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CAPITOLO 2: Il consumo di suolo e gli interventi per limitare la forestazione in

2.2 La forestazione

L’urbanizzazione è però solo uno degli aspetti che compongono il fenomeno del consumo di suolo. La superficie utilizzabile per scopi agricoli, infatti, è diminuita negli anni anche per un altro principale motivo: la forestazione. I cambiamenti intercorsi nelle zone montane, in particolare dovuti allo sviluppo economico degli ultimi decenni del secolo scorso, hanno portato all’abbandono di molte superfici che prima erano coltivate principalmente da piccole realtà familiari, salvo alcuni casi legati alle caratteristiche del territorio. Queste zone sono state lasciate a se stesse e non più governate, e ciò ha permesso che il bosco circostante avanzasse pian piano fino ad occupare gran parte di quelle superfici che, seppur poco produttive, un tempo erano comunque utilizzate per scopi agricoli. A livello nazionale si stima che la superficie boschiva abbia guadagnato nel corso degli anni più di tre milioni di ettari (INEA, 2012). Spesso l’opinione diffusa è invece quella contraria, legata ad una diminuzione della superficie forestale dovuta alle necessità di nuova urbanizzazione appunto, o per la costruzione di nuovi sistemi

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infrastrutturali e viari, oppure ancora, come accade effettivamente in alcune zone rinomate come, per esempio, quella di Valdobbiadene in provincia di Treviso, per far spazio a vigneti o altre coltivazioni che hanno una redditività maggiore da un punto di vista economico.

Tabella 2.3: Incidenza dei cambiamenti d’uso 1990/2006 nei 13 sistemi di paesaggio, espressa come

percentuale della superficie territoriale del sistema interessato

Fonte: Elaborazioni INEA su dati Corine Land Cover

Come è riscontrabile dalla tabella 2.3, invece, in Italia i cambiamenti maggiori occorsi tra il 1990 ed il 2006 sono quelli dovuti, per il 50%, a nuova urbanizzazione e, per quasi il 40%, a forestazione. I fenomeni di disboscamento sono effettivamente presenti a livello nazionale, ma la loro rilevanza non raggiunge il 10%. Prendendo in considerazione poi il dato relativo ad ogni singolo sistema paesaggistico, arriva la conferma di un ulteriore aspetto: le zone pianeggianti sono state caratterizzate in quest’ultimo ventennio da una forte spinta all’urbanizzazione, con la conseguenza che aree molto fertili, come ad esempio la pianura padana, si sono viste sottrarre buona parte della superficie agricola utilizzabile, riducendo così notevolmente il potenziale di produzione. Le zone di montagna sia nelle Alpi che negli Appennini, all’opposto, si

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sono contraddistinte per una forte spinta verso la forestazione, che si è espansa notevolmente andando a coprire in particolar modo le superfici abbandonate. Il cambiamento ha caratterizzato sia le aree di media e alta montagna che le zone più a valle, dove addirittura la spinta all’urbanizzazione e quella alla forestazione si sono pareggiate come agenti del cambiamento tra il 1990 ed il 2006.

I dati presi in considerazione sono quelli relativi al progetto Corine Land Cover, un’iniziativa sviluppata a livello europeo per raccogliere informazioni sullo stato dei territori delle nazioni aderenti e sulla loro evoluzione nel tempo. Sono state effettuate a proposito tre rilevazioni, precisamente nel 1990, nel 2000 e nel 2006. Lo scopo di tale progetto è quello di “rilevare e monitorare le caratteristiche di uso e copertura del territorio, con particolare attenzione alle esigenze di tutela ambientale” (ISPRA,2010). In particolare, lo studio permette di avere informazioni aggregate, come l’ammontare della superficie modificata artificialmente, quella utilizzabile per scopi agricoli o quella boscata, oppure maggiormente dettagliate fino ad arrivare al quarto livello di scomposizione. Ad esempio, tra le aree coperte da bosco è possibile sapere quanto di questa superficie sia da assegnare a boschi di conifere, misti o di latifoglie, e tra questi ultimi se si tratta di alberi di faggio, di castagno e così via. L’aspetto interessante resta ad ogni modo quello della valutazione circa il cambiamento della copertura di suolo riscontrabile nelle diverse rilevazioni. In un’elaborazione effettuata con riferimento alla Regione Veneto è possibile notare come le superfici modificate artificialmente, che comprendono al loro interno territori urbani continui e discontinui, zone industriali e commerciali, strade, ferrovie, discariche, cantieri, porti, aeroporti ed aree estrattive, siano passate da 129.083 ettari nel 1990 a 147.596 nel 2006, in un continuo crescendo che conferma l’avanzamento dell’urbanizzazione. Lo stesso si può affermare per la forestazione, in quanto l’analisi relativa alle superfici boscate ha visto l’aumentare delle stesse da 338.554 ettari nel 1990 a circa 415.000 nel 2006. Anche il Veneto, dunque, è stato caratterizzato negli anni da una trasformazione del proprio territorio “originale”, assediato da un lato dalla crescente urbanizzazione che ha sottratto in modo particolare territori agricoli fertili (è un fenomeno infatti riscontrabile maggiormente in pianura), e dall’altro da un avanzamento magari non atteso, ma reale, delle superfici

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boschive specialmente nelle zone montane, dovuto all’abbandono dei territori sostanzialmente per motivi di sviluppo economico.

L’aspetto interessante, dunque, è relativo al fatto che nelle zone di pianura si promuovano misure atte ad incrementare la superficie imboschita, incentivando in particolar modo gli imprenditori agricoli a diversificare l’utilizzazione del suolo su cui operano, mentre nelle zone montane gli interventi da favorire siano quelli, all’opposto, inerenti al mantenimento dei territori esistenti, cercando di limitare anzi i fenomeni di abbandono e l’avanzamento continuo di aree di bosco che risultano essere però totalmente incolte. Le motivazioni e le finalità che stanno alla base di questi strumenti differenti sono però simili, e riguardano in via principale la tutela dell’ambiente e la salvaguardia del territorio, sia in termini di prevenzione dai rischi ambientali che di recupero, conservazione e corretta gestione del paesaggio.

Andiamo ora ad analizzare uno degli strumenti utilizzati per contrastare il fenomeno della forestazione nelle zone montane: gli incentivi per lo sfalcio dei prati, il cui compito è anche quello di limitare l’abbandono dei terreni precedentemente coltivati o comunque governati.