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CAPITALE SOCIALE E SVILUPPO RURALE

1.2 Capitale sociale e governance nelle aree rural

1.2.1 Generalità

Dall’analisi dell’ampia e diversificata letteratura scientifica disponibile su questi temi, è indubbio che i concetti di capitale sociale e di governance siano da ritenersi strettamente interconnessi l’uno all’altro. Se la definizione di riferimento

per il capitale sociale, infatti, rimanda ai “network che assieme alle norme, ai va- lori e ai comuni intendimenti facilitano la cooperazione all’interno e tra i gruppi” (OECD, 2001), il significato più comune e condiviso del termine governance si rife- risce in maniera del tutto analoga alla “capacità della pubblica amministrazione di gestire e dirigere network, coinvolgendo attori pubblici e privati di varia natura in processi politico-decisionali, promuovendo il dialogo, la condivisione di responsa- bilità, la partecipazione e il coordinamento di molti attori a molti livelli” (EC, 2001).

Da un lato, questa definizione riflette l’approccio alla governance istituzio- nale tipico del contesto europeo (Kjær, 2004) e, dall’altro, rimanda ai principi ba- silari di una “buona governance”. Secondo l’approccio istituzionale, nelle nuove forme di governance49 è il ruolo dell’Ente pubblico che deve cambiare in maniera

significativa, passando da quello di decisore unico che agisce tipicamente sulla base di logiche top down guidate da pochi (e potenti) gruppi d’interesse, a quello di animatore che agisce sulla base di logiche bottom-up avendo la capacità di ascol- tare e mediare tra molteplici interessi presenti in un territorio rurale, di ridistribu- ire il potere decisionale tra i diversi soggetti e di “mettersi in rete” con questi stessi soggetti. Vi deve essere, in sostanza, un cambiamento nell’insieme dei “processi di definizione delle regole, di applicazione di tali regole e di controllo sulla loro attuazione” (Kjær, 2004, p. 189), come viene anche definita, in senso più ampio, la governance. I processi e le strutture decisionali in base ai quali le regole sono definite, attuate e controllate possono essere dominate da un’amministrazione pubblica (tipicamente lo Stato o altri enti governativi) (si veda per esempio Pierre e Peters, 2000), da soggetti privati e/o organizzazioni non governative (si veda per es. Cashore, 2002) oppure possono essere abbastanza equamente bilanciati tra soggetti pubblici e privati (Di Iacovo e Scarpellini, 2006). In quest’ultimo caso, che riteniamo si possa associare ai modelli organizzativi dei GAL, si hanno tipicamente le forme più avanzate di network governance e di governance partecipativa (vedi nota 50). In questa prospettiva, non è un caso che l’Approccio LEADER abbia tra i suoi obiettivi dichiarati proprio quello di migliorare la governance migliorando la densità e la qualità delle reti economiche e sociali, ovvero la collaborazione, la programmazione e la partecipazione degli attori locali ai programmi e ai progetti di sviluppo rurale (Cavazzani, 2006; OCSE, 2006).

Il cambiamento in questa direzione dell’azione dell’Amministrazione pubbli- ca – così come di ogni altro soggetto che abbia un ruolo rilevante come animatore

49 Definita anche, a seconda dell’ambito teorico e applicativo prevalente, network governance o gover- nance partecipativa (si vedano ad esempio Jordan e Schout, 2006; Treib et al., 2007).

di un territorio rurale quale il GAL – deve però avvenire seguendo i principi del con- senso, della legittimità e della legalità (Kjær, 2004), idee-guida di buona governan- ce e come tali sempre più richieste dalla società civile. Tali principi si dovrebbero concretizzare ad esempio in una maggior trasparenza nei processi decisionali e attuativi, in una maggior partecipazione dei vari portatori d’interesse attivi nel- lo spazio rurale in tali processi, in una maggior consapevolezza e condivisione di responsabilità in merito alle decisioni ed azioni (accountability), ed altro ancora. Tutto ciò nella prospettiva che tali meccanismi – una volta adottati dalle ammini- strazioni pubbliche così come dagli altri soggetti di un territorio rurale – siano in grado di garantire una maggior efficacia, efficienza ed equità nell’assegnazione e gestione delle risorse collettive, siano esse ambientali, sociali e/o economico- finanziarie.

Modalità organizzative e d’interazione tra i vari soggetti che siano in grado di garantire una “buona governance”, avendo effetti sulla protezione delle risorse ambientali (capitale naturale), sull’ottimizzazione delle risorse economico-finan- ziarie (capitale finanziario) e sulla valorizzazione di quelle umane e sociali (capitale umano individuale o sociale), stanno diventando fattori chiave nello sviluppo rura- le. Indipendentemente dal tipo di meccanismi decisionali, dalla diversificazione e numerosità degli attori coinvolti, dalle strategie di sviluppo locale attuate, dalle risorse disponibili, ecc., in ogni territorio rurale, a vari livelli, si può riscontrare una “buona” oppure una “cattiva” governance. Ovvero una maggiore o minore ca- pacità, da parte delle amministrazioni pubbliche (locali, nazionali o internazionali, a seconda delle specifiche competenze e campo d’azione), di gestire con modalità eque, efficienti, efficaci (WB - ARD, 2009) ma anche trasparenti, affidabili, soste- nibili, partecipative, le reti degli attori dello sviluppo, siano essi pubblici o privati. In questa prospettiva, non è un caso che la “buona” governance sia considerata una delle quattro dimensioni in grado di garantire una migliore qualità della vita in aree rurali, accanto proprio al “capitale sociale e culturale” nonché alle dimensio- ni “ambiente”, “economia” e “servizi” (EENRD, 2010).

Anche da un'analisi del tutto preliminare, alcune parole-chiave comuni sia alla definizione di capitale sociale che a quella di buona governance (in particolare le parole “network”, “gruppi” di attori, e “coordinamento”) mostrano l’esistenza di evidenti interconnessioni tra questi due concetti. Tuttavia, non sono altrettanto evi- denti, né sono state finora sufficientemente studiate, le relazioni causa-effetto tra capitale sociale e capacità di governance e viceversa. In altre parole, non è del tutto chiaro se, come e in che misura le caratteristiche ed il livello del capitale sociale presente in una determinata area rurale influenzino la capacità di governance lo-

cale e le sue performance50; né è evidente se, come e in che misura la capacità e

qualità della governance locale influiscano sul livello e sul tipo di capitale sociale presente nell’area stessa.

Obiettivo del presente paragrafo è da un lato quello di individuare le pos- sibili interconnessioni51, ovvero gli elementi di collegamento, esistenti tra questi

due concetti (sotto-paragrafo 1.2.2), e dall’altro di analizzare in via preliminare i possibili effetti che modifiche nel capitale sociale possono indurre sulla capaci- tà di governance e viceversa, ed in base a quali meccanismi ciò possa avvenire (sotto-paragrafo 1.2.3). Questo tenendo conto sia dell’inquadramento concettuale dei due temi che delle loro applicazioni pratiche in relazione a politiche di sviluppo in contesti rurali.

1.2.2 Le interconnessioni tra il concetto di capitale sociale e quello di governance

Nell’identificazione delle interconnessioni tra capitale sociale e governance occorre tener presenti le differenti dimensioni o categorie assegnate a questi due concetti. A seconda degli autori e della sfera in cui si svolge il dibattito scientifico, si parla di tre dimensioni del capitale sociale (strutturale, cognitiva e normativa o istituzionale) (si veda per es. Lopolito e Sisto, 2007) così come di tre categorie (multi-attoriale, multi-settoriale e multi-livello) e tre sotto-categorie di governan- ce (globale, nazionale e locale) (si vedano per esempio Lemos e Agrawal, 2006, Arts e van Tatenhove, 2006; EENRD, 2010; Buizer et al., 2011).

Le relazioni esistenti tra questi due concetti sono particolarmente evidenti quanto si faccia riferimento alla dimensione strutturale del capitale sociale, rela- tiva cioè all’organizzazione sociale, ovvero agli attori, ai loro ruoli ed ai network di relazioni che facilitano la cooperazione e che vengono solitamente studiati ad un livello di analisi meso (interazioni tra gruppi e all’interno della collettività locale in un territorio rurale circoscritto cfr. par. 1.2.3). Questa dimensione del capitale so- ciale rimanda direttamente alle categorie multi-attoriale e multi-settoriale della

50 Mentre è stato abbastanza diffusamente studiato – anche se con obiettivi e risultati diversi – il con- tributo dato dal capitale sociale allo sviluppo economico in termini di innovazione delle imprese, di maggiori opportunità di allargamento del mercato, di riduzione dei costi di transazione, ecc. (cfr. par.1.1).

51 Va sottolineato che l’analisi di queste interconnessioni è complessa, anche perché oltre ad esservi molti elementi in comune e di collegamento tra i due concetti vi sono numerose sovrapposizioni/ ridondanze e numerosi differenze. Nel presente contributo non vengono esaminati gli elementi in base ai quali il capitale sociale si diversifica dalla governance.

governance, dove contano in primis le interazioni che avvengono orizzontalmente all’interno dello stesso livello gerarchico (istituzionale/politico o spaziale, spesso locale) tra una molteplicità di attori appartenenti a settori diversi52. Qui il focus è

soprattutto sulle relazioni e sulla distribuzione del potere decisionale tra attori pubblici e attori privati in un determinato contesto territoriale rurale, e può essere classificata come network governance (forma tipica della governance in ambito UE secondo Treib et al., 2007). Più labili appaiono le connessioni con la dimensione cognitiva del capitale sociale, dato che quest’ultima si richiama più nello specifico a norme comportamentali e valori (culturali e civici) condivisi da individui apparte- nenti ad una determinata collettività e viene meglio descritta a livello micro, livello che raramente viene utilizzato nell’analisi della governance. Qualche considera- zione a parte merita infine la dimensione normativa (Uphoff, 2000) o istituzionale (Krishna, 1999) del capitale sociale, relativa ai meccanismi di regolazione delle interazioni che predispongono alla cooperazione, forniscono legittimità sociale ai comportamenti e, in generale, definiscono i sistemi di norme (istituzioni) che re- golano le azioni degli attori sociali (Treib et al., 2007). Nell’accezione più ampia del concetto stesso di governance come insieme di processi di definizione, attuazione e controllo di regole (Kjær, 2004, p. 189), in tali meccanismi di regolazione van- no ricomprese sia le norme più informali (le attitudini, le credenze, le ideologie, i valori culturali condivisi dagli attori, le norme comportamentali non scritte) che quelle più formali (le regole scritte, le procedure, il quadro legale e istituzionale all’interno dei quali gli attori possono agire e sono anzi incentivati a farlo anche in maniera collaborativa, le modalità organizzative strutturate). Come menzionato nel paragrafo 1.2.3, queste norme sono tipicamente analizzate e descritte ad un livello macro, con un’attenzione particolare agli impatti sull’azione istituzionale, nonché sulle sue strutture e performance. In questo caso, a scala macro, si fa di solito riferimento alla governance globale di un settore o di un’area d’intervento politico (quali ad es. lo sviluppo rurale), governance che si basa su accordi e con- venzioni internazionali o macro-regionali e che riguarda le interazioni tra Stati, tra questi e le grandi Organizzazioni e Agenzie Internazionali ed “il mercato”. Op- pure si fa riferimento alla categoria della governance multi-livello, dove contano le interazioni verticali e la coerenza tra politiche definite a livello internazionale (ad esempio quelle comunitarie per lo sviluppo rurale in ambito di UE) e politiche

52 Si pensi a questo proposito, all’ambito territoriale di un GAL, che coinvolge un certo numero di co- muni ed ha diversi associati che operano in rete ad un progetto di sviluppo interdisciplinare, orien- tato alla valorizzazione e protezione delle risorse ambientali attraverso la creazione di un’area na- turalistica e la promozione dell’eco-turismo.

applicate a livello nazionale (dagli Stati membri). Tuttavia, a nostro avviso, i mec- canismi di regolazione delle interazioni tra attori sono rilevanti ai fini della qualità della governance anche nell’ambito di singoli e specifici livelli lungo la scala isti- tuzionale, amministrativa e/o spaziale, come quelli sub-nazionali o locali (Secco et al., 2013), dove l’analisi viene ricondotta ad una scala meso. È a questi livelli che si attuano nel concreto le politiche di sviluppo rurale, è a questi livelli che si può meglio comprenderne la validità in termini di risultati per la collettività locale ed il territorio rurale nel suo insieme, ed è ancora a questi livelli di unità di analisi che ha senso tipicamente occuparsi della capacità di governance istituzionale. La ta- bella 1.1 propone una sintesi degli elementi trasversali più comuni sia nell’analisi del capitale sociale che della governance.

Tab. 1.1 Principali elementi comuni analizzati in alcune dimensioni/categorie di capitale sociale e governance

Dimensioni/ categorie di: Capitale sociale

Strutturale Normativo, istituzionale

Governance

Multi-attoriale (ad esempio na- zionale o locale)

Reti e interazioni orizzontali basate su co- operazione e scambio tra attori, individui o gruppi all’interno dello stesso livello di analisi (locale, nazionale, macro-regionale o globale).

Gli attori possono appartenere allo stesso gruppo o a gruppi diversi, ma nell’ambito dello stesso settore.

Logica di network interaziendale, con focus però sull’azione delle amministrazioni pub- bliche o altri soggetti cui venga riconosciu- to ruolo di animatori dello sviluppo rurale nello specifico contesto rurale.

Norme formali e/o informali che re- golano le interazioni di cooperazione e scambio tra i diversi attori (es. mec- canismi di funzionamento e controllo dei network, accordi contrattuali re- lativi a creazione/gestione di forme associative quali i contratti di rete, accordi di programma e relative pro- cedure gestionali).

Multi-settoriale (ad esempio na- zionale o locale)

Idem come sopra, con attori appartenenti a settori diversi (es. aziende agricole, azien- de turistiche, servizi sociali, ...) e quindi logica di network territoriale.

Idem come sopra, con attori appar- tenenti a settori diversi (es. politiche intersettoriali, progetti/programmi di collaborazione interdisciplinari). Multi-livello

(ad esempio EU e Stati membri)

Reti e interazioni verticali di integrazione e scambio di informazioni tra attori, indivi- dui o gruppi, appartenenti a diversi livelli di analisi (es. locale, nazionale e macro- regionale).

Logica di integrazione di filiera (nel privato) o di rispetto di gerarchie verticali (nelle am- ministrazioni pubbliche), con focus su coe- renza obiettivi e interventi tra i vari livelli.

Norme formali e/o informali che re- golano le interazioni tra i diversi livel- li istituzionali e politici, con ruolo rile- vante assegnato al decentramento e al principio di sussidiarietà.

Tra le varie dimensioni o principi-chiave per una buona governance delle risorse naturali in contesti rurali a livello locale individuati da Secco et al. (2010, 2011 e 2013) e Franceschetti et al. (2012), quelli della partecipazione e dell’effica- cia53 appaiono particolarmente attinenti al concetto di capitale sociale54. Nel primo

principio, infatti, rientrano la capacità di creare e gestire network, di garantire la rappresentatività ed inclusione degli stakeholder, di agevolare flussi di scambio di informazioni costanti e reciproci, di gestire conflitti, di facilitare l’empowerment delle categorie di stakeholder con minor potere decisionale e di distribuire equa- mente le risorse ma anche i costi tra i soggetti coinvolti. Nel secondo principio, rientra la capacità di facilitare la cooperazione in tutte le sue modalità (tra settori, attori e livelli diversi) e con vari tipi di strumenti e gradi di “regolamentazione” (Treib et al., 2007). Si va dalla cooperazione volontaria che si esprime attraverso modalità del tutto informali, basata solo sulla reciproca fiducia tra gli attori e tipica del capitale sociale cognitivo e strutturale e della governance multi-attoriale loca- le; alla cooperazione favorita da incentivi economici ed altre facilitazioni (sempli- ficazioni amministrative, agevolazioni fiscali), basata sulla presenza di strumenti di regolamentazione (ad es. del mercato o degli interventi pubblici a sostegno dei programmi comunitari di sviluppo rurale) tipica del capitale sociale normativo o istituzionale e della governance a vari livelli; alla cooperazione imposta da regole e leggi cogenti, che deve pertanto seguire procedure e percorsi ben definiti, tipica del capitale sociale istituzionale e della governance multi-livello. Anche in questo caso, le interconnessioni tra capitale sociale e governance sono molteplici ed evi- denti.

1.2.3 Il ruolo del capitale sociale nel rafforzamento della buona gover- nance locale, e viceversa

Ai fini dell’analisi delle relazioni tra governance e capitale sociale intese come possibili fattori che interagiscono nel determinare processi di sviluppo locale in aree rurali, la dimensione più rilevante del capitale sociale da prendere in con- siderazione è quella strutturale. Come menzionato, gli elementi chiave di questa

53 Le altre sono: Sviluppo sostenibile “locale”, Efficienza, Trasparenza, Accountability, Capacità. 54 Anche per altre dimensioni è possibile trovare elementi di contatto tra i due concetti, anche se meno

evidenti. Si pensi ad esempio alla dimensione “Capacità” tecnico-professionale, dove un fattore chiave di buona governance è l’attitudine all’apprendimento collaborativo sia da parte dei membri dello staff dell’Organizzazione (del GAL, nel caso specifico) che dei vari attori in rete presenti nel territorio. Tale attitudine all’apprendimento collaborativo può contribuire a consolidare o migliorare sia il capitale umano sociale che quello individuale.

dimensione del capitale sociale sono gli attori e le reti che tra questi si attivano, si sviluppano e si consolidano con l’accrescersi della “fiducia interpersonale recipro- ca generalizzata” (Lopolito e Sisto, 2007, p. 11).

La varietà e numerosità di tali attori, le forme organizzative associative con cui si configurano sul territorio e all’interno del loro settore di attività economica o sociale, la densità delle reti rurali di collaborazione e scambio d’informazioni e beni/servizi che riescono a costituire e mantenere, il modo in cui l’autorità decisio- nale e la responsabilità attuativa di politiche, programmi o progetti viene distribui- ta tra loro ed al loro interno, le modalità di distribuzione delle risorse e di controllo del loro uso, rappresentano tutti elementi fondanti anche nell’analisi dei meccani- smi di governance, soprattutto locale, e nella misura delle loro performance (Fran- ceschetti et al., 2012). È lecito quindi supporre che ogni eventuale cambiamento che si verifichi in qualcuno di questi elementi del network e del capitale sociale ad esso associato (ad esempio l’entrata di nuovi soci nei GAL; l’attribuzione di nuove funzioni, competenze e ruoli ad una associazione di comuni o di aziende; l’adozione di nuovi strumenti informatizzati di diffusione delle informazioni; l’avvio di un nuo- vo progetto comune che preveda il coinvolgimento di nuovi attori, o altro ancora) determini dei cambiamenti anche nella capacità di governance istituzionale.

Tali cambiamenti possono, in talune circostanze, essere misurati tramite appositi set di indicatori, sviluppati sia per una valutazione della governance a li- vello nazionale (si vedano ad esempio quelli ormai famosi della Banca Mondiale – Kaufmann et al., 2010) che locale (si vedano, nello specifico ambito dello sviluppo rurale, quelli proposti da Birolo et al., 2012, Franceschetti et al. 2012, Secco et al., 2013). Quando tali misurazioni non siano possibili, un utile strumento speditivo di analisi qualitativa della capacità di governance è il cosiddetto “triangolo GEP” (fi- gura 1.1), proposto da Nelissen et al. (2000) nella riformulazione di Arts e Goverde (2006) nell’ambito del cosiddetto Governance Capacity Approach (GCA). Tale acro- nimo rimanda all’equilibrio che si rende necessario tra un approccio “Giuridico”, un approccio “Economico-gestionale” ed un approccio “Politico-civile” per garan- tire una buona governance nella gestione di risorse comuni, quali quelle naturali, umane e finanziarie presenti nel territorio rurale di competenza di un GAL. Nel triangolo GEP la buona governance si colloca idealmente nel punto centrale, dove tre diverse logiche e strategie di sviluppo trovano un equilibrio. Diversamente, possono prevalere modalità di governance troppo orientate alle esigenze del mer- cato e del settore economico-finanziario e quindi poco attente ad altre esigenze sociali e al rispetto della legalità (prevale l’approccio E), oppure troppo ingessate in un articolato quadro giuridico-normativo che garantisce democrazia e legalità da

un lato, ma che non consente, dall’altro, di poter adottare rapidamente strategie innovative di adattamento e flessibilità all’azione imprenditoriale (prevale l’approc- cio G), oppure ancora troppo imperniate su un coinvolgimento attivo e costante degli stakeholder, con i relativi rischi di inefficienza ed elevati costi di transazione connessi a volte all’adozione di approcci partecipativi (si vedano a questo proposito Cooke e Khotari, 2001; Fristch e Newig, 2009) (prevale l’approccio P). Per capacità di governance si intende qui, adottando un’ottica istituzionale, il grado di successo conseguito da forme di governance, basate sulla creazione e gestione di network, nella riduzione o eliminazione di problemi amministrativi e sociali (Nelissen et al., 2000). Per estensione, ai fini del presente contributo, tale approccio si può ap- plicare anche nel valutare il grado di successo realizzato nella promozione delle sviluppo economico e sociale di un territorio rurale ed almeno in parte per com- prendere il ruolo svolto nel determinare tale sviluppo dal capitale sociale (ovvero dal grado di fiducia associato al o ai network orizzontali e/o verticali presenti nel territorio stesso).

Fig. 1.1 Il triangolo GEP: equilibrio tra approccio Giuridico, Economico e gestio- nale, Politico e civile.

 

Fonte: Nelissen et al. 2000 – citato e modificato da Arts e Goverde, 2006 (p. 77).

A seconda delle esigenze, è possibile analizzare la “capacità indicativa” o potenziale di governance oppure la “capacità di performance” o effettiva della go- vernance stessa (Arts e Goverde, 2006). La prima è basata sull’idea che vi debba

essere congruenza tra entità delle risorse disponibili e obiettivi di sviluppo del ter- ritorio rurale, tra questi e l’effettivo coinvolgimento degli stakeholder-chiave, tra questi e una reale possibilità di adattamento delle regole del gioco al quadro nor- mativo tali da consentire l’adozione di nuovi comportamenti sociali ed economici. In breve, la prima analizza se una determinata modalità di governance – con i suoi attori, i suoi network, le sue regole, le sue politiche e le risorse a disposizione – ha i