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Strumentazione per le misure di TL: il sistema Risø

CAPITOLO 2 LA TERMOLUMINESCENZA

2.5 Strumentazione per le misure di TL: il sistema Risø

Il sistema Risø (fig.2.7), utilizzato per le misure di termoluminescenza, consta di quattro parti fondamentali:

1. Sistema di irraggiamento

2. Sistema di stimolazione luminescente 3. Sistema di rivelazione della luce 4. Sistema di elaborazione del segnale

Fig.2.7 Rappresentazione del sistema Risø.

Sistema di irraggiamento

Ciascuna aliquota può subire due tipi di irraggiamento: beta oppure alfa.

Irraggiamento beta

L’irraggiamento avviene per mezzo di una sorgente calibrata beta 90Sr/90Y che emette particelle con un massimo di energia di 2.27 MeV (energia di endpoint). La vita media è di 30 anni e l’attività è di 1.48 GBq.

La distanza tra la sorgente e il campione deve essere ridotta al minimo in modo da garantire il più alto valore

di dose-rate al campione: il valore tipico è di 7 mm.

All’interno del sistema di irraggiamento la sorgente è montata su di una ruota d’acciaio e avvolta da 20 mm di alluminio, da 20 mm di piombo, da una guarnizione elastica e da altri 25 mm di alluminio (fig.2.8). Quando la sorgente è nello stato di “off” essa viene schermata da un

adsorbitore al carbonio spesso 10 mm; quando invece si trova nello stato di “on” la sorgente ruota di 180° puntando nella direzione del dischetto da irraggiare. Infine una finestra di berillio spessa 0.125 mm funge da interfaccia tra il sistema di irraggiamento e la camera dove avvengono le misure [10].

Irraggiamento alfa

L’irraggiamento alfa avviene tramite una sorgente di 241Am che emette particelle con un’energia

pari a 5.49 MeV. La vita media è di 432.2 anni e l’attività è di circa 8.88 MBq. La sorgente è schermata da uno shutter ed è collocata in un contenitore cilindrico in alluminio

collegato ad una pompa da vuoto rotativa.

La sorgente, spessa 1 µm, è supportata da un foglio d'argento di 0.2 mm di

spessore e protetta da una copertura di 2 µm di oro-palladio (fig.2.9) [3]. Fig.2.8 Rappresentazione della sezione trasversale dell’irraggiatore beta.

Fig.2.9 Rappresentazione schematica dell’irraggiatore alfa.

Le particelle alfa che attraversano questo strato vengono rallentate e la loro energia è di circa 4 MeV per un cammino perpendicolare; per un cammino obliquo, invece, può ridursi a 2 MeV. Per questo motivo è importante valutare l'angolo di incidenza delle particelle alfa affinché queste attraversino completamente i grani del campione. In caso di una non completa penetrazione, la quantità di campione

termoluminescente sarà minore rispetto all’irraggiamento beta e quindi l'efficienza delle alfa sarà minore. È pertanto necessario evitare cammini eccessivamente obliqui, utilizzando un’opportuna separazione tra la sorgente e il campione. Per una sorgente di 12 mm di diametro e per un

campione di 10 mm, è stato stimato che la distanza tollerabile sorgente-campione è di 10 mm [3].

All'interno dell'irraggiatore vi è un disco con 19 alloggiamenti per i campioni (fig.2.10). Il sistema di rotazione della sorgente è controllato da un programma scritto in Labview, che regola il posizionamento e il tempo di irraggiamento dei dischetti.

È bene sottolineare che qualora si vogliano sottoporre i campioni ad entrambi i tipi di radiazione, l’irraggiamento alfa deve precedere quello beta.

Sistema di stimolazione luminescente (termica e ottica) Il sistema permette di riscaldare

singolarmente ognuno dei 48 campioni fino ad una temperatura di 700 °C. Ciascuna aliquota viene depositata su un dischetto di acciaio di 9.7 mm di diametro e successivamente inserita in un piatto rotante all’interno di una camera dove si può decidere di lavorare

Fig.2.10 Fascia porta campioni

dell’irraggiatore alfa.

Fig.2.11 48 campioni alloggiati nel piatto rotante del sistema Risø.

sotto flusso di azoto oppure sotto vuoto e successivo flusso di azoto (fig.2.11). Ciascun campione può essere stimolato termicamente e/o otticamente: nel primo caso, quello di interesse ai fini del presente lavoro di tesi, la stimolazione di ottiene aumentando linearmente la temperatura del dischetto in esame; nel secondo caso la stimolazione è ottenuta mediante differenti sorgenti di luce focalizzate sul campione. La luce emessa viene, in entrambi i casi, misurata dal sistema di rivelazione [10].

Sistema di rivelazione della luce

È costituito da un fotomoltiplicatore e da una serie di filtri che lo schermano e ne definiscono la finestra di rivelazione.

Il catodo del fotomoltiplicatore è ricoperto da una sostanza foto-emissiva, costituita solitamente da CsSb o altri componenti bi-alcali. In genere dieci elettroni che colpiscono il catodo generano da uno a tre fotoelettroni. Gli elettroni emessi dal fotocatodo vengono accelerati attraverso un sistema di dinodi (tenuti ad una tensione positiva rispetto al fotocatodo); quando ciascun elettrone colpisce un dinodo provocherà l’emissione di elettroni secondari, generando la cosiddetta moltiplicazione a valanga della carica [10].

Fig.2.12 Curva di efficienza del

fotomoltiplicatore EMI 9235QB15 in

funzione della lunghezza d’onda.

Come mostrato in fig.2.12 il fotomoltiplicatore raggiunge il massimo dell’efficienza tra i 200 e i 400 nm.

15 Nella sigla del fotomoltiplicatore la sequenza QB sta ad indicare che lo strumento è leggermente spinto verso l’UV: è questa, infatti, la regione di maggior interesse ai fini della datazione dei campioni in esame.

[33]

I filtri consentono di ottenere un segnale di circa 1018 ordini di grandezza maggiore della luce TL emessa dal campione (guadagno). La finestra di rivelazione varia anche a seconda dei materiali costituenti il campione: i quarzi infatti hanno una forte emissione centrata sui 365 nm (vicino UV), mentre molti feldspati emettono sui 410 nm (violetto). Questo significa che, nel caso di campioni caratterizzati dai suddetti materiali, è possibile eliminare, tramite opportuni filtri, tutte le componenti meno energetiche del blu (cioè con lunghezza d’onda maggiore di ∼450 nm).

Ai fini della datazione dei reperti analizzati nel presente lavoro di tesi sono stati utilizzati i seguenti filtri:

Un filtro per l’IR. L’energia della radiazione infrarossa può provocare

un riscaldamento del sistema che, seppur poco intenso, comporta un peggioramento del rapporto segnale/rumore.

Un filtro per il blu (Schott BG 3916). Poiché i campioni datati mediante TL sono solitamente caratterizzati da quarzo e feldspati, per quanto detto in precedenza è conveniente eliminare dalla finestra di rivelazione tutto ciò che è più energetico del blu.

Sistema di elaborazione del segnale

Il sistema di controllo ed elaborazione del segnale è dotato di un software per la gestione dei dati, il quale si articola in tre parti fondamentali:

- Sequence Pro, che consente di creare file di misura ad hoc,

definendo di volta in volta i tempi e le dosi d’irraggiamento; - Viewer, che consente di visualizzare le curve ottenute dall'analisi;

- Analyst, che fornisce una serie d’informazioni riguardanti le

singole aliquote (come per esempio il tipo di irraggiamento subìto, la temperatura massima raggiunta e la durata del pre-heating).

16 Spessore di 2 mm, ø = 45 mm.

[34]

3.1 Calcolo della paleodose con il metodo della dose additiva La paleodose o dose archeologica è la dose assorbita dal campione dal momento della cottura fino alla misura in laboratorio; essa consta di un contributo esterno dovuto ai raggi cosmici e di un contributo interno dovuto ai radionuclidi costituenti il campione. Tale grandezza è proporzionale alla durata dell’irraggiamento (purché si stia lontani dalla regione di saturazione), nonché all’età del reperto se la dose assorbita è costante nel tempo. Il segnale di termoluminescenza che ne deriva è chiamato termoluminescenza naturale (TLn) e dipende dalla dose proveniente dal terreno di sepoltura e da quella impartita dalle impurezze radioattive presenti del reperto stesso [13,14]. L’approccio più semplice per la stima della paleodose deriva dal confronto tra la TL naturale e la TL artificiale, ottenuta mediante irraggiamenti α e β

crescenti e di dose nota che si sommano poi alla TL naturale. Questa procedura, detta metodo della dose additiva [3], consente di rappresentare graficamente le varie misure di TL (naturale, e naturale + artificiale) in funzione della dose assorbita ottenendo un grafico del tipo:

Fig.3.1 Metodo della dose additiva per la valutazione della paleodose.