolare che gran parte degli infortuni riscontrati sulle unità
“Minori” si verifichino con condizioni meteorologiche favorevoli ed in presenza di ambienti ben illuminati, o da luce viva o da luce artificiale, il che lascia supporre che siano conseguenza di scarsa attenzione o di poca formazione dell’equipaggio come ad esempio riscontrato nei casi ricorrenti relativi alle Imbarcazioni da diporto.
5.2 Confronto tra l’andamento degli infortuni registrati negli anni con l’entrata in vigore di eventuali specifiche normative
Come si può vedere dai diagrammi dell’andamento degli infortuni sia della Banca
Dati dell’INAIL che di quella del MIT, dal 2007 è stato registrato un netto decremen-to degli infortuni che in meno di cinque anni si sono ridotti di quasi un terzo passan-do, da 1488 casi verificatisi nel 2007 a 988 casi del 2011 (Dati INAIL).
Si ritiene che tale circostanza non possa essere casuale in quanto l’andamento della curva del decremento è alquanto costante. Per tale motivo la riduzione degli infortu-ni può essere messa in relazione con l’entrata in vigore del Regolamento n. 336/2006/CE del 15 febbraio 2006 che ha comportato l’applicazione del “Codice internazionale di Gestione della Sicurezza” che tra l’altro è stato esteso, a partire dal 24 marzo 2008, anche a tutte le navi da carico ed a quelle passeggeri per le quali non si applicava l’ISM Code. Tale Regolamento prevede l’obbligo per le navi e per le Società di gestione di sviluppare un Sistema di Gestione della Sicurezza (SMS) che preveda particolari procedure per migliorare la sicurezza a bordo, oltre che per gesti-re le emergenze. Altro fattogesti-re rilevante gesti-relativo all’applicazione dell’SMS è che tra i principi alla base di tale sistema di gestione, c’è quello dell’analisi continua dei sini-stri e degli infortuni che si verificano nell’esercizio della nave, il che consente alla Società che gestisce la nave di modificare le procedure di gestione sia della nave che della Società stessa.
Inutile dire che l’applicazione di un siffatto Sistema, tra l’altro particolarmente effica-ce in quanto controllato in sede di Port State Control (PSC) da ufficiali appartenenti ai diversi Stati di bandiera, risulta essere particolarmente virtuoso in quanto, non solo interviene su specifiche problematiche emerse nell’esercizio della nave, ma soprat-tutto contribuisce nel tempo a modificare la cultura della Sicurezza sia dei marittimi imbarcati sia degli operatori a terra responsabili del reclutamento e della formazione continuativa degli equipaggi.
5.3 Proposte tese a ridurre gli infortuni conseguenza delle cadute da livello e su livello anche alla luce delle normative vigenti in ambito nazionale ed internazionale
Dall’analisi delle normative e delle linee guida emesse in ambito internazionale in relazione ai sinistri marittimi ed agli infortuni sulle navi, si rileva che l’approccio a tali problematiche sta profondamente cambiando in quanto, come anche evidenziato nel Capitolo 2 della presente ricerca, si sta passando dalla “Valutazione” alla
“Gestione” del rischio che - secondo quanto previsto dalle ultime Guidelines del giu-gno 2012 dello IACS -deve essere ridotto ad un livello che sia “il più basso per quan-to ragionevolmente praticabile” (ALARP dall’acronimo inglese “as low as is reasona-bly praticable” ). In questo modo viene implicitamente riconosciuta la pericolosità di alcune tra le attività svolte a bordo delle navi che non sempre è possibile eliminare ma che si dovrà cercare di circoscrivere e soprattutto controllare per evitare le con-seguenze più gravi, cioè quelle che possono portare alla morte o al verificarsi di infortuni gravi e fortemente invalidanti.
Si ritiene pertanto, in linea con quanto previsto in ambito internazionale, che la
stra-tegia da adottare per ridurre gli infortuni sia quella di implementare ed estendere le procedure sulla valutazione e la gestione dei rischi anche a quelle categorie di navi-glio - come ad esempio le navi da diporto, le navi da pesca e le imbarcazioni della
“Piccola Pesca” - per le quali, anche se assoggettate in Italia ai disposti del D.lgs.
271/99, non sono previste specifiche procedure come ad esempio quelle richieste dal Regolamento n. 336/2006/CE del 15 febbraio 2006. Si è visto, infatti, come suc-cessivamente all’introduzione del prima citato Regolamento sia stata registrata una sensibile riduzione degli infortuni ad eccezione di quelle categorie di naviglio, come le imbarcazioni da diporto e le imbarcazioni della “Piccola Pesca” che ne erano escluse.
Un ulteriore aspetto che è emerso dall’analisi degli infortuni ricorrenti riguarda - nei casi in cui la nave è assoggettata al “Codice internazionale di Gestione della Sicurezza” - il mancato o carente aggiornamento professionale del personale marit-timo oltre alla mancata revisione dei “Piani di Sicurezza”. Questi ultimi spesso diven-tano dei manuali da conservare a bordo a cui non viene sempre data la giusta impor-tanza. Infatti i documenti in parola devono essere aggiornati ciclicamente sulla base delle riunioni periodiche di prevenzione e protezione a bordo - previste tra l’altro dal-l’art. 14 del D. Lgs. 271/99 - oltre che delle raccomandazioni delle Autorità marittime e del MIT. Al riguardo è importante mantenere sempre alta la sensibilizzazione del personale preposto al controllo delle unità navali in modo da far sì che venga con-frontata la reale gestione, da parte dell’armatore e dell’equipaggio, della sicurezza a bordo con l’analisi degli infortuni verificatisi. Il coinvolgimento del datore di lavoro è utile ai fini dell’individuazione delle possibili misure di intervento per il miglioramento della prevenzione degli infortuni, la verifica dell’idoneità dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) adottati e la conseguente predisposizione delle eventuali modifiche alle procedure previste dalla revisione del proprio Manuale di Gestione della Sicurezza.
In relazione, invece, all’entità degli infortuni più ricorrenti registrati in conseguenza delle cadute sulle unità “Maggiori”, si rileva che in molti casi gli incidenti sono con-seguenza dell’utilizzo di indumenti di lavoro che non sono idonei alle attività che veni-vano svolte al momento dell’infortunio. Sarà pertanto necessario intervenire sulla sensibilizzazione dei marittimi circa i rischi corsi nel caso in cui non vengano utilizza-ti in modo corretto i Disposiutilizza-tivi di Protezione Individuale, intensificando al contempo anche i controlli a bordo da parte dei Responsabili alla Sicurezza. Inoltre sarebbe auspicabile, oltre che necessario, che vengano quanto prima emanate specifiche normative di riferimento tese a stabilire gli standard minimi a cui devono rispondere i Dispositivi di Protezione Individuale utilizzati in campo navale. In particolare si pensi ad esempio ai giubbotti salvagente che in origine sono stati studiati e quindi realiz-zati per essere indossati in fase di emergenza, ad esempio in caso di abbandono della nave, ma non per essere usati come Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) durante le normali attività lavorative come a volte richiesto da alcuni Manuali di Gestione della Sicurezza per specifiche attività. Considerato, infatti, che lo scopo principale dei giubbotti salvagente è quello di impedire l’annegamento del naufrago,
Giubbotto Salvagente Tradizionale Giubbotto Salvagente Gonfiabile
sono stati realizzati giubbotti che assicurano elevata galleggiabilità del corpo e sostegno fuori dall’acqua della testa del naufrago, ma che risultano generalmente molto ingombranti costituendo quindi un intralcio, qualora utilizzati durante le norma-li attività lavorative. Si pensi ad esempio alla difficoltà per un pescatore di una picco-la imbarcazione da pesca intento a capicco-lare e/o a recuperare le reti con indossata picco-la cerata e il giubbotto salvagente, che tra l’altro è caratterizzato da diverse cinghie e lacci di chiusura che facilmente potrebbero impigliarsi negli argani e nelle reti stes-se. Sarebbe pertanto opportuno che vengano studiati giubbotti salvagente che pos-sano essere adatti alle particolari esigenze lavorative dei marittimi e che siano poco ingombranti e facilmente indossabili, come ad esempio potrebbero essere i giubbot-ti salvagente di giubbot-tipo gonfiabile di cui alla seguente immagine, ma con accorgimengiubbot-ti che ne semplifichino l’uso durante il lavoro (aggancio e sgancio rapido, assenza di legacci, ecc.).
L’adozione di siffatti giubbotti salvagente gonfiabili potrebbe in particolar modo favo-rire l’uso di tali Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) che probabilmente, essen-do di facile e comoessen-do utilizzo, verrebbero più agevolmente inessen-dossati anche durante le normali attività lavorative andando a costituire un valido contrasto al pericolo di annegamento conseguente agli infortuni causati da inciampo e/o da scivolamento con caduta fuori bordo.
In relazione agli infortuni causati dallo scivolamento, che come visto risultano esse-re tra quelli pesse-reponderanti su tutte le diverse tipologie di naviglio, si osservi che, pur non disponendo di dati statistici specifici in quanto non riportati nei questionari river-sati nelle banche dati analizzate, tali infortuni sono sicuramente influenzati dall’ade-renza con il ponte della nave delle calzature utilizzate dai marittimi che, anche in que-sto caso, non sono studiate per un lavoro così specifico come risulta essere quello effettuato a bordo delle navi. Infatti, le scarpe normalmente utilizzate come
Suola tradizionale di Scarpa antinfortunistica
Esempio di Suola Antiscivolo SRC di Scarpa antinfortunistica
Dispositivo di Protezione Individuale (DPI) sulle navi sono quelle con puntale rinfor-zato e suola antistatica di tipo resistente alla penetrazione come quella riportata nella seguente figura.
Non sempre viene infatti previsto, nei Manuali di Gestione della Sicurezza, l’utiliz-zo di calzature che, in aggiunta alle caratteristiche prima menzionate che sono necessarie per proteggere il piede dagli urti causati dalle attività normalmente caratteristiche della industria pesante, siano anche di tipo SRA/SRB/SRC cioè caratterizzate da un’elevata resistenza allo scivolamento come definito dalle Normative EN ISO 20344:2004 e dalla ISO 13287:2012. In particolare si rileva che la stessa normativa ISO 13287:2012 stabilisce le prove a cui devono rispondere le scarpe su diversi tipi di fondo in presenza di liquidi che, però, non sono completa-mente rappresentativi delle condizioni presenti sul ponte di una nave bagnata dal-l’acqua di mare. Sarebbe pertanto consigliabile che vengano predisposti specifici standard tesi ad individuare, e quindi caratterizzare, le prove a cui sottoporre le calzature per essere adoperate sulle navi quali specifici Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) in campo navale.
Analogamente si dovrebbe imporre il trattamento antisdrucciolo dei ponti di coperta esposti al mare, ad esempio verniciando i ponti scoperti con pitture ricche di sabbia, che non sono attualmente definiti da specifici standard essendo soltanto rimandati alla buona pratica di gestione della nave essendo in alcuni casi soltanto richiamati nei manuali di procedure predisposti dalle Società di Gestione ai sensi del Safety Management System (SMS) o richiesti da alcuni noleggiatori. In seguito a tale tratta-mento verrebbe in particolar modo aumentata l’aderenza tra la scarpa e il ponte anche in presenza di acqua rendendo in questo modo più stabile lo spostamento sui ponti esterni dei marittimi anche in condizioni di mare avverso.
Boccaportello con mastra di tipo tradizionale Boccaportello con mastra “a paro” con il ponte
Per quanto riguarda gli infortuni conseguenti all’inciampo, si rileva che anche in que-sto caso non sono disponibili elementi tali da poter consentire un’analisi specifica delle cause che hanno generato la suddetta tipologia di infortunio, anche se risulta alquanto evidente che le cause sono da ricercare nella presenza di notevoli ostaco-li presenti su una nave quaostaco-li ad esempio tubazioni, valvole ed impianti di vario gene-re oltgene-re che di elementi strutturali quali mastgene-re e boccaportelli che devono risponde-re a specifiche normative internazionali proprio per costituirisponde-re un ostacolo all’ingrisponde-res- all’ingres-so dell’acqua all’interno dello scafo. Come si vede anche in questo caall’ingres-so la normati-va è stata predisposta per salnormati-vaguardare la vita umana in mare cercando di evitare che la nave affondi ma senza porre particolare attenzione alle conseguenze che tali scelte possono provocare sui rischi in cui incorre il personale di bordo durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Tanto premesso si ritiene, però, che i risultati della presente ricerca siano tali da consentire di affermare che anche le cadute da inciampo non possono essere trascurate per cui si dovrà cercare di responsabilizza-re i Progettisti, i Cantieri Navali e gli Enti di Classifica nello studiaresponsabilizza-re soluzioni che - nel rispetto dei criteri minimi richiesti dalle normative internazionali tra cui la Convenzione Internazionale per Salvaguardare la Vita Umana in Mare (SOLAS) e la Load Line Convention - consentano di mantenere libere da ostacoli le zone di passaggio. Ad esempio si potrebbe imporre, almeno per i ponti esposti superiori al ponte di
Per quanto riguarda gli infortuni conseguenti all’inciampo, si rileva che anche in que-sto caso non sono disponibili elementi tali da poter consentire un’analisi specifica delle cause che hanno generato la suddetta tipologia di infortunio, anche se risulta alquanto evidente che le cause sono da ricercare nella presenza di notevoli ostaco-li presenti su una nave quaostaco-li ad esempio tubazioni, valvole ed impianti di vario gene-re oltgene-re che di elementi strutturali quali mastgene-re e boccaportelli che devono risponde-re a specifiche normative internazionali proprio per costituirisponde-re un ostacolo all’ingrisponde-res- all’ingres-so dell’acqua all’interno dello scafo. Come si vede anche in questo caall’ingres-so la normati-va è stata predisposta per salnormati-vaguardare la vita umana in mare cercando di evitare che la nave affondi ma senza porre particolare attenzione alle conseguenze che tali scelte possono provocare sui rischi in cui incorre il personale di bordo durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Tanto premesso si ritiene, però, che i risultati della presente ricerca siano tali da consentire di affermare che anche le cadute da inciampo non possono essere trascurate per cui si dovrà cercare di responsabilizza-re i Progettisti, i Cantieri Navali e gli Enti di Classifica nello studiaresponsabilizza-re soluzioni che - nel rispetto dei criteri minimi richiesti dalle normative internazionali tra cui la Convenzione Internazionale per Salvaguardare la Vita Umana in Mare (SOLAS) e la Load Line Convention - consentano di mantenere libere da ostacoli le zone di passaggio. Ad esempio si potrebbe imporre, almeno per i ponti esposti superiori al ponte di