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CAPITOLO 2 L’EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI RISORSE IDRICHE

2.2. EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA SULL’ACQUA IN ITALIA

2.2.1. Tutela e gestione delle acque in Veneto

2.2.1.1. Il Piano di Tutela delle Acque (PTA)

Il Piano di Tutela delle Acque, uno degli strumenti per il raggiungimento degli obiettivi previsti dalla Direttiva 2000/60/CE (WFD), è stato adottato con deliberazione della Giunta Regionale n.4453 del 29/12/2004. La parte conoscitiva del Piano è stata elaborata dalla Direzione Geologia e Ciclo dell’Acqua della Regione Veneto in collaborazione con l’Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto (ARPAV) ed è stata adottata dalla Giunta Regionale con provvedimento n. 2434 del 6/08/2004 (Regione Veneto, Allegato A1, 2009).

Effettivamente il Piano è stato approvato con deliberazione del Consiglio regionale n.107 del 5 novembre 2009.

Il PTA si sviluppa in tre documenti:

Sintesi degli aspetti conoscitivi: riassume la base conoscitiva e i suoi successivi aggiornamenti e comprende l’analisi delle criticità per le acque superficiali e sotterranee, per bacino idrografico e idrogeologico.

Indirizzi di Piano: contiene l’individuazione degli obiettivi di qualità e le azioni previste per raggiungerli: la designazione delle aree sensibili, delle zone vulnerabili da nitrati e da

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prodotti fitosanitari, delle zone soggette a degrado del suolo e desertificazione; le misure relative agli scarichi; le misure in materia di riqualificazione fluviale.

Norme tecniche di attuazione: contengono misure di base per il conseguimento degli obiettivi di qualità distinguibili nelle seguenti macroazioni: disciplina degli scarichi, misure per le aree a specifica tutela (zone vulnerabili da nitrati e fitosanitari, aree sensibili, aree di salvaguardia acque destinate al consumo umano, aree di pertinenza dei corpi idrici), misure di tutela quantitativa e di risparmio idrico, misure per la gestione delle acque di pioggia e di dilavamento.

Una importante novità introdotta dal D. Lgs. 152/2006 è la pianificazione a livello di Distretto idrografico, inteso come l’area di terra e di mare costituita da uno o più bacini idrografici limitrofi e dalle rispettive acque sotterranee e costiere. Per il governo dei distretti viene istituita una specifica Autorità di Bacino distrettuale, ente pubblico non economico, che opera in conformità agli obiettivi perseguiti dal D.Lgs. n. 152/2006 ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità. La Regione del Veneto è interessata da due distretti idrografici: il distretto delle Alpi Orientali ed il distretto idrografico Padano.

Tuttavia il D.Lgs n. 152/2006, almeno in questo settore, non ha trovato ancora concreta applicazione, per cui a tutt'oggi continua l'attività delle Autorità di bacino secondo la legge n. 183/89 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) fino a quando non entrerà in vigore un apposito decreto correttivo (Regione Veneto, Allegato A1, 2009).

La L. n. 183/1989 prevedeva la suddivisione del territorio nazionale in Bacini Idrografici, intesi non solo come contesti geograficamente adeguati alle attività per la difesa del suolo, ma anche come ambienti complessi dotati di omogeneità propria, cioè di ecosistemi unitari. Il territorio nazionale veniva suddiviso in bacini idrografici, classificati in bacini di rilievo nazionale, interregionale e regionale, da considerarsi ambiti unitari di studio, pianificazione e intervento che prescindono dai confini amministrativi. In particolare i bacini idrografici del Veneto sono:

Bacini di rilievo nazionale:

• Adige;

• Fiumi Alto Adriatico (Brenta-Bacchiglione, Livenza, Tagliamento, Piave);

• Po;

Bacini di rilievo interregionale:

• Fissero-Tartaro-Canalbianco (con Regione Lombardia);

• Lemene (con Regione Friuli-Venezia Giulia); Bacino di rilievo regionale:

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• Pianura tra Piave e Livenza;

• Bacino scolante in Laguna di Venezia.

Tali bacini fanno parte dei due distretti idrografici veneti: il Distretto idrografico Padano comprende il bacino de Po, l’altro distretto, ovvero quello delle Alpi Orientali, tutti gli altri bacini qui sopra elencati.

Le attività di studio, pianificazione ed allocazione dei flussi finanziari disponibili, riferite ai bacini idrografici, sono affidate ad apposite autorità, nominate Autorità di Bacino, cui spetta la redazione dei Piani di Bacino. All’art. 63 del D. Lgs. 152/2006 viene definita l’Autorità di Bacino come un “ente pubblico non economico che opera in conformità agli obiettivi della presente sezione (Sezione I – Norme in materia di difesa del suolo e lotta alla desertificazione) ed uniforma la propria attività a criteri di efficienza, efficacia, economicità e pubblicità”. Il Veneto risulta perciò interessato da ben sette Autorità di bacino, di cui tre nazionali, due interregionali e due regionali, oltre al bacino scolante nella Laguna di Venezia. Quest'ultima, inquadrata in un regime giuridico speciale, è direttamente gestita dal Ministero delle Infrastrutture tramite il Magistrato alle Acque. Come citato nel Piano di Tutela delle Acque – Sintesi degli aspetti conoscitivi, “nonostante il tempo trascorso dall'entrata in vigore della legge n. 183/89, e della successiva costituzione delle Autorità di Bacino, ancora non è operante alcun piano di bacino completo”.

La parte conoscitiva del Piano è stata strutturata secondo il modello PSR (Pressione-Stato- Risposta), modello semplificato del modello DPSIR (Driving Forces-Pressures-State-Impacts- Responses), proposto dall’Agenzia Europea di Protezione dell’Ambiente (EEA).

Il modello PSR è basato sulla relazione causale tra le pressioni sull’ambiente causate dalle attività umane, il conseguente cambiamento dello stato dell’ambiente e le risposte della società per mitigare gli effetti. Secondo questo schema, l’OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development) ha elaborato tre categorie di indicatori ambientali, al fine di rendere le informazioni ambientali più accessibili a fini decisionali ed informativi: indicatori di pressione, indicatori di stato, indicatori di risposta. Questo metodo è stato però criticato di essere poco flessibile ed incapace di “descrivere fenomeni ambientali connessi a complessi legami retroattivi non lineari” (Piano Tutela Acque). Per questi motivi è intervenuta l’Agenzia Europea per l’ambiente (EEA) che ha modificato il modello PSR in DPSIR. Quest’ultimo mira a rappresentare l’insieme degli elementi e delle relazioni che caratterizzano un qualsiasi tema o fenomeno ambientale, mettendolo in relazione con l’insieme delle politiche esercitate verso di esso. Gli indicatori ambientali sono di 5 tipi:

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1. Indicatori di Driving forces : stili di vita, processi produttivi e di consumo, usi del territorio, ecc che determinano pressioni sull’ambiente; essi sono utili per individuare le relazioni tra i fattori responsabili delle pressioni e le pressioni stesse e per aiutare i decisori nell’identificare le fonti negative su cui intervenire per ridurre le problematiche ambientali. 2. Indicatori di Pressione: emissioni in aria, acqua e suolo, rifiuti, uso di risorse naturali,

responsabili del degrado ambientale; tali indicatori sono utili per quantificare le cause delle modificazioni ambientali.

3. Indicatori di Stato: qualità dell’ambiente (acque, suolo, biodiversità, ecc); indicano le condizioni in cui si trova l’ambiente nel momento preso in esame e servono per valutare il reale grado di compromissione dell’ambiente.

4. Indicatori di Impatto: cambiamenti significativi dello stato dell’ambiente che si manifestano come alterazioni delle risorse naturali, della salute umana e delle performance sociali ed economiche; la loro principale funzione è quella di rendere esplicite le relazioni causa- effetto tra pressioni, stato ed impatti.

5. Indicatori di Risposta: azioni intraprese per contrastare gli impatti (normative, prescrizioni, politiche ambientali); tali indicatori esprimono gli sforzi operativi compiuti dalla società (politici, decisori, pianificatori, cittadini) per migliorare la qualità della vita e dell’ambiente.

Nella seconda parte, relativa agli Indirizzi di Piano, sono esaminati gli obiettivi del Piano di Tutela delle Acque, sostanzialmente rinnovati in quanto è cambiata la classificazione dello stato ecologico dei corpi idrici; non più basata su parametri e criteri chiaramente definiti e quantificati (ad esempio macrodescrittori, Indice Biotico Esteso, Indice trofico, ecc.) secondo classi di qualità discriminate da valori specifici, ma su criteri di classificazione non oggettivi; infatti non ci sono valori numerici degli elementi di qualità che discriminino le diverse classi. Ciò che assume grande importanza nel decreto del 2006 è il monitoraggio di alcuni indicatori biologici che non erano considerati nel decreto del 1999. Si tratta ad esempio del fitoplancton, delle macrofite, del fitobenthos e della fauna ittica. Tuttavia non vi sono attualmente, a livello nazionale, se si esclude l’IBE, criteri e procedure univoci e sufficientemente sperimentati per la classificazione in base a tali indicatori biologici. Ne consegue l’attuale impossibilità di effettuare la classificazione dei corpi idrici secondo il D.Lgs n.152/2006; la classificazione rimane possibile, per il momento, solo utilizzando i criteri del D.Lgs n.152/1999 (Coldiretti Veneto, 2008).

La terza e ultima parte contiene le norme tecniche di attuazione, un elenco di 46 articoli suddivisi in 5 parti: Finalità e contenuti, Obiettivi di qualità, Aree a specifica tutela, Misure di tutela qualitativa,

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Misure di tutela quantitativa. Oltre a tali articoli contiene anche 5 allegati indicanti i limiti di emissione per gli scarichi di acque reflue urbane, i limiti per gli scarichi industriali, limiti per il riutilizzo e limiti allo scarico sul suolo; sostanze per cui non e ammessa deroga ai limiti allo scarico; gli ultimi due allegati invece contengono l’elenco dei Comuni il cui territorio è designato vulnerabile da nitrati e quelli compresi nelle aree di primaria tutela quantitativa degli acquiferi (Coldiretti Veneto, 2008).