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Capitale Sociale: dalla teoria alla misurazione L’uso dei que stionari nell’analisi delle dimension

ASPETTI METODOLOGIC

2.1 Capitale Sociale: dalla teoria alla misurazione L’uso dei que stionari nell’analisi delle dimension

2.1.1 Generalità

Il dibattito accademico sul capitale sociale non è giunto sinora a una defi- nizione condivisa del termine, anche a causa delle difficoltà legate alla multidi- mensionalità dello stesso (Bjørnskov e Mannermar Sønderskov, 2010; Sabatini, 2009). Tuttavia appare opportuno rilevare che gli istituti nazionali di statistica di diversi Paesi1 raccolgono sistematicamente dati sul capitale sociale, oppure hanno

iniziato a delineare delle specifiche metodiche di ricerca sul tema. La definizione di riferimento impiegata dagli stessi istituti corrisponde a quella proposta dall’Or- ganizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico di Parigi secondo cui il capitale sociale è costituito dai “network che assieme alle norme, ai valori e ai comuni intendimenti facilitano la cooperazione all’interno e tra i gruppi” (OECD, 2001).

La ricerca ha utilizzato questa definizione di capitale sociale, analizzando nel dettaglio le sue due principali tipologie: il capitale sociale strutturale (reti di relazioni) e il capitale sociale cognitivo-normativo (norme e valori sociali) con spe- cifico riguardo all’Approccio LEADER (AL). Le due tipologie di capitale sociale as- sieme alla governance sono state analizzate per mezzo di tre specifici questionari

1 ISTAT (2013); Office for National Statistics, UK (2011); Institut National de Statistique et des études économique, France (2010); Australian Bureau of Statistics, (2009); Policy Research Initiative, Cana- da (2005); National Economic and Social forum, Ireland (2002); Statistics, New Zealand (2001).

che verranno, nel prosieguo, illustrati in relazione alle specifiche ipotesi teoriche che sono la premessa dei diversi quesiti.

Prima di descrivere compiutamente le diverse variabili che i quesiti inten- dono rilevare, appare opportuno specificare alcuni aspetti concernenti l’analisi del capitale sociale che sono la necessaria premessa alla metodologia di ricerca adot- tata, con specifico riferimento allo strumento di raccolta dati impiegato.

2.1.2 Livelli di analisi del capitale sociale (micro, meso e macro) e le due principali tipologie (strutturale e cognitivo)

L’analisi sul capitale sociale può essere realizzata sui livelli: micro, meso e macro (fig. 2.1). Questi livelli evidenziano l’unità di osservazione. Il livello micro pone l’analisi sulla propensione alla cooperazione dei singoli individui, finalizzata al raggiungimento di uno specifico obiettivo. Detta attitudine si fonda sulle per- cezioni dei soggetti riguardo a norme sociali, valori, attitudini che nel loro insie- me sostengono l’azione collettiva, apportando conseguentemente mutui benefici (Uphoff, 2000). Grootaert e van Bastelaert (2002) sostengono che questa sia l’u- nità di analisi proposta da Putnam (1993), quando afferma che il capitale sociale sia costituito da quelle caratteristiche dell’organizzazione sociale, come i network d’individui o di famiglie, le norme e i valori associati, che creano esternalità per la comunità nel suo complesso. Nel livello meso l’analisi passa dall’individuo al gruppo o alla collettività locale. Pertanto il capitale sociale non rappresenta né una caratteristica individuale né collettiva, ma piuttosto una proprietà che emer- ge dall’interazione tra individui o tra gruppi all’interno di una specifica comuni- tà e rappresentabile strutturalmente in un network2. A questo riguardo, appare

opportuno rilevare che il network è la condizione necessaria ma non sufficiente alla formazione del capitale sociale (Granovetter, 1985). Il network schematizza la struttura del circuito sociale, e in questo senso è l’espressione tangibile del capi- tale sociale, ma il flusso informativo nello stesso veicolato si fonda sullo scambio di beni relazionali quali norme di cooperazione, fiducia e visioni condivise che, nel loro insieme, costituiscono la parte intangibile del capitale sociale. Grootaert e van Bastelaert (2002) sostengono inoltre che, nel livello meso, l’unità di analisi del

2 L’unità di analisi è costituita quindi dalle relazioni tra i diversi attori che si realizzano nell’ambito di una rete – il network – definibile come: “[…] a finite set or sets of actors and the relation or relations defined on them. The presence of relational information is a critical and defining feature of a social network” (Wasserman e Faust, 2009). Pertanto il focus d’indagine non è costituito né dagli individui né dai gruppi.

capitale sociale corrisponde a quanto proposto nella definizione di Coleman, ossia il capitale sociale consiste in “una varietà di differenti entità e tutte consistono di alcuni aspetti della struttura sociale che facilitano certe azioni tra gli attori – sia individuali che collettivi – all’interno della struttura” (Coleman, 1990, p. 598). Se- condo gli autori questa definizione implicitamente sottende una visione del capi- tale sociale che guarda ai gruppi più che agli individui e che integra la dimensione orizzontale dei network individuali con quella verticale (relazioni con organizza- zioni su base gerarchica). Nel livello macro, l’analisi si pone sulle interazioni tra norme formali e informali e sul loro impatto sull’azione istituzionale, nei termini di attivazione di un’appropriata struttura degli incentivi che possono ridurre i costi di transazione, determinando quindi migliori performance economiche (cfr. figura 2.2) (Chhibber, 2000). Grootaert e van Bastelaert (2002) affermano che il capitale sociale è necessariamente collegato all’ambiente sociale-politico che influenza le strutture sociali e permette alle norme (formali e informali) di svilupparsi.

Se le unità di analisi micro e meso analizzano le relazioni orizzontali e ver- ticali soprattutto di natura informale, la visione macro esamina invece le relazioni formali con le istituzioni e le conseguenti strutture: regime politico, the rule of law, il sistema giudiziario, le libertà politiche e civiche. L’attenzione all’aspetto istitu- zionale si basa, ovviamente, sui classici lavori di North (1990) relativi allo studio delle relazioni tra assetto istituzionale e sviluppo economico.

Fig. 2.1 I diversi livelli di studio del capitale sociale

MICRO: L’approccio micro intende il capitale sociale come il potenziale delle strategie cooperative (organizzate nella forma di gruppi o associazioni) al fine di rafforzare la ca- pacità collettiva. L’oggetto d’indagine è la propensione individuale dell’attore a cooperare per mezzo di un’associazione o, più in generale, di uno sforzo congiunto per il raggiungi- mento di determinati obiettivi (Ahn e Ostrom, 2002).

MESO: L’approccio meso valuta il valore strumentale del capitale sociale. In questo senso si avvicina alla resource mobilization theory e analizza il potenziale dei network sociali nel produrre risorse quali informazioni e sopporto (Burt, 1984; Lin, 2001; Portes, 1998). L’approccio studia le strutture che rendono fattibile la cooperazione. Gli oggetti d’indagi- ne sono: le reti sociali; la posizione dei membri nel network; il tipo d’interazioni; le con- dizioni in cui queste interazioni occorrono; la natura e il modo in cui le risorse circolano.

MACRO: L’approccio macro valuta il valore dell’integrazione e della coesione sociale. Come nelle teorie istituzionaliste, l’approccio macro pone l’enfasi sull’ambiente comu- nitario, le strutture sociali e le politiche che indirizzano valori e norme (quali fiducia e reciprocità) e che in cambio creano determinate condizioni per l’impegno civico e sociale e per la partecipazione politica. Il capitale sociale è il prodotto di queste strutture. Più queste strutture instillano nella società valori e norme di cooperazione, più le persone vorranno essere coinvolte nella vita sociale e più il capitale sociale aumenterà. Il capitale sociale è visto come un beneficio pubblico (Putnam, 2001; Fukujiama, 2004).

Fonte: ns. elaborazione da Franke (2005)

Fig. 2. 2 Stato, istituzioni e effetti economici

Fonte: ns. elaborazione da Chhibber 2000

In letteratura la distinzione tra l’unità di analisi micro e meso non appare sempre univoca. La stessa definizione di Putnam (1993) potrebbe essere attribuita ad ambedue i livelli. A tale riguardo, un significativo contributo è stato apportato da Borgatti, Candace e Everett (1998) i quali propongono una tassonomia delle unità di analisi del capitale sociale basata su due variabili: tipologia dell’attore coinvolto

(individuo o gruppo) e tipologia delle relazioni analizzate (interne e esterne rispetto all’attore). La matrice che ne consegue è rappresentata nella tabella 2.1 la quale inquadra le classiche definizioni di capitale sociale in 4 diversi quadranti. Secondo questa classificazione le definizioni di capitale sociale proposte da Putnam e Fu- kujama guardano agli attori collettivi e alle relazioni interne a detti soggetti, men- tre le definizioni proposte da Burt, Lin e Brass si basano sull’analisi delle relazioni esterne di attori individuali.

Tab. 2.1 Tipologia di attori e di relazioni nel capitale sociale

Tipo di relazione:

Tipo di attore: Interno Esterno

Individuo Burt (1992) Lin (1986) Brass (1992) Gruppo Putnam (1995) Fukujama (1995) Ancona (1990) Cohen e Levianthal (1990) Everett e Borgatti (1999) Fonte: Borgatti, Candace e Everett (1998)

I livelli micro, meso e macro evidenziano le diverse modalità attraverso le quali il capitale sociale influenza lo sviluppo economico e l’impatto economico del capitale sociale, nei tre diversi livelli, dipende dall’interazione tra due distinte ti- pologie di capitale sociale: strutturale e cognitivo. Quest’ultime sono suddivise in più dimensioni, che possono essere analizzate per ogni specifica unità di analisi. Un esempio può chiarire tale asserzione: la fiducia – specifica dimensione del ca- pitale sociale cognitivo e, in particolare, normativo – può essere analizzata a livello macro sotto forma di fiducia generalizzata o sistemica, oppure a livello micro come fiducia interpersonale.

Nella ricerca le singole dimensioni del capitale sociale di tipo strutturale e cognitivo sono state identificate basandosi sullo studio della letteratura. Di parti- colare interesse, a questo riguardo, appare il conceptual framework proposto da Krishna e Shrader (1999, 2002) adottato dalla Banca Mondiale nella propria “Social Capital Initiative (SCI)”3. Lo stesso ha acquisito rilevanza a livello internazionale

3 La Social Capital Initiative (SCI) è stata avviata nel 1996 dalla Banca Mondiale con l’obiettivo di: 1) valutare come il capitale sociale possa aumentare l’efficacia dei progetti, 2) identificare i modi con cui l’“assistenza esterna” può aiutare nella formazione di capitale sociale a livello locale, 3) identifi-

ed è stato parimenti testato in numerose ricerche (Franke, 2005), nonostante lo stesso non sia esente da elementi di criticità (Fox, 1997; Bebbington et al., 2004). Le tipologie di capitale sociale strutturale e cognitivo-normativo proposte nel mo- dello di Krishna e Shrader sono suddivise nelle dimensioni riportate in tabella 2.2 e riguardano valori, norme sociali, comportamenti e attitudini per il capitale so- ciale cognitivo e network orizzontale, processi decisionali, accountability e azione collettiva per il capitale sociale strutturale.

Tab. 2.2 Dimensioni del capitale sociale cognitivo-normativo e strutturale

Dimensione Capitale sociale

cognitivo-normativo Dimensione Capitale sociale strutturale

1 Valori (solidarietà, reciprocità) 1 Struttura organizzativa orizzontale

2 Norme sociali (fiducia) 2 Processi decisionali trasparenti e assunti col-lettivamente

3 Comportamenti 3 Accountability dei leader

4 Attitudini 4 Pratiche di azione collettiva e responsabilità

Fonte: ns. elaborazione da Krishna, Shrader (1999, 2002)

2.1.3 La scelta del GAL quale unità di analisi nella ricerca

A questo punto è opportuno chiedersi perché scegliere i GAL, tra i molteplici attori territoriali che operano nelle aree rurali, quale principale unità di analisi nella ricerca?

La relazione tra obiettivo 1 (approccio positivo all’analisi del capitale sociale) e obiettivo 2 (approccio normativo con specifiche indicazioni di policy) della ricerca evidenzia la necessità di individuare un attore che sia:

a. soggetto istituzionale riconosciuto e riconoscibile la cui funzione sia oggetto di una specifica programmazione sia a livello regionale che europeo, con la conseguente possibilità di sviluppare un approccio di valutazione dell’effi- cienza e dell’efficacia delle politiche di sviluppo sullo stesso delineate; b. attivo promotore dell’azione politica promossa dall’Unione Europea in ma-

teria di sviluppo rurale in attuazione dei propri regolamenti in materia;

care idonei indicatori per monitorare il capitale sociale, 4) proporre delle metodologie per misurare il suo impatto nel processo di sviluppo (Grootaert e van Bastelaer, 2002).

c. soggetto in grado di valorizzare le risorse territoriali, in sinergia con i diversi stakeholder e che possa creare idonei collegamenti con soggetti omologhi attivi in altre realtà europee;

d. “animatore” dello sviluppo rurale la cui attività possa essere esaminata sia nella tipologia strutturale che cognitiva del capitale sociale.

Nell’ambito delle molteplici casistiche di soggetti che operano nel mondo rurale, il GAL appare l’attore che maggiormente risponde ai requisiti sopra enu- merati, in virtù delle peculiari caratteristiche dell’ AL che palesano la sua specifica funzione. Le stesse caratteristiche (cfr. tabella 2.3) possono essere interpretate alla luce degli elementi costitutivi la teoria del capitale sociale.

Tab. 2.3 Caratteristiche dell’Approccio LEADER

Caratteristiche

a Strategie di sviluppo locale destinate a territori rurali ben definiti, di livello sub-regionale

b Partenariato pubblico-privato sul piano locale (Gruppi di Azione Locale - GAL)

c Approccio dal basso verso l’alto, con Gruppi di Azione Locale dotati di potere decisionale riguardo all’elabora- zione e all’attuazione di strategie di sviluppo locale

d Concezione e attuazione multisettoriale della strategia basata sull’interazione tra operatori e progetti appar-

tenenti a vari settori dell’economia locale

e Realizzazione di approcci innovativi

f Realizzazione di progetti di cooperazione

g Collegamento in rete di più partenariati locali

Fonte: Art. 61 Reg. 1698/05 CE

L’ AL opera su significati e intendimenti comuni riguardo a norme, valori e attitudini sociali di un’area territoriale definita, ovvero opera sulla dimensione cognitiva del capitale sociale. La stessa dimensione è parimenti collegata a “una visione condivisa dei problemi e, conseguentemente, una strategia di sviluppo con- certata” (Nardone, Sisto e Lopolito, 2010) che in LEADER si sostanzia in strategie di sviluppo locale e territoriale definite da un partenariato pubblico-privato, in altre parole da un network (capitale sociale strutturale) di natura mista (con relazioni sia orizzontali che verticali). La programmazione delle attività si basa su approcci partecipativi e sulla concertazione (che richiedono nuovamente la condivisione di valori, norme e visione). Questo apporta innovazione, rafforzamento delle relazioni

di cooperazione e l’attivazione di nuovi collegamenti e relazioni, che sono i tipici output dell’investimento in capitale sociale.

Nell’ambito della ricerca, il GAL è stato analizzato come “gruppo” valutando le “relazioni interne” allo stesso (terzo quadrante della tabella 2.1). Lo strumento di analisi proposto è il questionario 2 somministrato ai soci del GAL e il questio- nario 1 somministrato al Direttore del GAL. Le relazioni interne che sono state va- lutate in relazione ai soci che partecipano all’Assemblea, ai soci membri del Con- siglio Direttivo, al Direttore del GAL e al personale tecnico-amministrativo. Sono state parimenti valutate le “relazioni esterne” attivate dal GAL con i beneficiari (quarto quadrante della tabella 2.1). Lo strumento di analisi proposto è il questio- nario 3 (somministrato ai beneficiari di selezionate misure del PSR). Le relazioni esterne riguardano i rapporti tra il GAL e i beneficiari di specifiche misure del PSR che abbiano ottenuto finanziamento tramite lo stesso GAL. Gli stessi appartengono a una vasta casistica che comprende sia persone fisiche e giuridiche di diritto pri- vato, sia persone giuridiche di diritto pubblico (cfr. tabella 2.4). Se questa è l’ipotesi di partenza, allora l’analisi del network attivato dal GAL rispetto ai beneficiari non dovrebbe ricadere nella categoria one-mode network, ma in un multiple-mode network4. Considerate le difficoltà e le complessità legate a una simile configura-

zione, si è optato per l’analisi di un ego-centered network, ovvero un network dove si usano specifiche tecniche di campionamento per focalizzare su uno specifico set di rispondenti, nonché su uno specifico set di legami.

Descritti i livelli di analisi e le collegate tipologie di capitale sociale, si pone ora l’attenzione sulle specifiche dimensioni oggetto di analisi nei diversi questio- nari. Ogni dimensione del capitale sociale è analizzata attraverso più quesiti che ne dettagliano specifiche caratteristiche. Lo stesso quesito è stato parimenti pro- posto, con i dovuti aggiustamenti, nei tre diversi questionari. Questo ha permesso di analizzare la specifica dimensione da tre diverse visuali: quella del Direttore, quella dei soci e quella dei beneficiari, consentendo nello stesso tempo la trian- golazione dei dati.

4 “One could even consider three- (and higher) mode networks, but rarely have social network meth- ods been designed for such complicated data structure” (Wasserman e Faust, 2009).

Tab. 2.4 Tipologie di soggetti beneficiari di bandi pubblici nell’Approccio LEADER

Persone fisiche e giuridiche di diritto privato Persone giuridiche di diritto pubblico

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 Giovani agricoltori

Imprenditore agricolo (ex. art. 2135 C.C.) Imprenditore agricolo (ex. REG CE 1782/2003) Imprenditore agricolo professionale (IAP) Dipendenti agricoli

Detentori privati di aree forestali

Detentori collettivi di aree forestali (ad es. regole) Imprese settore foresta-legno

Imprese di trasformazione e commercializzazione di prodotti agricoli Imprese collettive Società Cooperative Consorzi Associazioni Enti di ricerca

Altre persone fisiche e giuridiche di diritto privato diverse dalle precedenti

1 2 3 4 5 6 7 8 Enti di ricerca

Detentori pubblici di aree forestali Comuni

Unioni di Comuni Comunità montane Province Regione

Persone giuridiche di diritto pubblico (diverse dalle precedenti)

Fonte: ns. elaborazione (elenco non esaustivo)

2.1.4 Capitale sociale strutturale: l’analisi delle dimensioni nei questionari Il capitale sociale strutturale è considerato il lato “tangibile” del capitale sociale (Krishna e Shrader, 2002). La dimensione strutturale si sostanzia nella definizione di ruoli stabiliti e di relazioni di rete, che sono sostenute da regole e procedure, facilitando un’azione collettiva di mutua utilità (Arregle et al., 2007). Nella ricerca, l’analisi del capitale sociale strutturale è stata organizzata sulle di- mensioni di seguito presentate.

DIMENSIONE A: CONTESTO

L’analisi del capitale sociale a livello meso non può non considerare la rela- zione tra l’unità di analisi e il proprio territorio di riferimento. Questa relazione può essere esaminata in due modi:

a) analisi dello stock di beni relazionali nel territorio (fiducia, reciprocità, coo- perazione, capacità di creare relazioni stabili nel tempo, spirito comunitario, condivisione di una storia e di una cultura, apprendimento localizzato, con- divisione di conoscenze);

b) analisi dello stock di beni relazionali nella specifica rete, ovvero il GAL. Riguardo al primo punto è da rilevare che ogni territorio è caratterizzato da un proprio capitale cognitivo che può costituire un rilevante fattore di sviluppo. In altre parole ogni sistema produttivo locale è caratterizzato da fattori cognitivi, embedded nella struttura sociale, e condivisi. Gli stessi esprimono il concetto di milieu, ovvero di un coacervo di caratteri specifici e tipici del territorio, inscindi- bilmente collegati allo stesso, che non si possono trasferire in altre realtà. Detti caratteri rappresentano la specificità del territorio e la sua riconoscibilità rispet- to ad altri ambiti territoriali. Gli stessi caratteri possono essere esplicitati in una miscellanea di conoscenze codificate e localizzate, generate da forme collettive di apprendimento e/o dalla diffusione della conoscenza su scala locale. È quindi una forma di conoscenza tacita, ovvero trasmissibile non perché codificata in simbo- li e linguaggi, ma trasmessa attraverso comportamenti e procedure, disponibile solo localmente e che rappresenta un vantaggio competitivo locale (Vespasiano e Martini, 2008). Appare opportuno rilevare che se lo stock di beni relazionali nel territorio fosse solo relegato a un output di conoscenza allora sarebbe difficile di- stinguere il capitale sociale dal capitale umano. In quest’argomentazione, invece, la conoscenza è strettamente legata all’ambiente territoriale e alle relazioni che si sviluppano nello stesso. La stessa non corrisponde solo al bagaglio di abilità a livello individuale (capitale umano), ma emerge anche dalle dinamiche di relazio- ne tra i diversi soggetti territoriali le quali generano nuove conoscenze condivise che costituiscono un’economia interna al territorio. L’analisi dei beni relazionali presenti nel territorio potrebbe rappresentare un tema di ricerca a sé stante. Si è, pertanto, deciso di porre l’attenzione sul solo secondo punto, ovvero lo studio dello stock di beni relazionali propri del network.

Nel momento iniziale, quando l’attore decide di aderire al network del GAL, lo stesso valuta la convenienza della sua partecipazione non solo sotto il profilo economico – stimando le risorse economiche reali o potenziali che potranno es- sere scambiate con i membri della rete – ma anche nel profilo meta-economico, ovvero l’attore valuta il probabile potenziale accesso, in un determinato arco tem- porale, a beni di natura relazionale il cui scambio costituisce la precondizione per

lo sviluppo di nuove attività economiche. Se dovessimo fare un parallelo con la di- sciplina estimativa la decisione di partecipare ad un network è un giudizio di stima basato sul valore di capitalizzazione, in altre parole l’accumulazione al momento 0 di una serie di valori successivi nel tempo (i benefici e i costi legati allo scambio di beni relazionali) una sorta di valore attuale netto sociale derivante dall’investimen- to in capitale sociale. Questa stima aiuta il soggetto nella scelta se aderire ad un network piuttosto che ad un altro, e dipende dal valore di capitalizzazione dei beni relazionali prodotti dai due diversi network. Se quest’ipotesi fosse sviluppata sotto il profilo operativo, sarebbero necessarie successive specifiche: l’identificazione del più adeguato saggio di sconto sociale, la valutazione del valore dei benefici e i costi legati allo scambio di beni relazionali, l’analisi della loro natura limitata o illimitata, anticipata o posticipata. La valutazione dei costi e benefici legati allo scambio di beni relazionali è, ovviamente, dipendente dalla specifica percezione che il singolo attore ha degli stessi (la percezione dell’utilità individuale del bene relazionale) e, come tale, la stessa non può essere valutata su scala cardinale ma bensì ordinale.

Nella ricerca e con particolare riferimento ai soci del GAL (questionario 2) si è cercato di capire come il soggetto auto-valuta la propria motivazione nel parteci- pare o meno al network. La variabile motivazione è stata misurata con l’ausilio di una tabella a doppia entrata (tabella 2.5) nella quale la stessa è classificata in “at- tendista” – se il soggetto è in un qualche modo “riluttante” alla partecipazione al GAL, poiché non percepisce chiaramente i potenziali beni relazionali che potranno essere scambiati – oppure “propositiva” – se il soggetto ha una chiara percezione