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Il passaggio dal XIII al XIV secolo vede dei cambiamenti fondamentali sia dal punto di vista economico, sia per quanto riguarda l’assetto della società; in particolare, si sviluppa un nuovo filone di pensiero, soprattutto nel campo artistico, che mette l’uomo al centro di tutto, considerandolo l’artefice di ogni cosa, libero da ogni restrizione, padrone di se stesso. Questo movimento, questo nuovo modo di concepire le cose, viene chiamato Umanesimo Rinascimentale, in quanto porta ad una rinascita dell’uomo, discostandosi dalla vecchia concezione secondo cui l’individuo è nulla senza Dio. Con ciò non si rinnegava la Chiesa o la stessa fede in Dio. Penty sottolinea piuttosto la presenza di un modo diverso di approcciarsi alla vita, il distacco dai principi di povertà francescani, la stessa maggior parte del clero, ricca, era contraria alla filosofia di povertà, di dedizione e di amore per la bellezza delle più umili cose.

La cultura rinascimentale fiorì non a caso a Roma, e i Papi si dedicarono con impegno a far risplendere la città. La Chiesa di Roma incarnava sì la rinascita ma divenne subito fulcro di quella corruzione121, che fu denunciata di scandalo dalla Riforma.

Se già, un secolo prima, le basi della Riforma erano state poste in Inghilterra dal teologo John Wycliffe, il quale propose la lotta e la confisca delle terre a carico del clero corrotto, queste idee ebbero successo in tutto l’Occidente solo nel Cinquecento con

55 Lutero122: «Penso che la Riforma possa essere considerata immediatamente come uno

sviluppo e una reazione contro il Rinascimento, eppure aveva al tempo stesso delle proprie radici»123.

Martin Lutero nel primo decennio del Cinquecento si recò a Roma per conto del suo ordine monastico, ma, trovandosi di fronte una città nel pieno della sua rinascita, rimase sconvolto dallo sfarzo e dalla corruzione della Chiesa.

Lo scoppio della Riforma, avviata con l’affissione delle 95 tesi, comportò la soppressione dei monasteri e la relativa confisca delle terre e delle ricchezze del clero. Inoltre, l’Atto di Supremazia124 di Enrico VIII rovesciò il potere del papa, facendo del Re il capo della Chiesa inglese e dando inizio a una serie di attacchi nei confronti della Chiesa cattolica.

Nella ricostruzione di questi eventi la tesi di Belloc, e che, se la confisca delle terre e dei beni ecclesiastici era originariamente finalizzata al rafforzamento e all’arricchimento della Corona, le cose andarono diversamente: i terreni vennero venduti ad un prezzo esiguo all’aristocrazia, quindi ad una sezione della società già ricca. Pian piano si fece sempre più marcato il gap economico e sociale all’interno della nazione: da un lato coloro che possedevano ricchezze materiali, i pochi; dall’altro coloro che non possedevano nulla, la maggioranza.

122 Ivi, p. 140 123 Ivi, p. 139 124

Enrico VIII chiese a papa Clemente VII la nullità del suo matrimonio con Caterina D’Aragona in quanto innamorato di Anna Boleyn. La Chiesa rifiutò. Nel frattempo Anna rimase incinta e approfittando del nuovo arcivescovo, Enrico VIII riuscì ad ottenere l’annullamento e a sposare Anna che vennero prontamente scomunicati dal papa. Il re rispose a questo gesto con l’emanazione dell’Atto di Supremazia nel 1539. Cfr. L. Mezzadri, P. Vismare, La Chiesa tra Rinascimento e Illuminismo, Città Nuova Editrice,Roma, 2006 pp. 92-93

56 La Corona s’indeboliva e l’aristocrazia prese il sopravvento, divenendo sempre più forte e potente125:

«Il sistema industriale è stato una derivazione del capitalismo e non la sua causa. La presenza del Capitalismo in Inghilterra risale a un periodo precedente la nascita stessa del sistema industriale. Non è stata la macchina a farci perdere la libertà ma è stata la perdita di una mente libera»126.

Non fu un caso che le grandi città industriali nacquero a partire dal XVIII secolo, con la creazione definitiva di due classi sociali distinte: i grandi capitalisti e il proletariato. L’età contemporanea è dunque meccanica: si passa dal rapporto esclusivo tra l’uomo e ciò che egli dovrà realizzare, in cui tutto il processo produttivo è sotto la responsabilità e la capacità creativa dell’artigiano, ad un sistema in cui il lavoro è frammentato, composto da poche e semplici operazioni. L’individuo diviene appendice della macchina127.

E’ la sconfitta del sistema gilda, in quanto la produzione da qualitativa divenne quantitativa e l’artigiano venne soppiantato dall’industria128

:

« L’industrialismo, costituito sulla divisione del lavoro nega agli uomini il piacere del

loro lavoro. La conseguenza è che gli uomini cercano la felicità in altri modi, nella ricerca del piacere nel loro tempo libero, nell’emozione del gioco d’azzardo»129

.

125 Belloc, Lo Stato Servile, cit., pp. 40-46 126 Ivi, pp. 36-37

127 F. Engels, La situazione della classe operai in Inghilterra, Editori Riuniti, Roma, 1978, p. 48 128 Penty, A Guildsman’s Interpretation of History, cit,, p. 237

57 Fu solo nella prima metà del XIX secolo che i lavoratori iniziarono a ribellarsi contro tutto quello che la meccanizzazione aveva prodotto: povertà, de-specializzazione, alienazione e disumanizzazione. Operai e piccoli imprenditore chiesero alla Camera di abolire l’uso delle macchine ma trovarono una forte opposizione da parte dei grandi capitalisti130.

In sintesi, tre fattori fondamentali portarono ad una conseguente e graduale distruzione del sistema gilda: la reintroduzione del Diritto Romano, la nascita del capitalismo prima e dell’industrialismo poi. Certo, alla scomparsa delle corporazioni contribuirono anche altri elementi, non ultimo il fatto che, fuori dal tessuto urbano, mancassero strumenti di controllo della produzione, così che il capitalista era libero di usare materiali scadenti o vendere il prodotto ad un costo arbitrario. E nella stessa direzione spinse la concorrenza delle industrie nei confronti degli artigiani e la conseguente perdita del monopolio detenuto dalle gilde, nonché la richiesta da parte della domanda e dell’offerta di fissare i prezzi in base alla contrattazione di mercato131:

«Quando le gilde cambiarono era perché avevano fallito nel loro obiettivo originario di estendere il giusto prezzo all’industria e soffrivano per la conseguenza del loro fallimento. Da questo punto di vista le dispute interne delle gilde appaiono come uomini sconfitti nello spirito che li ha distrutti»132.

129 Ivi, p. 243

130 A. L. Morton, G. Tate, Storia del movimento operaio inglese: 1770-1920, Editori riuniti, Roma, 1920,

pp. 9-18

131 Penty, A Guildsman’s Interpretation of History, cit., pp. 214-218 132 Ivi, p. 45

58 Il punto definitivo fu messo nel 1835 con l’emanazione del Municipal Reform Act133

,

che conclude la storia pur gloriosa delle corporazioni medievali nell’organizzazione della società e nella protezione dell’arte e della professione.

Ma la partita “corporativa” non è del tutto persa. Nuovi segnali di risveglio di risveglio si annunciano:

«In questi giorni riconosciamo nel movimento sindacale il primo passo verso un restauro delle Gilde. Già i sindacati, con le loro complesse

organizzazioni, esercitano molte delle funzioni che erano

precedentemente svolte dalle gilde come la regolazione dei salari e delle ore di lavoro, oltre al dovere più sociale di dare aiuto tempestivo ai malati e ai poveri. Come le gilde, i sindacati sono cresciuti da piccoli inizi fino a controllare interamente i commerci. Come le Gilde, non sono creazioni politiche, ma organizzazioni volontarie che sono sorte spontaneamente per proteggere i più deboli membri della società contro l'oppressione dei più potenti. Esse differiscono da loro come organizzazioni industriali solo nella misura in cui, non avendo il possesso dell'industria e dei corrispondenti privilegi, non sono in grado di accettare la responsabilità per la qualità del lavoro svolto e di regolare i prezzi»134.

133 R.J.B. Morris, Local Government, Locan Legislation. Municipal Initiative in Parliament form 1858-

1876. Routledge, New York,2017, p. 32

59 E’ così che si aprì un nuovo e importante capitolo di storia, nel quale i seguaci del pensiero Guild Socialism – Penty compreso – cercarono di rimodellare i sindacati secondo fattezze tipiche delle vecchie corporazioni medievali, con la funzione primaria di protezione nei confronti del lavoratore dalle minacce dei capitalisti e dallo sviluppo industriale135.

60

2.5 MIGLIORARE IL DESTINO DELLA CIVILTA’ MODERNA

Le unioni operaie identificarono le prime forme di vita organizzata dei lavoratori inglesi negli anni a cavallo tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento. L’Inghilterra fa storia a sé, proprio in quanto il movimento operaio si organizzò prima su base sindacale e solo successivamente nacque il partito, a differenza di quanto avvenne nell’Europa Continentale.

Il paese, alla fine della Golden Age, era caratterizzato da un sistema politico liberale capace di corrispondere alle esigenze della rivoluzione e dello sviluppo industriale. Ciò però comportò malcontento e agitazioni tra i lavoratori, volti a rivendicare il diritto di associazione come risposta a un sistema di produzione sempre più alienante.

L’istituzione dei sindacati era allora vietata e la legge puniva gli unionisti in quanto ribelli e rivoluzionari. E tuttavia, quando la loro presenza in ogni settore lavorativo si fece sempre più marcata e le loro contestazioni sempre più forti136, fu imposto, nel 1824, l’abrogazione delle cosiddette leggi di Combination Act137

,e nacquero le Trade

Union138.

136 F. Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, cit., pp. 283-284 137

Le Combination Act erano leggi britanniche emanate nel 1799 e nel 1800 votate dal parlamento inglese. Le leggi consideravano illegale il sindacato e, nella stesura definitiva, condannavano a tre mesi di prigione o a “ mesi di lavoro duro ogni lavoratore che si associava ad altri per ottenere un aumento di paga o diminuzione di orario, o che incitava ad abbandonare il lavoro, o che si opponeva a lavorare con qualsiasi altro lavoratore. Le leggi furono abrogate in modo definitivo nel 1824. https://www.britannica.com/event/Combination-Acts

138 Inizialmente nacquero come organizzazioni sindacali, e i pionieri delle Unioni operaie furono i

61 Lo scopo fondamentale delle prime associazioni, definite “Old Unions”, fu la salvaguardia dallo sfruttamento dei capitalisti e il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, insieme con la regolamentazione collettiva del salario e la difesa del mercato del lavoro139.

Il limite di queste Unioni stava per altro nella loro strategia corporativa, che tutelava non gli interessi di tutta la classe lavoratrice ma solo di una piccola minoranza, ossia di coloro che svolgevano mansioni specializzate. Di qui, alla fine dell’Ottocento, la crisi di tale modello organizzativo sindacale140.

Le rivolte tra i lavoratori si moltiplicarono, ed entrarono infine in agitazione operai generici che fino allora non erano organizzati dal punto di vista sindacale, pur rappresentando una fetta ampia della classe lavorativa. Furono proprio costoro, per primi gli addetti alla produzione del gas, che si riunirono in un’Unione Nazionale

sindacale e attraverso la minaccia di sciopero riuscirono ad ottenere l’accettazione delle

loro rivendicazioni. Al loro seguito, le agitazioni continuarono e si moltiplicarono, colpendo anche i settori tradizionali e determinando la creazione di nuove alleanze tra lavoratori, tra operai generici e operai specializzati. Nacque così, alla fine degli anni Ottanta, un nuovo movimento che prese il nome di “New Unionism”.

maglie e calze. I tessitori riuscirono a far approvare una legge affinché fosse fissato un lavoro a cottimo, per sconfiggere la concorrenza irlandese che prestava manodopera a basso costo. Per tutta la seconda metà dell’Ottocento vi fu un clima rivoluzionario da parte del movimento unionista dovuto dal malcontento generale della popolazione, di cui il movimento Cartista si fece portavoce. In questo clima così turbolento nacque il Congresso delle Unioni operaie, come rappresentante di tutto il mondo unionista. Cfr. S. e B. Webb, Storia delle Unioni operaie in Inghilterra, Unione Tipografico-Editrice Torinese, Torino, 1913

139Engels, La situazione della classe operaia in Inghilterra, cit., pp.284-285 140 Grendi, L’avvento del laburismo, cit., p.22

62 Con il passaggio dal “vecchio” al “nuovo” unionismo, ogni singolo mestiere fu così rappresentato da un proprio sindacato; non solo, ma i nuovi sindacati presero coscienza politica della loro funzione al fine di poter influire con la loro azione anche in Parlamento.

In questa prospettiva, essi rivendicarono l’indipendenza del lavoro e abbandonarono l’alleanza con il Partito Liberale, in vista della creazione di un partito operaio.

Se è vero che, negli anni successivi, le differenze tra vecchio e nuovo unionismo si affievolirono, non venne meno la spinta dei lavoratori verso una diversa alleanza politica. Nel 1893 nacque l’Indipendent Labour Party e, nel 1900, il partito dei lavoratori creato dall’azione dei sindacati divenne ufficialmente Partito Laburista141

.

Il Novecento si aprì così in un clima pieno di tensioni, con un assetto societario a cui lo stesso governo liberale contribuì con una politica di crescente interventismo statale.

L’Inghilterra era ormai un Paese pienamente industrializzato e segnato da profonde ingiustizie sociali che avevano portato alla distruzione dell’equilibrio societario e del sistema gilda. E in questo contesto che Penty si affacciò sulla scena della cultura politica, con la proposta del Guild Socialism di tornare allo spirito e alle istituzioni del Medioevo, pubblicando, nel 1906, il suo primo lavoro. In questa proposta stava per Penty l’unico modo atto a preservare la società e dare sostanza ai diritti nell’età contemporanea negati ai lavoratori. E per ripristinare il mito delle gilde occorreva trasformare i sindacati e far rivivere in essi la realtà dei fini delle corporazioni medievali.

141 D. Marucco, Fabianesimo, Ghildismo, forme di Democrazia Industriale, Franco Angeli, Milano, 1986,

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CAPITOLO III

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