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Rivelatori di tracce

Nel documento La fisica nucleare e subnucleare: (pagine 88-90)

1.5 Metodi di rivelazione delle particelle

1.5.1 Rivelatori di tracce

Un rivelatore di tracce `e usato per misurare molti punti vicini lungo il passaggio di una particella carica per ricostruirne la traiettoria.

Camera a nebbia

La camera a nebbia, detta anche camera di Wilson che ide`o la tecnica e realizz`o la prima nel 1912, ha avuto un ruolo fondamentale nei primi studi dei raggi cosmici. Il principio di funzionamento `e basato sulla propriet`a di un gas sovrasaturo, in totale assenza di polveri, di produrre goccioline dove sono presenti ioni a seguito di una rapida espansione. Se l’espansione avviene entro un breve intervallo di tempo rispetto al passaggio di una particella ionizzante, le goccioline si formano attorno agli ioni prodotti. Il tempo di sensibilit`a `e tipicamente di 10 − 100 ms. In molti esperimenti l’espansione della camera a nebbia `e fatta in modo asincrono. Il tempo di sensibilit`a `e comunque abbastanza lungo perch´e si possa utilizzare un comando esterno. La posizione delle goccioline viene registrata illuminando e fotografando la camera a nebbia subito dopo l’espansione. Il ritardo deve essere sufficientemente breve perch´e le goccioline non diffondano nel gas. La risoluzione spaziale dipende dalle dimensioni e dalla diffusione delle goccioline ed `e tipicamente ≈ 0.5 mm. Il tempo di recupero necessario perch´e dopo un’espansione il gas sia nelle condizioni di rivelare il passaggio di un’altra particella `e di alcuni secondi.

Camera a diffusione

Il principio di funzionamento della camera a diffusione `e lo stesso della camera a nebbia, ma non ha bisogno di espansione perch´e le condizioni di gas sovrasaturo per la formazione di goccioline attorno agli ioni vengono mantenute con un delicato pro- cedimento di diffusione del vapore all’interno della camera. La camera a diffusione ha il vantaggio di funzionare in modo continuo e, poich´e non `e necessario espandere il gas, di poter funzionare a pressione. La camera a diffusione `e stata utilizzata in esperimenti con fasci di particelle prodotti da acceleratori. La risoluzione spaziale `e ≈ 0.5 mm ed `e limitata dai moti convettivi della diffusione del vapore all’interno della camera.

Camera a bolle

Il materiale sensibile in una camera a bolle `e un liquido in cui la pressione idrostatica `e mantenuta per un breve intervallo di tempo pi`u bassa della tensione di vapore. In queste condizioni il liquido surriscaldato non bolle spontaneamente, le bolle si possono formare solo se c’`e un aumento locale di temperatura; questo `e prodotto dall’energia rilasciata da particelle ionizzanti. L’energia necessaria per produrre le condizioni di crescita di una bolla `e tipicamente 10 − 100 eV . La camera a bolle `e stata ideata da Glaser che realizz`o la prima nel 1952. La camera a bolle funziona in modo ciclico: nello stato di riposo si ha p > pvap; una rapida espansione porta

la camera nella condizione di funzionamento in cui p < pvap; segue una rapida com-

pressione per tornare nella condizione di riposo. Nella condizione di funzionamento il tempo di sensibilit`a `e di circa 10 ms, la durata del ciclo `e tipicamente una frazione di secondo.

Le camere a bolle sono state usate in esperimenti presso acceleratori con il ciclo di operazione sincronizzato con l’estrazione del fascio in modo che questo attraversi la camera durante il periodo di sensibilit`a, le tracce formate dalle bollicine vengono illuminate e fotografate entro un intervallo di tempo di qualche ms sufficiente a far formare le bolle, ma prima che queste siano troppo grandi per non degradare la risoluzione spaziale che `e tipicamente di 0.3 mm. Il liquido della camera a bolle costituisce anche il bersaglio: camere a bolle usate con idrogeno e deuterio liquido hammo permesso di studiare le reazioni di particelle con protoni e neutroni. Liquidi nobili e liquidi organici pi`u pesanti sono usati per aumentare la densit`a del bersaglio e quindi la luminosit`a di un esperimento.

Emulsioni nucleari

B´equerel per primo osserv`o nel 1896 che le emulsioni fotografiche sono sensibili alle radiazioni. Da allora si `e cercato di capire la natura di questo fenomeno e di sviluppare metodi di rivelazione basati sulle emulsioni fotografiche. Emulsioni capaci di rivelare tracce di particelle di bassa energia e altamente ionizzanti, come i raggi

α, sono state utilizzate dal 1925. Nel 1939 Powell, in collaborazione con i laboratori

Ilford realizz`o le prime emulsioni sensibili a particelle al minimo di ionizzazione. Le emulsioni nucleari sono costituite da grani di bromuro di argento, AgBr, di dimensioni della frazione di µm distribuiti in una gelatina con una densit`a di alcuni grani/10 µm. La particella ionizzante produce lungo il suo percorso elettroni che tendono a trasformare i grani in Ag metallico. Questa trasformazione viene completata quando, dopo l’esposizione, l’emulsione viene sottomessa al processo chimico dello sviluppo per cui i grani di Ag, non trasparenti, riproducono la traccia della particella nella emulsione. Le emulsioni sono preparate in lastre dello spessore di 300−500 µm e della dimensione di circa 200 cm2 e, una volta sviluppate, vengono

osservate al microscopio.

Le emulsioni nucleari non hanno alcuna risoluzione temporale poich´e sono sen- sibili dal momento della produzione al momento dello sviluppo e durante questo periodo vanno tenute ain condizioni di bassa umidit`a, bassa temperatura e, possi-

bilmente, schermate da sorgenti di radiazione che non si vuol rivelare. Hanno d’altra parte un’ottima risoluzione spaziale data dalla dimensione dei grani impressionati,

≈ 1 µm, e dalla loro distanza, < 10 µm. Con emulsioni nucleari si pu`o determinare

la ionizzazione specifica di una particella, misurando la densit`a di grani impression- ati, e la direzione della particella, ossevando l’aumento della diffusione coulombiana multipla dovuto alla perdita di energia lungo il percorso.

Camera a scintilla

La camera a scintilla, sviluppata negli anni ’50, `e costuita da lastre conduttrici piane, tipicamente distanziate di 1 cm, connesse alernativamente a massa e ad un generatore impulsivo di tensione. Tra le lastre vi `e un gas nobile che viene ionizzato dal passaggio di una particella carica. Se immediatamente dopo il passaggio della particella, prima che avvenga la ricombinazione degli ioni, si applica un campo elettrico di ≈ 10 kV /cm gli elettroni vengono fortemente accelerati e innescano una scarica lungo la traccia di ionizzazione lasciata dalla particella. L’impulso di tensione deve essere comandato da rivelatori rapidi entro il tempo di sensibilit`a, che `e ≈ 0.5 µs, e deve essere breve, < 0.1 µs, per limitare l’energia e quindi la dimensione della scarica. Le scintille sono facilmente visibili e possono essere fotografate. La risoluzione spaziale `e definita dalla dimensione della scarica ed `e tipicamente < 1 mm per tracce normali agli elettrodi e peggiora leggermente per tracce inclinate. Vi `e un tempo di recupero di circa 1 ms per eliminare la ionizzazione residua prodotta dalla scarica.

Camera a streamer

Nella camera a streamer, come nella camera a scintilla, il mezzo sensibile `e un gas nobile che viene ionizzato dal passaggio di una particella carica. In questo caso i due elettrodi sono pi`u distanti tra loro e il campo elettrico, ≈ 20 kV /cm, viene eccitato per un tempo molto breve ≈ 10 ns. In questo breve intervallo di tempo gli elettroni sono fortemente accelerati e producono altri elettroni secondari di ionizzazione che emettono radiazione, ma l’energia non `e sufficiente a innescare la scarica. La radiazione emessa lungo la traccia di ionizzazione `e visibile e pu`o essere fotografata. Anche in questo caso c’`e bisogno di un comando esterno: pi`u breve `e il ritardo migliore `e la risoluzione spaziale, tipicamente < 1 mm.

Nel documento La fisica nucleare e subnucleare: (pagine 88-90)

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