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CAPITALE CULTURELLE DE L'EUROPE

Nel documento Sisifo 27 (pagine 32-38)

protezione (arg. ex art. 15, n. 1); esso si estenderebbe anche alle generazioni successive di materia vivente brevettata ed, a quanto è dato di comprendere, anche a tutti gli esseri viventi in cui sia presente il gene in questione (artt. 12-13). La Commissione afferma che T introduzione delta brevettazione della «materia vivente» sarebbe indispensabile per mettere la ricerca e l'industria europee in condizione di competere efficacemente con le imprese statunitensi e giapponesi. Questo punto di vista è stalo appoggialo dalle grandi industrie e dalle loro organizzazioni».

Tuttavia, il Parlamento europeo non ha tardato a riconoscere che la pura e semplice estensione alla materia vivente del regime brevettuale avrebbe sollevato la duplice serie di problemi, interni ed esterni alla logica brevettuale, cui ho fatto riferimento poc'anzi ed ha, quindi, provveduto a proporre una serie di emendamenti' che a me appaiono estremamente opportuni anche se, come si vedrà, non sembrano sempre sufficienti a fornire soluzioni adeguate rispetto alla complessità della materia8. Se. dunque, questo è il panorama generale, è venuto il momento di soffermarsi su alcuni fra i particolari che lo compongono.

Seguendo l'impostazione preannunciata all'inizio, mi occuperò prima dei problemi intemi alla logica brevettuale, che si incontrano quando ci si proponga di estendere la protezione brevettuale alla materia vivente, per poi rivolgere la mia attenzione al secondo ordine di problemi, a tale logica estemi.

J

Regole brevettuali e materia vivente: i profili mercatistici. — Quali sono, dunque, i problemi, interni alla logica del sistema brevettuale, che si profilano, quando si consideri la possibilità di estendere questa forma «classica» di tutela alla materia vivente?

Proverò a fare qualche esempio».

Innanzitutto, converrà ritornare ancora una volta sulla circostanza che il brevetto è nato nel settore meccanico, con riferimento a congegni determinati (per fare un esempio grossolano ed arbitrario, ma forse efficace: il freno a disco). Ora, i trovati della meccanica hanno alcune caratteristiche connaturali: a) essi svolgono, di regola, una sola funzione (il freno a disco serve a frenare l'avanzamento di un veicolo, e non ad altro), la quale è, di regola, implicita nella descrizione della struttura; b) essi non si riproducono in

generazioni successive (i freni non sono auloreplicanti). Conseguentemente, nel delineare i presupposti della protezione brevettuale, i nostri sistemi giuridici non hanno ravvisato la necessità di richiedere all'inventore di fornire un'indicazione specifica della funzione del suo trovato (sub a) o di dettare regole relative alle generazioni successive (sub b). Molto diverso è il caso delle innovazioni nel campo della biotecnologia.

Sotto il profilo a), va osservato che, se si applicassero alla materia biotecnologica le regole brevettuali tradizionali, potrebbe essere possibile all'inventore descrivere le caratteristiche fisiche, chimiche o biologiche di un prodotto (ad es. un nuovo microorganismo) attraverso una formula di struttura generale, che copre anche milioni di varianti, senza fornire alcuna indicazione in ordine alle finalità od agli usi di alcuna di tali varianti e gli sarebbe, quindi, consentito di rivendicare la protezione anche per quegli usi (o funzioni) della sostanza, del microorganismo, del prodotto, che ancora non gli sono noti.

Pertanto, nel campo dell'ingegneria genetica si presenta con particolare gravità il pericolo che vengano richiesti, e concessi, brevetti «di sbarramento», che riservano all'inventore un campo di monopolio di molto superiore all'effettivo contributo conoscitivo apportato dall'inventore alla collettività. Per questo motivo, gli emendamenti proposti dal Parlamento europeo chiariscono — in modo forse meno netto di quanto sarebbe desiderabile — che il monopolio brevettuale può concernere solo gli usi dell'invenzione biotecnologica descritti e rivendicati all'atto della domanda.

Con tale soluzione, si intende limitare la portata della protezione alle sole invenzioni che il brevettante abbia portate ad un punto di maturazione tale da consentire l'indicazione dell'uso del trovato. La regola proposta, correlativamente, riconosce la libertà dei ricercatori successivi di procedere all'introduzione di nuovi impieghi di molecole e sostanze già note ed, eventualmente, di ottenere per essi und istinto brevetto; essa incentiva, così, la ricerca applicata, di regola condotta in centri minori, la quale consegue risultati spesso non meno importanti di quelli provenienti dalla ricerca di base.

Sotto il profilo b), nell'estendere la tutela brevettuale alla materia vivente occorre considerare che essa, diversamente dalla materia inorganica, si autoreplica: ad es. le sementi, brevettate perché

contengono un gene che rende la varietà resìstente al sale od agli erbicidi, danno vita non solo a piante ma anche a generazioni successive di sementi.

Si tratta, pertanto, di stabilire se il monopolio del titolare del brevetto, che nel campo meccanico e, più in generale della materia inorganica, si «esaurisce» con la prima messa in commercio, si estenda anche alle generazioni successive della materia autoreplicante che contiene il gene brevettato. Al fine di attribuire al titolare del brevetto biotecnologico una tutela corrispondente, e non eccedente, rispetto a quella oggi accordata ai titolari di privative concernenti la materia inorganica, si sono sanciti tre principi, fra loro coordinati: — poiché al titolare del brevetto compete l'esclusiva del mercato del materiale di propagazione (i semi bio-ingegnerizzati, nel caso di cui sopra), si è previsto che il suo diritto di monopolio sopravviva quando qualsiasi soggetto, ivi compreso chi abbia acquistato dal titolare, offra in vendita le generazioni successive della materia vivente non come prodotto del proprio raccolto (ad es. grano da panificare) ma come materiale di propagazione (semente di grano bio-ingegnerizzato da riseminare);

— tale regola non può, però, valere senza limiti per tutte le generazioni di materiale di propagazione che derivino dalla materia vivente

bio-ingegnerizzata, ma solo per quelle che mantengano costanti le proprie caratteristiche essenziali;

— si è, infine, tenuto conto della circostanza che, nel settore delle varietà vegetali, vige una norma — sanzionata, come è noto, dalla c.d.farmers exemption propria della Convenzione UPOV del 1961 — secondo cui il titolare del diritto di esclusiva non può impedire che l'agricoltore, che abbia acquistato il materiale di propagazione, ne reimpieghi le generazioni successive come semente da utilizzare nella propria azienda e si è, quindi, introdotta una disposizione corrispondente, che consacra la facoltà dell'acquirente di materia vivente

bio-ingegnerizzata di reimpiegarne le generazioni successive all'interno della propria attività. Per concludere su questo punto: in ciascuna delle ipotesi che ho or ora abbozzato, come anche in quelle che potrebbero essere ancora illustrate, il Parlamento europeo si è saputo attenere all'idea-guida, che appare senz'altro condivisibile nella sua sostanza, secondo cui, nel disegnare l'estensione della tutela brevettuale al settore biotecnologico, occorre evitare di attribuire a chi apporti l'innovazione un monopolio che

risulti eccedente (o, anche, e simmetricamente, deficitario) rispetto alla funzione cui l'istituto è preordinato.

J È Regole brevettuali ^ ^ L e materia vivente: ^ ^ ^ ^ i profili di interesse generale.

Nel considerare l'estensione del meccanismo brevettuale al settore biotecnologico, è, dunque, necessario preoccuparsi innanzitutto che questo meccanismo funzioni in un quadro di compatibilità con le regole costitutive dell'economia di mercato.

Ma, per le particolarità della materia, ciò non è sufficiente sotto almeno tre profili, che, come si è preannunciato e si potrà ora verificare più analiticamente, si collocano tutti all'esterno della logica del sistema brevettuale: A) L'equilibrio ecologico del nostro pianeta si basa sul mantenimento della diversità genetica nel mondo animale e vegetale.

Tale diversità genetica è stata conservata nei secoli dal settore agricolo ed, in particolare, dall'opera dei selezionatori di varietà vegetali non meno che dalle forme di agricoltura spontanea del Terzo Mondo. Essa è favorita dalla legislazione speciale sulla protezione delle varietà vegetali (Convenzione UPOV), che conferisce a chi sviluppi una nuova specie a partire da materiale di pertinenza altrui il diritto di procedere liberamente allo sfruttamento della nuova varietà (c.d. esenzione di ricerca)'".

Secondo l'analisi compiuta da studiosi di diverse discipline" e condivisa dai gruppi

ambientalistici, l'introduzione di un brevetto biotecnologico accrescerebbe la dipendenza dell'agricoltura dall'industria chimica e farmaceutica e potrebbe condurre ad una drastica erosione della diversità genetica attualmente esistente. Questa preoccupante previsione potrebbe apparire in effetti probabilmente esatta, se ci si riferisca ad un sistema brevettuale che non preveda un meccanismo corrispondente alla research exemption per il caso in cui la nuova varietà derivi, anziché da una precedente varietà ai sensi della normativa UPOV, da un organismo bio-ingegnerizzato e brevettato. In questo caso, infatti, il selezionatore, pur avendo apportato un contributo alla diversità genetica12, non potrebbe sfruttarlo commercialmente se non con l'assenso del titolare del brevetto e dietro la corresponsione di canoni dì licenza (c.d. royalties), il cui ammontare sarebbe, oltretutto, rimesso alla discrezione dì quest'ultimo.

B ) L'introduzione pura e semplice di un brevetto biotecnologico appare destinata a condurre ad una nuova forma di «scambio ineguale» fra Nord e Sud.

Infatti, mentre i paesi del Terzo mondo continuerebbero a fornire, gratuitamente, al resto del mondo germoplasma, cioè varietà vegetali spontanee, preservate dai sistemi agricoli ancor oggi rimasti meno permeabili alle colture standardizzate, l'inserimento dei geni «inventati» dalla ricerca biotecnologica condurrebbe ad un'appropriazione

monopolistica dell'intero prodotto risultate dall'intervento di ingegneria genetica. Per effetto della brevettazione, pertanto, gli stessi paesi del Terzo Mondo si vedrebbero sbarrate le porte dei mercati agricoli occidentali, quando essi cercassero di esportare vrietà vegetali, pur da essi preservate, nelle quali fosse, però, stato inserito un gene brevettato. Per questo motivo, i paesi del Terzo mondo stanno, com'è noto, minacciando l'embargo di germoplasma verso le economie di mercato.

C) E noto che la tecnologia genetica apre prospettive promettenti nel campo della terapia di alcuni morbi quali la deficienza dell'adenosina deaminasi (ADA) e, forse, anche dell'anemia delle cellule falciformi, della fibrosi cistica, della distrofia muscolare. Tuttavia, la delicatezza della materia impone di muoversi con grande cautela.

Non si tratta solo di rispettare la regola, oggi codificata, che limita la brevettabilità dei metodi terapeutici relativi agli esseri umani ed animali. Occorre anche considerare, infatti, che la brevettazione di interventi di ingegneria genetica relativi a cellule umane totipotenti (germinali) non riguarda solo l'individuo a cui l'intervento si riferisce ma anche le generazioni successive e rischia, pertanto, di porsi in rotta di collisione con il diritto, individuale non meno che collettivo, a che il materiale genetico dell'uomo non venga manipolato13.

II conflitto e le sue soluzioni: il divieto di brevettazione degli interventi sulle cellule germinali.

Una regolamentazione della materia, adeguata alla delicatezza e complessità della partita in gioco, non deve in alcun modo sottrarsi al compito di trovare un punto di equilìbrio fra l'obiettivo del

funzionamento ottimale del meccanismo brevettuale, quando applicato alla materia vivente, e quello del rispetto degli interessi potenzialmente

contrapposti, appartenenti alle tre classi or ora brevemente delineate1«.

Cercherò di delineare le soluzioni che mi pare debbano essere adottate in ciascuna delle tre aree ora delineate e confrontarle con quelle, non sempre del tutto soddisfacenti, fin qui accolte dal Parlamento europeo.

Partirò dalla terza categoria di preoccupazioni, quelle designate con la lettera C), perché ad esse sembra possibile dare una risposta netta ed inequivoca e, quindi, relativamente facile da descrivere.

In questa materia, appare, infatti, possibile formulare una proposizione normativa del seguente tenore: «Sono in ogni caso escluse dalla brevettabilità le invenzioni concementi le cellule germinali umane, i procedimenti di ingegneria genetica ad esse relativi ed ogni intervento che possa alterare l'identità genetica delle generazioni successive». Adottando una simile norma, si sancirebbe un divieto assoluto ed incondizionato di brevettazione.

Non sembra che si possa al riguardo accogliere l'argomento di quanti vorrebbero ammettere la brevettazione delle tecniche di ingegneria genetica che. pur riferendosi alle cellule germinali, abbiano finalità terapeutiche e siano rispettose della dignità umanals, perché pare difficile negare che, quando ci si collochi sul piano inclinato delle finalità terapeutiche, si possa finire per legittimare interventi di «ingegneria migliorativa» (ad es. nella c.d. cura delle depressioni) la cui pericolosità per l'individuo e per la collettività è fin troppo evidente.

La soluzione «proibizionista» qui propugnata è combattuta dai sostenitori dell'estensione del sistema brevettuale alle tecniche di intervento sul materiale genetico umano con

l'asserzione che la brevettazione di una simile tecnica non significa autorizzazione al suo impiego effettivo, quando questo sia vietato dalle norme di ordine pubblico applicabili. La stessa situazione si

verificherebbe con riferimento, ad es., alle armi, che, pur essendo sicuramente brevettabili, non per questo sono liberamente utilizzabili. A questo argomento può, però, ribattersi (a) che, mentre l'uso delle armi può essere in talune circostanza consentito (nei casi di uso legittimo della forza da parte dell'autorità, di legittima difesa, di caccia autorizzata), la manipolazione del patrimonio genetico dell'uomo è da considerarsi sempre e comunque vietata; e (b) che la stessa possibilità di

brevettazione convoglierebbe

sul settore risorse economiche così rilevanti da fare dubitare sulla possibilità di un mantenimento prolungato del divieto. Alla ricerca m m di un punto di equilibrio: allocazione ottima delle risorse, diversità genetica. Nord e Sud.

Le restanti questioni non sembrano, invece, suscettibili di soluzioni altrettanto univoche. Un primo passo nella direzione rivolta a salvaguardare il mantenimento della diversità genetica sembrerebbe potere consistere nell'introduzione di un regime di licenza legale a favore dei selezionatori che vogliano incorporare un'invenzione biotecnologica all'interno di una varietà proteggibile ai sensi della Convenzione UPOV. Ma. si domanderà, quali sono i vantaggi offerti da tale meccanismo nella prospettiva della salvaguardia della diversità genetica?

La risposta consiste in ciò: che il congegno in questione — mentre non pare comportare un sacrificio esagerato delle aspettative di profitto degli inventori di biotecnologie applicabili al settore vegetale, che sarebbe pur sempre soddisfatto dal pagamento di una royalty percentuale — permette di raggiungere vantaggi comparabili, sotto il profilo che ci interessa, a quelli collegati all'esenzione di ricerca, propria del sistema UPOV.

La licenza legale consentirebbe, infatti, ai selezionatori di continuare a procedere nella loro opera di costituzione di nuove varietà vegetali e di contribuire, per tale via, al mantenimento della diversità genetica nel loro proprio interesse ma anche a beneficio dell'equilibrio ecologico del pianeta.

Si potrà comprendere l'esattezza di tali considerazioni ove si tenga presente che il congegno della licenza legale attribuisce al costitutore, che desideri incorporare nella propria varietà un'invenzione biotecnologica, la facoltà di procedere direttamente all'incorporazione, senza dovere attendere il consenso del titolare del brevetto in questione e ove si tenga, al contempo, presente che tale facoltà può essere esercitata dal costitutore-licenziatario attraverso il semplice pagamento al titolare del brevetto di una royalty fissa, proporzionale al prezzo di vendita a terzi della varietà stessa. Il costo corrispondente potrà, dal canto suo, essere agevolmente trasferito dal licenziatario stesso sul prezzo

finale secondo i ben noti meccanismi di traslazione dei costi.

Occorre, tuttavia, sottolineare che un simile risultato può essere ottenuto solo attraverso l'adozione di una previsione che istituisca una vera e propria licenza legale".

Questa, infatti, comporta che l'autorizzazione debba essere accordata automaticamente dal brevettante a favore di chiunque intenda utilizzare la sua invenzione biotecnologica all'interno di una varietà vegetale attraverso il semplice pagamento di una royalty di ammontare prefisalo legislativamente.

Un risultato equivalente non può,invece,essere raggiunto adottando il diverso convegno della licenza obbligatoria, cui fanno riferimento tanto le proposte della Commissione della CEE quanto quelle del Parlamento europeo, perché la licenza obbligatoria — che istituisce un obbligo a contrarre del titolare del brevetto, ma non ne predetermina le condizioni — costituisce, per unanime ammissione, fonte di interminabili controversie, è macchinosa nel suo funzionamento e di successo pratico pressoché nullo. La soluzione qui propugnata, invece, ha della sua una notevole snellezza di funzionamento, in ragione dei sopraricordati automatismi da essa previsti in fase di istituzione del rapporto e di determinazione dei suoi elementi costitutivi. Quanto ai problemi collegati allo scambio ineguale fra il Nord ed il Sud del mondo, è chiaro che questioni di tale portata non possono trovare soluzione attraverso semplici aggiustamenti del meccanismo di funzionamento della protezione brevettuale. Mi sembra, però, che anche in questo caso sia possibile compiere alcuni piccoli passi nella direzione giusta. In effetti, se si considera che in questo caso la finalità da perseguire è quella di impedire che il brevetto biotecnologico sia impiegato per erigere barriere commerciali ingiustificate alla produzione agricola proveniente dal Terzo Mondo", ci si può avvedere che al raggiungimento di tale obiettivo può fornire un parziale contributo proprio l'adozione di alcune fra le regole finora descritte.

Tale è il caso delle regole, relative all'esaurimento del diritto, nella misura in cui esse chiariscano che il monopolio brevettuale a) concerne il solo materiale di propagazione, e non i frutti e le piante che da esso derivino e b) non si estende a quelle generazioni successive di materia vivente che non conservino più i caratteri essenziali per i quali

esse sono protette.

Resta il fatto che il meccanismo dell'esaurimento non opera, secondo la legislazione prevalente negli Stati membri della Comunità europea, se non quando risulti il consenso del titolare del brevetto alla prima messa in commercio (qui: del materiale di propagazione) e che tale prova sarà assai difficile da fornire, se non impossibile, quando nel paese di provenienza delle piante e dei frutti difetti la protezione brevettuale.

Ma è da ritenere che anche questo inconveniente possa essere ovviato, sia pure parzialmente, facendo ricorso ad un altro fra i principi in precedenza propugnati e, cioè, trasformando il divieto assoluto di importazione, che

deriverebbe dalla situazione attuale, nella previsione di una modesta royalty

all'importazione a carico della merce, che potrebbe essere innestata attraverso un apposito trattato intemazionale sul ceppo del meccanismod ella licenza legale, delineato dalla versione sopra propugnata.

Non ci si può certo nascondere che simili soluzioni sono modeste, parziali e tentative; tant'è che esse devono essere integrate da ampi interventi correttivi a vantaggio dei paesi (del Sud del mondo, per l'appunto) che forniscono gratuitamente germoplasma all'umanità, che, infatti, hanno trovato la loro espressione a livello internazionale nella conferenza di Rio de Janeiro del giugno 1992.

Ho. però, l'impressione che i primi passi cho ho ora descritti, per quanto forse criticabili per la loro scarsa incisività, siano tuttavia decisamente preferibili ad un ottuso arroccamento nello status quo.

7

Regole di mercato ed interesi generali: verso un approccio integrato?

Varrà, a questo punto, la pena di provarsi a compiere alcune riflessioni conclusive di ordine generale.

La prima attiene al metodo di lavoro che mi sembra preferibile seguire quando ci si provi a disegnare interventi legislativi nel settore che si colloca all'intersezione fra la disciplina brevettuale e la materia biotecnologica.

Come si è visto, nell'affrontare la questione dell'estensione dell'istituto brevettuale alle invenzioni biotecnologiche, si sono dovuti fare i conti con due tipi di problemi, gli uni intemi e gli altri esterni alla logica dell'istituto.

È possibile ora constatare che nell'un caso come nell'altro è apparso possibile fare ricorso a mezzi coerenti con quel peculiare meccanismo di

mercato, che è il brevetto, anche per raggiungere finalità che si collocano al di fuori degli obiettivi squisitamente allocativi, propri del mercato. E vale, forse, la pena di sottolineare che questo approccio è stato seguito non solo quando si è trattato di correggere il funzionamento della protezione delle invenzioni per adattarla alle peculiarità della materia biotecnologica attraverso le opportune integrazioni e modificazioni, a suo tempo delineate.

È, infatti, stato possibile fare ricorso allo stesso metodo allo scopo di individuare soluzioni alle segnalate interferenze fra il funzionamento del

meccanismo brevettuale ed i «nuovi» diritti e gli interessi generali, che in precedenza sono stati illustrati.

A ben vedere, invero, sia l'istituto della licenza legale sia la combinazione fra

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