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Problemi relativi alla misura della dose annua

CAPITOLO 4 LA RADIOATTIVITÀ NATURALE: DOSE ANNUA

4.2 Dose annua

4.2.2 Problemi relativi alla misura della dose annua

L’ipotesi fondamentale su cui si basano le considerazioni fatte finora è che la dose annua che si misura oggi sia una stima attendibile del valore di questa grandezza nel passato: sarebbe perciò più corretto parlare di dose media

annua. Poiché la radiazione ionizzante è il prodotto di un decadimento, le

concentrazioni di radioattività diminuiscono e così anche la dose annua. L’ipotesi sembrerebbe pertanto di principio scorretta. In realtà, occorre

considerare la velocità con cui avviene la diminuzione della radioattività naturale, il cui tempo di dimezzamento è dell’ordine di 109 anni: per tempi di interesse archeologico (102–104 anni) le variazioni di concentrazioni di radioattività possono pertanto essere trascurate.

Esistono però altre possibili cause di variazione della dose annua, dovute alla disomogeneità della distribuzione spaziale della radioattività, a disequilibri nelle catene radioattive, e alla presenza di acqua nel campione. Data la

difficoltà di stimare esistenza ed entità di queste variazioni, occorrerà tenerne

conto introducendo ampi margini di incertezza, che si aggiungeranno all’errore associato alle specifiche tecniche utilizzate per la misura della dose annua [14].

4.2.2.1 Effetti di disomogeneità

I problemi legati al tipo di radiazione si comprendono se si rappresenta, semplificando, la ceramica come un materiale che contiene grani di quarzo di

100 μm di diametro, distribuiti in una matrice uniforme di grani di 10 μm di

diametro, a sua volta immersa in una matrice di grani di diametro inferiore a

10 μm.

Si immagini che tutta la radioattività sia contenuta nella matrice e distribuita uniformemente in essa. Le radiazioni β e γ, che percorrono nella ceramica

rispettivamente pochi mm e poche decine di cm prima di venire assorbiti, attraversano allo stesso modo i grani di quarzo e la matrice fine. Le particelle

α, al contrario, che percorrono in media 25 μm, raggiungono soltanto lo strato

più esterno dei grani di quarzo più grandi. Questi ricevono pertanto globalmente una dose inferiore a quella ricevuta dalla matrice. Si comprende allora il motivo per il quale la dose debba esser valutata solo per grani di dimensioni ben definite, il che implica la necessità di frantumare la ceramica per operare in essa selezioni granulometriche. Se poi la radioattività non è distribuita omogeneamente nel materiale, la misura della dose annua deve essere ricavata a séguito di considerazioni microdosimetriche, che tengono conto delle modalità locali di interazione e di cessione di energia [3].

4.2.2.2 Disequilibrio radioattivo

Nelle catene di decadimento ciascun genitore (emettitore alfa ed elemento più longevo della catena) decade nel nucleo figlio, che a sua volta è radioattivo, e questo processo si itera finché non si perviene ad un isotopo stabile del piombo. Se il sistema è chiuso si raggiunge l’equilibrio radioattivo, per il quale:

λ1N1 = λiNi (4.2)

In altre parole tutti i nuclidi di una serie radioattiva hanno la stessa attività. La condizione di equilibrio secolare non è più soddisfatta quando il sistema fisico è perturbato7. E possibile distinguere due tipi di disequilibrio:

 Disequilibrio dovuto all’eccesso di figli nella catena;

 Disequilibrio dovuto al deficit di figli nella catena.

Nel primo caso l’attività dei figli è maggiore di quella del genitore (Af > Ag), viceversa nel secondo caso (Af < Ag).

Ciascuna delle tre catene radioattive è caratterizzata da un isotopo del radon allo stato gassoso: si tratta del 220Rn (thoron) per la catena del torio, del 222Rn per la catena dell’uranio e del 219Rn per la catena dell’attinio. Proprio per la sua natura gassosa, il radon accumulato nel campione o nel terreno può diffondere verso l’esterno; questa fuga è particolarmente probabile se il campione è poroso o se si trova a contatto con l’acqua. Se per esempio si verifica una fuga del 25 % di radon, allora non solo l’attività del radon sarà inferiore del 25 % rispetto a quella del genitore, ma anche rispetto a quella di tutti i membri successivi della catena [3]. La fuga più probabile è quella del 222Rn (t1/2 = 3.8 giorni) nella catena dell’uranio; sebbene gli altri due isotopi diffondano comunque, è più probabile che essi decadano in un isotopo non gassoso prima che abbiano il tempo di fuggire verso l’esterno a causa delle loro brevi vite medie (t1/2(220Rn) = 55 s; t1/2(219Rn) = 4 s).

7 Si intende cioè che il sistema è aperto: i figli posso entrare o uscire facendo così saltare l’ipotesi di equilibrio secolare. La datazione con Th/U si basa proprio su tale ipotesi.

[66]

Esistono comunque altre cause di disequilibrio; per esempio il radio può percolare tramite una falda acquifera, con conseguente esaurimento dei membri della catena radioattiva.

Un altro esempio di possibile disequilibrio è rappresentato dalla calcite delle stalagmiti: l’uranio, che è un elemento altamente solubile, durante la precipitazione del CaCO3 (carbonato di calcio) entra a far parte della struttura cristallina del minerale. Il torio invece, essendo pressoché insolubile non è presente in soluzione nelle acque di percolazione ma è adsorbito sulla superficie dei minerali argillosi. Ciò significa che nelle stalattiti e stalagmiti recenti, dove c’è uranio senza figli, il torio presente (230Th) proviene interamente dal decadimento dell’234U nella serie dell’uranio; l’attività del 230Th tende ad aumentare nel tempo fino al raggiungimento dell’equilibrio dell’attività col nuclide padre (234U). Tale equilibro si raggiunge in un tempo pari a circa 8 volte il tempo di dimezzamento del 230Th (t1/2 = 75400 anni) e quindi circa in 600000 anni. Questo valore rappresenta pertanto il limite temporale massimo di applicabilità del metodo di datazione basato sulla serie dell’uranio [23].

Si osservi che nella serie del torio la probabilità di avere disequilibrio è relativamente bassa, a causa della breve vita dei nuclidi figli (il tempo di dimezzamento maggiore è quello del 228Ra con t1/2 = 5.75 anni). La dose derivante dalla serie del torio rimane quindi plausibilmente costante durante tutto il periodo del seppellimento. Studi recenti condotti in Australia hanno giustificato l’eventuale disequilibrio nella serie del torio con il trasporto di acque sotterranee ricche di 228Ra e sua successiva deposizione nelle zone di scarico delle acque [6].

4.2.2.3 Contenuto d’acqua

Nella valutazione dei vari contributi alla dose annua, è necessario considerare che i campioni ceramici a causa della loro struttura assorbono umidità; questo comporta un’attenuazione della radiazione assorbita dai cristalli all’interno della matrice argillosa, poiché parte dell’energia rilasciata dalla radiazione viene assorbita dall’acqua anziché dalla ceramica.

Infatti, è stato calcolato sperimentalmente che il coefficiente di assorbimento per unità di massa dell’acqua è maggiore di quello dei minerali costituenti la ceramica rispettivamente del 50 % per le particelle α, del 25 % per le

particelle β e del 14 % per le radiazioni γ [30]. Quindi, tenuto conto che le

misure di dose vengono effettuate sul campione asciutto, si rende necessario stimare mediamente il contenuto di acqua nei campioni al momento del prelievo in situ e definire dei coefficienti correttivi per le dosi annue assorbite. I parametri sperimentali utilizzati sono la porosità (W) e la frazione di

saturazione (F). Essi si calcolano per ogni campione prima di effettuare

qualsiasi misura, avendo cura di valutare il peso di un piccolo frammento staccato dal reperto nelle sue condizioni all’estrazione e nelle diverse condizioni di umidità: totalmente asciutto (dopo averlo tenuto in forno a 50 °C per 48 ore) e in saturazione (dopo averlo lasciato in acqua per almeno 24 ore).

La porosità W indica quanta acqua può essere contenuta nei pori del campione (peso della quantità massima di acqua contenibile rispetto al peso secco del frammento) e si calcola nel seguente modo:

W = PsatP− Pdry

dry (4.3)

La frazione di saturazione F indica la percentuale di acqua contenuta all’estrazione rispetto alla quantità massima di acqua contenibile:

F = PPnat− Pdry

sat− Pdry (4.4)

Dove:

- Pnat è il peso del campione al momento del prelievo; - Pdry è il peso del campione a secco;

- Psat è il peso del campione in condizioni di saturazione.

La porosità e la frazione di saturazione dipendono dalla struttura argillosa del reperto e dall’ambiente; assumono valori compresi tra 0 e 1, rispettivamente in condizioni di aridità e di totale saturazione.

Per correggere i valori di dose ottenuti, tenendo conto del contributo dell’acqua, si utilizzano le seguenti equazioni:

Dα =1 + 1.50 ∙ W ∙ FDα,dry (4.5)

Dβ= 1 + 1.25 ∙ W ∙ FDβ,dry (4.6)

Dγ =1 + 1.14 ∙ 𝑊𝑊Dγ,dry ∙ F (4.7)

Dove:

- Dα,dry, Dβ,dry, Dγ,dry sono le dosi misurate considerando il campione a

secco;

- W è la porosità del campione;

- W' è la porosità del terreno.

Nelle formule precedenti le costanti di proporzionalità sono state calcolate da Zimmerman (1971) [30].

Poiché nella maggior parte dei casi non è possibile risalire al contenuto d’acqua del campione e del terreno circostante, si assume sia per la porosità che per la frazione di saturazione un valore costante pari a 0.8 [3].