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CAPITALE SOCIALE E SVILUPPO RURALE

1.1 Economia del capitale sociale

“Progettare un modello di competitività civile […] significa progettare a un tempo un modello di sviluppo e un modello di assetto sociale, coerenti l’uno con l’altro. Definire un modello di sviluppo significa decidere quale deve essere il salario dei lavoratori […], quali il peso e la struttura dei consumi […].Definire l’assetto sociale significa definire la spesa per la cura delle persone e della natura, soprattutto per l’istruzione e per la ricerca. Questo, non altro, vuole dire pensare alle generazioni future: dotarle di capitale sociale”. G. Lunghini, 1997, p. 275.

1.1.1 Il capitale sociale come variabile esplicativa delle implicazioni eco- nomiche delle relazioni sociali

Il ruolo che le relazioni interpersonali e/o fiduciarie rivestono nella deter- minazione del comportamento individuale e collettivo ha costituito, e tuttora co- stituisce, un oggetto privilegiato di studio per comprendere i dilemmi dell’azione collettiva. Ciò si è riflesso sulla forma di capitale più strettamente correlata (ma non coincidente) con quelle relazioni, vale a dire sul capitale sociale (CS).

Questa forma di capitale ha una lunga storia nel dibattito delle idee nelle scienze sociali. Le prime intuizioni sul capitale (in generale), quale fattore impli- cante l’esistenza di un’attività sociale1, pur non espresse nella locuzione oggi co-

1 Il riconoscimento che il capitale implica l’esistenza di attività sociali si deve ad Adam Smith e Karl Marx. Espressioni quali, rispettivamente, “capitale prodotto socialmente” e “la ricchezza esito di relazioni tra persone”, indicano l’importanza attribuita da entrambi gli autori al ruolo delle relazioni sociali, anche se, nella concezione marxiana, non è dato ad esse alcun valore nella formazione del capitale. L’attuale dibattito sulla natura del CS in economia può essere visto come un ritorno a considerare le categorie relazionali (le Smithiane sympathy e fellow-feeling ne sono un esempio) tra le variabili economiche, se non altro per spiegare quanto emerso da evidenze empiriche circa la re- lazione tra la qualità delle relazioni sociali e il ben-essere individuale e collettivo. Il discorso sul CS è quindi parte di un discorso più ampio riguardante la variabile socialità, la cui analisi rappresenta un fatto nuovo in economia (Bruni, 2006, pp. 5-6). Alcuni aspetti di essa traspaiono dalla stessa con- cezione smithiana del mercato che, da questo punto di vista, pone la questione delle determinanti

nosciuta, possono farsi risalire, oltre che ad Alexis de Tocqueville e a Max Weber, ad Antonio Genovesi. L’economista napoletano, nel saggio Ragionamento sulla fede pubblica, scrive: “dove l’osservanza de’ patti e delle promesse manca […], ivi neppur trovar si possono i due fondamenti della civile società, che sono la giustizia e l’umanità” (Genovesi, 1984, p. 853). La società civile si fonda quindi sulle leggi (la giustizia) e su le virtù civiche (l’umanità). Entrambe facilitano sia la fiducia privata sia quella pubblica, perché i fondamenti delle prime sono anche delle seconde. Gli uomini che si comportano in modo da farsi guidare solo dall’utilità privata non sono virtuosi e non raggiungono il fine di essere felici e nemmeno di essere per- sone sociali, poiché nessuno “stato umano è più infelice di quello di essere solo”. La “socialità che ci de[v]e distinguere dalle bestie non è quella solamente del re- ciproco piacere, ma quella della ragione” (ibidem, p. 857). Questa espressione può essere così enunciata: non è solo il principio del self-interest, supposto in contra- sto con l’interesse collettivo, a guidare i comportamenti individuali e collettivi, ma anche i valori che, motivando relazioni di cooperazione, possono determinare una maggiore sintonia tra interesse privato e interesse collettivo. La probabilità che ciò si verifichi è maggiore nelle situazioni in cui i legami associativi sono più intensi se si basano sui valori e se questi si traducono in più alti livelli di fiducia, reciprocità, cooperazione, poiché non c’è azione, individuale o collettiva, che non dipenda dalla presenza degli altri (Arendt, 1994, p. 18). Le considerazioni scaturite dal riferimen- to al Genovesi ci permettono di osservare che il CS consiste nella fede pubblica, o, detto in termini correnti, in reti di relazioni interpersonali e in valori condivisi (che si traducono in fiducia generalizzata) in grado di produrre norme sociali, obblighi morali e di sviluppare associazioni che facilitano il coordinamento tra i membri di una comunità e l’azione collettiva.

L’enfasi sui vantaggi derivanti dai legami associativi è posta chiaramente da Tocqueville, il quale così si esprime in uno dei suoi brani più significativi (evo- canti il CS): “Tra le leggi che reggono le società umane, ve n’è una che sembra più precisa e più chiara delle altre: perché gli uomini restino civili o lo divengano, è necessario che, presso di loro, l’arte di associarsi si sviluppi e si perfezioni nella proporzione in cui l’eguaglianza delle condizioni si afferma” (Tocqueville, 2005, p. 135). In sostanza, la tesi di Tocqueville è che quanto più numerose e floride sono le

del CS. Una lettura complessiva della Ricchezza delle Nazioni suggerisce, infatti, che è il mercato a generare il CS e non l’inverso. Ciò si può evincere dalla convinzione che l’attività economica è fortemente incorporata nella vita sociale e dalla concezione del mercato come una fitta rete di re- lazioni entro cui gli individui, pur motivati dal self-interest, cooperano equamente tra di loro per un reciproco vantaggio (Bruni e Sugden, 2000).

associazioni tanto più solido è lo sviluppo economico e sociale e tanto più forte è la democrazia. Possiamo rilevare che, senza una differenziazione delle varie forme associative e senza una valutazione del loro apporto al processo democratico, ov- vero, senza la nozione di CS, la tesi risulta problematica e non risolutiva. In breve, considerata con gli occhi odierni, essa diventa esplicativa se la suddetta relazione è comprensiva della variabile CS, nel senso che la democrazia non solo dipende dalle associazioni civiche ma anche da come opera il CS.

Entrambi i riferimenti sono stati evocati non per attribuire la paternità di un principio determinante, volto a comprendere i problemi dell’azione collettiva, ma per porre in rilievo che l’idea di CS è presente in studiosi, i quali, sia pure in epoche storiche e contesti diversi, si ponevano già il problema del ruolo delle re- lazioni interpersonali nel favorire la qualità sociale. Ciò dimostra che l’attenzione all’importanza delle relazioni sociali ha origini non recenti, anche se il termine CS compare esplicitamente, nel significato moderno, solo all’inizio del Novecento. Esso è impiegato per indicare i possibili benefici individuali e collettivi derivanti dalla socialità tra le persone e per mostrare che una comunità (e un’organizza- zione economica) si costruisce se essa è preceduta da un’accumulazione di CS2.

Cosa possiamo dedurre dalle vicende connesse all’introduzione del termine nelle scienze sociali? Almeno due osservazioni ci sembra proficuo evidenziare. La prima è che l’idea secondo la quale lo sviluppo economico e sociale è fortemente stimolato (o impedito) dalla struttura dei rapporti sociali, nonché dal contenuto ed evoluzione delle norme, valori, fiducia, non è nuova; è invece nuova la concezione per la quale queste dimensioni costituiscono un capitale che influenza lo sviluppo medesimo. La seconda è che l’idea originaria del CS ha seguito l’evoluzione e la complessità della società.

Il CS, come categoria analitica, è, invece, relativamente nuovo in economia, sebbene dalla letteratura economica, a partire da Smith, si evinca una generale concordanza nell’ammettere che la sfera sociale influenzi positivamente le scelte

2 Come rilevano Ostrom e Ahn (2003, p. XXV), confrontando la definizione che ne dà Hanifan (1916, p. 130; cit. in Woolcock, 2001, p. 198) con quelle successive, è dato constatare una sostanziale af- finità tra i diversi significati del termine che sono stati forniti nel tempo, soprattutto a partire dagli anni ottanta. Le basi della definizione e della concettualizzazione del CS sono state, infatti, poste in quest’ultimo periodo, quando esso si afferma e si diffonde soprattutto nelle scienze sociali. L’ampia varietà di significati che il termine ha assunto nella sociologia, scienza politica ed economia ha indotto Woolcock a individuare i molteplici campi di ricerca in cui l’idea di CS è stata utilizzata e a distinguere, secondo lo stesso criterio, il gran numero di studi che fanno riferimento a questa forma di capitale. Per un esame dettagliato, si rinvia, perciò, a (Woolcock, 1998, pp 193-196, nota 20). Per una disamina della rapida crescita della letteratura sul CS e dei motivi che l’hanno determinata, cfr. l’Introduzione di Ostrom e Ahn (2003).

economiche, e nonostante si ponga, nella ricerca delle determinanti della crescita economica, maggiore attenzione sui fattori non strettamente economici. Così con- siderato, esso si basa sull’osservazione che una comunità dotata di capitale fisico, umano e di CS, ha maggiori probabilità di avere una migliore performance nel lun- go periodo. È stato, infatti, dimostrato, da un lato, che un ambiente sociale ricco di relazioni interpersonali e di opportunità partecipative crea un terreno fertile per la diffusione di informazioni e per far crescere fiducia e valori condivisi tra i membri di una comunità, con evidenti ripercussioni sull’attività economica, dall’altro lato, che, nelle situazioni in cui le interazioni sociali sono ripetute e intense, si ha un in- cremento del costo-opportunità per l’opportunismo (free-riding) di alcuni soggetti. Quando ciò si verifica, ne consegue una riduzione dell’incertezza. Tuttavia, il CS, come espressione tipica della sfera sociale e come oggetto precipuo di studio per comprendere l’influenza di essa sull’azione economica, non sempre è considerato una variabile economica. Ciò è spiegabile per il motivo che, con la teoria dell’equi- librio economico generale, le interazioni non di mercato non sono esaminate come fenomeni di intrinseco interesse. Un altro motivo è che l’oggetto di analisi presenta delle difficoltà a essere raffigurato con un modello.

Negli ultimi tempi, però, crescente attenzione ha ricevuto il concetto come strumento per l’analisi degli aspetti qualitativi dei processi di sviluppo economico. Il CS è stato utilizzato come chiave interpretativa al fine di esaminare il ruolo che le relazioni sociali possono avere nel favorire uno sviluppo più sostenibile e una più alta efficienza delle istituzioni. In particolare, la diffusione crescente nella let- teratura economica di questa forma di capitale, che si aggiunge al capitale fisico dell’economia classica e, più recentemente, al capitale umano, si è realizzata in seguito allo sviluppo di riflessioni teoriche aventi, essenzialmente, per oggetto: i) la coordinazione delle relazioni non di mercato;

ii) la considerazione, come variabili esplicative, dell’ambiente sociale e isti- tuzionale nei processi decisionali degli agenti. Questo cambiamento è sta- to possibile per i progressi (insieme con la teoria della crescita endogena) della teoria dei giochi che, considerando come giochi tutte le interazioni, contribuisce a invalidare la netta distinzione tra le interazioni di mercato (che diventano casi speciali) e le altre interazioni sociali.

Per vedere apparire l’idea di CS anche in economia, bisogna quindi atten- dere il riconoscimento del ruolo giocato dal contesto sociale nel determinare le scelte economiche. Invero, la crescente attenzione ad analizzare l’impatto che l’in-

sieme delle relazioni sociali ha sulle scelte economiche induce ad accettare l’idea che a influenzare le scelte degli agenti concorre non solo la disponibilità di risorse materiali ma anche l’esistenza o meno di risorse immateriali, in specie, di reti di relazioni. Numerose analisi teoriche ed empiriche hanno mostrato che gli scambi economici sono facilitati nelle situazioni in cui si è formata nel tempo una fitta rete di relazioni sociali fondate sulla fiducia, sulla cooperazione, sulla partecipazione alle scelte collettive.

Un altro aspetto che giustifica la considerazione del CS come variabile esplicativa riguarda le implicazioni economiche delle relazioni sociali. Un elevato livello di relazioni interpersonali e istituzionali tra agenti individuali e collettivi, appartenenti a una comunità e a un determinato territorio, ha infatti conseguenze nella produzione di beni collettivi. Non solo, ma con la maggiore produzione di beni collettivi si alimenta la risorsa CS, la cui dotazione facilita i rapporti economici, e si mobilita ancor più l’azione collettiva. Si comprende così la ragione del ricorso al CS come fattore da cui può dipendere lo sviluppo di territori con scarse risorse eco- nomiche e si comprende, altresì, l’importanza attribuita alla formazione di CS, da parte di istituzioni internazionali (World Bank, OECD), quale fattore determinante (con il capitale umano) lo sviluppo di comunità locali3.

Un’ulteriore ragione che giustifica la presa in considerazione del CS come oggetto di analisi economica riguarda l’influenza che l’insieme dei fenomeni intan- gibili esercita sulle scelte economiche. I fenomeni legati alle interazioni sociali, alla fiducia, all’impegno civico, allo spirito di cooperazione, ecc., sono fenomeni che si generano fuori dalla logica del mercato. Con l’analisi del CS si mette in risalto il ruolo che le relazioni non di mercato hanno nel determinare il comportamento indi- viduale e collettivo. Ciò consente di interpretare il CS come quella risorsa costituita da relazioni sociali che originano da tali rapporti e di esaminarlo come un’esternalità e, se si tiene conto della non esclusività del suo consumo, come bene pubblico4.

3 È significativo che nelle pubblicazioni della World Bank il CS sia considerato come l’anello mancante (missing link) alla comprensione dello sviluppo economico.

4 In economia il termine esternalità intende affrontare le questioni che sorgono dalle conseguenze, non volute, derivanti dall’esercizio di un’attività produttiva da parte di un soggetto. Esse assumono rilievo economico quando si ripercuotono sul benessere di un altro soggetto, senza che questi riceva una compensazione (se l’esternalità è positiva) o paghi un prezzo (nel caso di effetti negativi). Tutta- via, analizzare il CS come esternalità ci sembra riduttivo nel senso che può limitare la ricerca di nuo- ve concettualizzazioni. In realtà, con le esternalità si pone in rilievo solo il fatto che gli individui sono influenzati dagli effetti dovuti al comportamento altrui, anche se, recentemente, è stato proposto di estendere l’analisi a considerarle quali fattori che influenzano il processo di costruzione dell’identità (Akerlof e Kranton, 2010). Comunque, al di là di dette precisazioni, il quadro delineato comporta una configurazione del CS simile alla fornitura sociale di servizi relazionali da parte del mercato. Se il mercato si sostituisce ad essa ne conseguirebbe la riduzione delle esternalità dovute al CS. In altri

Se teniamo conto che le relazioni sociali si sostanziano nell’influenza che il comportamento altrui esercita sulle scelte del singolo, si comprende che le ester- nalità si generano in conseguenza di tale influenza. Si può altresì notare che le relazioni sociali generano esternalità perché le attività relazionali plasmano un ambiente sociale, il quale, a sua volta, influenza nel tempo la “produttività” delle stesse interazioni sociali. Se ne deduce che il CS produce effetti esterni positivi, come la condivisione di informazioni, una maggiore “efficienza collettiva” per la riduzione di comportamenti opportunistici o la limitazione di azioni non coordinate. In tal modo, il CS eserciterebbe la funzione di vettore di informazione tra gli agenti, riducendo i costi di transazione5, o di fattore di facilitazione di decisioni collettive,

limitando i problemi di coordinazione. Se, a tal fine, si facessero valere norme e sanzioni sociali per ridurre i comportamenti opportunistici, allora le esternalità negative sarebbero annullate e prodotti un maggior numero di beni pubblici.

Dal momento che non si è ancora elaborata una teoria degna di questo nome, né, tanto meno, esiste una teoria economica che dia una risposta netta su- gli effetti del CS, le argomentazioni in seguito sviluppate seguono il solco delle elaborazioni basate su contributi parziali di aspetti specifici e/o su stilizzazioni di questioni più generali. Con tale situazione, solo delle verifiche empiriche possono attenuare le incertezze teoriche. Il presente capitolo ha, perciò, un carattere esplo- rativo, proprio perché l’analisi economica del CS, in quanto oggetto ben definito, è ancora in una fase, appunto, esplorativa. Trovandoci di fronte a una fase con tali insufficienze, come affrontare un problema relativo a un fenomeno complesso per sua natura? Fare ricorso a una metodologia fondata sulla multidisciplinarietà si rivela necessario quando si affrontano problemi riguardanti fenomeni complessi. Un approccio multidisciplinare permette, infatti, sia di evitare una riformulazio- ne dei paradigmi dell’economia sia di orientare le molteplici interpretazioni del fenomeno in modo tale da preservarne la complessità. D’altro canto, come sarà evidenziato nelle pagine successive, di fronte all’espressione “capitale sociale” - la cui natura ambigua e contraddittoria si esprime, essenzialmente, nel rapporto dialettico tra “capitale” e “sociale”, ovvero tra “economia” e “società” - , un certo

termini, per loro natura, i fenomeni costituenti il CS sono esternalità, ma solo se si rimane nel pa- radigma neoclassico. I beni di relazione non hanno né mercati né prezzi, per cui, tutto ciò che non vi rientra fa parte della categoria delle esternalità, le quali, determinando effetti sull’utilità altrui, sono escluse dal calcolo massimizzante dei soggetti. Per questo motivo, il rapporto, spesso conflittuale, tra razionalità soggettiva e benessere individuale e collettivo non è analizzabile in tale prospettiva. 5 Sono così denominati quei costi, quantificabili o meno, che indicano il tempo impiegato o il prezzo

margine di ambiguità consente delle aperture euristiche che portano a esplorare categorie concettuali nuove.

Pertanto, il carattere esplorativo del presente capitolo si giustifica in quanto esso è parte di una ricerca esplicativa più ampia, con l’obiettivo di valutare l’entità e la qualità del CS in territori rurali di alcune regioni italiane. Lo scopo del presen- te capitolo è, invece, quello di fornire un supporto alla comprensione di un oggetto di studio dai contorni non ancora ben definiti, poiché, senza un’analisi volta a esa- minare a fondo gli strumenti concettuali e interpretativi, ogni ricerca sul campo si risolve in una descrizione di casi più o meno significativi.

Nelle pagine seguenti sosterremo la tesi che l’elemento distintivo dello svi- luppo locale è la produzione di beni collettivi. L’ipotesi base è che questa stessa produzione dipende dal modo con cui si forma quella dotazione di relazioni sociali che chiamiamo CS. La probabilità che il processo di produzione di beni collettivi sia spontaneo o intenzionale è dunque influenzata dai meccanismi di generazione del CS. Tale ipotesi, posta a fondamento della ricerca, può essere così formulata: come costruire intenzionalmente il CS? Ovvero, può il CS essere incrementato in territori dove esso è a livelli bassi?

Tentare di rispondervi in modo circostanziato richiede un’analisi articolata che affronti le principali questioni di un fenomeno complesso e spesso controverso. Porre tali questioni sotto forma di domande ci sembra il modo migliore per rendere manifesto un progetto di ricerca. Da che cosa dipende il valore del CS? Le esternalità prodotte da un sistema di reti interpersonali hanno natura di beni pubblici? Il CS, in quanto componente della produttività totale dei fattori, è capace di determinare una traslazione della funzione di produzione? È esso un aspetto del capitale umano? O, più in generale: come la struttura sociale influenza i risultati economici?

1.1.2 La riscoperta della natura localizzata dei fenomeni economici tra- mite il capitale sociale

Per approssimarci agli obiettivi appena indicati, è necessario chiarire, in via preliminare, alcuni aspetti che giustificano il nostro approccio.

Il primo riguarda il livello di aggregazione più idoneo con cui in questo lavoro considereremo il CS. Il livello di aggregazione più idoneo, dal punto di vista dello sviluppo locale, è il livello che ha come riferimento il territorio come unità di ana- lisi, poiché, in tal modo, si dà maggiore enfasi a una funzione da esso esercitata, vale a dire alla valorizzazione produttiva delle strutture sociali, non solo di quelle moderne bensì anche di quelle tradizionali.

L’importanza del riconoscimento dell’influenza che la struttura sociale ha sulle perfomance economiche rappresenta un’innovazione teorica e metodologica rispetto all’approccio standard in economia. Si ammette, in altri termini, che le in- formazioni siano più complete e affidabili se esse non provengono da fonti imper- sonali, ma da relazioni interpersonali nelle quali i soggetti ripongono fiducia. Con ciò si vuole evidenziare che la fiducia, nell’accezione di “aspettativa di un compor- tamento corretto a dispetto di incentivi favorevoli all’opportunismo” (Granovetter, 2004, p. 355), nasce e si sviluppa nelle situazioni in cui i soggetti hanno relazioni sociali6. Se queste relazioni hanno un certa persistenza nel tempo, esse connotano