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CAPITOLO 2 LA TERMOLUMINESCENZA

2.4 Termoluminescenza applicata alla datazione

2.4.1 Preparazione dei campioni

Per eseguire l'analisi di termoluminescenza si usano differenti tecniche:

Inclusion (Flaming 1970);

Fine-grain (Zimmermann 1972);

Pre-dose.

A seconda della tecnica usata, varia la preparazione dei campioni da analizzare. Dal reperto in esame viene prelevato una frazione del peso di alcune decine di grammi: quantità tale da permettere di applicare, se necessario, più tecniche di analisi. Il prelievo viene effettuato in parti del reperto che non abbiano subìto restauri od altre manipolazioni. Allo scopo di eliminare eventuali contaminazioni e minimizzare gli effetti prodotti dalla luce solare ed artificiale, viene asportato e scartato 1 mm circa di superficie: inoltre il prelievo e tutte le successive operazioni sul campione vengono eseguite in ambiente illuminato con luce rossa o lampade schermate da opportuni filtri, in modo da limitare gli effetti indesiderati di fenomeni come la termoluminescenza spuria. È essenziale suddividere il prelievo uniformemente in modo da ottenere una serie di aliquote (e non un unico campione come richiesto da altre tecniche analitiche, come la datazione al radiocarbonio) dal peso uguale e dalle caratteristiche omogenee, al fine di poter eseguire più misure e mediare così i risultati ottenuti.

In ognuna di queste tecniche va considerato il fatto che le particelle alfa penetrano fino a circa 25 µm e pertanto non riescono a raggiungere il centro

di un’inclusione, che talvolta può raggiungere i 2 mm di diametro: per cui una parte del materiale più sensibile alla termoluminescenza non riceve l’intera dose alfa e l’età risulta così sottostimata [3,13].

3.4.1.1 Tecnica inclusion

Le misure di TL sono fatte esclusivamente su grani di quarzo di granulometria compresa tra 100-150 µm, dai quali sono stati eliminati circa 2 mm dello

strato più esterno, così da annullare l’effetto della radiazione α: infatti nei

materiali ceramici il cammino libero medio delle particelle α è dell'ordine di

poche decine di micron, mentre il cammino libero medio delle particelle β è

di alcuni millimetri e quello delle particelle γ è di alcune decine di centimetri.

Il quarzo stesso è relativamente libero da impurezze, cosicché da una prima approssimazione la dose ricevuta dai nuclei è dovuta solo alle radiazioni β, γ

e ai raggi cosmici.

Prima dell’etching si osserva solo una piccola riduzione della dose β:

effettuando una piccola correzione (∼ 9-10 %) di tale dose, l’equazione

dell’età diventa:

Età =0.9Dpaleodose

β+ Dγ+ Dc (2.8)

Dove:

- Dβ è la dose annua dovuta alla radiazione beta; - Dγè la dose annua dovuta alla radiazione gamma; - Dc è la dose annua dovuta ai raggi cosmici.

Il frammento di campione selezionato viene frantumato e setacciato delicatamente per evitare fenomeni di triboluminescenza9, selezionando la granulometria opportuna. Segue una serie di lavaggi con: HCl per rimuovere i carbonati; H2O2 per asportare materiale organico; HF per eliminare i minerali argillosi e lo strato più esterno (∼25 µm) di ciascun grano sensibile

alle alfa. Il materiale raccolto viene poi depositato su dischetti di nickel creando monostrati omogenei.

Rispetto alla tecnica fine-grain, la tecnica inclusion presenta alcuni vantaggi tra cui: una maggiore intensità dell’emissione luminosa dovuta alla maggiore

9 La triboluminescenza è un particolare tipo di luminescenza che si manifesta in alcuni materiali che, se sottoposti a sforzi meccanici, emettono parte dell’energia assorbita sotto forma di radiazione.

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trasparenza dei campioni composti da soli granuli di quarzo; l’attenuazione della TL spuria; l’eliminazione delle notevoli complicazioni che comporta il calcolo della dose α annua e del relativo fattore a. Essa presenta anche alcuni

svantaggi in quanto la conoscenza dei dati ambientali assume in questo caso particolare importanza. Non è inoltre da dimenticare che questa tecnica richiede una quantità di campione di gran lunga superiore a quella richiesta dalla tecnica fine-grain in quanto occorre isolare e selezionare i grani di quarzo di opportuna granulometria [3].

2.4.1.2 Tecnica fine-grain

La tecnica del fine-grain, a differenza della inclusion, non prevede una separazione mineralogica della matrice ceramica, ma solo granulometrica. Si seleziona la frazione di dimensione compresa tra 1 µm10 e 10 μm, in modo

che siano soddisfatte le seguenti assunzioni fondamentali:

 I grani devono essere abbastanza piccoli da permettere la completa penetrazione di particelle α cosicché essi possano assorbire l’intera

dose della matrice argillosa, indipendentemente dalla loro radioattività. È ovviamente importante che i grani utilizzati in questa tecnica siano realmente sottili, cioè che non siano quelli danneggiati dal processo di frantumazione.

 I grani devono formare uno strato sottile adatto alla misura

dell’efficienza delle particelle α.

La selezione granulometrica è regolata dalla legge di Stokes11:

v =29 ∙s− ρµ f)∙ g ∙ r2 (2.9)

Dove:

10 I grani di dimensione inferiore a 1 µm vengono scartati perché il grande rapporto superficie/volume comporta un rischio maggiore di ottenere un livello importante di TL spuria.

11 La formula esprime la velocità di equilibrio raggiunta da una sfera che cade liberamente in un liquido, cioè soggetta solo alla forza di gravità. Essa ad un certo istante del suo percorso acquisterà una velocità costante, e ciò si verifica quando la resistenza opposta alla viscosità del liquido è esattamente bilanciata dalla spinta gravitazionale.

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- ρs è la densità della sfera; - ρf è la densità del fluido;

- µ è la densità del fluido;

- g è l’accelerazione gravitazionale;

- r è il raggio della sfera.

L’equazione dell’età diventa:

Età =D′ paleodose

α+ Dβ+ Dγ+ Dc (2.10)

Dove D'α indica la dose alfa annua moltiplicata per la relativa efficienza che, come si vedrà meglio in séguito, è inferiore a quella delle particelle beta e gamma.

Il primo passo verso la preparazione del campione è la rimozione dello strato più superficiale del frammento mediante limatura per eliminare impurità carbonatiche, organiche e la zona esposta alla luce e alle radiazioni β

provenienti dal suolo. Si procede al prelievo con un trapano che possa operare a bassa velocità12 e si raccolgono circa 800 mg di campione, sufficienti per la preparazione di 48 aliquote. La polvere così ottenuta è inserita in un becher con l’aggiunta di acetone13 fino a raggiungere un’altezza di 6 cm. Si agita il becher in un bagno ad ultrasuoni e si lascia sedimentare per 2 minuti14. Trascorso questo tempo, si travasa il contenuto in un altro becher, tralasciando il fondo: in questo modo si selezionano i grani con diametro d <

10 µm. Si rabbocca con acetone riportando il contenuto del becher fino a 6

cm e si procede allo stesso modo, lasciando sedimentare per 20 minuti. Questa volta si raccoglie il deposito che avrà 1 µm < d < 10 µm: sarà proprio questa

frazione ad essere adoperata per la preparazione delle aliquote. Si trasferisce il tutto in un becher da 100 ml, portando a volume con acetone. Tenendo il becher in un bagno a ultrasuoni per evitare la sedimentazione della polvere,

12 L’utilizzo di un trapano è da preferire a quello di un pestello perché con quest’ultimo si rischia di rompere i grani in più frammenti: di questi ultimi non tutti saranno stati penetrati uniformemente dalle particelle alfa, falsando così la selezione granulometrica.

13 L’acetone è da preferire all’acqua perché è un liquido meno viscoso, per cui facilita la deposizione delle particelle ed evapora a bassa temperatura (∼56.2 °C).

14 Il tempo di sedimentazione dipende dal diametro dei grani.

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si riempiono con una pipetta 48 provette da 2 ml sul cui fondo sono stati precedentemente inseriti dei dischetti di alluminio (aventi in genere 10 mm di diametro e 0.5 mm di spessore). Le provette, infine, vengono poste in stufa a 50 °C, dove la deposizione del campione (qualche mg per dischetto) avverrà mediante evaporazione dell’acetone.

A questo punto si possono delineare degli indubbi vantaggi relativi all’utilizzo della tecnica fine-grain rispetto alla inclusion. Primo fra tutti, la possibilità di operare su quantità ridotte del campione (anche 100-200 mg). Un secondo vantaggio è che l'inclusione del contributo delle particelle α alla TL riduce l'importanza della radiazione γ da parte del terreno circostante il campione; questo aspetto rende possibile la datazione di campioni dei quali non si ha a disposizione il terreno di provenienza. Un altro motivo che rende necessario l’utilizzo di una tecnica alternativa alla inclusion è la necessità di poter datare con sufficiente precisione anche le strutture ceramiche povere di quarzo. Tuttavia, i grani utilizzati nella tecnica fine-grain sono una miscela di minerali sconosciuti e vi è il rischio che alcuni di questi possano presentare aspetti problematici come il fading anomalo o la TL spuria [3,30].

2.4.1.3 Tecnica pre-dose

La tecnica denominata pre-dose è utilizzata soprattutto nella datazione di reperti recenti, ossia di epoca post medioevale, e si basa sulle proprietà termoluminescenti del quarzo, in particolare sul picco di emissione luminosa a 110 °C. Nelle curve di TL naturale di reperti più antichi, questo picco non compare, essendo decaduto perché instabile a temperatura ambiente (t1/2 < 1 ora); nei reperti recenti, invece, si intravede ancora una traccia utile per la datazione. Per eseguire l'analisi viene preparato un certo numero di campioni seguendo le procedure già indicate per la tecnica inclusion, sebbene talvolta si usi la procedura della preparazione dei campioni fine-grain, e ciò a seconda della quantità di campione disponibile. Vengono eseguite, quindi, una serie di misure che permettono di confrontare la sensibilità del picco a 110 °C dovuta alla dose assorbita naturalmente nel periodo archeologico, con la sensibilità dovuta a dosi note di radiazioni artificiali somministrate in

laboratorio. Dal confronto è possibile risalire alla dose β equivalente, dalla

quale si effettua infine la datazione del reperto in esame [3].