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CAPITOLO 3: Altri strumenti per limitare la forestazione

3.2 L’impianto a biomassa legnosa di Santo Stefano di Cadore

3.2.2 Le caratteristiche dell’impianto

L’impianto a biomassa di Santo Stefano di Cadore utilizza indicativamente 4.000 metri cubi di cippato in un anno, che si possono ricavare all’incirca da 4.800 metri cubi di legna. Considerando che il prezzo medio del cippato si aggira attorno agli € 20 al metro cubo, la fornitura costa mediamente in un anno circa € 80.000. Nei periodi di massimo utilizzo dell’impianto, la richiesta giornaliera, che mediamente è di poco più di 10 metri cubi, può arrivare anche a 30 metri cubi al giorno, che corrispondono a circa 36 metri cubi di legname. E’ perciò una domanda consistente che non può non essere soddisfatta e che garantisce comunque una fonte sicura di vendita del cippato. Per assicurarsi da eventuali difficoltà nell’approvvigionamento, la centrale dispone inoltre di silos che consentono di depositare il cippato fino ad un massimo di 300 metri cubi, e dispone di un sistema automatizzato che permette di controllare a distanza il corretto funzionamento dell’impianto, oltre che segnalare il momento in cui è necessario rifornirsi in quanto il prodotto da ardere si sta esaurendo. Inoltre, il sistema preleva automaticamente il cippato dal silos, e permette di controllare a distanza la regolazione della temperatura di esercizio e quella dell’acqua calda che viene trasferita alle utenze.

Figura 3.2: Schema di funzionamento di un impianto di teleriscaldamento.

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In sintesi l’impianto di teleriscaldamento funziona appunto con una caldaia in cui il cippato, prelevato dal silos, viene bruciato per produrre calore e scaldare l’acqua, con temperature che raggiungono anche i 90, 100 gradi centigradi. La centrale è poi dotata di un puffer, ovvero un accumulatore di acqua calda che consente di disporre di una riserva al massimo di 60.000 litri. L’acqua calda, successivamente, attraverso un sistema di pompe e una rete di tubature che si protrae per la città e che nel percorso contiene altri 80.000 litri, arriva alle utenze finali, disponibile per essere utilizzata, in base alle esigenze, come acqua calda sanitaria o per il riscaldamento (figura 3.2). L’impianto di Santo Stefano, che ad oggi ha una potenza installata di 1.200 KW, raggiunge e scalda 12 edifici pubblici, tra cui tre scuole, il palazzetto sportivo, il cinema, il municipio, la sede della Comunità montana e la chiesa, e 65 edifici privati, selezionati secondo un criterio di efficienza basato sulla vicinanza al percorso delle tubature. Come è possibile osservare dalla figura 3.3, allegata a fine testo, il percorso effettuato dalla rete di tubature, che si protrae tra mandata e ritorno per circa 4 chilometri, segue delle vie principali e non si dirama in modo consistente per la città. Ciò perché la rete stessa e la sua posa, essendo sotterranea, hanno un costo che incide notevolmente sulla spesa totale di realizzazione dell’impianto, ed è questo anche il motivo per cui le utenze private allacciate sono state scelte secondo motivi di vicinanza.

Dei 1.200 KW di potenza totale di cui dispone la centrale, 800 provengono dalla caldaia a biomassa legnosa e 400 derivano in realtà da una seconda caldaia, utilizzata solo in casi di malfunzionamento della prima, alimentata a gasolio. La presenza anche di questo tipo di caldaia si è resa comunque necessaria in quanto, nell’eventualità di guasti a quella alimentata a cippato, non è ammissibile interrompere la fornitura di acqua calda alle utenze. Il progetto completo prevede, però, l’installazione di un’altra caldaia a biomassa, della potenza di ulteriori 1.200 KW, posizionata accanto alla prima e di cui già si dispongono gli spazi e gli allacciamenti necessari. E’ previsto, perciò, che il paese si avvalga di una percentuale sempre maggiore di fornitura di acqua calda da fonte rinnovabile, con il chiaro intento di limitare ed eliminare, ove possibile, i sistemi alimentati a gasolio e non solo, i quali risultano essere notevolmente più inquinanti. Anche in termini economici risulta conveniente l’impianto di teleriscaldamento. Per le utenze finali, infatti, si stima un risparmio di circa il 20% rispetto ai sistemi tradizionali,

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ma i risparmi sono notevoli anche per chi gestisce l’impianto. E’ stato riscontrato, nei pochi casi in cui è stato necessario azionare anche la caldaia alimentata a gasolio, che quest’ultima generava un costo di circa € 1.000 al giorno, raggiungendo temperature non al di sopra degli 80° centigradi e consumando quotidianamente più di 600 litri. L’impianto a biomassa, invece, ipotizzando un consumo medio giornaliero di 13 metri cubi ed un prezzo del cippato a metro cubo pari ad € 20, comporta un costo di € 260 al giorno, arrivando però a temperature vicine ai 100° centigradi.

Un aspetto dell’impianto da tenere in considerazione, inoltre, è relativo alla cenere prodotta come scarto della combustione del cippato. Questa, nelle more delle leggi esistenti in materia e della politica del rispetto dell’ambiente, che ha mosso la realizzazione dell’intera struttura, viene raccolta e smaltita separatamente in quanto è considerata un rifiuto pericoloso. Sempre nel rispetto delle normative e dell’ambiente, la centrale è dotata di un filtro nella canna fumaria che impedisce alle particelle inquinanti di fuoriuscire all’esterno.

L’impianto a biomassa di Santo Stefano di Cadore, perciò, permette di raggiungere una pluralità di obiettivi. Oltre alla motivazione economica, senza la quale il sistema non esisterebbe neppure, permette un risparmio pure alle utenze finali. Di maggior interesse per questo lavoro, però, risulta l’aspetto ambientale, in quanto consente di aumentare il peso delle fonti rinnovabili e diminuire così l’inquinamento prodotto da quelle in via di esaurimento (per la precisione, il risparmio in termini di CO2 prodotta

ammonta a circa 800 tonnellate all’anno). Inoltre, premiando la fornitura di cippato da aziende che garantiscano una parte consistente dell’approvvigionamento dalle foreste del territorio locale, è possibile promuovere nel contempo interventi di pulizia e prevenzione dell’ambiente e delle superfici boscate in particolar modo, ma anche azioni finalizzate al recupero dell’originalità del paesaggio, così come indicato da apposite leggi regionali. Per raggiungere quest’insieme di obiettivi, d’altro canto, è presupposto necessario creare un forte coordinamento tra tutti gli attori in causa, a partire dai soggetti pubblici che partecipano finanziariamente all’investimento, a coloro cui spetta la responsabilità di gestire l’impianto e scegliere il fornitore della legna da ardere e, infine, a chi effettivamente esegue gli interventi di taglio e raccolta del legname che sarà poi trasformato in cippato. Senza questo coordinamento sarebbe

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impossibile coniugare efficacemente finalità economiche e ambientali, che, come dimostrato dal caso della centrale termica di Santo Stefano di Cadore, sono effettivamente perseguibili contemporaneamente.