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La diffusione delle tecnologie e la nascita della biblioteca pubblica

L’imponente trasformazione attuata nella città ottocentesca diede origine anche per la biblioteca a edifici sempre più grandi, inseguen- do l’inarrestabile sviluppo dell’informazione e della tecnologia, che pose fine alle biblioteche ad aula unica ormai considerate inadeguate. La liberalizzazione della cultura in senso istituzionale, allargata anche ai ceti produttivi, portò alle mastodontiche forme architettoniche dell’Ottocento e dei primi anni del Novecento. Un presupposto basa- to su principi democratici e liberali, ma in vista della costruzione della società piramidale, alla cui cuspide stava lo Stato con i suoi organi ra- mificati capillarmente nel territorio23. Una risposta a questo problema

della gestione dell’informazione, che ebbe una grande influenza sul modo di concepire e costruire le biblioteche, fu avanzata nel 1816 con la pubblicazione del progetto ideale di Leopoldo Della Santa24. Lo sche-

ma spaziale e organizzativo tripartito del Della Santa corrisponde a uno schema rigido, di tipo centralizzato, e governava bene i bisogni cultura- li rigidamente disciplinati da un regolamento severo e geloso25. Da questo

momento lo spazio destinato al deposito librario e quello della sala di lettura entreranno in diretta competizione, il primo in relazione alla dimensione funzionale ed il secondo, a quella architettonica.

La progettazione di un edificio bibliotecario, guardando gli esempi del passato fino al paradigma del Della Santa, sembrerebbe, in primo luogo, un compito non troppo complesso, che partendo proprio dall’e- same di quest’ultimo, individua tre categorie spaziali da sviluppare nel- la elaborazione dimensionale: lo spazio dei supporti (conservazione), lo spazio dei lettori (consultazione), lo spazio dei bibliotecari (trattamen- to). In questo contesto le figure del bibliotecario e dell’architetto ven- gono rafforzate, ma ognuna chiusa all’interno della propria disciplina, e tenderanno a porsi al centro dell’opera uno contro l’altro.

La biblioteca di pubblica lettura che nasce in questo contesto, de- stinata in un primo tempo alla classe borghese, diviene sempre più

23 Cfr., di Michel Foucault, L’archeologia del sapere. Una metodologia per la storia

della cultura, Milano, BUR, 2009 (L’archéologie du savoir, 1969), e Le parole e le cose. Un’archeologia delle scienze umane, Milano, BUR, 2009 (Les mots et les choses. Une archéologie des sciences humaines, 1966).

24 Leopoldo Della Santa, Della costruzione e del regolamento di una pubblica uni-

versale biblioteca, Manziana, Vecchiarelli, 1996. Ristampa anastatica dell’ed. del 1816.

popolare nella forma della public library, suddividendo gli spazi a se- conda della tipologia dei supporti, della tipologia di utenti e differen- ziando le strutture in classi tipologiche. Infatti, con l’aumentare della formazione civica, le biblioteche si aprono sempre più ai cittadini. Si attua così il passaggio che va dalla biblioteca accentrata a quella de- mocratica, che vuol porgere il libro a tutte le tipologie di lettori26.

Fino alla fine del secolo XIX, ma per essere precisi, anche fino all’i- nizio del primo conflitto mondiale del secolo XX, la biblioteca clas- sica appariva come un edificio museale o monumentale, nonostante all’interno venisse attrezzato per essere una biblioteca pubblica, e il concetto architettonico rimaneva legato alla tradizione, identifican- dosi con il palazzo gentilizio, con un carattere in ogni caso introverso, come nel caso della Library (Fig. 11) del British Museum (1855).

Fig. 11. Sala di lettura circolare, British Museum, Londra, Regno Unito, 1855.

Fonte: <https://en.wikipedia.org/wiki/British_Museum_Reading_Room>. Pubblico dominio.

Un altro esempio significativo, che trova una sua più allargata vi- sione nella Library of Congress (1897), e la sua più forte contraddizione nella Biblioteca universitaria di Strasburgo (1894), dove il rapporto tra l’architettura dell’edificio esterno e interno, dimostra un segno evi- dente di scollamento nel rapporto tra progetto architettonico e pro- getto biblioteconomico (Fig. 12).

Fig. 12. Library of Congress. Sala di lettura nel Thomas Jefferson Building, 1890-1897. Fonte: <https://commons.wikimedia.org/>. Pubblico dominio.

La cupola esprime una forza simbolica di talune opere, e come co- pertura della sala centrale ne rappresenta una peculiare caratteristica, espressa più nell’architettura fine a se stessa che al suo incontro con i libri, creando al suo interno un’atmosfera austera piuttosto che favo- rire i pensieri. Un’architettura severa in cui il bibliotecario accentrava su di sé il possesso e l’amministrazione, ruolo sottolineato dalla sua posizione centrale e dominante all’interno dello spazio. La rigidità di questi schemi porta alla definizione nel XX secolo di una planimetria più libera, seguendo le forme che le avanguardie architettoniche ave- vano coniugato nel principio modernista, form follows function. Così, questo nuovo concetto, muove i primi passi nella biblioteca civica di Stoccolma (1928) dell’architetto Gunnar Asplund (1885-1940) con l’introduzione in Europa dello scaffale aperto (Fig. 13), sul modello del- le public libraries americane, e si manifesta, passando per l’esperienza di Alvar Aalto (1898-1976), nella sua fase più matura, con l’edificio di Hans Scharoun (1893-1972) a Berlino (Fig. 14).

Fig. 13. Gunnar Asplund, la rotunda della biblioteca civica di Stoccolma, Svezia, 1928. Fonte: <https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=31313297>.

Andrea Serio - Own work, CC BY-SA 3.0.

Pur essendo uno dei primi e più significativi edifici a pianta libera, la Staadtbibliotek (1963-84), celebrata anche da Wim Wenders nel film Il cielo sopra Berlino (1987)27, propone i canoni biblioteconomici più

attuali per quel tempo (Fig. 14).

Fig. 14. Hans Scharoun, Staadtbibliotek, Berlino, Germania, 1963-84. Fonte: https://de.wikipedia.org/wiki/Staatsbibliothek_zu_Berlin.

Da flow - Own Work, CC BY-SA 3.0.

27 Vedi estratto (2.42 min.), disponibile su YouTube: <https://www.youtube. com/watch?v= ivnMDs2krX0>.

Se le grandi biblioteche pubbliche americane, come la Public Library di New York (1911), avevano proposto il magazzino chiuso sotto la grande sala, seguendo l’idea prettamente funzionalista edifi- cio-macchina, Sharoun colloca la funzione del deposito librario in un volume emergente sopra l’edificio, come eco, ma solamente metafo- rico, della cupola.

Tra la fine del XX secolo e l’inizio del XXI, si sono costruite mol- tissime biblioteche caratterizzate da architetture, che spesso hanno cercato quell’effetto wow o oomph che Andrew McDonald28 aveva

introdotto nel 2007 nella sua rielaborazione dei dieci comandamenti, proposti negli anni Settanta dall’architetto Harry Faulkner-Brown29

per la redazione di un piano prestazionale tra concetto biblioteco- nomico e architettonico. Queste strutture sono dotate di un livello di tecnologia elevato, e ognuna risponde a criteri e modelli architet- tonici diversi, a seconda dell’ambiente culturale in cui sono proget- tate e dalla scuola di pensiero dell’architetto che le ha immaginate. Permane come elemento comune, nelle sue diversificate espressioni, quello della socialità, come canone in cui si misura il valore dell’o- pera.

Conclusioni

La metafora medievale siamo nani sulle spalle di giganti ha valo- re ancora oggi, dato che apparteniamo a una realtà in cui per tutti è possibile produrre informazione, in una prospettiva che si profila con tutta evidenza in una teoria interdisciplinare dei media, e infatti l’utilizzo di un nuovo medium di comunicazione, trasforma inevita- bilmente la visione del mondo delle persone30.

Una visione per cui il canone bibliotecario attuale, meditato tra le aderenze e le contraddizioni del passato, vede il principio dell’inclu- sività come superamento di quello dell’integrazione, il che significa passare dal concetto partecipativo a quello della condivisione che meglio si adatta alla biblioteca digitale nella presente fase della sua evoluzione. La biblioteca che la società attuale realizza è formata da 28 Cfr. Andrew McDonald, The Top Ten Qualities of Good Library Space, in IFLA

Library Building Guidelines. Developments & Reflections, edited on behalf of IFLA by

Karen Latimer and Hellen Niegaard, München, K. G. Saur, 2007, p. 225-239.

29 Cfr. Harry Faulkner-Brown, Some Thoughts on the Design of Major Library

Buildings, in: Intelligent Library Buildings: Proceedings of the Tenth Seminar of the IFLA Section on Library Buildings and Equipment: The Hague, Netherlands, 24-29 August 1997, edited by Marie-Françoise Bisbrouck and Marc Chauveinc, München,

K. G. Saur, 1999, p. 3-30.

30 Asa Briggs – Peter Burke, Storia sociale dei media: da Gutenberg a Internet, Bologna, Il Mulino, 2002, p. 22 (A Social History of the Media, 2002).

molteplici luoghi, reali e virtuali in relazione ai differenziati media e al livello di servizio richiesto, seguendo il canone della formazione continua, e nell’ottica della socialità dei media. La biblioteca dell’era digitale, come istituzione della civiltà attuale, in quanto tale, e quindi nel suo essere portatrice di messaggi, non appartiene al presente, non appartiene al passato e nemmeno al futuro ma vive fuori dal tempo, perché se vivesse nel tempo invecchierebbe subito. Mai come ora le biblioteche che si muovono nell’universo della connessione globale, non possono concepire limiti e confini. «Qui la ricerca è casuale, asso- ciativa e fortunosa come mai prima»31. Un principio che ancora deve

trovare la sua giusta coniugazione tra canone bibliografico e progetto architettonico.