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CAPITOLO 4 – I CONFINI DELLO STUDIO : LA REGIONE VENETO

4.2. CARATTERISTICHE CLIMATICHE GENERALI DEL VENETO

4.2.1. I cambiamenti climatici in Veneto

Sulla base dei dati relativi a temperatura e precipitazioni della serie storica 1956-2004, l’andamento climatico in Veneto mostra variazioni significative. E’ opportuno precisare che in realtà tale periodo sarebbe meglio suddividerlo in due parti per una analisi più attenta. E’ emerso infatti che, mediante l’applicazione di metodi statistici che valutano la discontinuità nelle serie storiche, attorno all’anno 1989 c’è stato un brusco cambiamento di fase. I cambiamenti improvvisi (break-point) sono importanti nell’evoluzione del clima e stanno ad indicare che il sistema climatico è un sistema turbolento piuttosto che lineare. Queste improvvise variazioni hanno un impatto immediato sulle variabili meteorologiche monitorate a livello del suolo (irraggiamento, temperatura, regime pluviometrico, ecc.) (Chiaudani et al., 2008).

Ciò che è emerso dagli studi climatologici del Veneto, effettuati dal Centro Meteo dell’ARPAV, è che il periodo prima della fine degli anni ‘80 è stato caratterizzato da andamenti di temperatura e precipitazioni altalenanti, mentre dai primi anni ‘90 il trend è stato costante senza importanti fluttuazioni; in aumento per le temperature e in diminuzione per le precipitazioni.

L’analisi delle temperature, per il periodo 1956-2004, evidenzia trend lineari positivi altamente significativi, sia per le temperature massime che quelle minime.

La temperatura massima media annua ha subìto un incremento di 4,6°C ogni 100 anni, ma grazie al calcolo della media mobile quinquennale e all’analisi di discontinuità si è potuto individuare il 1989 come l’anno in cui si sono verificati i bruschi cambi di tendenza che hanno portato le temperature massime ad aumentare da un valore medio di 16.4°C ad un valore medio pari a 17.9 °C per il periodo 1990-2004. Dal grafico in figura 4.9 si nota infatti che l’incremento dagli inizi degli anni ’90, rispetto alla media del periodo 1956-2004, è stato dell’ordine da 1 a 2°C (fatta eccezione per il 2003 in cui l’aumento ha superato i 2°C).

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Figura 4.9: Incremento della temperatura massima media annua rispetto alla media del periodo 1956-2004. (Fonte: Chiaudani, 2008)

L’incremento si è verificato in tutte le stagioni ma è stato più marcato in estate con un aumento di 1,8°C.

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Figura 4.10: Variazione della temperatura media delle massime: variazione 1991-2004 cfr 1961- 1990. (Fonte: Chiaudani, 2008)

Anche le temperature minime segnano un trend medio annuo in aumento (2,6°C ogni 100 anni) e specialmente da dopo il 1992, identificando così il 1991 come punto di discontinuità. Da questo momento in poi le temperature sono aumentate da un valore medio di 6.6°C ad un valore medio pari a 7.5 °C per il periodo 1992-2004. La figura 4.11 evidenzia come dal 1992 gli scarti delle temperature minime medie annuali diventino tutti positivi con valori compresi tra 0 e 1°C, fatta eccezione per il 1994 ed il 2002 che presentano uno scarto dalla media del periodo superiore a 1°C.

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Figura 4.11: Scarti delle temperature minime medie annue rispetto alla media del periodo 1956- 2004. (Fonte: Chiaudani, 2008)

L’andamento stagionale medio degli scarti, ottenuto dalla differenza delle temperature minime medie prima e dopo il breakpoint del 1991, individua gli scarti maggiori in estate e autunno (1.2 e 0.8°C), seguiti dalla primavera e dall’inverno (0.7 e 0.6°C).

Figura 4.12: Scarti delle temperature minime medie stagionali dopo il 1991. (Fonte: Chiaudani, 2008)

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Figura 4.13: Variazione della temperatura media delle minime: variazione 1991-2004 cfr 1961- 1990. (Fonte: ARPAV, 2011)

L’analisi delle precipitazioni in Veneto nel medesimo periodo (1956-2004) mostra, al contrario delle temperature, trend lineari decrescenti significativi, pari a -3.4 mm/anno, ovvero - 340 mm/secolo. La media del periodo risulta pari a 1115 mm e la media mobile quinquennale (linea rossa) permette di individuare a occhio nudo un andamento altalenante di diminuzioni e aumenti del valore medio fino agli anni ‘80 circa, quando si instaurano anni con precipitazioni stabilmente sotto la media.

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Figura 4.14: Precipitazione media annua del periodo 1956-2004. (Fonte: Chiaudani, 2008)

L’analisi di discontinuità ha permesso di individuare due bruschi cambiamenti di tendenza: il 1966 e il 1981, i quali hanno portato le precipitazioni medie a diminuire da valori di 1235 mm a valori di 1124 e 1052 mm, rispettivamente nei tre sottoperiodi 1956-1966, 1967-1981, 1982-2004. Quindi dal 1982 il valore è inferiore alla media del periodo che si ricorda essere 1115 mm.

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Dalla figura 4.15 è facile notare come nel periodo 1982-2004, rispetto alla rappresentazione territoriale del periodo 1956-1981, le isolinee della zona pedemontana e di pianura si spostino verso nord, mentre in montagna le isolinee si riducano di ampiezza. Inoltre nel Polesine compare un nuovo valore minimo di precipitazione media pari a 600 mm, che prende il posto del valore minimo di precipitazione media annua del periodo 1956-2004 pari a 650mm.

L’andamento stagionale medio degli scarti per ciascuna stazione, ottenuto dalla differenza delle piovosità medie prima e dopo il break-point del 1981, individua gli scarti più negativi in inverno (circa -50mm) e meno negativi in autunno (circa -10mm). In estate e primavera tale scarto è compreso tra i -20 ed i -30 mm.

Figura 4.16: Scarti precipitazioni stagionali medie tra i periodi prima e dopo il 1981. (Fonte: Chiaudani, 2008)

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Figura 4.17: Precipitazioni medie invernali per i periodi 1961-'90 (immagine a sinistra) e 1991- 2004 (immagine a destra). (Fonte: http://www.arpa.veneto.it / )

In sintesi, la fase climatica successiva alla discontinuità manifestata alla fine degli anni ’80 mostra, rispetto alla fase precedente, le seguenti peculiarità:

- temperature minime annue più elevate di 0.9 °C - temperature massime annue più elevate di 1.5 °C - temperatura massima estiva superiore di 1.9 °C - temperatura massima invernale superiore di 1.4 °C

- precipitazioni medie invernali inferiori di 78 mm. (Chiaudani, 2008)

Queste condizioni provocano effetti diretti importanti quali l’arretramento dei ghiaccia alpini, la riduzione della durata del manto nevoso e lo scarso innevamento, specie alle quote medie e basse.

Conoscere i cambiamenti climatici locali è fondamentale per mettere in atto strategie di adattamento. In particolar modo per il settore agricolo poiché, sia gli andamenti climatici di lungo periodo che quelli meteorologici di breve periodo influenzano l’attività agricola, la distribuzione territoriale delle colture ed i risultati produttivi stagionali. Il clima è quindi un vero e proprio “fattore di produzione” in grado di condizionare non solo le pratiche agricole “di campo”, ma anche la pianificazione aziendale pluriennale (Chiaudani, 2008).

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Ad esempio potrebbe essere necessario ottimizzare la gestione dell'acqua con politiche di lungo periodo e promuovere l'adozione di colture invernali (orzo, frumento invernale, frumento duro) che riducono al minimo il rischio delle alte temperature e della siccità o di colture estive tolleranti allo stress idrico (come sorgo e girasole) (Chiaudani A., Barbi A. et al., 2008).

In che modo e quali sono i fattori climatici che influenzano il comparto agricolo vengono descritti nel dettaglio ai paragrafi successivi.