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COME FAR RIVIVERE IL SISTEMA DELLE GILDE

NUOVE PROSPETTIVE

3.1 COME FAR RIVIVERE IL SISTEMA DELLE GILDE

Penty vide nell’istituzione sindacale un’organizzazione da modellare sulle fattezze delle vecchie gilde medievali. In realtà, i primi a riflettere sui sindacati furono i coniugi Webb con l’opera The History of Trade Unionism del 1894, scritto forse nel momento più turbolento della storia dei sindacati, al tempo del loro risveglio dovuto alla ripresa delle agitazioni operaie.

I Webb aprono la loro opera con la definizione di “unione operaia”, secondo cui essa:

«è un’associazione continua di salariati allo scopo di mantenere o migliorare le condizioni del loro impiego. […] Benché ci venga suggerito che associazioni analoghe possono essere esistite durante il Medioevo in varie parti del continente europeo, non abbiamo alcuna ragione per supporre che tali istituzioni esercitano una qualsiasi influenza sulla nascita e lo sviluppo del movimento unionista di questo paese»142.

64 In questa definizione è evidente la distanza da Penty, in quanto per i Webb nel Medioevo vi erano state sì esperienze organizzative a cui partecipavano i lavoratori, ma si trattava di associazioni fine a se stesse, associazioni temporanee, che sarebbero durate al massimo pochi mesi: «noi siamo pienamente convinti che nel Medioevo non vi è

alcuna prova di […] coalizioni durevoli ed indipendenti di salariati contro i loro imprenditori»143. Nella convinzione che invece le unioni moderne fossero stabili e durature144, essi affermano: «noi possiamo dunque asserire con qualche fiducia, che in

nessun caso alcuna Unione operaia del Regno Unito sorse, direttamente o indirettamente, da una corporazione di mestiere»145.

Se le corporazioni medievali non erano assimilabili ai sindacati moderni, è anche e soprattutto perché le vecchie corporazioni rappresentavano gli interessi di tre classi distinte ed antagoniste: il capitalista, il lavoratore manuale e il consumatore.

In sostanza, le gilde avevano molteplici funzioni ma niente in comune con i sindacati se non il fatto che anch’esse mirarono alla salvaguardia del tenore di vita dei lavoratori146

. Non a caso, spiegano i Webb, le Unioni non sono nate con l’industrialismo, ma esistevano già mezzo secolo prima, ossia nel momento in cui l’operaio cessò di possedere gli strumenti della produzione. In altre parole, le unioni operaie non derivano dalle corporazioni ma nascono nel momento in cui il lavoratore da artigiano diviene operaio generico147. 143 Ivi, p. 29 144 Ivi, pp. 29-30 145 Ivi, p. 37 146 Ivi, pp. 41-42 147 Ivi, p. 47

65 Al contrario, Penty vedeva i sindacati come legittimi successori delle gilde di età medievale, sottolineando le molte analogie esistenti tra le due organizzazioni. I sindacati, così come le gilde, proteggevano gli operai in qualsiasi ambito lavorativo. E come le gilde si basavano sulla politica del mutuo aiuto, anche se questa funzione doveva nel presente essere migliorata, in quanto le vecchie corporazioni possedevano più denaro – denaro, periodicamente versato dai membri – e di conseguenza erano molto generosi nell’assistenza ai propri membri, che beneficiarono altresì delle molte funzioni caritatevoli svolte dalla Poor Law148.

Inoltre, «come le gilde, i sindacati non sono organizzazioni politiche, ma organizzazioni

volontarie che nascevano spontaneamente per proteggere i membri più deboli della società contro l’oppressione dei potenti149

».

Entrambi regolavano salari e ore di lavoro, senza che ciò significasse attribuire a tutti uno stesso salario. Anche nelle gilde medievali, infatti, vi erano i maestri che percepivano una paga più alta rispetto ad un semplice operaio, in quanto «l’eccellenza

va ricompensata150».

Il fine della riforma proposta da Penty passava attraverso una riorganizzazione dell’intero sistema sociale come unica soluzione per i problemi causati dall’industrialismo moderno. E non a caso, dagli scrittori del settimanale The New Age

148

Penty, Old World for New, cit., p.47 La Poor Law fu una legge assistenziale rivolta alla fascia più povera della popolazione inglese, che introdotto alla fine del Medioevo, prevedeva che ogni parrocchia avrebbe dovuto prendersi cura dei propri poveri. Successivamente, nel 1834 venne modificata dal Parlamento e reso più rigorosa, prevedendo che i bisogni fossero internati nelle workhous, dove avrebbe ricevuto vitto, alloggio e lavoro. Tale legge rimase in vigore fino alla fine della seconda guerra mondiale. Cfr. www.workhouses.org.uk/poorlaws/

149 Penty, Guild, Trade and Agriculture, cit. p.65 150 Penty, Old World for New, cit., p. 128

66 venne proposta una strategia d’azione capace di imprimere una forte scossa all’assetto sociale e consistente nel progetto di un grande sciopero generale.

La rivista invitava ad unire tutti i sindacati di ogni industria in un’unica e grande organizzazione nazionale, che garantisse la creazione di monopoli del lavoro all’interno di ogni settore produttivo. Solo così, con la necessità che tutti gli operai ne diventassero membri, i sindacati avrebbero potuto trattare direttamente con i capitalisti in materia di salario, salvaguardando la dignità dei lavoratori e ponendo fine allo status “dell’operaio sottopagato.” Al tempo stesso, i lavoratori avrebbero dovuto assumere il controllo della produzione all’interno delle proprie industrie151.

In caso di rifiuto da parte dei capitalisti, allora i lavoratori si sarebbero dovuti ribellare attuando lo sciopero generale. Questa la proposta della rivista di cui Penty condivideva gli obiettivi ma non la soluzione finale dello sciopero152: « gli uomini possono essere

indotti a combattere per salari più elevati, per orari più brevi, contro qualche tirannia o per vedere che giustizia sia fatta ad un amico, ma non per lo status153».

Resta il fatto che, per colpire le tendenze burocratiche a cui lo stesso socialismo collettivistico avrebbe dato maggiore forza, non c’è alternativa se non il fine dell’autogestione operaia.

Solo così, nella prospettiva del “self-government in the industry”, sarebbe stato possibile rimediare ai guai prodotti dalla rinascita del diritto romano, a cominciare dalla forma dell’amministrazione pubblica. E dunque, la proposta delle gilde consisteva nella partecipazione per il controllo industriale di tutti i lavoratori, ognuno con una propria responsabilità, sebbene l’industria stessa dovesse essere di proprietà di tutta la

151 A.J. Penty, Guild and the Social Crisis, George Allen & Unwin LTD, London, 1919, pp. 45-51 152 Ivi, pp. 50-53

67 popolazione154. Per garantire pienamente l’autonomia industriale, il potere dello Stato doveva infatti affievolirsi, e anche nella prospettiva del fine del socialismo, allo Stato sarebbe spettato solo il ruolo di proprietario dei mezzi di produzione, perché sarebbero state invece le gilde ad amministrarli. Ciò comportava un evidente vantaggio per tutti i cittadini: da un lato, i produttori avrebbero utilizzato esclusivamente prodotti di qualità, dall’altro e per conseguenza anche gli acquisti dei consumatori sarebbero stati qualitativamente migliori155:

Ecco quindi che occorreva il principio della gilda come base per la riorganizzazione sociale, politica e industriale del paese; inoltre era necessario, proprio a questo scopo, che gli uomini si costituissero preliminarmente in gruppi su basi democratiche, dividendosi in modo naturale, secondo il loro mestiere e ambito, limitando lo Stato esclusivamente a una funzione di “facilitatore” della cooperazione156.

Condizione affinché il ritorno al sistema gilda potesse avvenire con successo era la conversione dei sindacati ai principi che erano stati tipici delle corporazioni medievali: la protezione sulla qualità e la regolazione dei prezzi: queste le vie per emancipare insieme il produttore e il consumatore:

« Fintanto che i sindacati combatterono solo per salari più elevati e

orari più brevi, il pubblico non innaturalmente suppone che essi non abbiano altro interesse nella vita che ottenere molto facendo il meno possibile. Ma uno sciopero per la qualità aumenterebbe il livello della

154 A.W.Wright Guild Socialism Revisited, in « Journal of Contemporary History», Vol.9, No.1, p. 173 155 Marucco, Fabianesimo, Ghildismo, Forme di democrazia Industriale, cit., pp.27-35

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lotta. I capitalisti per una volta sarebbero visti nelle loro vere vesti di furfanti e truffatori157».

Questo, secondo Penty « è un passo indispensabile che deve essere fatto prima che le

gilde possano essere ripristinate»158, perché la gilda è un “corpo privilegiato” nel significato medievale del termine: “privilegio” come oggetto di potere e di diritti che conseguono all’espletamento di una funzione di responsabilità. E in tal senso la gilda non può riviverlo se non con la garanzia che la sua attività di produzione avvenga in quel rispetto degli standard qualitativi che è di rispetto sia nei confronti del consumatore, sia nei confronti dell’artigiano stesso, in quanto egli stesso “artista” nel suo lavoro.

Di qui la critica contro i socialisti collettivisti, che non vedono la qualità come un fine della produzione, e più in generale contro chi al principio del ripristino della qualità potrebbe obiettare che, in presenza di un prodotto artigianale ad un costo superiore rispetto ad un prodotto industriale, la maggior parte della popolazione si dirigerà verso l’acquisto di quest’ultimo, cioè di un prodotto in serie, in quanto più conveniente dal punto di vista economico. Penty oppone a una simile obiezione qualcosa che ricorda la saggezza dell’argomento comune secondo cui “chi più spende meno spende”. Ritiene infatti che non è conveniente risparmiare nel momento dell’acquisto, perché il materiale scadente a basso costo si danneggerà dopo un breve utilizzo, rendendo così necessaria un’altra spesa. Viceversa, l’acquisto di un prodotto di qualità, pur con un prezzo maggiore, durerà nel tempo e quindi consentirà esso un risparmio.

157 Ivi, p. 124 158 Ivi, p. 125

69 Il ripristino della qualità non gioverà solo agli artigiani ma anche agli industriali onesti, capaci così di proteggersi dalla concorrenza di quelle imprese disoneste che producono a prezzi inferiori con standard qualitativi bassi. E sarà maggiormente protetto anche l’operaio.

Perché l’attuale vendita di prodotti a basso costo comporta un abbassamento dei salari e di conseguenza delle condizioni materiali e dello stesso stile di vita del lavoratore159.

Un altro problema che affliggeva la società moderna inglese era quello della disoccupazione, provocato dal fatto che la popolazione aumentava e i posti di lavoro, nelle industrie, diminuivano. L’idea dominante è che, per risolvere il problema, l’unica via possibile fosse l’emigrazione dei soggetti in eccedenza160

.

Penty non condivideva questa idea, in quanto vedeva dell’emigrato il triste destino di solitudine, di separazione dai suoi affetti, ovvero l’unico intento di arricchirsi in un paese diverso e dopo un periodo, breve o lungo che fosse, tornare nella propria patria161. Il problema della disoccupazione andava quindi affrontato in modo differente, intervenendo sul funzionamento e sulla stessa struttura della società in ogni ambito dell’attività economica-produttiva.

Avanzò la proposta di una rinascita dell’agricoltura, pur non escludendo del tutto il rimedio dell’emigrazione, la quale doveva però essere organizzata in modo tale che l’emigrante si sentisse integrato in un contesto diverso dal suo paese d’origine, Penty contava sulla rinascita dell’agricoltura, secondo un’idea così condivisa da Chesterton:

159 Ivi, pp. 123-129 160 Ivi, pp. 142-143

70 «Se la nostra politica favorisse davvero la nascita di questa classe

contadina, rimarrebbero molti meno uomini per la città e per le colonie […] e ciò che in generale rinfacciamo ai sostenitori dell’emigrazione è che sembrano pensare prima alle colonie e poi a quello che rimane nel loro paese, anziché il contrario»162.

Nella convinzione che l’agricoltura fosse la base dei bisogni primari di una nazione, Penty sollecitava a dare la precedenza al settore agricolo prima di attuare politiche di miglioramento in qualunque altro ambito.

E di questo compito, come rimedio appunto alla disoccupazione e alla carenza di cibo, faceva carico a tutta la nazione, non escluso il riferimento alla responsabilità dei sindacati163.

« Il New Age ha ripetutamente esaltato l’importanza dei sindacati in quanto investono soldi sull’organizzazione dei lavoratori agricoli. Penso che i sindacati dovrebbero attuare un finanziamento sugli schemi del “ritorno alle terre.” Dovrebbero acquistare terreni e utilizzarli per trasferire i loro membri in occupazioni agricole in quanto non avrebbero potuto trovare occupazione nei propri mestieri. Ma la formazione di tali colonie dovrà essere preceduta

162 G. K. Chesterton, Il profilo della ragionevolezza. Il Distributismo, un’alternativa al capitalismo e al

socialismo, Lindau, Torino, 2011, p. 195

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dall’organizzazione dei lavoratori agricoli al fine di diminuire la discrepanza di salari»164.

Il rilancio dell’agricoltura avrebbe potuto favorire il passaggio dalla concorrenza internazionale ad una cooperazione internazionale, oltre appunto a risolvere il problema della disoccupazione, e con essi quello della sovraproduzione: «vi è un vantaggio

pratico della situazione in quanto il contadino consuma ciò che produce»165. Ecco dunque la via alla conquista di una condizione di equilibrio e di benessere166:

« i lavoratori disoccupati dovrebbero essere messi a lavorare sulla terra perché non solo questa misura, nell’immediato, allieverebbe la situazione ma la ripresa dell’agricoltura garantirebbe il beneficio permanente di rafforzare la società alla base, mentre contribuirebbe al ripristino delle normali condizioni nell’industria»167

.

La figura del contadino era infatti fondamentale da un punto di vista sociale, in quanto rappresentava la fonte primaria da cui attingeva la stessa industria per acquisire beni primari. Al sostegno esclusivo del commercio ovvero delle grandi industrie andava opposto la tutela della risorsa terra, per tutto quello che poteva offrire e per il valore aggiunto che avrebbe apportato a beneficio dell’intera nazione.

164 Penty, Old world for new, cit. p. 141

165 Chesterton, Il profilo della ragionevolezza, cit., p. 144 166 Penty, Guild, Trade and Agriculture, cit., p. 74 167 Penty, Guild and the Social crisis, cit. p. 54

72 In altre parole, non doveva essere solo l’industria a dominare la politica nazionale, ma vi erano altri settori sui quali puntare:

« da un punto di vista mercantile non importa se la popolazione sia impegnata nella produzione di cibo o autovetture ma da un punto di vista nazionale vi è differenza dal momento che la produzione di cibo garantisce un futuro della nazione, mentre la produzione di autovetture non lo fa»168.

Alla base di una simile argomentazione, vi era la convinzione di Penty che, se fino a quel momento l’Inghilterra fondava la sua condizione di ricchezza sullo scambio tra esportazioni di prodotti industriali e importazioni di beni primari, ciò non sarebbe durato in eterno. Con il tempo, anche le altre nazioni sarebbero state in grado di produrre da sé i beni industriali e quindi l’Inghilterra non avrebbe avuto altro da offrire in cambio di cibo. Si sarebbe così innescato un meccanismo che avrebbe portato alla crisi e al declino economico del paese, a vantaggio delle nazioni che producevano beni primari. Le importazioni sarebbero state infatti maggiori delle esportazioni, con un aumento dei costi per i produttori nazionali costretti perciò a vendere ad un prezzo più alto e non più competitivo su mercati internazionali169.

Quindi, non si poteva sottovalutare una risorsa così importante: « L’agricoltura è

fondamentale dal momento che il prezzo del cibo determina il costo di tutto il resto »

170

. E ancora: «non vogliamo un aumento della produzione secondaria, ma abbiamo

168 Penty, Guild, Trade and Agriculture, cit. p. 75 169 Ivi, pp. 75-79

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bisogno di un aumento della produzione primaria, abbiamo bisogno di un aumento dei prodotti agricoli171» perché solo una diminuzione delle importazioni di alimenti

avrebbe potuto equilibrare la riduzione delle esportazioni. Non è un caso che, durante la guerra, i paesi che avevano puntato sull’agricoltura si arricchirono, mentre i paesi industriali dovettero far fronte ad una crisi172.

Inoltre, il rilancio dell’agricoltura avrebbe comportato un allargamento del mercato domestico anche per i prodotti industriali, contribuendo all’allentamento della pressione della concorrenza e quindi a una politica equilibrata di prezzi e salari173:

« l’agricoltura dovrebbe essere protetta da qualsiasi concorrenza

straniera e che i prezzi e le retribuzioni dovrebbero essere fissi. Inoltre occorrerebbe anche una completa ristrutturazione del nostro sistema di terra, la cui riforma, si presume, diventerà presto un problemapolitica pratica poiché la situazione tende a diventare disperata»174.

Se l’obiettivo di Penty era la costituzione di gilde agricole, un passaggio intermedio poteva essere quello di: « lavorare per piccole aziende e recuperare terre. Ma in nessun

caso la proprietà delle terre dovrebbe essere assoluta, al contrario le terre dovrebbero essere condizionate alla sua coltivazione e possedute dalle autorità locali»175:

171 Penty, A Guildsman’s interpretation of History, cit., p. 305 172 Penty, Guild, Trade and Agriculture, cit., p.23

173 Penty, Old World for New, cit., p. 142 174 Penty, Post-Industrialism, cit., p. 118

74 un’alternativa questa alla nazionalizzazione, necessaria per eliminare il dominio di una burocrazia collettivista176.

La rinascita dell’agricoltura era peraltro subordinata a un riequilibrio di remunerazione tra il lavoro dell’industria e il lavoro della terra, là dove, nel presente il primo beneficiava di un salario maggiore rispetto al secondo. Compito perciò dei sindacati degli agricoltori era diminuire queste differenze. Non solo, ma, come aveva rilevato Chesterton, «qualsiasi altra cosa occorra per la ricostruzione della classe contadina,

occorrono dei contadini»177. Gli individui erano infatti restii a indirizzarsi nel settore agricolo perché dovevano fare i conti l’incertezza di un lavoro legato all’imprevedibilità di cause naturali, quali agenti atmosferici o carestie.

Penty propose due strategie per convincere gli individui a puntare sull’agricoltura: la prima fu che i prezzi dovevano essere garantiti dal governo, eliminando la competizione sul mercato; la seconda, che i datori di lavoro avrebbero dovuto aumentare i salari ai propri dipendenti.

Lo stesso Penty affermò che « a prima vista questi suggerimenti sembrano piuttosto

irrealizzabili » auspicato perciò la creazione di un nuovo partito che potesse farsi carico

al governo degli interessi contadini. Questa funzione non poteva essere svolta dal Partito Laburista in quanto esso era nato per tutelare esclusivamente la classe dei lavoratori industriali.

In altre parole, per gestire al meglio il problema economico e sociale si doveva tenere in considerazione ogni settore produttivo. La situazione di difficoltà delle industrie inglesi che dipendevano dai mercati esteri rischiava oltretutto di rendere inutile qualsiasi riforma della società: «ma se l’agricoltura fosse ripresa, sarà disponibile un grande

176 Ivi, pp. 305-306

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mercato domestico. E se il lavoratore agricolo fosse pagato come merita, ciò andrebbe a beneficio dei lavoratori cittadini allentando la pressione della concorrenza nelle città»178.

Con queste premesse, e la loro relativa applicazione, vi poteva essere la creazione di gilde agricole atte a regolare prezzi, ad attuare una politica di mutuo aiuto, acquistare e vendere prodotti.

In ogni ambito Penty voleva evitare la nazionalizzazione, ma ciò a maggior ragione nell’ambito agricolo, giusta l’idea del possesso e dell’amministrazione delle terre da parte delle gilde locali:

« Essi potrebbe essere paragonate alle Gilde dei mercati del Medioevo, nella misura in cui i falegnami, fabbri e altri lavoratori isolati sarebbero inclusi in esse e anche le funzioni dei consigli parrocchiali sarebbero fuse in esse allo stesso modo in cui le gilde mercantili e i comuni erano identici; o potrebbero essere paragonati ai comuni di villaggio di epoca pre-feudale, diversi da essi nella misura in cui i mentre i comuni di villaggio realizzava lo scambio con il baratto, queste gilde agricole regolerebbero la valuta con pezzi fissi»179.

Se, quindi, uno degli scopi del rilancio dell’agricoltura era la diminuzione della disoccupazione, le macchine agricole in quale misura si sarebbero dovute utilizzare?

178 Penty, Guild, Trade and Agriculture, cit., p. 79 179 Ivi, p. 80

76 Ovviamente la risposta è intuitiva: meno macchinari si useranno, più lavoratori verranno impiegati per un maggior tempo possibile180.

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3.2 CRITICA ALLE GRANDI ORGANIZZAZIONI

La questione industriale in Penty prese avvio da un interrogativo solo apparentemente semplice: come poteva accadere che la società inglese continuasse a credere nel progresso industriale, malgrado le critiche che, sul piano economico e sociale, parevano liquidare una volta per tutte la validità di tale idea? Il tentativo di spiegare quest’anomalia, ovvero il persistere della fede nella crescita industriale, divenne una critica ricorrente nelle opere di Penty. Tuttavia, a seguito di una crisi che, drammaticamente inaugurata dal conflitto più devastante che l’umanità avesse fino a quel momento conosciuto e che rimarrà impresso nella memoria collettiva come la Grande Guerra, lascerà conseguenze profonde, mutarono non solo le visioni e soluzioni dell’autore per affrontare il problema, ma anche il giudizio della popolazione inglese181

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