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NI CASO STUDIO

3.1 Tanti LEADER per tante Regioni italiane

Un’analisi del contributo dell’Approccio LEADER nell’attivare/rafforzare il Capitale Sociale (CS) a livello territoriale, implica un’attenta valutazione dello scenario programmatico nel quale i GAL sono chiamati ad intervenire e degli stru- menti di cui effettivamente dispongono.

Osservando le diverse fasi di programmazione di LEADER è possibile ipo- tizzare una specie di evoluzione nelle funzioni dei GAL: da animatore territoriale, “agitatore della domanda sociale” a una figura quasi da “manager dello sviluppo” con forti competenze necessarie alla soluzione di problemi e all’assistenza tecnica alle azioni di sviluppo locale. Un’evoluzione nel tempo destinata ad accompagnare la contemporanea evoluzione del contesto socio economico in cui essa va ad ope- rare. Una prima riflessione porta quindi ad associare il ruolo non alla semplice organizzazione ma, più precisamente, all’organizzazione nel suo contesto, nel suo territorio di riferimento e ad evidenziare che il ruolo può modificarsi, nel tempo, in funzione dello “stadio” di sviluppo economico e del contesto sociale nel quale il GAL stesso è inserito. Il ruolo del GAL può quindi trasformarsi da una funzione di animazione (più generalista, legata alle competenze sociali e motivazionali) ad una funzione di consulenza (più specialistica, legata a competenze tecniche di contenu- to e non di processo). Non è detto che questa “modifica di stato” sia una evoluzione “a crescere”, si può solo osservare la diversità di funzione e, conseguentemente, la diversità di competenze che debbono essere messe in campo. Proseguendo su

1 Il capitolo riporta anche i risultati di studi e analisi condotte dall’INEA nel corso delle diverse fasi di programmazione delle politiche di sviluppo rurale con particolare riferimento all’approccio LEA- DER. In particolare per un approfondimento si rimanda a: Di Napoli, R. et al. (2011), ENRD (2010), Cacace, D. et al. (2011; 2010). I dati pubblicati in questo capitolo sono estrapolati dalla banca dati INEA.

questo ragionamento si potrebbe affermare che anche i PSL, realizzati nelle di- verse fasi di programmazione, riflettano lo stadio di sviluppo del territorio in cui agiscono, posizionandosi su un continuum i cui estremi sono, da un lato, i Piani locali generalisti (nelle aree con maggiori problematiche e/o ritardo) con una mi- nore capacità di rafforzare il contesto locale come “sistema” e, dall’altro lato, i PSL costruiti attorno ad un tema catalizzatore (nelle aree più dinamiche) maggiormen- te capaci di aggregare idee, risorse e attori su una visione comune dello sviluppo locale. Sembra confermare questa ipotesi la progressiva specializzazione tematica e/o settoriale di molti GAL: si potrebbe affermare che i GAL abbiano svolto preva- lentemente una funzione di mobilitazione-animazione e integrazione nelle aree rurali a più elevata marginalità economica, mentre le attività di assistenza tecnico- specialistica sono state fornite, nelle aree più dinamiche2.

In realtà nel caso dei Gruppi di Azione Locale LEADER, più che dalle ca- ratteristiche di contesto, un forte indirizzo nella determinazione del ruolo e delle funzioni assegnate ai GAL viene dal quadro regolativo (PSR) che ha fortemente definito i compiti assegnati ai Gruppi.

Sulla base della cornice normativa definita dal legislatore comunitario e de- gli orientamenti generali enunciati dal Piano Strategico Nazionale, ogni Regione italiana ha strutturato l’approccio LEADER in piena autonomia, in relazione agli indirizzi strategici del proprio Programma di Sviluppo Rurale.

Nella formulazione dei 21 PSR italiani l’articolazione dell’approccio LEADER ha offerto agli attori locali margini di manovra più o meno ampi nella scelta: a) delle aree di intervento; b) della composizione e organizzazione dei partenariati locali; c) degli investimenti da realizzare per tipologia di misure/azioni program- mate nei PSL e destinazione delle risorse finanziarie per settore, tipo di investi- mento e di beneficiari. Inoltre, non si possono trascurare le disposizioni, procedure e tempistiche della programmazione e attuazione di LEADER a livello regionale che hanno fortemente condizionato la capacità di azione dei GAL e gli effetti dello strumento a livello locale.

Il quadro che emerge è piuttosto eterogeneo. Infatti, è possibile osservare che in diversi casi:

1. i GAL non hanno potuto individuare le aree di intervento sulla base di effettive condizioni di omogeneità economica-sociale e, quindi, contare sulla pre-esi- stenza di un sistema relazionale fra gli attori locali consolidato. Piuttosto sono

stati indirizzati dalle prescrizioni dei PSR regionali e non hanno, di conseguen- za, potuto esprimere il meglio nella programmazione dello sviluppo locale; 2. anche le tipologie di partenariati attivati grazie al LEADER risentono dell’indi-

rizzo regionale, volto a rispettare criteri amministrativi piuttosto che di effetti- va rappresentatività territoriale;

3. le Regioni non hanno offerto la possibilità di realizzare azioni di sistema, in- dirizzando la scelta di misure e azioni attivabili nell’ambito dei PSL verso in- terventi con minore capacità di rafforzare il networking e la propensione alla cooperazione fra gli attori del territorio;

4. le Regioni hanno avviato lentamente la programmazione di LEADER tanto che al momento della rilevazione, alcuni dei GAL caso studio, avevano cominciato da meno di un anno le attività.

In sintesi le condizioni di partenza dei GAL oggetto di studio sono piuttosto differenti, determinando potenzialmente diversi livelli di efficacia dello strumento LEADER nel rafforzare il capitale sociale a livello locale.

3.1.1 I GAL e le aree di intervento LEADER

Nel leggere i risultati delle analisi condotte nelle Regioni caso studio, consi- derando il contesto di riferimento e il bagaglio di esperienza su cui possono con- tare i territori, a seguito della partecipazione ad una o più fasi di programmazione, è necessario tenere presente che in alcuni casi si tratta di GAL fortemente radicati nel territorio con un sistema relazionale consolidato; in altri, pur intervenendo in aree già interessate dal LEADER, sono meno “accreditati” a livello territoriale. Perciò, in molte aree (soprattutto in quelle con minore esperienza) i GAL hanno dovuto impegnarsi molto per rafforzare la propensione alla cooperazione, la coe- sione e il senso di appartenenza degli attori locali.

Dagli iniziali 29 GAL selezionati grazie all’Iniziativa comunitaria LEADER I (1989-1993), attualmente (fase 2007-13) sono operativi in Italia 192 GAL, dei quali 102 hanno partecipato ad almeno tre delle quattro fasi di programmazione. Nel leggere questi dati è importante considerare che la “vita” di un GAL così come il sostegno di LEADER nelle diverse zone rurali non è sempre lineare3. Anche nei

casi di maggiore stabilità gli ambiti territoriali di riferimento hanno subito diverse

modifiche: un quinto degli attuali 192 GAL sono il risultato di uno sdoppiamento di un unico Gruppo su due zone rurali (solitamente limitrofe); altri 15 sono il risultato di una fusione di due GAL e dei rispettivi territori di intervento.

Gran parte delle zone rurali italiane hanno beneficiato dell’intervento LEA- DER per più fasi di programmazione anche se, nella maggior parte dei casi, rior- ganizzato in nuove aggregazioni territoriali. Ad esempio, la maggior parte dei GAL selezionati, che hanno partecipato almeno alla precedente fase di programmazio- ne (105 Gruppi), agiscono in territori più ampi (quasi il doppio in termini di super- ficie per 45 casi) o in territori meno estesi (quasi la metà in termini di superficie per 37 casi). Solamente per 23 dei “vecchi” GAL l’area interessata non ha subito variazioni sostanziali.

Tali revisioni sono, da un lato, riconducibili a dinamiche locali (spesso di natu- ra politica) e alla capacità stessa del GAL (inteso come struttura tecnica di gestione) di accreditarsi come referente per gli attori locali impegnati in azioni di sviluppo e dall’altro, da imputare alle scelte operate dalle Regioni nella selezione dei GAL (ad es. sono stati spesso ri-definiti i comuni ammissibili per il LEADER e/o la numerosi- tà dei GAL e/o le caratteristiche dei partenariati dei GAL selezionabili, ecc.)4.

Le amministrazioni regionali (11 su 21), nella fase di programmazione 2007- 2013, oltre a applicare le indicazioni della regolamentazione comunitaria e del Piano Strategico Nazionale5 hanno vincolato l’intervento LEADER in zone perime-

4 In fase di selezione dei GAL e dei PSL, le Amministrazioni Regionali hanno comunque cercato di orientare i comportamenti dei proponenti verso aree che presentassero determinate zone connotate da specifiche caratteristiche socio-demografiche e di “ruralità”. Anche se la valutazione degli aspet- ti territoriali assume, rispetto alle caratteristiche del GAL e alla qualità del Piano, un peso piuttosto limitato nelle griglie adottate dalle Autorità di Gestione (circa il 12% del punteggio totale) è interes- sante segnalare che, nella quasi totalità dei casi, sono stati individuati requisiti di accesso che vanno ben oltre le indicazioni di massima imposte dal legislatore comunitario (aree con massimo 150 mila abitanti). Tra i più frequenti, si segnalano: limiti al carico demografico diversi (più restrittivi) da quelli indicati nel Reg. (CE) 1974/06; non sovrapponibilità territoriale tra proposte avanzate da partenariati diversi; contiguità geografica dei comuni interessati dalle strategie di sviluppo locale; appartenenza a determinati sistemi territoriali aree geografiche.

5 Nella fase di programmazione della politica di sviluppo rurale 2007-2013, il MiPAAF, di concerto con le Regioni, ha individuato una classificazione dei comuni in tre tipologie di aree rurali e in poli urbani, così da consentire una territorializzazione degli interventi di sviluppo rurale a seconda dei fabbisogni evidenziati dalle diverse tipologie di area. Tale zonizzazione è stata adottata nell’ambito non solo del PSN, ma anche del Quadro Strategico Nazionale relativo alla politica di coesione, per la definizione dei rispettivi interventi da finanziare. Si tratta, quindi, di una metodologia ufficiale di classificazione delle aree in urbane e rurali, utilizzata con finalità operative di politica, oggetto di un confronto continuo anche con il mondo accademico, della ricerca e con l’Istituto centrale di statistica (ISTAT). La classificazione distingue in: a) poli urbani; b) zone rurali con agricoltura intensiva spe- cializzata; c) zone rurali intermedia; d) zone rurali con complessivi problemi di sviluppo. In questa fase di programmazione, come nelle precedenti, il LEADER interviene in aree rurali dove risiedono fra i 5.000 e i 150.000 abitanti (Art. 37 Reg. Ce 1974/2006) e interessa prevalentemente zone con maggiori problematiche di sviluppo.

trate rispetto a criteri istituzionali-amministrativi o di policy (ad es. ambientale), anziché privilegiare, come promosso dalla Regolamentazione comunitaria6, un processo di individuazione delle aree sul sistema delle relazioni sociali - risultato della sedimentazione nel lungo periodo di pratiche sociali, politiche, economiche e culturali consolidate - in grado di costruire legami all’interno e all’esterno del contesto territoriale così definito.

Tab. 3.1 Partecipazione dei GAL caso studio alle fasi di programmazione LEADER

Nome del GAL Data

costituzione Partecipazione a precedenti fasi di programmazione di LEADER

Veneto - Prealpi e Dolomiti 1997 LEADER II (1994-99); LEADER + (2000-2006)

Veneto - Bassa Padovana 2007 LEADER +. La Società ha partecipato, come socio del GAL Le

Terre Basse già Antico Dogado, alla Programmazione LEADER + (2000-2006)

Umbria - Ternano 2000 LEADER + (2000-2006)

Umbria - Valle Umbra e Monti

Sibillini 2002 LEADER + (2000-2006). Il GAL nasce dall’unione di due GAL operativi nella fase LEADER II (GAL Sibillini Umbria e GAL Valle Umbra). Tale fusione è stata effettuata per rispondere alle indi- cazioni della Regione

Puglia - Gargano 2003 LEADER + (2000-2006)

Puglia - Meridaunia 1998 LEADER II (1994-99); LEADER + (2000-2006)

Basilicata - Basento Camastra 2000 LEADER + (2000-2006);

Basilicata - Cosvel 1995 LEADER II (1994-99); LEADER + (2000-2006)

Sardegna – Sulcis Iglesiente 2012 LEADER II (1994-99); LEADER + (2000-2006). Il GAL nasce nel

1996 nella programmazione LEADER II con una compagine so- ciale e un’area di intervento differente da quella dell’attuale programmazione

Fonte: Elaborazione INEA su dati PSR e PSL

6 Nel sostenere processi di sviluppo bottom-up, la politica rurale promuove la costruzione di percorsi basati sulle risorse endogene e l’intervento proattivo degli attori locali a cui vengono delegate le funzioni di programmazione, attuazione e controllo delle strategie messe in campo a livello locale. Affinché fosse possibile attivare tali processi, la Commissione ha posto come condizione sine qua non l’individuazione di aree omogenee sufficientemente vaste per assicurare la necessaria massa critica (in termini di risorse socio-economiche) per la realizzazione dei Piani di Sviluppo Locale e, nello stesso tempo, abbastanza piccole da massimizzare la partecipazione degli attori locali. Per orientare gli Stati Membri, la “dimensione territoriale locale” delle zone sostenute dall’azione LEADER, viene definita delimitandole in relazione alla numerosità della popolazione residente (al massimo aree con 150 mila abitanti). In questa prospettiva il “locale” non è associato ad una geome- tria istituzionale-amministrativa o “settore” di policy (ad es. ambientale) o come fattore produttivo (ad es. la terra). Attraverso il parametro “popolazione” la Commissione ha cercato di privilegiare un processo di individuazione delle aree maggiormente centrato sul sistema delle relazioni sociali.

Nello specifico i 9 GAL rappresentativi dei casi di studio, rispetto a preceden- ti esperienze di partecipazione del programma comunitario LEADER, presentano la situazione di cui alla tabella 3.1. Per gli stessi GAL è riportato nella successiva tabella 3.2 un breve profilo demografico-territoriale.

Tab. 3.2 Le aree d’intervento dei GAL caso studio

Nome del GAL Variazione % rispetto al LEADER + Caratteristiche area (classificazione PSN- % territorio GAL) Superf.

(km2) Popolazione Residente Comunin. Superf. (km2) Popolazione Residente Comunin.

Veneto

Prealpi e Dolomiti

100% - zone rurali con com-

plessivi problemi di sviluppo 1.345 142.803 26 -3 +17 -21

Veneto

Bassa Padovana

100% - zone rurali con agricoltura intensiva specia- lizzata

536 115.013 30 +29 +189 +400

Umbria

Ternano

88% - zone rurali intermedie 12% -- zone rurali con com- plessivi problemi di sviluppo

950 72.141 20 0 +6 0

Umbria

Valle Um- bra e Monti Sibillini

38% - zone rurali intermedie 62% - zone rurali con com- plessivi problemi di sviluppo

2.233 163248 23 0 +5 0

Puglia

Gargano

90% - zone rurali con com- plessivi problemi di sviluppo 10% - zone rurali con agricol- tura intensiva specializzata

1738 124.196 13 +27 +30 +18

Puglia

Meridaunia

90% - zone rurali con com- plessivi problemi di sviluppo 10% - zone rurali con agricol- tura intensiva specializzata

2.274 98.000 30 +42 +24 +76

Basilicata

Basento Camastra

100% - zone rurali con com-

plessivi problemi di sviluppo 990 43.440 16 0 -1 0

Basilicata

Cosvel

46% - zone rurali con com- plessivi problemi di sviluppo 54% - zone rurali con agricol- tura intensiva specializzata

769 44.285 9 -16 -23 0

Sardegna

Sulcis- Iglesiente

83% - zone rurali con com- plessivi problemi di sviluppo 17% - zone rurali intermedie

1.479 68.248 19 +26 +100 +36

3.1.2 Partenariati LEADER e forme organizzative adottate dai GAL

Nelle diverse fasi di programmazione di LEADER si assiste alla riorganiz- zazione o attivazione di nuovi partenariati dei GAL. Osservandone la composizione emerge una pluralità di formule e una notevole diversificazione delle compagini sociali risultate sia dell’adattamento del GAL alle specifiche condizioni di contesto, che delle indicazioni date dalle Regioni nelle fasi di selezione.

La dinamica evidenzia come, nel corso delle diverse fasi di programmazio- ne, oltre ad un aumento del numero di partner per GAL, si sia modificata la compo- sizione del partenariato, con un considerevole aumento dei partner privati. Nella fase 2007-2013, anche se le imprese e loro associazioni continuano ad avere un peso rilevante (è bene ricordare che il LEADER nasce con la finalità di sostenere azioni di collegamento dell’economia rurale), la maggior parte dei GAL coinvolgo- no sempre più associazioni culturali, di volontariato, ambientaliste, enti di ricerca, enti parco, ecc. Nel partenariato dei 192 GAL italiani sono presenti 129 associazioni ambientaliste, 285 associazioni culturali, 77 associazioni di volontariato, 119 enti di ricerca, tutti gli enti parco nazionali e 42 enti parco regionali.

Al di là della numerosità dei partner coinvolti, un aspetto interessate da os- servare è che i partenariati LEADER non sono semplicemente aggregazioni dicoto- miche pubblico-private ma associazioni che uniscono attori espressione di finalità fortemente diversificate della società e dell’economia locale. Questo è vero per la maggior parte dei GAL, ma è importante tenere presente anche che in molti casi troviamo partenariati “più settoriali” (ad es. i partenariati espressione principal- mente di alcuni settori di attività come il turismo, l’agricoltura, ecc.). Nel primo caso, il LEADER sembra poter dare un contributo maggiore nel rafforzare il capi- tale sociale locale (favorendo la conoscenza e la reciprocità fra soggetti che altri- menti non entrerebbero in relazione); mentre può essere minore, nel secondo caso (i partenariati “settoriali”), dove gli attori trovano uno spazio per consolidare la rete delle relazioni già esistente in virtù degli interessi specifici che li contraddistinguo- no. Anche se queste differenze sono il risultato del processo di aggregazione pro- mosso a livello locale sia nella fase di costituzione del GAL sia, successivamente, per favorire una piena partecipazione degli attori dell’area, non si può trascurare il ruolo svolto dalle amministrazioni regionali che hanno fortemente orientato la formazione dei partenariati dei GAL: a) introducendo nelle fasi di selezione dei Gruppi e dei PSL, criteri di ammissibilità e/o priorità rispetto alla tipologia di attori coinvolti; b) contenendo la gamma misure/azioni attivabili nell’ambito dei PSL7;

c) limitando la disponibilità di risorse finanziarie per la realizzazione di azioni di animazione e di sistema necessarie per sensibilizzare e favorire il networking fra gli attori del territorio e, quindi, rafforzare il capitale sociale.

In molte Regioni il requisito della “rappresentatività territoriale” - immagi- nato dal legislatore comunitario per rafforzare la dimensione relazionale fra tutti gli attori di un’area attraverso la creazione di uno “spazio” dove le motivazioni che portano ad associarsi sono strutturate in idee di sviluppo condivise e impegni reciproci - è stato superato da altre logiche rispondenti alla necessità di unifor- mare l’attuazione dell’Approccio LEADER a specifiche situazioni di contesto ammi- nistrativo-territoriale e/o politiche. Ad esempio, è stata resa obbligatoria, oppure in qualche modo favorita, la partecipazione di rappresentanti di tutti i comuni e/o delle comunità montane e/o delle provincie oppure, in relazione alla tipologia di misure attivabili attraverso LEADER, di alcune rappresentanze di categoria (agri- coltura, ambiente, artigianato, ecc.). Naturalmente, queste scelte generano effetti di rilievo nella successiva implementazione delle strategie locali, orientando in una direzione ben definita l’organizzazione dei partenariati, gli assetti interni, il ruolo dei singoli partner, ecc.

La spinta regionale, in alcuni casi, ha contribuito a rendere partecipi attori che altrimenti sarebbero rimasti fuori dai processi decisionali per la programma- zione e gestione delle risorse per lo sviluppo locale e ha favorito la conoscenza fra gli attori locali attraverso un reale processo di condivisione delle scelte; in altre circostanze, ha portato ad una adesione puramente formale di alcuni attori locali che, nei fatti e nel tempo, hanno partecipato poco, se non per niente, al percorso avviato attraverso LEADER.

La disponibilità di risorse finanziarie per la realizzazione di azioni di ani- mazione ha la finalità, oltre al management delle azioni programmate con il con- tributo UE, di rafforzare la coesione, il senso di appartenenza e l’identità locale. Tale disponibilità incide notevolmente sulla capacità del GAL di attivare azioni per sensibilizzare e coinvolgere il composito tessuto locale (istituzionale, sociale, eco- nomico), accrescerne la capacità di esprimere progettualità, creare expertise e competenze a disposizione dei territori rurali e renderne effettive le scelte ope- rate. Al riguardo giova ricordare che la Regolamentazione comunitaria dedicava a queste azioni risorse sia nell’ambito della misura 431 (Gestione del GAL) che nella misura 341 (Acquisizione di competenze, animazione ed attuazione, quest’ultima

agricole volte a sostenere le imprese, ha frequentemente portato alla costituzione di partenariati i cui attori esprimono interessi fortemente diversificati. A tal proposito si rimanda al paragrafo suc- cessivo.

prevista solo dalla regione Veneto). Anche in questo caso il comportamento delle diverse regioni è stato piuttosto eterogeneo. Ci sono regioni (come la Liguria) che hanno ridotto al minimo la dotazione delle risorse ai GAL (5% del budget comples- sivo assegnato ai GAL) e altre (come le Marche e l’Umbria) che hanno sfruttato appieno le opportunità offerte dalla Regolamentazione comunitaria, destinando alle attività di animazione dotazioni finanziarie di tutto rilievo, anche fino al 20% del budget complessivo.

Questo rispecchia una differente visione del ruolo e delle funzioni che i GAL sarebbero andati ad assumere rispetto al contesto locale. Una maggiore dotazione di risorse significava anche una maggiore possibilità per i GAL di mettere in cam- po azioni di animazione, sensibilizzazione e accompagnamento che più delle altre contribuiscono a rafforzare la partecipazione degli attori locali. A questo proposito, una indagine condotta dall’INEA8 su un campione di 67 GAL (il 35% dei gruppi ope-

rativi nella programmazione 2007-2013) ha evidenziato che in tutti i casi, rispet- to alle precedenti fasi di programmazione, vi è stato un progressivo spostamento delle competenze e delle attività dello staff del GAL dalla sfera relazionale (intesa come capacità di mobilitare il territorio attraverso attività di comunicazione e ani- mazione locale) verso la sfera applicativa (intesa come capacità di gestione tec- nica-amministrativa-finanziaria per dare esecuzione alle disposizioni procedurali determinate dalla normativa comunitaria e nazionale). Le attività di animazione sono state maggiormente sacrificate, in ragione di quelle amministrative-gestio- nali, nelle Regioni dove ai GAL veniva assegnata una minore dotazione finanziaria