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1. Gli anni giovanili e dell’impegno pubblico

1.1. La giovinezza

Nell’aprile del 1763 Lodovico Maria de’ Medici aveva sposato la nobi-

le Giulia Dal Pozzo1, dalla quale ebbe 4 figli: 2 femmine – tra cui Isabella,

per il matrimonio della quale sarà costretto ad indebitarsi – e 2 maschi, tra cui Girolamo, nato il 21 novembre 1774. Questi, battezzato in S. Lorenzo 2 giorni appresso, ebbe come padrini il conte Pietro Fracanzani e la con-

tessa Teresa Murari, moglie del conte Federico Bevilacqua2.

Riguardo all’istruzione ricevuta, in assenza di documentazione, si pos- sono solo formulare ipotesi. Escludendo che essa sia avvenuta presso i pa- dri Somaschi, fin dal 1669 autorizzati ad aprire una Accademia per l’edu- cazione dei figli dei nobili, la quale però venne chiusa nel periodo 1779- 1790, si può avanzare l’ipotesi che egli abbia frequentato le scuole di S. Se- bastiano, alla riforma dell’ordinamento delle quali aveva contribuito il pa-

dre nel 17743. Nulla però ce lo conferma. D’altronde, come successe per

altri coetanei del medesimo ambiente sociale, potrebbe essere avvenuto lo stesso che per Bonifacio di Canossa, suo futuro consuocero, abitante an- ch’egli sulla via del Corso, il quale apprese “lettere e scienze in casa sua, se-

guito dai maestri più dotti della città e da un sacerdote”4. Comunque, si

1 Morta nell’aprile del 1811, fu sepolta in S. Bernardino, ed il figlio Girolamo, nella iscri- zione lapidea dedicatale, la apostroferà come certamente non seconda a nessun’altra quanto ad amore per i figli ed a disponibilità di carattere: si veda O. CAGNOLI, Iscrizioni

in Verona, con cenni statistici e con tavole a tutto il 1851, Verona, Vicentini e Franchini,

1852, Tomo I, Nel cimitero che fu a S. Bernardino, p. 10, iscrizione 43.

2 A.S.Ve, Commissione araldica, b. 149, fasc. 8.

3 Per la scuola dei Padri Somaschi, vedi A. PEGIMI, San Zeno in monte, Verona, Ed. di Vita veronese, 1967. Il nostro non figura neppure nei registri d’archivio dell’Università di Pa- dova.

può dire con assoluta certezza che nella sua formazione è ben presente una forte impronta religiosa ed umanistica.

Fino alla metà degli anni novanta la sua biografia è priva di supporti documentali. Il 14 settembre 1795 egli sposa la nobile Camilla Bongiovan- ni, che gli porta una dote di 20.387 ducati ed i possedimenti di Mazzagat-

ta, lasciati ad essa in eredità dal fratello Girolamo Bongiovanni5; il 9 ago-

sto 1796 gli nasce una figlia, Giulia Francesca.

Quando, il primo giugno 1796, l’esercito francese entra in Verona, la permanenza di questo tocca da vicino anche la sua famiglia: per i prestiti cui il padre è costretto a ricorrere onde far fronte agli oneri imposti dalle milizie straniere e perché la casa di famiglia, sul Corso, viene scelta quale alloggio, nel 1797, per il tenente Bot6. La via in cui risiede la famiglia de’

Medici, inoltre, è uno dei luoghi centrali per operazioni militari all’interno della città, collegata com’è a Castelvecchio. Il 12 agosto 1796, mentre i car- ri adibiti al trasporto delle polveri transitavano sul Corso, uno di questi si incendiò, proprio di fronte ai palazzi Bagatta e de’ Medici, rovinandone le facciate ma per fortuna, o per miracolo, come venne detto, senza provoca-

re alcun ferito7. Una delle due case danneggiate era quella di Gasparo de’

Medici: questi possedeva le case al n. 2763, data in affitto, e al 2764, in cui abitava. Lodovico Maria, e dal 1802 Girolamo, figurano proprietari di 2 case affittate, ai numeri 2760 e 2761, e della loro abitazione al n. 2762, in una situazione di contiguità con i cugini8.

GIROLAMO DE’ MEDICI XXXI

lustre famiglia di Canossa, Modena, Eredi Soliani Tipografi reali, 1859, p. 16. Il Cavattoni

aveva pubblicato il “medaglione” anche separatamente l’anno prima, presso Vicentini e Franchini.

5 A.Me., fasc. 8, Descrizione de capitali passivi e danari..., carta 66; R. SCOLAGAGLIARDI,

Le corti rurali tra Adige e Menago, cit., p. 61.

6 A.S.Vr., Antico archivio del comune, reg. 407.

7 In quell’occasione, a livello di voce popolare, si parlò infatti anche di miracolo: cfr. V. AL-

BERTI, Memorie e note (1796-1834), in “Archivio storico veronese”, I, 1879, p. 154. L’Al-

berti, uomo del popolo, “pensa, ragiona, discute e giudica coi criteri e col linguaggio del popolo del quale adotta le superstizioni, le credenze, i controsensi e gli errori” (O. PERI-

NI, Osservazioni e appunti alle memorie di Valentino Alberti, in “Archivio storico verone-

se”, I, 1879, p.140). Il fatto è raccontato, ma sfrondato di ogni colore popolare, anche da Girolamo de’ Medici (Vicende, p. 69 [28]). Per la cronachistica veronese del periodo si ve- da: M. ZANGARINI, L’oste, il nobile, il prete. Il primo Ottocento veronese nei diari di tre con-

temporanei, in Una città un fondatore. Miscellanea di studi mazziani II, a cura di M. Gua- sco, Verona, Mazziana, 1990, pp. 13-51; M. ZANGARINI, “Galli, ongari e todeschi”. Giaco-

bini e imperiali in una cronaca popolare veronese di fine Settecento, in Studi di storia per Luigi Ambrosoli, scritti di M. Allegri e altri, Verona, Cierre, 1993, pp. 87-121. Tali studi di

Zangarini sono preparatori al suo corposo, e già citato, Il diario dell’oste. La raccolta stori-

ca cronologica di Valentino Alberti, in cui il “miracolo” è riportato alle pp. 5-6.

8 A.S.Vr., Estimi provvisori, registri n. 723, 729, 761, ad numeros 2760-2764. L’estimo era di 65 scudi e 6 soldi per le case affittate, e 127 scudi e 4 soldi per la “casa con 3 corti e poz- zo” al 2762 (ivi, registro n. 723). Le case di proprietà delle due famiglie, dal 2760 al 2764, corrispondono ai numeri 4-12 dell’attuale Corso Cavour (T. LENOTTI, Le antiche contrade

Nulla di che stupirsi sulla repentina propagazione e diffusione di pre- sunti eventi miracolistici: studi ormai accreditati hanno interpretato la cre- dulità popolare, con connesso manifestarsi di eventi soprannaturali, come fenomeni peculiari dei tempi di crisi, inquietudine, incertezza. Valentino Alberti, che ci ha tramandato il racconto del “prodigio” avvenuto a palaz- zo Bagatta, racconta anche di come il 7 agosto 1796 i francesi decidessero di usare come ospedale la chiesa di S. Eufemia; nella vicina chiesa di S. Si- mone i frati, allora, si affrettarono ad asportare ed a nascondere tutti gli ar- redi e gli oggetti sacri.

Era però solo la statua di S. Nicola di Tolentino sul suo altare e i francesi, volen- dola distruggere, li gettarono una soga [fune] al collo, e si misero in diversi per tirarla abbasso e buttarla in pezzi, ma non fu possibile lo smuoverla dal suo nic- chio: la qual cosa fu miracolosa9.

Girolamo, invece, raccontando il medesimo episodio, riferisce solo del-

la pretesa francese di impiantare l’ospedale nella chiesa di S. Eufemia10:

sembra pertanto non prestare ascolto a tali versioni miracolistiche, oppure forse – quando un anno dopo l’ingresso delle truppe francesi imprende ad ordinare il materiale per la sua cronaca – preferisce non dare adito ad ac-

cuse di creduloneria da parte degli eventuali “pochi lettori”11.

Tuttavia la situazione cambia nel periodo della reazione austro-russa del 1799, quando la religione e la superstizione regnano incontrastate e di-

vengono prova di adesione al nuovo corso12. Il 27 aprile 1800 egli chiede

ed ottiene l’aggregazione proprio alla Compagnia di S. Nicola da Tolenti- no nell’oratorio dei santi Simeone e Giuda, confraternita che era altresì sotto la protezione della Beatissima Maria Vergine, e grazie alla cui aggre-

gazione si poteva godere delle indulgenze concesse da papa Paolo Ve con-

fermate da Urbano VIII13: forse, questa scelta potrebbe essere in qualche

modo in relazione con l’evento “miracolistico” raccontato popolarmente dall’Alberti e sottaciuto invece dal nobile Girolamo de’ Medici. D’altra parte, per limitare le possibilità di un’equazione troppo facile, occorre ag- giungere che le confraternite, fino al momento della loro soppressione nel 1806 e nel 1810, furono sempre ricche di denari e di confratelli, ed erano uno degli strumenti con i quali la religione permeava la vita tutta delle po-

XXXII UNA “LODEVOLE MODERAZIONE” E UNA “ONOREVOLE CONDOTTA”

9 V. ALBERTI, Memorie e note, cit., in “Archivio storico veronese”, I, 1879, p. 153 (ora in Il

diario dell’oste, cit., p. 4-5).

10 Vicende, p. 66 [27].

11 Vicende, Avviso [3].

12 C. ZAGHI, L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, Torino, Utet, 1986, p. 232-242.

13 B.C.Vr., b. 919, de’ Medici: foglio a stampa con firma autografa del priore della compa- gnia, Gio. Ferrari, attestante l’aggregazione di Girolamo. Oggetto della predicazione di S. Nicola da Tolentino erano la carità verso Dio e il prossimo, l’umiltà, la castità, la devozio- ne a Maria (C. CAVATTONI, Vita di S. Nicola da Tolentino, Verona, Stamperia Libanti, 1845).

polazioni14: già dal 25 marzo 1795 Girolamo era divenuto membro della

Compagnia di S. Vincenzo Ferrer, presso la chiesa parrocchiale di S. Pie-

tro in Monastero, il cui fine era la grazia di una santa e buona morte15.

1.2. Gli incarichi politici in età napoleonica

In seguito alla morte del padre, nel 1803 Girolamo, erede universale16,

diviene capofamiglia e titolare delle sostanze. Il 9 agosto 1807 gli nasce un maschio, Lodovico Bassano: una nota, relativa all’invio delle partecipazio-

ni, conferma il persistere di relazioni con le maggiori nobili famiglie17. Un

successivo elenco, questa volta di famiglie cui è stata comunicata la morte della madre Giulia Dal Pozzo de’ Medici, avvenuta il 12 aprile 1811, chia- risce con quali egli avesse maggiori rapporti di familiarità e consuetudine: ai conti e nobili Pellegrini, Franchini, Buri, Guarienti, Serego, Giovanni Pindemonte, Lodovico Moscardo, Giusti, Giuliari, Curtoni, la notizia è

comunicata di persona; agli altri, invece, mediante biglietto18. Che la fami-

glia fosse ancora tra le eccellenti in Verona è confermato, oltre che dalla trama di relazioni, anche dal fatto che la moglie di Girolamo era ammessa alla presenza dei sovrani19.

In documenti di questo periodo Girolamo figura tra i 150 maggiori estimati per beni e caseggiati compresi nel circondario comunale di Vero- na; in un successivo elenco del 1814 risulterà al ventinovesimo posto con 105 soldi, 2 denari e 3/4 d’estimo, mentre in quello per il 1815 lo troviamo al n. 60 (ordine non progressivo) con 49,4 soldi d’estimo a sinistra, e 193 soldi d’estimo per caseggiati a destra Adige; molti, infine, erano i suoi pos-

sedimenti nel territorio veronese20. Nel 1811 egli, in qualità di “procurato-

GIROLAMO DE’ MEDICI XXXIII

14 R. FASANARI, Le riforme napoleoniche a Verona (1797-1814), Verona, Ist. per la storia del Risorgimento, 1964, p. 146-166: la compagnia di S. Nicola da Tolentino era l’unica con- fraternita che si dedicasse alla pubblica istruzione.

15 B.C.Vr., b. 919, de’ Medici: foglio a stampa. Tale confraternita era una delle poche senza sostanze e senza rendite (R. FASANARI, Le riforme napoleoniche, cit., p. 156). Per un breve

profilo del santo si veda la voce omonima, di Sadoc M. Bertucci, in Bibliotheca sanctorum, Vol. XII, Roma, Città Nuova, 1969, colonne 1168-1176.

16 A.S.Ve, Commissione araldica, b. 149, fasc. 2, Cert. notarile 22 maggio 1816.

17 B.C.Vr., b. 921, de’ Medici, Nota di famiglia cui è stata partecipata la nascita di mio figlio Lodovico Bassan.

18 B.C.Vr., b. 920, de’ Medici, Nota di famiglie avvisate della morte di mia madre contessa Giulia Dal Pozzo de’ Medici accaduta li 12 aprile 1811.

19 B.C.Vr., b.920, de’ Medici: lettera a Camilla Bongiovanni del 28 gennaio 1806.

20 A.S.Vr., Comune, parte moderna, Atti del consiglio, b. 3, 1808-1811, adunanza 18 aprile 1811; b. 4, 1811-1812, adunanza 17 sett. 1812; b. 5, 1813-1815, adunanza 30 sett. 1814; b. 6, 1815-1816, adunanza 3 luglio 1815. Per parte dei possedimenti in epoca napoleonica, vedasi A.S.Ve., Catasto napoleonico, Sommarione 347 (Verona), nn. 5253, 5254, 5257, 5262-5264; Sommarione 410 (S. Michele), nn. 596-598, 706-708, 714-715, 720, 1428, 1444, 1478-1497 (loc. Bassana), 1646-1651, 1708, 1712, 2122-2126; Sommarione 484 (S.

re speciale” di tutti i “comproprietari” della Decima Grande di Cerea, Aselogna, Malavicina, intenta un procedimento civile a carico di Giacomo Marastoni, onde ottenere il pagamento delle decime relative a quei terreni, riprendendo un analogo procedimento avviato nel 1806 davanti alla Pre- tura di Legnago. La causa si conclude con sentenza d’appello del 15 giu- gno 1814, in cui è data sostanzialmente ragione al de’ Medici contro il Ma- rastoni che aveva tentato di dimostrare, con prove testimoniali, che da ol- tre trent’anni si trovava esente da decima su alcuni prodotti e su alcuni fondi – per cui il diritto stesso si doveva considerare caduto in prescrizio-

ne21. È in questo stesso periodo, inoltre, che egli avvia la trasformazione

della villa Bassana in corte, con l’aiuto di certo Santo Toffaletti di S. Mi- chele, pseudoarchitetto22.

Se la sua partecipazione alla vita sociale dell’ambiente cittadino risale al 1795, epoca della sua aggregazione alla confraternita di S. Vincenzo Fer- rer, per trovarlo invece presente ed operante a livello politico-amministra- tivo occorre attendere alcuni anni.

Sono anni, questi, contrassegnati da gravi turbamenti e sconvolgimen-

ti23. L’arrivo dei Francesi, le Pasque veronesi, l’esperienza democratica, la

reazione austro-russa, la divisione della città in due parti, sono fatti che possono ben tenere lontano dalla vita pubblica chi aspiri ad una tranquil- la moderazione. La prima data certa, relativa a suoi incarichi in tali ambi-

XXXIV UNA “LODEVOLE MODERAZIONE” E UNA “ONOREVOLE CONDOTTA”

Vito di Cerea), nn. 183 e 287; Sommarione 481 (Cerea), nn. 330, 331, 336, 410-420, 531- 533, 804-810.

21 Aggiunta di stampa del sig. Girolamo de’ Medici, cit. La richiesta di esenzione del Mara-

stoni fu rigettata in quanto, avendo egli nel frattempo modificata l’originaria delimitazio- ne dei fondi e le relative colture, perdeva di validità il computo del tempo intercorso sen- za pagare decime. Le liti comunque non dovevano finire qui, nè il tentativo di ottenere un reddito da tale diritto: ancora in data 20 agosto 1838 l’ingegnere Luigi Luziato, su incari- co di Girolamo de’ Medici, presidente dei “compadroni” della Decima Grande di Cerea, si portava nella contrada di Malavicina, di pertinenza della decima suddetta, per fare la descrizione dei vari fondi e della loro appartenenza (A.Me., fasc. 23). Per la storia della Decima Grande di Cerea, si veda A. FERRARESE, Aspetti e problemi economici del diritto di

decima in Terraferma veneta in età moderna, Verona, Accademia di agricoltura scienze e

lettere, 2004. Per i cartografi ed agrimensori veronesi, e specificamente Luziato, cfr. G.F. VIVIANI, Dizionario dei cartografi veronesi, in Agrimensura e cartografia, catasti e catastici a

Verona dall’età romana ai nostri giorni, a cura di P. P. Brugnoli, Verona, Collegio dei geo-

metri di Verona e provincia, 1992, p. 469.

22 G.F. VIVIANI, Ville e corti, cit., p. 31. Viviani cita un disegno della pianta della villa, in cui l’autore si firma Santo Toffalero (A.Me., disegno 27, ex 680 c) e si dichiara gastaldo dei conti de’ Medici. L’indice dell’archivio de’ Medici, presso l’Archivio di stato di Verona, riporta il nome come Santo Toffaletto. Verosimilmente, il nome corretto è Santo Toffalet- ti quondam Francesco, che possedeva una casa d’affitto e piccole porzioni di terreni col- tivati a orto e a viti in località Bassana (A.S.Venezia, Catasto napoleonico, Sommarione 410, S. Michele, ai nn. 1441 e 1468).

23 Sull’ordinamento politico-amministrativo della città e del territorio in periodo francese, si veda: L. CASTELLAZZI, La dominazione francese (1797-1814), in Verona e il suo territorio,

VI, Verona nell’Otto/Novecento, Verona, Istituto per gli studi storici veronesi, 1988, tomo I, pp. 5-67.

ti, è il 1805, anno in cui Napoleone si proclama Re d’Italia, suggellando co- sì l’involuzione ed il ritorno all’ordine del suo regime da una parte, ed una stabilizzazione dei poteri, dall’altra. E, pur se nel periodo napoleonico gli incarichi di Girolamo furono scarsi, lo troviamo comunque Presidente municipale nel 1805, incaricato di predisporre ed allestire i festeggiamenti per la venuta a Verona di Napoleone, proprio dopo la creazione del Regno d’Italia24; nella veste di Vicepresidente municipale si era trovato, agli inizi

del 1805, a dover fare presente al Commissario straordinario del Circon- dario dell’Adige il problema della spesa fuori bilancio di Lire 18 mila per la venuta di Napoleone – spesa che, quando non opportunamente ripiana- ta e sanata, sarebbe andata a discapito delle normali spese di ordinaria am- ministrazione25.

In ogni caso, la sua presenza nel Consiglio cittadino passa come una meteora. Lo troviamo infatti nella terna dei candidati per la sostituzione del consigliere Alessandro Carli nella seduta del 3 settembre 1804; da neo- fita, è Vicepresidente municipale agli inizi del 1805 e Presidente munici- pale nel giugno dello stesso anno; ma già ad ottobre 1805 non è più Presi- dente, e non figura neppure più come componente del Consiglio col rin- novo dello stesso, alla fine dell’anno.

GIROLAMO DE’ MEDICI XXXV

24 A.S.Vr, Municipalità, Regno Italico, b. 61, fasc. 2 e 3: varie lettere e documenti a firma Gi- rolamo de’ Medici. Un suo proclama dell’8 giugno 1805, terminava con le seguenti paro- le: “Gli abitanti di Verona, e del circondario, approfitteranno a gara di questo incontro per godere della sospirata presenza del loro MONARCA, e per tributare allo stesso i sinceri

omaggi della loro riconoscenza, della lor fedeltà” (ivi, fasc. 3). Si veda anche, per la de- scrizione degli incarichi politici nel periodo, A.S.Vr., Arch. Comune, parte moderna, atti del consiglio, b. 5, 1813-1815, fasc. adunanza 2 gennaio 1815. Valentino Alberti notava a proposito della venuta di Napoleone: “Speriamo che sia venuto per far del bene a questa città che ne abbiamo debisogno” (V. ALBERTI, Il diario dell’oste, cit., p. 81).

Per la visita di Napoleone a Verona, il 15 giugno 1805, si vedano: “L’Avvisatore dell’Adi- ge”, n. 25, 19 giugno 1805, pp. 110 e sgg.; O. PERINI, Storia di Verona dal 1790 al 1822, Ve- rona, Tipografia Cesira Noris, 1873-1875, vol. III, p. 108-109. Perini qualifica come atteg-

giamento di sospettoso sussiego il modo in cui l’imperatore aveva in pratica rifiutato le chiavi della città (“Tenetele con voi, in mano vostra si trovano bene affidate”: ivi, p. 109) e aggiunge, riguardo ai festeggiamenti: “Dicesi infatti che ne muovesse lagnanza col presi- dente del corpo municipale De Medici e gli facesse comprendere il suo dispiacere aggiun- gendo sapere quanto poco dai veronesi si amasse la Francia” (ivi, p. 115). “L’Avvisatore dell’Adige” semplicemente (né avrebbe potuto fare di più) narra la vicenda delle chiavi (“tenete le chiavi della Città, son bene affidate a voi”) e, riguardo all’accoglienza, afferma invece che “il sovrano gli [al commissario di governo] fece conoscere il suo pieno aggradi- mento per quello che erasi fatto al suo riguardo” (n. 25, 19 giugno 1805, p. 110-111). 25 A.S.Vr., I.R. Congregazione municipale, busta 1 (1802-1806): adunanza del 30 gennaio

1805. In seduta del 12 giugno 1805, poi, in qualità di Presidente municipale, aveva enun- ciato la necessità, per la Municipalità, di effettuare spese straordinarie per manifestare “al- la maestà di Napoleone IImperatore e Re il comun giubilo e i giusti sensi della gratitudi- ne de’ Veronesi, che sentono tutta via gli effetti della sovrana di lui predilezione” e perciò aveva chiesto al consiglio che, convinto esso della “rettitudine del corpo Municipale”, au- torizzasse a prendere i necessari impegni economici per far fronte alle spese: il consiglio aveva approvato con 16 voti a favore e 5 contrari (ivi, adunanza del 12 giugno 1805).

Possono sembrare strani questi incarichi repentini, repentinamente persi. Forse lo sono meno a por mente, oltre che alla volontà di Girolamo di perpetuare ed incrementare il proprio status familiare, alla necessità di far dimenticare a Napoleone le luttuose vicende delle Pasque veronesi e le agitazioni politiche successive. In questo senso, probabilmente, il presen- tare a Napoleone come rappresentante della città un “homo novus”, pote- va avere appunto il fine di manifestare una cesura con l’epoca precedente. E che fosse interesse della città dimostrare attaccamento, zelo, fiducia nel sovrano, lo aveva espresso lo stesso Napoleone, rispondendo alla nota di felicitazioni per la elevazione al trono, inviata dalla Municipalità di Verona e dall’Amministrazione centrale dell’Adige:

La prosperità dei popoli confidati alle mie cure, sarà in tutti i tempi il principale oggetto della mia attenzione; ma la mia affezione distinguerà sempre coloro che si segnaleranno col loro attaccamento alla mia persona, e collo zelo che corri- sponda agli alti destini, ai quali ho disegnato di elevarli. Mi compiaccio di crede- re che voi, e gli abitanti del paese che amministrate, non cesserete di rendervi sempre più degni di questa distinzione, e con ciò prego Dio che vi abbia sotto la sua santa guardia26.

I suoi incarichi politici, comunque, continueranno nei comuni della provincia: nel 1806 è nominato per la prima volta consigliere nel comune

di Cerea27, nel 1808 figura come consigliere in due comuni di seconda clas-

se, Cerea e Zevio28, e figura tale, nel comune di Cerea, ancora nel 181129.

Il fenomeno del brigantaggio del 1809, o per meglio dire le “insorgen- ze”, poi, hanno effetti pesantemente negativi anche sulle classi possidenti, per la tassa del dazio consumo estesa nel giugno 1809 anche ai comuni ru- rali, e per l’obbligo delle somministrazioni destinate al mantenimento del- l’armata: Girolamo, ad esempio, deve fornire vari sacchi di riso bianco, frumento, “formentone”, 12 brenti di vino, fieno, per un totale stimato di 348 lire e 50 centesimi, pagati per un terzo del valore, e cioè lire 10430.

XXXVI UNA “LODEVOLE MODERAZIONE” E UNA “ONOREVOLE CONDOTTA”

26 “L’Avvisatore dell’Adige”, 20 marzo 1805, p. 45. 27 A.Cerea, 3, tit. IV, atti del consiglio 1809.

28 REGNO D’ITALIA, Tabella dei consiglieri delle comuni di IIe IIIclasse del Dipartimento del-

l’Adige organizzate colla divisione dipartimentale del giorno d’oggi, Verona, Presso Antonio

Tommasi, s.d., p. 5 e 22.

29 A.Cerea, 6, atti consiglio 1810; vedi anche “Giornale veronese”, 49, 22 giugno 1811, p.