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CAPITOLO 3: Altri strumenti per limitare la forestazione

3.2 L’impianto a biomassa legnosa di Santo Stefano di Cadore

3.2.3 Il ruolo delle Energy Service Company

Per la realizzazione di questo impianto è stato però necessario un forte investimento iniziale, e questo potrebbe essere un deterrente alla sua replica in altri contesti in periodi come quello attuale. Esistono a tal proposito delle ESCO (Energy Service Company), le quali, trovando l’interesse di un gruppo di edifici, privati o pubblici, aziende, alberghi o qualsiasi altra potenziale utenza, si propongono di accollarsi loro stesse le spese relative all’investimento per la costruzione della centrale a biomassa, preoccupandosi anche della fornitura di materiale legnoso necessario per il funzionamento e della stesura della rete di tubature necessaria per collegare le utenze. Ovviamente alla base di ciò rimane una prospettiva di guadagno economico, ma, nel contempo, oltre a consentire un risparmio a chi intende usufruire del servizio, quantificabile in un 10-15% rispetto alle forniture tradizionali, aumenta il peso delle fonti rinnovabili nel complesso delle fonti di approvvigionamento e, nel caso in cui si presenti l’interesse, si crea anche la possibilità di contribuire a perseguire contestualmente gli obiettivi di tutela ambientale e paesaggistica, già sottolineati in precedenza. Questi ultimi obiettivi non sono dunque sempre perseguibili in modo diretto, ma potrebbero ottenersi indirettamente tramite la promozione della filiera legno-energia.

Alcune ESCO, infatti, si occupano direttamente dell’approvvigionamento del materiale legnoso occorrente organizzando anche una propria filiera che consente loro di ottimizzare i costi. Il dottor Dissegna, dirigente del’Unità di Progetto Foreste e Parchi, sostiene inoltre che, offrendo un servizio a più alto valore aggiunto rispetto alla vendita di legname, queste aziende riescono ad approvvigionarsi anche da proprietari privati di foreste che generalmente non partecipano al mercato. Infatti, per i forti costi, dovuti soprattutto all’acquisto dell’attrezzatura necessaria, che comporterebbe effettuare direttamente loro stessi l’intervento di taglio e raccolta di legna nelle loro proprietà, e per il basso prezzo offerto loro per l’acquisto del legname da parte di imprese boschive

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terze, spesso tali soggetti preferiscono non compiere alcuna azione, né di un tipo né dell’altro, e lasciare la legna lì dov’è. Considerando anche la forte percentuale di proprietari privati presenti nella Regione Veneto, che supera il 60% se consideriamo solo i soggetti singoli, questo risulta essere un motivo per cui gran parte della ricrescita naturale presente nei boschi, come è già stato osservato, non viene efficacemente sfruttata. Le ESCO, invece, proprio per la generazione di un prodotto che ha più alto valore aggiunto rispetto al legno in sé, riescono ad offrire ai proprietari privati un prezzo più alto rispetto a quello normalmente proposto, in modo da convincerli a cedere il legname presente nelle loro proprietà e da accontentare così entrambe le parti.

In sostanza la funzione che svolgono le ESCO è quella di “agenzie di servizio calore”. Forniscono alle utenze acqua calda che può essere utilizzata sia per scopi sanitari che per il riscaldamento, ed il cliente finale ottiene sia un risparmio nel costo della bolletta sia nella gestione e negli oneri di manutenzione della caldaia tradizionale, che non saranno più di sua competenza. A fronte di ciò l’utente finale deve generalmente sostenere un costo iniziale una tantum per l’allacciamento alla rete, onere che sarà comunque compensato nei primi anni dal risparmio in bolletta.

La problematica in questo tipo di situazione sta nel collegamento tra la finalità economica e quella ambientale, intesa come addizionale rispetto all’utilizzo di energia rinnovabile. Infatti potrebbe facilmente accadere, e spesso succede, che gli interessi economici prevalgano e che le fonti di fornitura del materiale legnoso che viene utilizzato nella combustione vengano scelte in base al prezzo più basso, senza considerare contestualmente criteri di tutela ambientale relativi alla provenienza del cippato utilizzato per il funzionamento dell’impianto. Indirizzare queste attività tra privati risulta di difficile realizzazione, ma nel caso siano coinvolti anche enti pubblici potrebbero più facilmente essere inseriti ed assumere maggior rilevanza anche criteri di tutela ambientale.

Un esempio è quello rappresentato da un’azienda dell’agordino, in provincia di Belluno, che svolge funzioni di agenzia di servizio calore. Questa ha iniziato la propria attività fornendo calore alla locale fabbrica di occhiali “Luxottica”, proponendosi come alternativa ai tradizionali sistemi di riscaldamento. Tale collaborazione tra realtà geograficamente vicine ha permesso di creare una filiera corta nel settore legno-

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energia, con l’approvvigionamento di legname dai boschi del luogo, in cui rilevante è la presenza di latifoglie, tipologia di alberi non propriamente adatti per scopi edili e così utilizzabili per finalità energetiche. L’attività si è successivamente allargata ed ora sono state installate altre centrali a biomassa che forniscono calore anche ad edifici pubblici come, per esempio, gli uffici della sede della provincia di Treviso, le scuole di Pedavena in provincia di Belluno ed altre situate a Pordenone. Ovviamente la distanza dei luoghi in cui si realizzano queste centrali a biomassa con le superfici forestali dove è possibile approvvigionarsi del materiale legnoso necessario non permettono di creare un sistema di filiera corta, e gli oneri di trasporto avranno sicuramente un’incidenza superiore sui costi totali. Ma l’interesse da parte di enti pubblici per questo tipo di attività e l’eventuale inserimento di un accordo che preveda, quanto meno, l’impegno per l’approvvigionamento di legname da lavorazioni di bosco o suoi scarti proveniente, per quanto possibile, dai territori della Regione Veneto, sarebbe sicuramente di aiuto anche per il raggiungimento di obiettivi di tutela ambientale e paesaggistica, oltre che di valorizzazione delle foreste regionali.

La tecnologia è comunque in continua evoluzione, tanto che alle centrali a teleriscaldamento per la fornitura di acqua calda sanitaria o per il riscaldamento si sono affiancati anche sistemi di cogenerazione e di trigenerazione. I primi permettono anche la produzione di energia elettrica, oltre che di calore, mentre i secondi sono impianti di cogenerazione che svolgono anche la funzione di condizionamento. La produzione di energia elettrica da parte di questi impianti consente di beneficiare anche di due sistemi di incentivi, alternativi, predisposti dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), una società per azioni il cui socio unico è il Ministero dell’Economia e delle Finanze. In sintesi, il GSE spiega come i due meccanismi di incentivo sono i Certificati Verdi, ovvero “titoli negoziabili, rilasciati sulla base dell’energia elettrica prodotta dagli impianti”, e le Tariffe Onnicomprensive, che sono appunto “tariffe fisse di remunerazione dell’energia elettrica immessa in rete”.

Queste ulteriori opportunità, rilasciate a livello statale per favorire la diffusione delle energie rinnovabili, concedono sicuramente un ulteriore contributo verso un incremento nell’utilizzo di questo tipo di tecnologia e permettono così potenzialmente di rafforzare le basi per incrementare l’utilizzo di lavorazioni da bosco o suoi scarti, invece che

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quelle provenienti dalle segherie fuori regione, e di promuovere la diffusione di una filiera corta nel comparto legno-energia. Per ottenere questi risultati sarà però necessario, come è già stato sottolineato, un forte coordinamento fra gli attori in causa, con gli eventuali soggetti pubblici coinvolti che sono chiamati a prestare attenzione anche ad aspetti come la provenienza della fornitura di materiale legnoso per mirare, così, anche a finalità di tutela ambientale.

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CAPITOLO 4. IL PROGETTO CARBOMARK PER UN