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Senza dubbio il concetto di biblioteca, nella sua variabile reale, è strettamente legato all’idea di città, e ricalcando i caratteri essenziali delle civiltà che di volta in volta gli hanno dato una forma, si esprime per la memoria postuma nella fattispecie di un ambiente concreto in cui la raccolta (nel complesso delle sue variabili performative) pren- de vita. Il volume edilizio come espressione di una simile realtà, co- stituisce un luogo non generico, nel quale il principio bibliotecario si manifesta esteriormente mediante il linguaggio architettonico di un preciso momento. La prassi bibliotecaria e l’architettura così, secondo questo canone, si sono combinate più o meno consapevolmente in un processo unitario ricco di punti di contatto, di corrispondenze, ma anche in certi momenti di forti contraddizioni. L’architettura si oc- cupa di dare una forma ai luoghi in cui viviamo, e come la bibliogra- fia riproduce e rappresenta la conoscenza di un determinato tempo. Entrambe queste entità sono accumunate (ma è un tratto condiviso anche con le altre discipline) dalla finalità operativa del sapere, e in- fatti, com’è noto, quando incominciò la separazione delle scienze fisi- che dalla filosofia, da quest’ultima ereditarono il metodo1. Così, se fino

all’Umanesimo il mondo della conoscenza apparteneva ad un ambito sapienziale circoscritto, il Cinquecento ha visto il formarsi delle sin- gole discipline, intese come entità autonome.

* Architetto. Posta elettronica: [email protected]. Data di ultima consultazione dei siti web 30 settembre 2016.

1 Così come sarà possibile riscontrarlo poi in Galileo Galilei e in Francesco Bacone, per indicare solo due dei protagonisti più noti della evoluzione del pen- siero filosofico nell’età moderna.

Partendo da questa prima affinità è possibile evidenziare un’altra relazione tra la pratica libraria e quella costruttiva, e in particolare quando si volge l’interesse verso i principi tassonomici dell’ordine e della selezione, che, se per la biblioteca sono riconducibili ai canoni di universalis e selecta (in tutte le sue possibili accezioni), per l’archi- tettura li troviamo espressi nel paradigma tipologico e nello stile. Si evidenzia per queste similitudini, seppur apparentemente legate se- condo la precedente logica ragionativa, una forma contraddittoria. In particolare, se vista rispetto alle istanze attuali, la biblioteca nella sua struttura bibliografica e architettonica appare un binomio ancora inespresso, nonostante che nella storia vi siano esempi di avvicina- menti realmente significativi. Con questo presupposto la tendenza verificabile nei variegati contributi sull’argomento, è quella che pro- pone nella prassi attuale il criterio interdisciplinare o multidiscipli- nare come tentativo di corrispondere ai sempre nuovi bisogni di chi ricerca informazione. Inoltre la continua trasformazione della società ha prodotto, nella fase accelerata degli ultimi decenni, la frantuma- zione di molti canoni precedenti, e la disgregazione dei servizi, tanto che per l’istituto librario si è parlato, e ancora si continua a parlare, di crisi di un modello, nella sua accezione di disgregazione di un pa- radigma che sembrava appena consolidato. Intorno all’argomento è sorto un vivace dibattito, e non solo tra gli addetti ai lavori; il con- cetto costituisce una realtà coincidente con il mutamento generale e così, se è vero che ogni nuova civiltà costruisce un proprio deposito sapienziale, allora ci si chiede quale forma questo debba avere per il tempo prossimo in una realtà in cui è difficile governare le trasforma- zioni per il loro repentino mutare. Diverse sono le ipotesi presentate per questo interrogativo, ma una parola definitiva, capace di un va- lore universale, non è stata ancora scritta, probabilmente perché ci si basa, per questa istanza, su canoni non più efficaci. Mentre sul ruolo che la biblioteca ha ormai assunto, è opinione condivisa ricondurlo a una struttura per lo più flessibile e aderente alla nuova socialità delle informazioni, quella che abbiamo visto affacciarsi sin dall’inizio di questo secondo millennio2, caratterizzata dalla velocità con cui l’am-

bito tecnologico in cui vive muta, e dalla non linearità dei processi di sviluppo con la tradizione. Infatti le ipotesi avanzate per la biblioteca, nel tentativo di gestire i nuovi problemi con elementi che si inseri- scono più nel connettivo tra cultura e socialità, si fondano su criteri, che nei modelli consolidati e nei canoni tipologici della riproducibi- lità, trovano quei paradigmi non più adeguati agli attuali bisogni. I

2 Dalla biblioteca, come luogo per la socialità dei libri secondo un pensiero di Ranganathan, si è passati alla socialità delle informazioni. Cfr.: Shiyali Ramamrita Ranganathan, nella sua introduzione a Ajit Komar Mukherjee, Librarianship: Its

modelli tradizionali prevedono tempi lenti per la loro configurazione rispetto alle variazioni che vorrebbero governare, e inoltre si riferisco- no a settori dimensionali ristretti rispetto alla globalità che il nuovo canone generale assume. La cosiddetta crisi di questo sistema, quindi, basato sulla definizione del tipo (come valenza perdurabile), è soste- nuta dalla velocità con cui la tecnologia elettronica e il mondo vir- tuale pongono nell’insieme nuove frontiere. Una realtà non così re- cente, e già nel 1957 Michelangelo Gallo scriveva «Il voler fissare rigidi schemi per la costruzione delle biblioteche, i loro servizi e impianti è sempre cosa molto ardua, benché prestabiliti standard sempre ben possano rappresentare un’ottima guida soprattutto per il progetto di nuovi edifici oltre che per l’adattamento di quelli già destinati ad altri usi»3. Questo pensiero, che sintetizzava il dibattito internazionale di

quel tempo, conteneva già il destino che avrebbe avuto l’uso dello standard come variabile possibile per regolare ciò che le tipologie non riuscivano già più, da sole, a controllare. L’approccio scientifico che ci si è apprestati a costruire sulla base di queste riflessioni è stato quello di prevedere un sistema differenziato nei canoni della diversità e mul- tidisciplinarietà, come istanze imprescindibili.