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Camere a ionizzazione

Nel documento La fisica nucleare e subnucleare: (pagine 91-93)

1.5 Metodi di rivelazione delle particelle

1.5.4 Camere a ionizzazione

In questo tipo di rivelatori la carica elettrica prodotta per ionizzazione da una parti- cella carica viene raccolta con opportuni campi elettrici. Il materiale pu`o essere gas, liquido o solido. Le cariche prodotte migrano verso gli elettrodi seguendo le linee di forza del campo. Un parametro importante `e la veloci`a di deriva delle cariche prodotte nel materiale che `e molto diversa per ioni e per elettroni.

Camera a fili

In una camera a fili il materiale `e un gas e l’anodo `e costituito da fili che hanno la duplice funzione di produrre il campo elettrico e di amplificare la carica di ion- izzazione. I gas tipicamente usati sono miscele di gas nobili e di idrocarburi in cui una particella con z = 1 al minimo di ionizzazione rilascia ≈ 30 coppie i+e per

cm a pressione atmosferica. La velocit`a di deriva degli elettroni dipende dal tipo di

gas, dalla pressione e dal campo elettrico ed `e tipicamente ≈ 5 cm/µs a pressione atmosferica nelle regioni in cui E ≈ 1 kV /cm. La velocit`a di deriva degli ioni positivi `e circa 104 volte maggiore.

Nelle vicinanze del filo il campo elettrico ha l’andamento ∼ 1/r e, se il raggio del filo `e piccolo, gli elettroni sono fortemente accelerati e producono elettroni sec- ondari formando un effetto valanga. Il fattore di moltiplicazione dipende dal gas, dalla pressione e dal campo elettrico e distingue diversi regimi di operazione di un rivelatore a fili. Se il fattore di moltiplicazione `e inferiore a ≈ 106, il numero di

elettroni secondari `e approssimativamente proporzionale alla carica di ionizzazione. Per valori maggiori il rivelatore funziona in regime saturato in cui il numero di elet- troni secondari `e approssimativamente costante (il contatore realizzato da Geiger e M¨uller nel 1928 `e un esempio). La moltiplicazione avviene nella regione di poche decine di µm attorno al filo in un intervallo di tempo di qualche ns e il segnale in corrente in un rivelatore proporzionale `e tipicamente di qualche µA.

Le camere a fili, sviluppate da Charpack nel 1967, possono essere costruite in diverse configurazioni geometriche con l’anodo costituito da piani metallici, griglie di fili, tubi, . . . La risoluzione temporale `e definita dal tempo di raccolta della carica: se consideriamo come esempio un piano di fili anodici distanziati di 1 cm dal catodo e di 1 cm tra loro questa `e ≈ 100 ns e la risoluzione spaziale `e ≈ 3 mm. Il filo `e sempre attivo, ma per effetto della densit`a di carica dovuta alla moltiplicazione, il campo elettrico si riduce per un breve tratto lungo il filo: quindi il recupero `e un effetto locale.

Camera a deriva

Una camera a fili in cui si misura il tempo di deriva degli elettroni di ionizzazione rispetto ad un riferimento temporale esterno si chiama camera a deriva. Il segnale di riferimento temporale pu`o essere fornito da un altro rivelatore (ad esempio scin- tillatori) o, in esperimenti presso acceleratori, da un segnale sincronizzato con il passaggio del fascio. In questo rivelatore la distanza tra il catodo e i fili anodici pu`o essere grande: fino a ≈ 10 cm. La posizione della particella `e misurata dal tempo di deriva se si conosce la velocit`a di deriva degli elettroni di ionizzazione. La risoluzione spaziale `e definita dagli effetti di diffusione degli elettroni durante la migrazione verso l’anodo e dalla precisione con cui `e nota la velocit`a di deriva ed `e tipicamente 100 − 200 µm. Disponendo opportunamente i piani di fili si costru- iscono rivelatori di tracce del tipo discusso in precedenza con tempo di recupero trascurabile. Le prestazioni di un rivelatore a gas di questo tipo migliorano con la pressione: aumenta la ionizzazione specifica e diminuisce la diffusione degli elettroni.

Camera a ionizzazione a liquido

L’utilizzo di un liquido in una camera a ionizzazione ha due vantaggi: la ioniz- zazione specifica `e molto maggiore che in un gas e la diffusione delle cariche durante la migrazione verso gli elettrodi `e molto minore. La maggiore densit`a ha per`o due inconvenienti: `e molto difficile raggiungere le condizioni per la moltiplicazione a valanga ed `e necessaria una bassissima concentrazione di impurit`a elettronegative per ottenere un segnale. Per queste ragioni nelle camere a ionizzazione a liquido si utilizzano liquidi nobili (Ar, Kr, Xe) a bassa temperatura e il campo elettrico `e realiz- zato con elettrodi piani paralleli. In questi liquidi la velocit`a di deriva degli elettroni `e costante ≈ 0.5 cm/µs in un ampio intervallo del campo elettrico (≈ 10 kV /cm). In assenza di impurit`a elettronegative, il segnale indotto sugli elettrodi dal moto degli elettroni `e proporzionale alla ionizzazione prodotta dalla particella. La risoluzione temporale `e definita dal tempo di raccolta della carica. La risoluzioni spaziale `e definita dalle dimensioni degli elettrodi che possono essere opportunamente segmen- tati. Il campo elettrico `e sempre attivo e, poich´e non c’`e moltiplicazione, il tempo di recupero in questo rivelatore `e praticamente inesistente.

Camera a ionizzazione a semiconduttore

La camera a ionizzazione a semiconduttore `e realizzata con una giunzione polariz- zata inversamente completamente svuotata. I materiali usati sono Si, Ge o GaAs con elevata resistivit`a per limitare la corrente attraverso la giunzione. In Silicio, che `e il materiale pi`u comunemente usato, lo spessore della zona di svuotamento, tipicamente 200 − 400 µm, si ottiene con una differenza di potenziale di circa 200 V . L’energia necessaria per produrre una coppia elettrone-lacuna `e circa 3 eV . Con una densit`a 2.3 g/cm3, il numero di cariche prodotte da una particella con z = 1 al

minimo di ionizzazione `e circa 3 104 e. La velocit`a di deriva `e approssimativamente

uguale per elettroni e lacune, ≈ 5 cm/µs. Il segnale di carica indotta sugli elettrodi della giunzione ha un tempo di formazione di ≈ 1 ns. I rivelatori a semicondut- tore hanno quindi ottima risoluzione temporale. La risoluzione spaziale `e definita dalle dimensioni dagli elettrodi, che non le moderne tecniche sviluppate per i cir- cuiti integrati, possono essere molto piccoli: si ottengono comunemente risoluzioni di ≈ 10 µm. Anche in questo caso il tempo di recupero `e praticamente inesistente.

Nel documento La fisica nucleare e subnucleare: (pagine 91-93)

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