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Le cadute dall’alto per l’attività di lavoro marittimo: studio della casistica nosologica ed ipotesi di interventi preventivi

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o marittimo: studio della casistica nosologica ed ipotesi di interventi preventivi

Le cadute dall’alto

per l’attività di lavoro marittimo:

studio della casistica nosologica ed ipotesi di interventi preventivi

Navigazione

Edizione 2013

INAIL - Direzione Centrale Comunicazione Piazzale Giulio Pastore, 6 - 00144 Roma dccomunicazione@inail.it

www.inail.it ISBN 978-88-7484-338-1

Edizione 2013

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per l’attività di lavoro marittimo:

studio della casistica nosologica ed ipotesi di interventi preventivi

Navigazione

Edizione 2013

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INAIL

Settore Navigazione

in collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti

RESPONSABILE AMMINISTRATIVO

Agatino Cariola - INAIL Direzione Centrale Rischi

RESPONSABILE SCIENTIFICO

Marco Starita - Studio Tecnico Navale e Meccanico Moroso Starita, Napoli

AUTORI

Federica Cipolloni1, Francesco Correale2, Claudia Fabbro3, Teresa Filignano4, Giuseppe Gomisel3, Giorgio Guastella4, Ezio Iacovini5, Angelina Palopoli2, Silvana Pantalone4, Rosaria Pisanelli4, Silvia Salardi4, Fausta Savone5, Antonio Siciliano2, Maria Cristina Zuchi6

1 INAIL Consulenza Statistico Attuariale 2 INAIL Settore Navigazione, Sede di Napoli 3 INAIL Settore Navigazione, Sede di Trieste 4 INAIL Settore Navigazione, Sede Centrale di Roma 5 INAIL Settore Navigazione, Sede Centrale di Roma

6 Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, DG Trasporto Marittimo

CONTATTI

INAIL - Direzione Centrale Comunicazione 00144 Roma - P.le Giulio Pastore, 6 e-mail: dccomunicazione@inail.it www.inail.it

© 2013 INAIL

La pubblicazione viene distribuita gratuitamente e ne è quindi vietata la vendita nonché la riproduzione con qualsiasi mezzo.

È consentita solo la citazione con l’indicazione della fonte.

ISBN 978-88-7484-338-1

Tipolitografia INAIL - Milano, dicembre 2013

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Premessa 5

Introduzione 7

Scopo ed obiettivi della Ricerca 8

1. Ambito dell’analisi 8

1.1 Dati INAIL 9

1.2 La consistenza della Flotta Italiana secondo quanto risulta dai 13 dati del MIT

2. Quadro normativo di riferimento 20

2.1 Le fonti delle norme in materia di salute e sicurezza del lavoro 20 marittimo

2.2 Confronto tra normativa italiana sulla sicurezza specifica 21 per le navi e il D.Lgs. n. 81/2008

2.3 La Valutazione del Rischio e la disciplina delle cadute dall’alto 23 2.4 Analisi del quadro normativo con riferimento alla 30

“Maritime Labour Convention” (MLC 2006)

3. Valutazione economica dei costi assicurativi 32

3.1 Incidenza e costi delle “Cadute dall’alto e scivolamento in piano” 34

4. Dati statistici sugli infortuni a bordo delle navi 36 4.1 Individuazione del tipo di infortunio e classificazione 36

4.2 Dati INAIL - Settore Navigazione 37

4.2.1 Premessa 37

4.2.2 Il quadro generale del fenomeno infortunistico in ambito 38 marittimo

4.2.3 Scivolamenti o inciampamenti con caduta dell’infortunato 49

4.3 Dati INAIL relativi alla Piccola Pesca 61

4.4 Dati MIT - Analisi degli infortuni in mare a seguito di cadute 65 dall’alto e da livello 2005 - 2011

4.4.1 Premessa 65

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4.4.3.1 Distribuzione per tipo di unità navale 68 4.4.3.2 Distribuzione secondo la natura e la zona della lesione 72 4.4.3.3 Analisi dell’ambiente di lavoro e dell’occupazione 77

del lavoratore

4.4.3.4 Analisi degli incidenti gravi e molto gravi 90

4.5 I casi ricorrenti 92

4.5.1 Caduta da livello per inciampo su strutture 93 4.5.2 Caduta dall’alto per scivolamento o inciampo su scale 94 4.5.3 Caduta da livello per scivolamento su pavimento bagnato 94

o oleoso

4.5.4 Caduta fuori bordo durante l’accesso o la discesa da bordo 94 4.5.5 Caduta fuori bordo su piccola unità da diporto 95 4.6 Analisi dei Dati Armonizzati con riferimento anche a casi 95

reali opportunamente resi anonimi

4.6.1 Caduta in sala macchine 96

4.6.2 Caduta oltre bordo 96

4.6.3 Caduta in cucina 96

4.6.4 Caduta oltre bordo da natante da diporto 97

5. Analisi conclusiva e proposte 97

5.1 Analisi dei casi più gravi e di quelli ricorrenti ed individuazione 98 delle possibili cause

5.2 Confronto tra l’andamento degli infortuni registrati negli anni 99 e l’entrata in vigore di eventuali specifiche normative

5.3 Proposte tese a ridurre gli infortuni conseguenza delle cadute 100 da livello e su livello anche alla luce delle normative vigenti

in ambito nazionale ed internazionale

Appendice 111

Variabili e loro armonizzazione 111

Riferimenti normativi e bibliografia 117

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L’Istituto, avendo fatto proprie già dal 2010 le funzioni dell’ex Istituto di Previdenza per il Settore Marittimo (IPSEMA), ne ha ereditato anche i progetti già avviati, come quello che ha dato origine a questa pubblicazione, dando ulteriore energia alla loro realizzazione.

Il presente volume propone un approccio multidisciplinare volto ad una migliore valutazione delle cause e conseguenze delle cadute, e in particolare delle cadute dall’alto, di cui spesso sono vittima i lavoratori del settore marittimo.

Si tratta di una ricerca che ha visto l’integrazione dei dati INAIL con i dati del Ministero dei Trasporti; integrazione che ha consentito di ampliare l’osservazione degli infortuni da caduta e di confrontare l’esperienza statistica dell’Istituto con quella di una realtà istituzionale che guarda agli stessi fenomeni da un punto di vista e con finalità differenti.

Il lavoro è costituito da capitoli diversi che affrontano vari aspetti. Innanzi tutto viene definito il quadro normativo entro cui si colloca il tema della salute e sicurezza nel lavoro marittimo in generale e quello delle cadute dall’alto in particolare. In secondo luogo, si descrive il settore, la numerosità e le caratteristiche della flotta e dei suoi addetti. Poi si entra nel merito dei dati sugli infortuni marittimi, analizzando nel dettaglio le modalità di accadimento, la gravità e la numerosità degli incidenti a bordo delle navi, offrendo anche alcuni esempi concreti di eventi infortunistici reali, tratti dalla casistica delle inchieste svolte dalle Capitanerie di Porto. Infine, vengono proposte le conclusioni del gruppo di lavoro sull’indagine svolta e viene offerta una serie di indicazioni pratiche, di suggerimenti organizzativi e di raccomandazioni volte a ridurre il fenomeno delle cadute.

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La presente Ricerca riguarda un fenomeno infortunistico rilevante su cui è necessa- rio intervenire in quanto, come si avrà modo di evidenziare nei successivi capitoli, le cadute dall’alto e quelle da scivolamento rappresentano ben oltre il cinquanta per- cento degli infortuni che si verificano sulle navi con i conseguenti costi che ne deri- vano sia in termini di prestazioni rese dall’INAIL e dal Servizio Sanitario Nazionale sia soprattutto in termini di danno biologico subito dai marittimi.

In particolare, la Ricerca ha potuto beneficiare del contributo del personale dell’INAIL e di quello della Direzione Generale per il Trasporto Marittimo e per le vie d’acqua interne del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) che hanno estrapolato dalle proprie Banche Dati, come meglio si dirà in seguito, i dati riferiti agli infortuni conseguenza delle cadute dall’alto e di quelli per scivolamento verificatisi a bordo delle navi. In questo modo è stato possibile individuare i casi ricorrenti e quelli con conseguenze più gravi risalendo, quando possibile, alle cause in modo da poter poi proporre suggerimenti per eliminare, o quantomeno ridurre, gli infortuni in un ambiente così complesso come risulta essere la nave.

Infatti, la nave costituisce, sia per le caratteristiche costruttive che per le problemati- che di esercizio e di gestione, un ambiente di lavoro in cui sono presenti alcuni rischi potenziali per la salute e la sicurezza dei lavoratori imbarcati.

In primo luogo, da un punto di vista strutturale, la nave è caratterizzata dalla presen- za di elementi quali ad esempio mastre, costole, madieri, paramezzali, etc., la cui conformazione comporta direttamente un pericolo di inciampo e/o urto per i maritti- mi. Al riguardo, vengono infatti normalmente previste, ad esempio nei Manuali di Sicurezza dell’ambiente di lavoro a bordo, strumenti di segnalazione di ostacoli e/o di improvvisi cambi di livello.

Da un punto di vista operativo, inoltre, il personale imbarcato utilizza scale a volte con pendenze elevate sia per il passaggio interno tra i ponti che esternamente per raggiungere le zone di manovra. Infatti, oltre alla normale deambulazione è richiesto anche l’utilizzo di scale a tarozzi per la salita e discesa da picchi di carico e dagli eventuali albereti su cui sono posizionati normalmente i ripetitori delle apparecchia- ture elettroniche di navigazione.

Chiaramente l’utilizzo di tali scale, soprattutto in presenza di dislivelli notevoli, com- porta un pericolo per il lavoratore. A tale riguardo, basti pensare che una nave da carico può anche avere scale esterne che collegano ponti a quote confrontabili ad esempio con edifici alti anche diversi piani.

Il pericolo di caduta da livello è ancora più accentuato quando la nave opera in cat- tive condizioni meteo marine che possono contribuire a rendere instabile oltre che scivoloso l’ambiente di lavoro. La prestazione lavorativa, in questi casi, è spesso resa in condizioni di precaria visibilità e con un forte vento. Inoltre il marittimo può tro- varsi spesso ad operare in momenti in cui è alquanto ridotta la prontezza di riflessi o

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perché il personale marittimo si è appena svegliato o perché è sopraffatto dalla stan- chezza al termine della giornata lavorativa.

È, quindi, in questo contesto generale che le statistiche infortunistiche mostrano che la fattispecie “cadute dall’alto”, sommata alle tipologie “cadute da scale” e “cadute in piano” (accentuate da assai frequenti fenomeni di scivolamento) rappresentano la parte più consistente dell’intera fenomenologia infortunistica in ambito marittimo.

Scopo ed obiettivi della Ricerca

A fronte di quanto appena descritto, appare molto importante studiare e approfondi- re le cause delle cadute dall’alto, onde poter individuare quegli ulteriori accorgimen- ti volti a realizzare le condizioni per migliorare la sicurezza e la difesa della salute del lavoratore marittimo e quindi limitare o ridurre gli incidenti, anche attraverso innova- zioni riguardanti le tecniche progettuali, costruttive o di manutenzione delle navi, nonché proposte per un’organizzazione del lavoro più attenta alla prevenzione e alla gestione del rischio.

Ciò in modo da promuovere una percezione positiva dell’applicazione delle misure di sicurezza e di tutela della salute sul luogo di lavoro, così da favorire la diffusione di una cultura della prevenzione tra gli addetti del settore marittimo che possa anche essere da riferimento per quei Paesi recentemente entrati nell’unione europea e per quelli che affacciano sul Mar Mediterraneo.

1. Ambito dell’analisi

Il campione dei dati utilizzati per effettuare la presente Ricerca è stato tratto dalle Banche Dati rispettivamente del Settore Navigazione dell’INAIL, con dati aggiornati al giugno del 2012, e della D.G. Trasporto marittimo e per le vie d’acqua interne del MIT che, come anche esposto nei seguenti paragrafi, risultano essere differenti in quanto raccolti e classificati in modo diverso. Infatti, i dati INAIL sono registrati a par- tire dalle denunce relative agli infortuni subiti dai marittimi assicurati, mentre i dati del MIT riguardano le “schede di rilevazione infortunio” trasmesse dalle Autorità maritti- me ai sensi dell’art. 26 del D.lgs. 27 luglio 1999, n. 271. Talvolta, in assenza delle opportune informative provenienti dalle citate schede infortuni, sono state acquisite le informazioni provenienti dagli esiti delle Inchieste Sommarie e di quelle Formali effettuate dalle Capitanerie di Porto ai sensi dell’art. 55 del DPR 1164/1965 in caso di infortuni con conseguenze di inabilità al lavoro superiore a 30 giorni che, in spo- radici casi, riguardano, oltre i marittimi, anche i passeggeri coinvolti.

Al fine di rendere confrontabili i dati statistici delle due Banche Dati, si è provveduto ad effettuare l’estrapolazione - ove possibile - con la medesima classificazione, così da consentire un’analisi quantomeno qualitativa che ha comunque evidenziato dati generalmente omogenei.

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I Dati del MIT sono inoltre stati utili per individuare il numero e la consistenza delle Navi che costituiscono la Flotta Italiana suddivisa per tipologia di Naviglio.

1.1 Dati INAIL

L’INAIL esercita l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malat- tie professionali prevista dal D.P.R. n. 1124/1965 e s.m.i. per gli addetti alla naviga- zione marittima ed alla pesca marittima, salve le disposizioni delle leggi speciali.

L’Istituto provvede anche, per i medesimi soggetti e per gli addetti agli uffici delle società di navigazione, alla riscossione dei contributi di malattia e maternità ai sensi dell’art. 1, u.c. del D.L. n. 663/1979 convertito nella Legge n. 33/80, erogando le rela- tive prestazioni economiche mentre per il personale navigante dell’aviazione civile provvede alla riscossione dei contributi solo per la maternità. Inoltre, per gli stessi soggetti obbligatoriamente assicurati, l’INAIL provvede all’assicurazione di presta- zioni supplementari per infortuni e malattie previste da leggi, contratti collettivi, rego- lamenti organici o convenzioni di arruolamento e di prestazioni integrative previste da leggi, regolamenti o accordi sindacali nazionali.

Sono soggetti all’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali gli equi- paggi imbarcati su navi da traffico di qualsiasi stazza e comunque propulse che esercitino la navigazione marittima, anche se a scopo di diporto, nonché su natanti e galleggianti di qualsiasi tipo adibiti a servizi o lavori portuali. Sono compresi, inol- tre, gli equipaggi imbarcati sul naviglio della pesca marittima.

L’assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali comprende le persone componenti l’equipaggio della nave, considerandosi come tali tutte quelle regolarmen- te iscritte sul ruolo di equipaggio o comunque imbarcate per servizio della nave. Per le navi che non siano munite di ruolo di equipaggio, si considerano componenti l’equi- paggio le persone iscritte sulla licenza di navigazione e tutte quelle indicate nei libri matricola e paga previsti dalla legge o comunque imbarcate per servizio della nave (come in particolare i dipendenti dei c.d. concessionari di bordo - aziende autorizzate dall’Autorità Marittima - che hanno l’appalto di servizi di vario tipo a bordo delle navi).

Sono soggetti all’obbligo della contribuzione con esclusione di quello per l’assicura- zione obbligatoria contro la disoccupazione involontaria, anche l’armatore e il pro- prietario-armatore, di cui agli articoli 265 e 272 del codice della navigazione, che fac- ciano parte dell’equipaggio della nave dai medesimi gestita.

L’Istituto può anche assumere, su richiesta dell’armatore, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie degli equipaggi di navi battenti bandiera estera. In questo caso l’assicurazione comprende le stesse prestazioni previste per i marittimi delle navi italiane ma la sua validità è in ogni momento subordinata al regolare ver- samento dei contributi da parte dell’armatore.

Il premio complessivo del Settore Navigazione dell’INAIL è suddiviso in funzione della specifica categoria di naviglio. Tuttavia, alcune attività (del tutto residuali nel portafoglio complessivo) sono state prese in considerazione come categorie assicu-

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rative a sé stanti (concessionari di bordo, personale addetto alle prove in mare, tec- nici e ispettori, allievi nautici, appalti ai servizi di bordo), in considerazione del fatto che si tratta di attività svolte a bordo, e quindi soggette al rischio della navigazione, ma non attinenti alle mansioni specifiche del personale imbarcato, cioè navigante, inteso come il complesso delle attività umane di carattere tecnico eseguite per la conduzione del mezzo nautico. Pertanto le attività specifiche sono state diversificate anche ai fini di un adeguato monitoraggio dell’incidenza del rischio.

Le categorie di naviglio vengono dunque classificate come di seguito riportato:

1) La categoria Passeggeri comprende le navi da traffico iscritte nelle matricole delle navi maggiori, munite di ruolo equipaggio, con caratteristiche, dotazioni e siste- mazioni riservate all’equipaggio tali da essere abilitate alla navigazione di altura ed impiegate in attività di trasporto, prevalentemente di persone.

2) La categoria Carico comprende le navi da traffico iscritte nelle matricole delle navi maggiori, munite di ruolo equipaggio, con caratteristiche, dotazioni e sistemazio- ni riservate all’equipaggio tali da essere abilitate alla navigazione di altura ed impiegate in attività di trasporto, prevalentemente di merci.

3) Le unità di Naviglio Ausiliario sono quelle adibite a svolgere funzioni ausiliarie e destinate a servizi attinenti alla navigazione marittima. La tipologia di unità navali di questa categoria è varia e risulta ad esempio costituita da: pontoni, bettoline, draghe, chiatte, pilotine e galleggianti. Le attività di servizio comprendono, oltre a generici lavori marittimi e servizi portuali, attività antinquinamento, appoggio alle piattaforme, ricerca scientifica, stoccaggio e bunkeraggio.

4) La categoria Rimorchiatori include i mezzi tecnici adibiti al servizio di rimorchio; ai fini della copertura assicurativa si distingue tra rimorchio portuale (rimorchio- manovra) e rimorchio d’altura (rimorchio-trasporto).

5) Nella categoria Traffico Locale sono individuate le navi iscritte nei registri delle navi minori munite di licenza o navi iscritte nelle matricole delle navi maggiori con limitazioni alla navigazione annotate sul ruolo, impiegate in attività di trasporto di persone, merci o misto.

6) La categoria Diporto comprende navi e imbarcazioni con qualunque mezzo di pro- pulsione destinate alla navigazione da diporto, effettuata in acque marittime a scopi sportivi o ricreativi, con equipaggio imbarcato con contratto di arruolamento.

7) La categoria della pesca marittima comprende la pesca costiera, la pesca medi- terranea, e la pesca oltre gli stretti. La legislazione italiana sulla pesca è caratte- rizzata, ai fini assicurativi, dalla scissione tra la parte che riguarda quella maritti- ma e l’altra che riguarda la pesca nelle acque interne e le attività complementari di vallicoltura, miticoltura e ostricoltura (cosiddetta piccola pesca). Anche in ambi- to Inail la pesca marittima è distinta dalla c.d. piccola pesca.

8) Altri settori comprendono l’assicurazione dei concessionari di bordo (personale viaggiante che svolge servizi supplementari a bordo delle navi - ad esempio atti- vità commerciali o ricreative a bordo delle navi da crociera), del personale addet- to alle prove in mare (personale utilizzato dai cantieri per il collaudo delle navi), dei tecnici ed ispettori e degli allievi dei corsi professionali.

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Tabella 1.0.1 - Distribuzione delle imbarcazioni/navi assicurate nell’anno 2010 per categoria di naviglio.

(1) Pesca costiera + Pesca mediterranea + Pesca oltre gli stretti

(2) Diporto: la categoria comprende navi e imbarcazioni con qualunque mezzo di propulsione destinate alla naviga- zione da diporto, effettuata in acque marittime a scopi sportivi o ricreativi, con equipaggio imbarcato con contrat- to di arruolamento

(3) Passeggeri + Concessionari di bordo + Diporto a noleggio iscritto al “Registro internazionale”

(4) Addetti alle prove in mare e tecnici ed ispettori (si tratta in realtà non di una categoria naviglio, ma di alcune cate- gorie professionali)

Categoria di naviglio Navi / Imbarcazioni

Pesca (1) 3.260 (48,0%)

di cui Costiera 3.100 (95,1%)

Diporto (2) 1.341 (19,8%)

Carico 628 (9,3%)

Naviglio ausiliario 470 (6,9%)

Traffico locale 394 (5,8%)

Passeggeri (3) 330 (4,9%)

Rimorchiatori 312 (4,6%)

Altro (4) 50 (0,7%)

Totale 6.785 (100%)

Nel 2010, l’INAIL Settore Navigazione ha assicurato contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali gli equipaggi di circa 6.800 imbarcazioni/navi, registrando una lieve crescita di unità assicurate rispetto all’anno 2009 (+1,2%).

Il lieve aumento della platea degli assicurati è stato accompagnato da una crescita delle contribuzioni accertate nella misura del 2% arrivando a superare gli 83 milioni di euro. Tale monte contributivo è stato utilizzato per coprire sia gli oneri assicurativi derivanti da infortuni sul lavoro e da malattie professionali sia per erogare altre pre- stazioni garantite dall’Istituto.

Tra le diverse categorie di navi assicurate, quella più numerosa è quella delle Unità da Pesca che in termini numerici rappresenta il 48%, seguita dalle Unità da Diporto che costituiscono il 19,8% delle imbarcazioni/navi assicurate dall’INAIL.

Dai dati riportati nella tabella di cui sopra si osserva che quasi la metà delle unità assicurate è impegnato nella cosiddetta “pesca costiera” (45,7%), vale a dire l’atti- vità di pesca svolta prevalentemente lungo le coste continentali ed insulari italiane ad una distanza non superiore alle venti miglia.

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Analizzando invece la distribuzione del personale imbarcato assicurato in relazione alla tipologia di naviglio, si rileva che quasi due terzi degli esposti al rischio si con- centrano nelle categorie di naviglio “Passeggeri”, categoria che comprende le navi da traffico iscritte nelle matricole delle navi maggiori, munite di ruolo equipaggio, con caratteristiche, dotazioni e sistemazioni tali da essere abilitate alla navigazione di altura ed impiegate in attività di trasporto (prevalentemente di persone) ed in quello della “Pesca”, categoria che comprende le imbarcazioni destinate alla pesca profes- sionale, esercitata da pescatori marittimi e da imprese di pesca, iscritti nei registri tenuti dalle Capitanerie di Porto.

Grafico 1.0.1 - Distribuzione delle imbarcazioni/navi assicurate nell’anno 2010 per categoria di naviglio.

Tabella 1.0.2 - Distribuzione degli addetti/anno per categoria di naviglio - Anno 2010.

Categoria di naviglio Addetti / Anno

Passeggeri (3) 10.633 (33,2%)

Pesca (1) 9.468 (29,6%)

Carico 5.871 (18,3%)

Rimorchiatori 1.965 (6,1%)

Naviglio ausiliario 1.593 (5,0%)

Diporto (2) 1.417 (4,4%)

Traffico locale 1.002 (3,1%)

Altro (4) 67 (0,2%)

Totale 32.016 (100%)

(1) Pesca costiera + Pesca mediterranea + Pesca oltre gli stretti

(2) Diporto: la categoria comprende navi e imbarcazioni con qualunque mezzo di propulsione destinate alla naviga- zione da diporto, effettuata in acque marittime a scopi sportivi o ricreativi, con equipaggio imbarcato con contrat- to di arruolamento

(3) Passeggeri + Concessionari di bordo + Diporto a noleggio iscritto al “Registro internazionale”

(4) Addetti alle prove in mare e tecnici ed ispettori (si tratta in realtà non di una categoria naviglio, ma di alcune cate- gorie professionali)

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Grafico 1.0.2 - Distribuzione percentuale degli addetti/anno per categoria di naviglio - Anno 2010.

Si evidenzia che per esposti al rischio si intendono gli addetti/anno, vale a dire il numero teorico di lavoratori impegnati nel settore marittimo per l’intero anno cioè il numero di addetti che viene stimato in base al numero di giornate complessivamen- te lavorate per ciascuna imbarcazione nel 2010 da tutti i marittimi dell’equipaggio assicurati dall’INAIL Settore Navigazione.

1.2 La consistenza della Flotta Italiana secondo quanto risulta dai dati del MIT

Ai fini delle analisi statistiche, il MIT riceve informazioni relative alla consistenza delle flotte dei diversi tipi di unità navali da varie fonti suddivise secondo la natura del ser- vizio svolto. Le informazioni relative alla consistenza della flotta delle unità commer- ciali, come le unità da carico e per il trasporto di passeggeri e passeggeri e carico (ro-pax), le unità di tipo ausiliario, nonché quelle relative alla consistenza della flotta delle unità da diporto, provengono dai registri di iscrizione delle unità stesse presso gli Uffici periferici del Ministero. Al riguardo si evidenzia che vengono rilevate le unità con utilizzo di tipo commerciale con stazza complessiva superiore a 100 tsl, e che non sono incluse nella consistenza delle unità da diporto le pur numerosissime unità di lunghezza uguale o inferiore a 10 metri, cioè i Natanti, per le quali non sussiste obbligo di iscrizione ai sensi della vigente normativa. Le informazioni relative alle unità da pesca sono invece state estratte dal sito dell’Eurostat, al quale pervengono dalla Direzione generale della pesca marittima e dell’acquacoltura del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.

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I dati, invece, relativi alla consistenza sia dei sinistri che degli infortuni, per tutte le categorie navali, provengono dalle schede infortuni previste dall’art. 26 del D.lgs.

27 luglio 1999, n. 271 e dagli esiti delle inchieste effettuate dagli Uffici periferici del MIT.

Dai dati rilevabili da alcuni studi internazionali risulta che la flotta mercantile italiana è la prima nell’Unione Europea per numero di unità, e undicesima nel mondo per tonnellaggio1. Fino al 2007 è stata la seconda flotta mercantile dell’Unione Europea;

negli anni successivi (2008-2009) è la prima flotta per volume di traffico passeggeri, mentre slitta al terzo posto per volume di trasporto merci2.

Le tabelle ed i grafici che seguono sono stati elaborati con l’ausilio di informazioni e dati estratti dai Conti Nazionali delle Infrastrutture e dei Trasporti relativi al periodo 2006-2011, per i dati relativi al naviglio mercantile e da diporto, e dalla banca dati Eurostat per le informazioni relative alla flotta peschereccia italiana ed ai dati del naviglio mercantile europeo.

La consistenza della flotta italiana delle navi commerciali di stazza lorda superiore alle 100 tonnellate e della flotta peschereccia nel periodo 2005 - 2010 è la seguente:

1 International Shipping Facts and Figures - Information Resources on Trade, Safety, Security, Environment, IMO Maritime Knowledge Centre, 2012, dati desunti da IHS Fairplay “World Fleet Statistics 2010” (informazioni valide al 31 Dicembre 2010).

2 Energy, transport and environment indicators, Eurostat Pocketbooks, 2011.

Tabella 1.1.1 - Consistenza della flotta mercantile, a scafo metallico con stazza lorda superiore a 100 tonnellate - Anni 2005-2010.

Tipo di nave 2005 2006 2007 2008 2009 2010

Navi per il trasporto di passeggeri 375 383 395 377 376 377

e di passeggeri e merci

Navi da carico secco 261 287 286 295 316 347

Navi da carico liquido 291 297 293 315 329 339

Navi speciali 458 462 454 455 455 485

Totale 1.385 1.429 1.428 1.442 1.476 1.548

Fonte: Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti, su dati MIT, Capitanerie di Porto Numero

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Come si può osservare dalla tabella e dal grafico precedenti, nel corso del periodo 2005 - 2010 la consistenza della flotta delle unità per trasporto passeggeri e passeg- geri-merci è rimasta sostanzialmente invariata, mentre le flotte relative alle altre tipo- logie navali mantengono un andamento di lieve crescita nel periodo osservato.

La ripartizione per classi di età della flotta mercantile nazionale al 31 dicembre 2010 evi- denzia una quota rilevante di unità anziane, in particolare per le unità navali speciali e ausiliarie (in cui le unità con anzianità superiore a 20 anni costituiscono il 59,48% della flotta complessiva nel 2010) e per le unità per trasporto passeggeri e passeggeri-merci (50,40%). Le navi da carico liquido risultano invece la categoria navale per la quale la flotta è stata maggiormente rinnovata: essa è infatti costituita per il 56,93% da unità con anzianità inferiore a 9 anni, e solo il 22,42% delle unità da carico liquido ha più di 20 anni.

Grafico 1.1.1 - Composizione della flotta mercantile italiana a scafo metallico, con stazza lorda superiore a 100 tonnellate - Anni 2005-2010.

0 200 400 600 800 1000 1200 1400 1600

2005 2006 2007 2008 2009 2010

Numero

Navi passeggeri / passeggeri e merci Navi da carico secco Navi da carico liquido Navi speciali

Tabella 1.1.2 - Flotta mercantile italiana a scafo metallico, con stazza lorda superiore a 100 tonnellate, ripartita per classi di età e tipo di nave, al 31/12/2010.

Tipo di nave Classi di età (anni)

Totale 0 - 9 10 - 19 20 e oltre

Navi per il trasporto di passeggeri 105 82 190 377

e di passeggeri e merci

Navi da carico secco 149 58 140 347

Navi da carico liquido 193 70 76 339

Navi speciali 107 91 287 485

Totale navi mercantili 554 301 693 1548

Fonte: Conto Nazionale delle Infrastrutture e dei Trasporti, su dati MIT, Capitanerie di Porto Numero

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A differenza della flotta mercantile, la flotta peschereccia mostra una costante fles- sione tendenziale per l’intero periodo di studio, presentando una diminuzione del numero di unità nel 2010 di circa il 6 % rispetto alla flotta osservata nel 2005. Tale flessione interessa in modo particolare le unità di lunghezza superiore a 24 metri, che nel 2010 presentano una consistenza inferiore di più del 20 % rispetto ai valori del 2005.

Grafico 1.1.2 - Flotta mercantile italiana a scafo metallico, con stazza lorda superiore a 100 tonnellate, ripartita per classi di età e tipo di nave, al 31/12/2010.

0 100 200 300 400 500 600

Navi passeggeri / passeggeri e

merci

Navi da carico secco

Navi da carico liquido

Navi speciali

Tipo di nave

Numero

0-9 anni 10 - 19 anni 20 anni e oltre

Tabella 1.1.3 - Consistenza della flotta peschereccia italiana, per dimensione - Anni 2005-2010.

Lunghezza 2005 2006 2007 2008 2009 2010

inferiore a 24 m 13.817 13.531 13.253 13.156 13.080 13.050

superiore a 24 m 584 562 527 527 507 465

Totale 14.401 14.093 13.780 13.683 13.587 13.515

Elaborazione di dati provenienti da fonte Eurostat Numero

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Come visto precedentemente per altre tipologie navali, anche per le unità da pesca si osserva una bassa tendenza al rinnovamento della flotta: in particolare, dal 2006 al 2010 la quota di navi con anzianità inferiore a 10 anni è diminuita dal 12,02 % al 10,45 %, mentre la percentuale di navi con anzianità uguale o superiore a 20 anni è cresciuta nello stesso arco temporale dal 67,84 % al 73,44 %.

Grafico 1.1.3 - Consistenza della flotta peschereccia italiana, per dimensione – Anno 2010.

superiore a 24 m 3,44%

inferiore a 24 m 96,56%

Tabella 1.1.4 - Consistenza della flotta peschereccia italiana, per classi di età - Anni 2005-2010.

Età 2005 2006 2007 2008 2009 2010

inferiore a 10 anni 1.453 1.694 1.632 1.645 1.480 1.412

tra 10 e 20 anni 2.610 2.826 2.576 2.548 2.054 1.938

20 anni o più 7.812 9.560 9.537 9.307 9.869 9.925

non nota 2.526 13 35 183 184 240

Totale 14.401 14.093 13.780 13.683 13.587 13.515

Elaborazione di dati provenienti da fonte Eurostat Numero

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Nella tabella e nel grafico successivo è illustrata la consistenza delle unità da dipor- to nel periodo 2005 - 2010.

Grafico 1.1.5 - Consistenza della flotta peschereccia italiana, per classi di età - Anni 2005/2010.

0 2 4 6 8 10 12 14 16

2005 2006 2007 2008 2009 2010

Numero unità x 1.000

età < 10 anni 10 ч età < 20 anni età ш 20 anni non nota

Tabella 1.1.5 - Consistenza delle unità da diporto iscritte negli Uffici periferici del MIT e delle Capitanerie di Porto - Anni 2005-2010.

Anno Numero di unità

2004 90.624

2005 92.599

2006 95.530

2007 97.308

2008 100.227

2009 101.271

2010 102.041

Elaborazione di dati contenuti nelle pubblicazioni”Il Diporto Nautico in Italia”, anni 2006 - 2010

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Si osservi in definitiva come il solo comparto delle unità da diporto, tra l’altro consi- derato senza tenere conto dei natanti e cioè delle imbarcazioni da diporto di lunghez- za inferiore ai 10 metri che non sono iscritte nelle Matricole delle Capitanerie di Porto di competenza, risulti essere, in termini di numero di unità, circa dieci volte superio- re al numero di unità adibite a servizi commerciali.

Grafico 1.1.6 - Consistenza delle unità da diporto iscritte negli Uffici periferici del MIT e delle Capitanerie di Porto - Anni 2005-2010.

85 90 95 100 105

Numero x 1.000

Unità da diporto iscritte

92.599 95.530 97.308 100.227 101.271 102.041

2005 2006 2007 2008 2009 2010

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2. Quadro normativo di riferimento

2.1 Le fonti delle norme in materia di salute e sicurezza del lavoro marittimo Il corpus normativo che disciplina in Italia il settore marittimo è speciale e indipen- dente, si fonda cioè su un sistema di norme autonomo che implica il ricorso al dirit- to comune solo in via del tutto sussidiaria, nel nostro ordinamento giuridico questo è l’unico diritto che presenta una caratteristica di questo tipo. Si tratta inoltre di un sistema di origine sostanzialmente consuetudinaria. Infatti, nel diritto marittimo si ritrovano norme che hanno origine negli usi marittimi e nella pratica relativa agli affa- ri internazionali. Inoltre le norme che regolano il settore presentano una grande uniformità che è, al contempo, una necessità dettata anche dall’esigenza di avere una disciplina uniforme delle convenzioni internazionali vigenti nel settore.

D’altra parte, la materia della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è stata recente- mente oggetto di una nuova regolamentazione con l’emanazione del Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i. (cosiddetto Testo Unico della sicurezza del lavoro). Le disposizioni contenute nel predetto decreto legislativo costituiscono attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123 e sono volte a realizzare il riassetto e la riforma delle norme vigenti in materia di salute e sicurezza delle lavo- ratrici e dei lavoratori nei luoghi di lavoro, mediante il riordino e il coordinamento delle medesime in un unico testo normativo. Il decreto legislativo persegue tale obiettivo nel rispetto delle normative comunitarie e delle convenzioni internazionali in materia.

Tuttavia, l’applicazione delle disposizioni tecniche previste dal D.lgs. n. 81/2008, essenzialmente elaborate per il settore civile ed industriale, risultano incompatibili con gli attuali standard tecnici di esercizio applicati ad alcuni settori, tra cui quello marittimo, in considerazione della sua specificità. Infatti l’art. 3, comma 2, D.lgs. n.

81/2008 stabilisce che “con decreti, da emanare entro cinquantacinque mesi dalla data di entrata in vigore del decreto predetto ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta dei Ministri competenti, di concer- to con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e della salute, acquisito il parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province auto- nome di Trento e di Bolzano, si provvede a dettare le disposizioni necessarie a con- sentire il coordinamento con la disciplina recata in materia di salute e sicurezza sul lavoro relative alle attività che si svolgono a terra con la normativa riguardante le atti- vità lavorative a bordo delle navi, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271;

delle attività lavorative in ambito portuale, di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, e di quelle per il settore delle navi da pesca, di cui al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298….”

Il comma 3 dello stesso articolo precisa che fino all’emanazione dei decreti di cui sopra (art. 3 comma 2), “sono fatte salve le disposizioni attuative dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, nonché le disposizioni di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 271, al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 298”, che quindi rappresenta-

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no il corpo legislativo specifico di riferimento, in materia di tutela della salute e sicu- rezza dei lavoratori marittimi a bordo delle navi mercantili e da pesca.

In seguito alla mancata emanazione del Regolamento di attuazione richiamato dal D.lgs. n. 271/1999, la Divisione 4 della Sicurezza Marittima e Interna del Ministero dei Trasporti ha emanato la Circolare n. 9/SM del 28 Novembre 2006 nella quale vengo- no indicate - sulla base di quanto previsto dalle “Direttive sulla prevenzione degli infortuni a bordo delle navi” emanata dall’I.L.O. sia dalla circolare MSC- MEPC.2/Circ.3 del 5 giugno 2006 - le linee guida per effettuare la Valutazione dei Rischi a bordo delle navi oltre che per l’elaborazione dei documenti di cui alle lette- re a) e b) del comma 1 dell’art. 6 del D.lgs. n. 271/1999.

Si evidenzia, infine, che le attività lavorative inerenti i Cantieri Navali, che in alcuni casi vedono anche il coinvolgimento dell’equipaggio della nave, sono regolamentate per quanto attiene la Sicurezza dei Lavoratori dal D.lgs. n. 272/1999.

2.2 Confronto tra la Normativa Italiana sulla Sicurezza specifica per le Navi e il D.lgs. n. 81/2008

Come già detto, attualmente la normativa che regolamenta la tutela della salute e sicurezza a bordo delle navi è rappresentata essenzialmente dal D.lgs. n. 271/1999, il quale si pone l’obiettivo di:

- assicurare in materia di sicurezza del lavoro, la tutela della salute e la prevenzio- ne degli infortuni e delle malattie professionali;

- determinare gli obblighi e le responsabilità specifiche da parte di Armatori, marit- timi ed altri soggetti interessati in relazione alla valutazione dei rischi;

- fissare, in materia di igiene del lavoro, i criteri relativi alle condizioni di igiene ed abitabilità degli alloggi degli equipaggi. In particolare, però, tale ambito è regola- mentato, per la bandiera Italiana, dalla Legge 16 giugno 1939 n. 45 (c.d. “Igiene e Abitabilità”).

All’art. 5, il D.lgs. n. 271/1999 prescrive inoltre che vengano effettuate alcune misure di tutela di carattere generale tra cui:

- valutazione delle situazioni di rischio per la salute e la sicurezza, connesse all’e- sercizio dell’attività lavorativa a bordo;

- eliminazione dei rischi derivanti dall’impiego di materiali nocivi alla salute del lavo- ratore, mediante sostituzioni da realizzare conformemente alle tecnologie disponi- bili nel settore della progettazione e costruzione navale e, qualora ciò non fosse possibile, riduzione al minimo del loro impiego a bordo;

- riduzione dei rischi alla fonte.

Negli artt. 6 - 10 vengono invece individuati gli obblighi a cui devono attenersi rispet- tivamente l’armatore, il comandante, il lavoratore marittimo, il progettista, il costrutto- re della nave e gli eventuali prestatori d’opera.

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In particolare, l’art. 6.1 prescrive che l’armatore valuti i rischi facendo predisporre il Piano di Sicurezza dell’ambiente di lavoro da parte del personale tecnico delle costruzioni navali di cui all’art. 117 del Codice della Navigazione e dall’art. 275 del relativo Regolamento di attuazione.

Il Piano di Sicurezza dell’ambiente di lavoro, in particolare dovrà essere elaborato contenendo:

- il progetto dettagliato dell’unità in cui vengono riportate le sistemazioni inerenti l’ambiente di lavoro;

- la specifica tecnica dell’unità, comprendente tutti gli elementi ritenuti utili per l’esa- me delle condizioni di igiene e sicurezza del lavoro presenti a bordo della nave;

- la relazione tecnica sulla valutazione dei rischi per la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore marittimo connessi allo svolgimento dell’attività lavorativa a bordo; nella relazione sono specificati i criteri adottati per la valutazione stessa e le misure di prevenzione e protezione dei lavoratori, nonché il programma di attuazione di eventuali interventi migliorativi dei livelli di igiene e sicurezza a bordo.

L’art. 25 del D.lgs. n. 271/1999 disciplina, inoltre, le procedure da adottare in caso di infortunio a bordo. In particolare - indipendentemente dal periodo di inattività del marittimo e quindi dell’entità dell’infortunio - l’armatore è tenuto a segnalare tale infortunio all’autorità marittima, all’istituto assicuratore e alla ASL del compartimento di iscrizione della nave.

Gli elementi significativi dell’infortunio vengono inoltre annotati nel Registro degli infortuni che viene conservato a bordo.

Nell’Allegato I al D.lgs. n. 271/1999 vengono descritti i fattori di fatica classificandoli secondo i seguenti quattro gruppi:

1. Gestione a terra e a bordo della nave (gestione e programmazione del lavoro, procedure, ecc.);

2. Fattori relativi alla nave (grado di automazione, affidabilità attrezzature, microcli- ma, vibrazioni, ecc);

3. Fattori relativi all’equipaggio (addestramento, esperienza, competenze equipag- gio, ecc.);

4. Fattori ambientali esterni (condizioni meteo, portuali, di traffico, ecc.).

Il decreto legislativo prevede l’istituzione di figure specifiche per promuovere l’attività di prevenzione e di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, quali il Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; il Responsabile del servizio di preven- zione e protezione; gli Addetti al servizio di prevenzione e protezione dei rischi; il Medico competente.

In generale, il D.lgs. n. 271/1999 richiama quasi integralmente tutte le procedure pre- viste dalla D.lgs. n. 626/1994 (ora D.lgs. n. 81/2008 e smi), e in particolare gli ele- menti di dettaglio forniti dagli allegati al testo di legge, limitandosi a definire soltanto gli aspetti specifici del lavoro marittimo, anche perché molte prescrizioni sono già disciplinate da norme internazionali e comunitarie.

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Come tutti i datori di lavoro, anche l’armatore e il comandante della nave sono quindi tenuti ad informare i lavoratori marittimi dei rischi specifici cui sono esposti nello svol- gimento delle loro normali attività lavorative e ad addestrarli sul corretto utilizzo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuali secondo quanto previsto dal Piano di Sicurezza elaborato sulla base di quanto previsto sia dall’art. 6.1 del D.lgs.

n. 271/1999 sia dalla già richiamata Circolare n. 09/SM del 28 novembre 2006 del MIT.

Inoltre, l’Armatore dovrà provvedere alla formazione e all’addestramento del perso- nale marittimo in materia di igiene e di sicurezza dell’ambiente di lavoro a bordo pre- disponendo appositi manuali operativi e richiedendo l’osservanza da parte dei lavo- ratori delle norme di igiene e di sicurezza e l’utilizzazione dei mezzi individuali di pro- tezione messi a loro disposizione.

2.3 La Valutazione del Rischio e la disciplina delle cadute dall’alto

Per lo studio in esame, risulta molto importante il D.lgs. 8 luglio 2003 n. 235 che dà attuazione alla direttiva 2001/45/CE relativa ai requisiti minimi di sicurezza e di salute per l’uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e successivamente rece- pito nel capo II, titolo IV del D.lgs. n. 81/2008 art.105 e seguenti. Con questa norma vengono determinati i requisiti minimi di sicurezza e salute per l’uso delle attrezzatu- re di lavoro nell’esecuzione di lavori temporanei in quota e viene data la definizione di

“lavoro in quota” quale attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.

I lavori in quota possono esporre i lavoratori a rischi particolarmente gravi per la loro salute e sicurezza. In particolare, ci si riferisce ai rischi di caduta dall’alto a seguito della presentazione, presso il Ministero del lavoro, di numerose richieste di spiega- zioni e chiarimenti circa le norme in questione, il Ministero stesso ha emanato la Circolare n. 29 del 27 agosto 2010 che, sotto forma di domanda-risposta, definisce in modo chiaro il reale ambito di applicabilità della normativa in questione e in parti- colare delle disposizioni contenute nel Capo II Titolo IV del D.lgs. 81/2008.

In particolare, la normativa in esame circoscrive gli obblighi del datore di lavoro nel- l’uso di attrezzature per lavori in quota stabilendo che “il datore di lavoro, nei casi in cui i lavori temporanei in quota non possono essere eseguiti in condizioni di sicurez- za e in condizioni ergonomiche adeguate a partire da un luogo adatto allo scopo, sceglie le attrezzature di lavoro più idonee a garantire e mantenere condizioni di lavoro sicure, in conformità ai seguenti criteri:

a) priorità alle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione indi- viduale;

b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura dei lavori da esegui- re, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi”.

Gli altri obblighi del datore di lavoro in caso di lavori in quota riguardano:

• La scelta del tipo più idoneo di sistema di accesso ai posti di lavoro temporanei

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in quota in rapporto alla frequenza di circolazione, al dislivello e alla durata del- l’impiego;

• Il sistema di accesso adottato deve consentire l’evacuazione in caso di pericolo imminente;

• Il passaggio da un sistema di accesso a piattaforme, impalcati, passerelle e vice- versa non deve comportare rischi ulteriori di caduta;

• L’ utilizzo della scala a pioli quale posto di lavoro in quota solo nei casi in cui l’uso di altre attrezzature di lavoro considerate più sicure non è giustificato a causa del limitato livello di rischio e della breve durata di impiego oppure delle caratteristi- che esistenti dei siti che non si può modificare;

• L’impiego di sistemi di accesso e di posizionamento mediante funi alle quali il lavoratore è direttamente sostenuto, soltanto in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro può essere effettuato in condizioni di sicurezza e l’impiego di un’altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non è giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esisten- ti dei siti che non può modificare;

• L’individuazione delle misure atte a minimizzare i rischi per i lavoratori, insiti nelle attrezzature in questione, prevedendo, ove necessario, l’installazione di dispositi- vi di protezione contro le cadute. I predetti dispositivi devono presentare una con- figurazione ed una resistenza tali da evitare o da arrestare le cadute da luoghi di lavoro in quota e da prevenire, per quanto possibile, eventuali lesioni dei lavora- tori. I dispositivi di protezione collettiva contro le cadute possono presentare inter- ruzioni soltanto nei punti in cui sono presenti scale a pioli o a gradini.

I lavori temporanei in quota devono essere svolti soltanto se le condizioni meteoro- logiche non mettono in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori.

In caso di impiego dei ponteggi, il decreto individua gli obblighi del datore di lavoro cioè dell’Armatore, il quale deve redigere a mezzo di persona competente un piano di montaggio, uso e smontaggio, in funzione della complessità del ponteggio scel- to. Tale piano può assumere la forma di un piano di applicazione generalizzata inte- grato da istruzioni e progetti particolareggiati per gli schemi speciali costituenti il ponteggio ed è messo a disposizione del preposto addetto alla sorveglianza e dei lavoratori interessati.

Il mese di agosto 2012 è stata pubblicata la nuova edizione della norma UNI EN 363.2008 “Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute - Sistemi indivi- duali per la protezione contro le cadute”.

Il documento specifica le caratteristiche generali e l’assemblaggio di sistemi indivi- duali per la protezione contro le cadute, fornisce alcuni esempi di tipi specifici di sistemi individuali per la protezione contro le cadute e descrive come i componenti possano essere assemblati in sistemi.

Le stesse caratteristiche costruttive della nave fatta di tanti locali, spesso angusti, ma quasi tutti collegati fra loro e intersecati da miriadi di tubi e di cavi elettrici, la presen- za a bordo, quasi ovunque, di materiali o liquidi combustibili e spesso infiammabili,

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impongono che chiunque effettui lavori a bordo non lo faccia autonomamente, ma sulla base di una precisa organizzazione del lavoro che sia stata appositamente stu- diata per evitare che il lavoro di un operatore interferisca con il lavoro di altri opera- tori costituendo un pericolo per la sicurezza di tutti coloro che sono presenti a bordo della nave e della nave stessa.

Nell’ambito sia della Comunità Europea che in quello internazionale viene posta l’atten- zione sulle specifiche attività svolte a bordo della nave e al modo in cui devono essere valutati i rischi e le azioni migliorative che possano eliminare e/o ridurre il pericolo.

Da un punto di vista normativo risultano essere di particolare rilievo le seguenti nor- mative e linee guida emanate da enti ed associazioni internazionali operanti nel set- tore marittimo.

Nel 1993, l’International Maritime Organization (IMO) con la Risoluzione A.741 (18) adottata il 4 Novembre 1993, emanava il così detto ISM Code cioè l’ International Management Code for the Safe Operation of Ships and for Pollution Prevention.

In particolare l’ ISM Code - che si applica a tutte le navi assoggettate alla SOLAS cioè quelle al di sopra delle 500 GT - si pone l’obiettivo di assicurare la sicurezza a mare per prevenire i danni o la perdita di vite umane e per evitare disastri con particolare riferimento a quelli che coinvolgono l’ambiente marino.

Il Codice ISM prevede che tali obiettivi devono essere raggiunti attraverso un Sistema di Gestione della Nave (Safety Management System - SMS) che deve esse- re implementato da una Società di Gestione che deve:

- Istituire procedure di sicurezza nella gestione della nave e nell’ambiente di lavoro;

- Definire misure di protezione contro i rischi;

- Migliorare continuamente il Sistema di Gestione della sicurezza del personale a terra e di quello imbarcato, predisponendo procedure per la gestione delle emer- genze relative sia alla sicurezza della nave che alla tutela dell’ambiente.

Anche in questo caso, come si può desumere dal titolo che identifica il Codice ISM, l’attenzione dell’IMO è stata posta alla sicurezza della nave spostando il punto di vista però sull’apporto umano nella gestione della nave che, se effettuata al di fuori di specifiche procedure, può determinare un pericolo sia per la nave stessa che per i marittimi (lavoratori) imbarcati e per l’ambiente marino.

L’adozione di un Sistema di Gestione della sicurezza della nave ha, quindi, prodot- to la procedurizzazione ed il continuo monitoraggio di molte delle attività lavorative svolte a bordo con il conseguente miglioramento delle condizioni lavorative.

Successivamente, con la Risoluzione MSC.273 (85) del 4 Dicembre 2008, entrata in vigore il 1° Luglio 2010, l’IMO ha modificato l’ ISM Code prescrivendo la predisposi- zione del Piano di Sicurezza (Risk Assessment) che di fatto entra a far parte delle procedure previste dal Codice e dal Sistema di Gestione della Sicurezza (SMS).

In seguito a ciò, il 21 Maggio 2010 il Comando Generale del Corpo delle Capitanerie di Porto ha emanato la Circolare Serie Generale n. 83 nella quale vengono chiarite le nuove procedure imposte dalla Risoluzione MSC.273 (85) per l’ ISM Code come di seguito riportato:

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1) Sez. 1.2.2 “valutare i rischi che riguardano la nave, il personale, l’ambiente e sta- bilire idonee contromisure”.

a) La valutazione dei rischi, richiesta dalla norma, potrà essere sviluppata per tipologia di nave integrando, ove necessario, l’attività di valutazione per impianti e/o operazioni specifiche di singole unità. La valutazione, effettuata con attività esperita anche “on site” e con il contributo di personale esperto nel settore marittimo specifico, dovrebbe portare, di fatto, all’individuazione, alme- no, di quanto già in uso nelle “procedure ed istruzioni” dei manuali esistenti (generalmente riportati nel Cap. 12).

b) Si ritiene opportuno, altresì, che sia sviluppata una “procedura standard” di valutazione rischi, da inserire nel manuale, che possa essere applicata nel caso in cui si rendesse necessario eseguire a bordo un’operazione/attività non ancora valutata. La verifica dei rischi, in tale circostanza, dovrà essere svilup- pata dalla Company, attraverso i dati forniti dal comando nave ed in applica- zione della “procedura standard” sopra richiamata. Resta inteso che tale atti- vità di “risk assessment” deve essere opportunamente documentata e tali documenti devono essere resi disponibili agli auditor, su richiesta, in sede di audit in compagnia.

c) Per quanto attiene, invece, la parte relativa al personale, si ritiene neces- sario procedere ad una rivisitazione della valutazione dei rischi, finalizzata alla nuova normativa, ritenendo comunque esaustivo quanto già prodotto attraverso l’applicazione dei principi contenuti nella Circolare 09/SM in data 28.11.2006, dell’allora Ministero dei Trasporti, in attuazione dei princi- pi del D.lgs. n. 271/1999. Quanto sopra, fermo restando che la citata valu- tazione dei rischi sia stata trasmessa per l’approvazione secondo le pro- cedure contenute nel vigente D.lgs. n. 271/1999 e nella Circolare 09/SM sopra richiamata.

d) L’acquisizione di nuova conformità del manuale, inoltre, sarà indispensabile esclusivamente qualora, dalla verifica dei rischi eseguita, si rendesse neces- sario apportare modifiche sostanziali al capitolo corrispondente ed alle discendenti procedure. Quanto detto, fermo restando un doveroso richiamo alla valutazione eseguita che dovrà, comunque, essere riportata sia nel manuale che nelle procedure aggiornate.

e). Si intende precisare che, ad oggi, l’IMO non ha indicato alcuna metodolo- gia da seguire nel processo di “risk assessment”, lasciando, quindi, la scelta alle singole compagnie che potranno optare, a loro discrezione, per le tecniche più adatte alle diverse situazioni da esaminare. Per quanto attiene la valutazione, completa ed aggiornata, dei rischi per il personale, la stessa potrebbe essere, già, reperita all’interno della documentazione richiesta ai sensi del D.lgs. n. 271/1999 e successive integrazioni. Allo stesso modo, se la compagnia è in possesso di una certificazione ISO14001, per gli aspetti relativi alla protezione ambientale, il Manuale

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SMS potrebbe rimandare ai documenti del sistema di gestione ambientale ovvero alle valutazioni dei rischi effettuati dalle Società, che gestiscono navi petroliere, per rispondere ai requisiti del TMSA (Tanker Management and Self Assessment).

2) 12.1 “La Compagnia deve eseguire verifiche interne e a bordo del proprio sistema gestione sicurezza ad intervalli non superiori i 12 mesi allo scopo di verificare che le attività di sicurezza e prevenzione inquinamento siano eseguite in conformità al sistema gestione sicurezza. In circostanze eccezionali, questo intervallo può esse- re esteso di ulteriori tre mesi”:

a) Le circostanze eccezionali saranno valutate direttamente dalla Company e ne sarà data evidenza attraverso le procedure previste dal sistema di gestione.

Circolare Serie Generale n. 83

La Circolare n. 83 del 21/05/10 del Comando Generale delle Capitanerie di Porto, inoltre, riporta in allegato - per la prima volta in Italia - un esempio di Matrice del Rischio analoga a quella già adottata ad esempio nell’ambito del Mercato Petrolifero.

Come si è avuto modo di vedere in precedenza, fino al 1° Luglio 2010 - data in cui è entrata in vigore la Risoluzione MSC.273 (85) emanata dall’IMO il 4 Dicembre 2008 - non esistevano, in ambito internazionale, specifiche normative che imponessero la predisposizione del Piano di Sicurezza e della Valutazione dei Rischi che erano generalmente demandate alle eventuali normative nazionali, come il D.lgs. n.

271/1999 in Italia, alla sensibilità delle Società di Gestione delle Navi (Company) o alle specifiche richieste dei Noleggiatori.

In tale contesto, comunque, sono state negli ultimi anni emanate alcune Linee Guida (Guidelines) da parte di enti internazionali come l’International Association of Classification Societies (IACS) che racchiude tutti i primari enti di classifica che seguono la costruzione e la classificazione delle navi.

In particolare lo IACS emanava già dal 2004 una Guida alla predisposizione del Risk Assessment per le navi in esercizio che proprio di recente è stata implementata e ratificata dalla Risoluzione IACS n. 127 del giugno 2012.

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In analogia con quanto attualmente previsto dall’ISM Code e dalla Circolare delle Capitanerie di Porto in Italia, la Risoluzione IACS n. 127 stabilisce gli scopi del Risk Assessment riassumendo il processo iterativo di gestione secondo il seguente sche- ma di flusso.

Anche in questo caso viene introdotta la Matrice del Rischio che è del tutto analoga a quella indicata dalla Circolare n. 83 del 21/05/10 del Comando delle Capitanerie di Porto.

Si tenga comunque presente che la Matrice del Rischio, allo stato attuale, è solo uno strumento che è stato studiato per cercare di semplificare la Valutazione dei Rischi oltre che per renderne più agevole l’interpretazione dei rischi da parte dei marittimi (lavoratori) e degli operatori del settore.

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In particolare l’attuale tendenza in ambito internazionale, come anche indicato dalla Risoluzione IACS n. 127, è quella di valutare la Matrice dei Rischi in modo meno “rigido”.

Viene pertanto introdotto il principio secondo il quale il rischio deve essere ridotto ad un livello che sia “il più basso per quanto ragionevolmente praticabile”.

Tale approccio prende il nome di ALARP, dall’acronimo inglese “as low as is reaso- nably praticable”, ed i cui principi vengono riassunti dal così detto “Triangolo di ALARP”.

In definitiva, in ambito internazionale, si sta passando dall’approccio della Valutazione del Rischio (Risk Assessment) a quella della Gestione del Rischio (Risk Management).

In tale panorama, è stato quindi richiesto agli Stati membri di adottare tutte le misure necessarie per poter svolgere le ispezioni delle navi, in particolare, mettendo a disposi- zione delle autorità competenti ispettori qualificati (Ispettori di Port State Control - PSC).

Le ispezioni sono, pertanto, state classificate secondo due categorie di priorità: navi di priorità I per le quali l’ispezione è obbligatoria e navi di priorità II per le quali l’ispe- zione è facoltativa.

Si osservi che il profilo di rischio attribuito a una nave che fa scalo o ancoraggio in un porto viene determinato considerando parametri quali il tipo e l’età della nave, lo Stato di bandiera, il rispetto delle norme da parte della compagnia o ancora il nume- ro di anomalie o “arresti” recenti. Le autorità competenti si accertano che tutte le carenze confermate o rivelate dall’ispezione siano corrette secondo le pertinenti con- venzioni. In caso di carenze che rappresentano un evidente pericolo per la sicurez- za, la salute o l’ambiente, l’autorità competente dello Stato di approdo deve accer- tarsi che la nave sia sottoposta a fermo o che sia interrotto il suo esercizio.

Naturalmente il proprietario o l’armatore di una nave o il suo rappresentante nello Stato membro ha il diritto di ricorrere contro la decisione dell’autorità competente.

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2.4 Analisi del quadro normativo con riferimento alla “Maritime Labour Convention” (MLC 2006)

In ambito internazionale risulta essere molto importante in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro dei marittimi la nuova Convenzione del lavoro marittimo del 2006 “Maritime Labour Convention” (MLC 2006) adottata il 23 febbraio 2006 a Ginevra, che è l’atto finale di un lungo percorso finalizzato a dare un’integrazione organica delle oltre 65 tra convenzioni e raccomandazioni dell’ International Labour Orgnization (ILO), che riguardano i lavoratori marittimi, adottate negli ultimi 80 anni.

Con la ratifica da parte del Governo delle Filippine avvenuta il 20 Agosto 2012 e con il conseguente raggiungimento di trenta sottoscrittori, si è avuto l’avvio della proce- dura che ha portato all’entrata in vigore della MLC 2006. In questo modo si avrà un testo unico che comprende tutte le norme aggiornate contenute nelle attuali conven- zioni e raccomandazioni internazionali del lavoro marittimo e che riassume i principi fondamentali riportati nelle altre convenzioni internazionali sul lavoro.

Occorre ricordare che il trasporto marittimo di ogni tipo e modalità è globalizzato nel senso più ampio del termine. Infatti, la nave, oltre a potersi spostare liberamente e quindi toccare qualunque paese del mondo, può cambiare bandiera in poche ore e può imbarcare e quindi impiegare membri dell’equipaggio di nazionalità diverse. In particolare, quindi, il mercato del lavoro cui può rivolgersi una nave è ampio sia nella circolazione ed allocazione dei capitali che nella distribuzione ed acquisizione del lavoro.

Per questo, nel tempo, per motivi di sicurezza ma anche di dumping commerciale e sociale sotto l’egida di agenzie dell’Onu, sono state emanate norme internazionali che regolamentano ogni aspetto del trasporto marittimo a partire dalla costruzione della nave fino ai criteri minimi dell’ambiente di lavoro.

Oggi ai tre pilastri del settore già vigenti, che sono la MARPOL (regole per evitare l’in- quinamento)3, la SOLAS (sicurezza e criteri di costruzione)4e la STCW (formazione e titoli professionali)5, si affianca il quarto pilastro: la MLC 2006 (condizioni contrattua- li, di lavoro, abitabilità e welfare).

3 Tale convenzione stabilisce le caratteristiche minime degli impianti di ritenzione degli oli minerali presenti a bordo oltre che i sistemi di sicurezza fissi e mobili per evitare riversamenti in mare.

4 Essa stabilisce i criteri di sicurezza cui devono ottemperare tutte le navi passeggeri e quelle da carico di stazza supe- riore alle 500 tonnellate. Inoltre stabilisce i criteri di costruzione dei seguenti elementi della nave: struttura, compar- timentazione e stabilità, macchine, impianti elettrici ed antincendio, mezzi e sistemazioni di salvataggio. Radio comunicazione. Sicurezza della navigazione. Trasporto di carichi. Trasporto di merci pericolose. Navi nucleari.

Gestione della Sicurezza delle Navi (ISM Code – SMS). Misure di Sicurezza per le Unita Veloci. Misure speciali per migliorare la Sicurezza marittima. Misure di Sicurezza addizionali per le navi portarinfuse. Costruzione antincendio 5 L’acronimo STCW sta ad indicare l’International Convention on Standard of Training, Certification and Watchkeeping

for Seafarers. La Convenzione stabilisce le specializzazioni ed i certificati di cui devono essere dotati i membri del- l’equipaggio in funzione delle specifiche mansioni (Coperta, Macchine, apparecchiature Radio, ecc.). Inoltre ven- gono esplicitamente indicati, per ogni specifica mansione, i seguenti quattro parametri: competenze specifiche;

conoscenze teoriche e pratiche richieste; metodi di verifica delle competenze; criteri di valutazione delle specifiche competenze. Nel codice invece vengono descritte e quindi individuate le specifiche esercitazioni e procedure richi- este per ottenere le relative qualifiche professionali.

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Questa ultima Convenzione costituirà quindi a breve il termine di riferimento con il quale si dovrà rapportare tutto l’impianto normativo nazionale in materia di lavoro marit- timo, ivi compresa la tutela della salute e sicurezza del lavoratore a bordo delle navi.

L’entrata in vigore della Convenzione dovrà, infatti, determinare un insieme di rego- le certe ed uniformi a livello internazionale, in modo da incrementare gli standard tec- nici di sicurezza del lavoro a bordo e realizzare una riduzione dei possibili scosta- menti dalle condizioni minime di sicurezza.

La Convenzione MLC 2006 raggruppa e regolamenta una serie di materie comples- se (dall’orario di lavoro a bordo, alla sicurezza e salute del lavoro, all’organizzazione del collocamento ecc.) che richiedono un approfondito lavoro di adeguamento della normativa nazionale a tali nuove disposizioni.

All’Art II comma 4 della MLC 2006 è chiaramente specificato che “Salvo disposizio- ne contraria espressa, la presente Convenzione si applica a tutte le navi appartenen- ti a enti pubblici o privati normalmente destinate ad attività commerciali, ad eccezio- ne delle navi destinate alla pesca o a un’attività analoga e delle navi di costruzione tradizionale come sambuchi e giunche. La Convenzione non si applica né alle navi da guerra né alle navi da guerra ausiliarie.”

La Convenzione in parola si compone di tre parti distinte ma collegate tra loro, cioè gli Articoli, i Regolamenti ed il Codice. Gli Articoli ed i Regolamenti enunciano i dirit- ti ed i principi fondamentali nonché gli obblighi fondamentali degli Stati Membri che abbiano ratificato la Convenzione.

Il Codice, invece, indica come devono essere applicate le norme e si compone di una parte A (Norme obbligatorie) e di una parte B (Linee guida non obbligatorie).

Da un’analisi più approfondita del titolo IV della MLC 2006 e da un confronto con quanto riportato nel D.lgs. n. 271/1999, nel D.lgs. n. 298/1999 e nella Legge n. 45 del 16 Giugno 1939 (c.d. “Igiene e Abitabilità”) si nota come una buona parte delle indi- cazioni internazionali trovino già riscontro nel nostro sistema normativo anche se occorre segnalare come il coordinamento tra quanto indicato dai decreti citati ed il D.lgs. n. 81/08 renderebbe ancora più elevata tale corrispondenza.

Per quanto riguarda, infine, la normativa internazionale riferita specificatamente al settore della pesca si è in attesa che venga ratificata la Convenzione n. 188 “Il lavo- ro nel settore della pesca” dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro adottata il 14 giugno 2007 dalla 96a sessione della Conferenza internazionale del lavoro, in quanto - come già detto - la MLC 2006 escludeva il settore della pesca dal proprio campo di applicazione.

La Convenzione 188 rivede ed aggiorna in particolare le Convenzioni n. 112 sull’età minima dei pescatori del 1959, la n. 113 relativa alle visite mediche dei pescatori del 1959, la n. 114 relativa al contratto di assunzione dei pescatori del 1959 e la n. 126 inerente gli alloggi degli equipaggi sulle navi da pesca del 1966. Nella Convenzione vengono inoltre trattate altre importanti questioni come la salute e la sicurezza sul luogo di lavoro, la composizione degli equipaggi e le ore di riposo, l’elenco dell’equi- paggio, le regole per il rimpatrio, il reclutamento e la sistemazione, la previdenza sociale, la conformità e l’attuazione della MLC 2006.

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