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Calcolo della paleodose con il metodo della dose additiva

CAPITOLO 3 CALCOLO DELLA PALEODOSE

3.1 Calcolo della paleodose con il metodo della dose additiva

momento della cottura fino alla misura in laboratorio; essa consta di un contributo esterno dovuto ai raggi cosmici e di un contributo interno dovuto ai radionuclidi costituenti il campione. Tale grandezza è proporzionale alla durata dell’irraggiamento (purché si stia lontani dalla regione di saturazione), nonché all’età del reperto se la dose assorbita è costante nel tempo. Il segnale di termoluminescenza che ne deriva è chiamato termoluminescenza naturale (TLn) e dipende dalla dose proveniente dal terreno di sepoltura e da quella impartita dalle impurezze radioattive presenti del reperto stesso [13,14]. L’approccio più semplice per la stima della paleodose deriva dal confronto tra la TL naturale e la TL artificiale, ottenuta mediante irraggiamenti α e β

crescenti e di dose nota che si sommano poi alla TL naturale. Questa procedura, detta metodo della dose additiva [3], consente di rappresentare graficamente le varie misure di TL (naturale, e naturale + artificiale) in funzione della dose assorbita ottenendo un grafico del tipo:

Fig.3.1 Metodo della dose additiva per la valutazione della paleodose.

CAPITOLO 3

CALCOLO DELLA PALEODOSE

Dalla fig.3.1 si evince che la paleodose P è data dalla somma Q+I, dove Q è la dose equivalente e l’intercetta I è la correzione di sopralinearità. Pertanto la dose equivalente Q non è necessariamente uguale alla paleodose; questo perché per basse dosi la crescita della termoluminescenza con la dose è sopralineare, come mostrato in fig.3.2.

Fig.3.2 Crescita caratteristica della second-glow per la valutazione del termine correttivo di sopralinearità I.

Dal punto di vista operativo le 48 aliquote precedentemente preparate vengono divise in tre gruppi ed introdotte nel sistema “Risø TL /OSL reader”: le prime 10 sono utilizzate per misurare la TL naturale; le successive 20 vengono irraggiate con dosi crescenti β e poi misurate1; le ultime 18 sono irraggiate con dosi crescenti α ed infine misurate2. Ogni aliquota è riscaldata con una rampa di 15 °C/sec fino a una Tmax di 450 °C. Il segnale TL d’interesse è quello che proviene dalle trappole più profonde, quelle cioè che non hanno perso elettroni e che si svuotano a temperature superiori a 300 °C. Prima della misura di TL si esegue un pre-heating del campione con il fine di eliminare il segnale generato dalle trappole superficiali. Una volta ottenute le

glow-curve si procede nel seguente modo:

1 Nello specifico: 7 sono irraggiate con una dose β1, le successive 6 con una dose β2 e le ultime 7 con una dose β3, dove β1< β2< β3.

2 Queste 18 aliquote sono suddivise in tre gruppi da 6 e irraggiate rispettivamente con dosi crescenti α1, α2, α3.

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Si esaminano tutte le glow-curve in modo da individuare quelle che presentano un andamento anomalo rispetto alle altre. Infatti, a parità di dose, può accadere che le curve di termoluminescenza risultino spostate di qualche grado o mostrino intensità diverse3; nel primo caso, se si ha a che fare con leggeri spostamenti si effettua uno shift delle glow-curve, mentre nei casi di spostamenti più consistenti (superiori ai 20 °C) le aliquote corrispondenti vengono scartate; nel secondo caso si effettua la normalizzazione delle curve. A ciascuna curva si sottrae poi il fondo medio.

Si effettua il plateau-test (fig.3.3). Questo metodo consente di verificare che le trappole associate a un certo intervallo di temperatura siano stabili: in altre parole sufficientemente profonde da trattenere i portatori per tutto il tempo di sepoltura. La necessità di individuare questa regione di stabilità nelle glow-curve è legata esclusivamente alla tecnica fine-grain, in quanto la inclusion prevede la selezione mineralogica del solo quarzo e l’utilizzo del relativo picco stabile alla temperatura di 375 °C. Il plateau-test consiste nel calcolare il rapporto fra la curva media TLn e le curve medie TLn+β e TLn+α, ottenendo così: PTβ1 = TLTLn media n+β1media PTα1 = TLTLn media n+α1media PTβ2 = TLTLn media n+β2media PTα2 = TLTLn media n+α2media (3.1) PTβ3 = TLTLn media n+β3media PTα3 = TLTLn media n+α3media

3 Le cause di tali fenomeni possono essere molteplici: diversa quantità di polvere depositata sui dischetti, presenza di minerali di diversa natura, peggiore contatto termico del dischetto con la fascia riscaldante del sistema Risø (cioè differente rateo di riscaldamento tra i vari dischetti).

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Riportando in un grafico questi due gruppi di curve, si individua l’intervallo di temperatura (∆T) in cui tali rapporti sono costanti: è

proprio questa la regione in cui le trappole sono stabili.

Fig.3.3 La linea tratteggiata rappresenta il rapporto tra la glow-curve della

dose naturale (N) e la glow-curve della dose naturale+artificiale (N+β);

l’intersezione di tale linea con l’asse delle ordinate indica il livello del plateau (0.47).

♦ Si procede al calcolo dell’area sottesa dalle sette curve medie (TLn,

TLn+β1, TLn+β2, TLn+β3, TLn+α1, TLn+α2, TLn+α3) nell’intervallo ∆T

scelto.

Il valore della paleodose si ottiene dal grafico delle aree sottese dalle curve medie nell’intervallo ∆T del plateau-test in funzione delle dosi aggiuntive (β o α), espresse in Gy. Questo grafico, come già evidenziato in fig.3.1, ha un

andamento rettilineo: l’intercetta sull’asse delle ordinate rappresenta la TLn, mentre l’intercetta sull’asse delle ascisse indica il momento in cui il campione non presenta alcun segnale TL (il che significa che le trappole sono completamente svuotate: questa condizione corrisponde alla cottura del reperto). Facendo riferimento a tale grafico, la paleodose, che quindi è data dalla distanza tra l’origine degli assi e il punto a TL nulla, può essere espressa nel seguente modo:

P = x ± ∆x (3.2)

L’errore sulla paleodose è ricavato tramite il differenziale logaritmico:

∆x x = ∆m1 m1 + ∆m2 m2 (3.3)

Come accennato in precedenza, talvolta le glow-curve relative ad uno stesso irraggiamento hanno intensità diverse e non sono pertanto sovrapponibili; in questi casi si ricorre alla normalizzazione delle curve. Questa operazione

consiste nell’irraggiare tutte le aliquote con una stessa dose β, misurandone

poi i segnali di TL. Calcolando le aree sottese da ciascuna curva di normalizzazione4 è possibile valutare il coefficiente di correzione Ci:

Ci = AAm

i (3.4)

Dove:

- Ai è l’area sottesa dall’i-sima curva; - Am è l’area media.

A questo punto moltiplicando tutte le curve TLn, TLn+β e TLn+α per Ci ci si aspetta che le curve relative ad uno stesso irraggiamento si sovrappongano.

3.2 Calcolo della paleodose con il metodo rigenerativo (SAR)