Le nuove direttive europee del 2013 e i possibili sviluppi del sistema in Italia
5.1.2 Capo II Principi Fondamentali e Garanzie
Tutti gli articoli presenti in questo Capo meritano un’analisi approfondita. L’articolo 6 pone dei limiti severi relativamente al tempo necessario per la registrazione della domanda d’asilo presentata dal cittadino straniero: tre giorni nel caso la domanda venga presentata direttamente all’autorità competente a ricevere e registrare la domanda, sei se viene presentata alle autorità competenti a ricevere la domanda, ma non alla registrazione della stessa. Sempre nell’articolo 6, comma 1, paragrafo 3 viene ribadita la necessità di un’adeguata preparazione di tutto il personale coinvolto nelle procedure di accoglienza (polizia di frontiera, funzionari pubblici, personale dei centri di trattenimento ecc.). Viene comunque indicata nel comma 5, sempre dello stesso articolo, una deroga per i casi in cui il numero di richieste simultanee sia eccessivo: in questo caso il limite temporale diviene di dieci giorni.
L’articolo 8 tratta un tema molto importante nelle dinamiche della richiesta di protezione internazionale, cioè l’informazione e la consulenza nei centri di trattenimento e ai valichi di frontiera. Nei suoi commi viene infatti ribadito come gli Stati membri debbano fornire un adeguato livello di informazione ai cittadini stranieri che vogliono presentare domanda, garantendo anche un servizio di interpretariato adeguato (comma 1) e di come debba essere garantito alle organizzazioni o alle persone che forniscono consulenza un effettivo accesso ai richiedenti, sebbene però lo stato possa o subordinare il tutto a un preventivo accordo o limitare l’accesso nel caso in cui, secondo le norme del diritto nazionale, ci sia un reale rischio per l’ordine pubblico e la sicurezza (comma 2).
L’articolo 9 pone l’attenzione sul diritto del cittadino terzo di rimanere nello Stato membro durante l’esame della domanda non solo ribadendo come questi abbia diritto a rimanere e ad ottenere un titolo di soggiorno fino al primo grado di giudizio (comma 1), ma anche come si possa derogare a questa disposizione solo nel caso in cui si presenti una domanda reiterata (comma 2) e come si possa estradare un richiedente in un paese terzo solo se questo non comporti un caso di
refoulement diretto o indiretto (comma 3).
L’articolo 10, relativo ai criteri da applicare all’esame delle domande, si discosta poco dal suo predecessore presente nella Direttiva 85/2005/CE. Gli elementi innovativi sono: il comma 2, nel quale si indica chiaramente come alla presentazione di una domanda di protezione internazionale l’autorità accertante debba innanzitutto decidere se il soggetto ha diritto alla qualifica di rifugiato e in caso contrario verificare se sia ammissibile alla protezione sussidiaria; il paragrafo d) del comma 3, dove viene ribadita l’importanza della collaborazione anche con personale esterno esperto in particolari ambiti, come quello medico, culturale, religioso, di genere o inerente ai minori; e il comma 5, che ribadisce la necessità e l’obbligo di provvedere a un’adeguata traduzione dei documenti ai fini dell’esame delle domande.
Riguardo all’articolo 13, obbligo dei richiedenti, l’unica vera novità introdotta è quella relativa al comma 2, paragrafo d), nel quale viene ribadito come i soggetti provenienti da stati terzi possano essere perquisiti, ma viene specificatamente indicato come queste perquisizioni debbano essere fatte rispettando i principi di dignità umana e integrità fisica e psicologica. In particolare, alla perquisizione del richiedente protezione provvede una persona del suo stesso sesso.
L’articolo 14 regolamenta in maniera chiara il colloquio personale. Rispetto alle direttive passate, nel comma 1 non viene semplicemente indicata la possibilità da parte del richiedente di sostenere un colloquio personale relativamente alla sua domanda di protezione internazionale, ma viene anche indicato come in casi di afflusso massiccio lo Stato membro possa affiancare all’autorità predisposta all’analisi delle domande anche il personale di altre autorità, a patto che questo sia
adeguatamente formato, sempre nel rispetto dei parametri del regolamento 439/2010/UE. Nel comma 2 vengono indicate le situazioni nelle quali il colloquio può essere omesso: rispetto alle direttive precedenti scompaiono i casi di manifesta infondatezza della domanda o il caso in cui le autorità abbiano già avuto un colloquio precedente con il richiedente. Il loro posto viene preso dal paragrafo b), che regolamenta lo svolgimento del colloquio per quei casi in cui il richiedente asilo sia considerato incapace o non in grado di sostenere un colloquio. Sebbene il colloquio sia comunque considerato un elemento importante a tal punto che le autorità competenti possono, nell’atto di decidere riguardo a una domanda di protezione internazionale, tener conto del fatto che il richiedente non si sia presentato (comma 5), la mancanza di un colloquio personale non impedisce comunque alle autorità di prendere una decisione sulla domanda presentata (comma 3).
Nell’articolo 16, “contenuto del colloquio personale”, si fa un netto riferimento all’articolo 4 della Direttiva 2011/95/UE, indicando come si debba assicurare al richiedente la possibilità di presentare tutti gli elementi necessari per motivare la domanda.
L’articolo 17, “verbale e registrazione del colloquio personale”, riprende in parte l’articolo 14, “valore giuridico del verbale del colloquio personale ai fini della procedura”, della direttiva 2005/85/CE, introducendo alcune modifiche. Viene ribadita la necessità di assicurare la redazione di un verbale accurato da inserire all’interno del fascicolo del richiedente (comma 1), e viene inoltre presa in considerazione la possibilità concessa ai vari stati membri di procedere alla registrazione sonora o audiovisiva del colloquio personale (comma 2). Allo stesso tempo viene comunque concessa al cittadino dello Stato terzo la possibilità di formulare osservazioni o fornire chiarimenti sui contenuti del verbale: perché ciò sia possibile deve essere garantito un adeguato servizio di traduzione e alla fine dell’audizione, in caso di assenza di una registrazione audio o audiovisiva da allegare, il personale predisposto deve chiedere al richiedente la conferma dell’adeguata trascrizione del colloquio (comma 3). I legali del richiedente e il richiedente stesso hanno il diritto di accesso al verbale, o alla trascrizione o alle
registrazioni, prima che l’autorità decida relativamente al caso dell’interessato (comma 5).
L’articolo 18, visita medica, è introdotto per regolamentare le varie visite che l’autorità accertante può decretare relativamente alla valutazione di una domanda di protezione internazionale. Sebbene sia necessario il consenso del richiedente per procedere a qualsiasi tipo di visita medica, nel caso in cui le autorità non dispongano alcuna visita, il richiedente può, pagando di tasca propria, provvedere a una visita medica per comprovare di aver subito danni gravi o persecuzione (comma 2). Nel caso in cui sia l’autorità a predisporre tale visita, questa verrà effettuata da personale qualificato e pagata attraverso fondi pubblici (comma 1).
Ampio spazio all’interno della Direttiva viene poi concesso all’assistenza legale del richiedente, che deve comprendere sia delle informazioni giuridiche e procedurali di primo grado (articolo 19), quindi relative a tutte le procedure di presentazione della domanda e di audizione, sia un servizio di assistenza legale gratuita nei casi di impugnazione (articolo 20). Vengono infine dettagliatamente indicati quali sono i soggetti che possono fornire assistenza legale (organizzazioni non governative, professionisti di autorità governative o servizi statali) e come le forniture gratuite possano essere limitate, nel caso di impugnazione fino al primo grado di giudizio, a patto che non costituiscano restrizioni arbitrarie all’accesso alle informazioni giuridiche o alla rappresentanza legale (articolo 21). Viene inoltre garantita, attraverso l’articolo 22, la possibilità da parte del richiedente di consultare a proprie spese, in qualsiasi momento della procedura, un avvocato o un consulente legale qualsiasi o anche qualsiasi organizzazione non governativa a cui lo Stato membro consenta di fornire assistenza e/o rappresentanza gratuita in quest’ambito.
L’articolo 26 tratta i casi di trattenimento rimandando alla Direttiva 2013/33/UE, della quale parleremo in maniera approfondita più avanti.