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Capo III Procedura di Primo Grado

Le nuove direttive europee del 2013 e i possibili sviluppi del sistema in Italia

5.1.3 Capo III Procedura di Primo Grado

L’articolo 31 indica le varie procedure d’esame da seguire (rispetto dei principi elencati precedentemente, celerità ecc.), ma allo stesso tempo fissa dei limiti temporali precisi da rispettare. Ogni procedura deve essere espletata entro sei mesi dalla presentazione della domanda; nel caso in cui ci siano dei dubbi sullo Stato membro competente i sei mesi iniziano a decorrere dal momento in cui lo Stato membro sia stato identificato (comma 3). In casi particolari il termine di sei mesi può essere prorogato di ulteriori nove; le situazioni che permettono questa proroga sono tre e sono specificate in un elenco esaustivo: quando siano coinvolte questioni di diritto complesse, quando vi sia un afflusso massiccio di richiedenti da paesi terzi o apolidi, quando il cittadino straniero non rispetti gli obblighi impostigli. Sempre nel comma 3 dell’articolo 31 è indicato come in casi eccezionali -debitamente motivati dallo Stato- la procedura potrà superare di tre mesi il termine massimo di 15 mesi precedentemente indicato. È inoltre indicata espressamente, nel comma 4, la possibilità da parte dello Stato ospitante di rimandare la procedura d’esame a causa di una situazione incerta nel paese di origine: in questo caso lo Stato membro deve comunque provvedere a riesaminare la situazione del paese di origine ogni sei mesi, deve comunicare ai richiedenti interessati le ragioni del rinvio e deve comunicare alla Commissione il rinvio delle procedure per il paese in questione. In ogni caso la procedura d’esame deve concludersi entro un termine massimo di 21 mesi (comma 5). Rispetto alle direttive precedenti è ampliato il numero delle fattispecie secondo le quali la procedura può essere accelerata o svolta direttamente o alla frontiera o in zone di transito: al caso già precedentemente indicato nella direttiva 2005/85/CE, in cui il richiedente solleva questioni che non hanno alcuna pertinenza rispetto alla richiesta si attribuzione della protezione internazionale, ne vengono aggiunti altri. In particolare, i casi i casi in questione riguardano un richiedente che provenga da un paese di origine sicuro, presente nella lista che la direttiva stessa propone di creare; un richiedente che abbia indotto in errore le autorità presentando informazioni o documenti falsi; un richiedente che

abbia in malafede distrutto il suo documento di identità o viaggio, che avrebbe permesso l’accertamento della sua identità o della sua cittadinanza; un richiedente che abbia rilasciato dichiarazioni palesemente incoerenti, false e contraddittorie sufficientemente verificate sul paese di origine, rendendo chiaramente non convincente la sua richiesta di protezione internazionale; un richiedente che abbia presentato una domanda reiterata; un richiedente che presenti una domanda al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione anteriore o imminente che ne comporterebbe l’allontanamento; un richiedente che sia entrato illegalmente nel territorio dello Stato membro o non si sia presentato alle autorità o non abbia presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile; un richiedente che si rifiuti di adempiere all’obbligo di rilievo dattiloscopico per il confronto delle impronte digitali; un richiedente che possa essere considerato per gravi ragioni un pericolo per la sicurezza nazionale e l’ordine pubblico.

L’articolo 32 indica in maniera chiara ed inequivocabile come siano da considerarsi infondate solo le domande dichiarate tali dall’autorità accertante; si differenzia dall’articolo 33 in quanto quest’ultimo indica quali sono i casi in cui una domanda può considerarsi inammissibile. Questa si definirà tale solo nei seguenti casi: se un altro Stato membro ha concesso la protezione internazionale; se un paese che non è uno Stato membro è considerato un paese di primo asilo per il richiedente; se un paese che non è uno Stato membro è considerato un paese terzo sicuro per il richiedente; se la domanda è una domanda reiterata.

Per rendere più chiare le procedure di analisi delle domande, la direttiva 32/2013/UE ribadisce i concetti di paese terzo sicuro (articolo 38) e di paese di primo asilo (articolo 35), e introduce per la prima volta il concetto di paese di origine sicuro (articolo 36). Come indicato nel comma 1 dell’articolo 36, un paese può essere considerato un paese di origine sicuro per un determinato richiedente solo se il cittadino straniero ha la cittadinanza di quel paese o è un apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel paese. Inoltre l’articolo 37, designazione nazionale dei paesi terzi sicuri quali paesi di origine sicuri, indica come ciascuno Stato membro possa provvedere a stabilire a livello nazionale quali sono i paesi di origine sicuri a patto che la situazione di questi paesi sia

costantemente monitorata e che le eventuali decisioni si basino sulle informazioni fornite da altri Stati membri, EASO, ACNUR, Consiglio d’Europa e altre organizzazioni internazionali competenti. Infine nel comma 4 è imposto l’obbligo a ciascuno Stato membro di comunicare alla Commissione i paesi designati come sicuri. Alla definizione di paese terzo sicuro nella direttiva 32/2013/CE viene accostata anche la nozione di paese terzo europeo sicuro (articolo 39). Rientrano all’interno di questa categoria tutti quegli stati che oltre ad aver ratificato la Convenzione di Ginevra e a disporre di una procedura di asilo prescritta per legge hanno ratificato la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà. Come per l’articolo 37, anche in questo caso lo Stato membro deve comunicare periodicamente alla Commissione a quali paesi è applicato il concetto di paese terzo europeo sicuro.

L’articolo 40 disciplina le domande reiterate; nel comma 1 è espressamente indicato come ogni Stato membro sia tenuto ad esaminare una nuova domanda presentata da chi aveva già precedentemente chiesto protezione internazionale senza ottenerla a patto che questa rilasci ulteriori dichiarazioni che l’autorità accertante sarà tenuta ad analizzare. La procedura da seguire nel caso di domanda reiterata sarà prima di tutto un’analisi preliminare per accertare se siano emersi o no nuovi elementi (comma 2); se l’esame preliminare darà esito positivo la domanda sarà nuovamente esaminata seguendo l’iter predisposto da ogni singolo stato (comma 3). La presentazione di una domanda reiterata non comporta automaticamente il diritto di rimanere sul territorio dello Stato membro: sono infatti presenti alcune deroghe a riguardo (articolo 41). La prima deroga è relativa al caso in cui la domanda sia stata presentata solo allo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che comporterebbe l’imminente allontanamento del cittadino straniero o nel caso si manifesti la volontà di presentare una nuova domanda reiterata a seguito di una decisione che consideri inammissibile la prima domanda reiterata. Tali deroghe sono consentite solo a condizione che non ci sia alcun rischio di refoulement diretto o indiretto.

5.1.4 Capo IV - Procedure di Revoca della Protezione