• Non ci sono risultati.

Anticipata dall’eroicizzazione e dall’esaltazione di virtù esemplari per mezzo dell’accostamento a figure mitologiche, la sacralizzazione politica di Napoleone mirava a sottrarlo alla dimensione ordinaria e contingente dell’esperienza per renderlo incontestabile. Gli attori principali di questo processo – talvolta per loro propria iniziativa, in altre occasioni per adeguarsi alle sollecitazioni governative – furono naturalmente gli ecclesiastici, poiché erano coloro che abitualmente gestivano il sacro, fungendo altresì da mediatori fra di esso e la società. Per questa ragione ritengo opportuno dedicare un intero capitolo a questo tema all’interno di una più ampia cornice, la quale formerà la prossima sezione di questo lavoro e riguarderà le celebrazioni religiose in onore del Primo Console / Imperatore. Tuttavia anche prefetti, amministratori locali ed alti ufficiali riuscivano ad accostare Napoleone al sacro per mezzo di cerimonie e discorsi pubblici: sarebbe stato del resto controproducente lasciare al clero – per quanto sottoposto ad una funzionarizzazione – il completo monopolio di un’arma tanto potente. Si è già osservato che tale sacralizzazione – intesa da Gordon Lynch in senso ampio come costruzione di una «absolute, non- contingent realit[y] which present[s] normative claims over the meanings and conduct of social life» – si manifestava anche se in forma non del tutto compiuta sia con la magnificazione costante della gloria bellica personale, assurta non solo ad attributo “naturale” di Bonaparte ma anche a stella polare della sua politica estera e dei comportamenti sociali attesi nella Grande Nation, sia con la (ri)scrittura della storia, in un continuo superamento delle virtù di personaggi divenuti quasi mitici, incisi nella memoria dei secoli490.

Si trattava evidentemente di fenomeni privi di una data precisa; se nel campo più propriamente religioso emergono come momenti di svolta il 1801 – ratifica del Concordato con il

490 Provocatoriamente, ma non senza ragione e con grande raffinatezza, Chateaubriand scriveva: «Bonaparte n’est plus

le vrai Bonaparte, c’est une figure légendaire composée des lubies du poète, des devis du soldat et des contes du peuple; c’est le Charlemagne et l’Alexandre des épopées du Moyen Âge que nous voyons aujourd’hui». Cfr. R. de Chateaubriand, Mémoires d’Outre-tombe, Paris, Livre de Poche, 1973, vol. 2, p. 413, citato da J.-O, Boudon, Grand

pontefice – ed il 1806 – introduzione ufficiale del culto di San Napoleone e del nuovo Catechismo imperiale – rimane più complesso introdurre una periodizzazione circa l’avvicinamento di Napoleone ad una dimensione sacra nell’ambito delle cerimonie civili491. L’ascesa al trono

imperiale costituì nondimeno un evento essenziale: in quel momento l’eccezionalità ed il carisma personale di Bonaparte fino ad allora esaltati nelle festività poterono incontrare il divino associato da secoli all’esercizio della sovranità, specialmente quella imperiale. Da questa fusione sia di due tipi di carisma – quello personale e quello riconosciuto alla funzione monarchica (Amtcharisma, o «charism of office»492) – sia di due varianti di richiamo al soprannaturale – in termini mitologici-

eroicizzanti da un lato, con riferimento all’origine divina del potere dall’altro – derivò la più compiuta forma di sacralizzazione cui il regime napoleonico potesse andare incontro. Tale processo si intensificò con la svolta del 1806, relativa alla definitiva istituzionalizzazione della festa del 15 agosto, e si diffuse negli anni successivi divenendo rapidamente moneta corrente nella simbologia e nella retorica encomiastica del regime imperiale sino al suo crollo.

Uno degli esempi più interessanti è rappresentato dall’esaltazione di Napoleone promossa dal maire del villaggio di Bouillancourt-en-Séry e presidente del cantone di Gamaches, Jacques Leboucher de Richemont, in occasione della festa di San Napoleone del 1806: questa testimonianza permette infatti di misurare quanto in profondità fosse penetrato l’uso di celebrare l’Imperatore connettendolo al sacro, tanto da trovare applicazione da parte di alcuni amministratori locali anche in centri abitati di piccola taglia e privi di grandiose cerimonie. Leboucher de Richemont non era in realtà nuovo a sperticati elogi per il regime; egli aveva anzi dato prova di qualche ambizione letteraria nel corso dei due anni precedenti, quando ispirato dall’arrivo del pontefice a Parigi per l’incoronazione imperiale aveva pubblicato un’opera dal titolo Notice historique sur les voyages

491 In ambito pittorico risultano impressionanti per la potenza stilistica e l’accostamento al sacro due quadri. Il primo

è la tela di Antoine-Jean Gros, Bonaparte visitant les pestiférés de Jaffa (1804), in cui è palese l’allusione ai poteri taumaturgici dei re di Francia usi a toccare le scrofole dopo la loro consacrazione a Reims, come identificato per primo da W. Friedländer, Napoleon as “Roi thaumaturge”, «Journal of the Warburg and Courtauld Institutes», 4 (1940-1941), pp. 139-141. Il secondo è invece un dipinto del 1806 di Jean-Auguste-Dominique Ingres, Napoléon sur le trône

impérial, che riprendeva schemi compositivi tipici delle raffigurazioni del Cristo pantocratore di matrice bizantina.

492 E. Berenson and E. Giloi (ed.), Constructing charisma: celebrity, fame and power in nineteenth-century Europe,

New York, Berghahn Books, 2010, p. 13. La definizione appartiene all’opera di Max Weber, secondo il quale le monarchie tradizionali possedevano sia un diffuso “hereditary charisma” (Erbcharisma) inerente alla dinastia – mancante nel caso della sovranità napoleonica almeno sino al 1811 – sia un certo “charisma of office” (Amtcharisma), che risiedeva nelle istituzioni di cui erano vertici. Per queste ragioni, secondo il celebre sociologo, i detentori della sovranità continuavano ad essere circondati da una certa aura sacra. Tuttavia l’evoluzione della regalità nel corso dell’Ottocento fece sì che a fine secolo la rivendicazione del proprio diritto di sedere sul trono in termini storico- dinastici non fosse più sufficiente, così come carente era altresì la legittimità offerta dall’Erbcharisma e dall’Amtcharisma: per questo motivo l’imperatore Guglielmo secondo di Prussia tentò di sviluppare un genuino carisma individuale, legato alla sua persona; in proposito si veda nel medesimo volume il contributo di M. Kohlrausch,

des papes en France, sur le sacre de nos rois, et sur leurs relations avec la cour de Rome493, nella

quale insisteva sulla continuità storica che legava Napoleone ai precedenti sovrani francesi, elogiava i buoni rapporti intessuti con il papa e commemorava l’approdo al trono imperiale. Nel discorso da lui rivolto ai suoi amministrati nel 1806, tuttavia, Leboucher de Richemont accentuò la carica sacrale di cui ammantava la persona dell’Imperatore, definito come «l’homme […] dont Il [Dieu, nda] dirigéait les pas»494. A segnalarlo non era soltanto lo stile retorico ispirato ai salmi

biblici («la main du Seigneur a déployé sa force, la main du Seigneur a exalté Napoléon et nous a delivré des nos ennemis») né la comparazione con i condottieri del popolo ebraico parimenti guidati dalla mano divina («tous les héros de l’ancien testament les Josué, les Gedeon, les David, les Judas- Machabée ne sont ils pas surpassés aujourd’hui par le héros sur la tête de qui notre bonheur repose?»), e nemmeno l’argomentazione secondo cui l’autorità discendeva dalla divinità. Ciò che rendeva palese la dinamica sacralizzante sottesa era la dichiarazione secondo cui i sovrani erano «les dieux de la terre établis par le Dieu du Ciel»: il regime politico da loro presieduto e le leggi da loro introdotte erano perciò sacri ed inviolabili, tanto da rendere qualunque violazione o forma di opposizione pari al sovvertimento di un ordine non controllabile dall’autonoma volontà umana.

Naturalmente anche una simile prospettiva conobbe una variegata contestazione. Come si preciserà meglio nella prossima sezione, dal punto di vista del clero suscitava perplessità o avversione non solo, o non tanto, la strumentalizzazione del dato religioso-sacrale a beneficio del politico, quanto piuttosto la sottrazione del controllo e della gestione del sacro alle strutture ecclesiastiche, evidente in particolare quando erano i funzionari pubblici stessi a farsi illustratori della sacralità dell’Impero: da ciò discendeva infatti la possibilità di indicare e legittimare le norme cogenti di condotta e di pensiero della società. Il nodo dello scandalo era insomma una politica

493 J. Leboucher de Richemont, Notice historique sur les voyages des papes en France, sur le sacre de nos rois, et sur

leurs relations avec la cour de Rome, Paris, chez Fain jeune, 1804. Una traduzione rivista ed aumentata in lingua

italiana apparve l’anno successivo con il titolo Notizia storica sui viaggj dei papi nella Francia, sulla consagrazione

dei suoi Re’, e sulle loro relazioni con la corte di Roma, in Parigi, presso il libraio Debrai, 1805. Una decina di anni

dopo, divenuto nel frattempo maire di Noyon, Leboucher de Richemont si trasformò in un incensatore della monarchia restaurata con il suo Discours prononcé par M. Le Boucher de Richemont, Maire de Noyon, sur la Grande-Place de

ladite Ville, le 19 Mai 1816, au sujet de l’inauguration du buste de Sa Majesté Louis XVIII le Désiré…, Paris,

Imprimerie de Migneret, s.d. [1816]. È interessante notare che in questa allocuzione, oltre a scagliarsi contro quei «Napoleonistes incorrigibles» colpevoli di cospirare contro la tranquillità del regno, egli intendesse dimostrare che Louis XVIII era il «chef de gouvernement, qui, indépendamment de ses droits sacrés et imprescriptibles, [convenait le] mieux à des Français dans le moment actuel»: ciò dimostrava che l’esperienza napoleonica aveva screditato il mero ricorso al divino come fonte di legittimità poiché tale elemento era stato facilmente strumentalizzato da un uomo ritenuto un usurpatore, ed al contrario aveva imposto la virtù individuali, le qualità personali ed una sorta di carisma come condizione necessaria per essere ritenuti credibili, affidabili e meritevoli della corona. La diffusa mobilitazione di varie argomentazioni è messa in luce da C. Legoy, L’enthousiasme désenchanté. Eloge du pouvoir sous la

Restauration, Paris, Société des Etudes Robespierristes, 2010.

494 AN, F/1c I/103, dossier 3 Fêtes diverses, copia del discorso del maire di Bouillancourt-en-Séry inviata al ministro

fortemente autonoma, tanto da investirsi direttamente del sacro. Le risposte popolari si declinavano invece in modi diversi: nei casi migliori la sacralizzazione poteva suscitare indifferenza, imporre sottomissione o riattivare reminiscenze dell’antica dignità monarchica mai del tutto sopite. In quelli più sfavorevoli, invece, poteva sollecitare attacchi che non negavano a Napoleone una dimensione quasi soprannaturale ma ne invertivano la portata in senso negativo, dipingendolo in forme demoniache come flagello della collettività; oppure poteva scatenare un complessivo disconoscimento della sacralità della sua persona e dell’origine divina della sua gloria e del suo potere. In quest’ultimo caso la rabbia dei cittadini si dimostrava del tutto indifferente persino nei confronti delle indicazioni ricevute dalle autorità pastorali: nel settembre 1813 all’alba dell’ennesimo Te Deum prescritto per ringraziare l’Altissimo per le ultime vittorie dell’Imperatore sulle porte del duomo di Genova fu affisso un corto manifesto nel quale senza troppe remore venne insultato l’arcivescovo della città, colpevole di voler «faire croire au peuple que Dieu fait des miracles pour le c… [cul?, nda] de Napoléon»495.

Anche le immagini caricaturali furono poste al servizio della denuncia e dello scherno nei confronti di un potere politico che si voleva trascendente ed inglobante; fra quelle di produzione francese spicca La medaille N° Ier, les chiens couchans ou la cour du grand Cirus, di mano anonima

(Fig. 12)496. Ispirata forse al Napoléon Ier sur le trône impérial di Ingres, la caricatura mostrava

però l’Imperatore su un trono fatto di cannoni e proiettili di grosso calibro, da cui si levavano baionette in guisa di raggi luminosi; al posto dei regalia compariva una falce, parimenti allusiva alla distruzione causata dalle sue campagne militari, mentre ai suoi piedi un gruppo di cani simboleggiava il servilismo di una serie di gruppi sociali identificabili grazie alle loro vesti ed ai loro attributi, cioè i militari, i letterati, l’alto clero, gli ex rivoluzionari, i magistrati ed i politici al servizio del suo governo. Alcuni dettagli precisavano inoltre che l’oggetto della satira era la strumentalizzazione della religione ed una brama di potere tale da portare all’auto-sacralizzazione: al collo di Napoleone pendevano la stella della Legione d’Onore, una croce e una mezzaluna islamica, quasi a voler porre sullo stesso livello l’emblema di un’istituzione politico-militare ed i simboli di due religioni storiche, peraltro del tutto intercambiabili secondo le momentanee

495 AN, F/1cIII/Gênes/2, dossier Correspondance et divers an XIII – 1814, lettera confidentielle del prefetto al ministro

dell’interno, 29 settembre 1813.

496 Non è chiaro quando sia stata ideata e pubblicata: secondo il Musée de l’Armée, che ne conserva una copia,

daterebbe intorno al 1806, mentre secondo Clerc, La caricature, cit., p. 151 risalirebbe al novembre 1813. Il conio di medaglie commemorative era estremamente comune per celebrare vittorie militari o altri lieti eventi, come dimostrano A. L. Millin, Medallic history of Napoleon. A collection of all the medals, coins, and jettons, relating to his actions

and reign. From the year 1796-1815, London, Rodwell, 1819, e A. Turicchia, Il ventennio napoleonico in Italia attraverso le Medaglie, Roma, Progettazione Grafica e Fotografie Ferdinando Bartoli, 2006. La forma stessa della

ambizioni dell’Imperatore497; sul suo capo si ergeva invece non solo la corona imperiale, ma anche

la tiara papale, così da alludere alla sua volontà di concentrare sulla sua persona l’autorità temporale e quella spirituale.

Anche le potenze nemiche si resero conto di quanto stava accadendo e tentarono di depotenziare, ribaltare o demonizzare l’afflato sacralizzante della propaganda napoleonica per mezzo della diffusione di caricature498. La megalomania dell’Imperatore venne sfidata da James

Gillray (1756-1815) nel 1808 con la sua Apotheosis of the Corsican-Phoenix (Fig. 13)499: l’apoteosi

di Napoleone cui si faceva allusione nel titolo si trasformava in realtà in un’auto-immolazione sui Pirenei, riferimento alla campagna di Spagna appena intrapresa destinata ad un completo insuccesso. La trasformazione in un idolo demoniaco era invece completa nel caso di una tarda caricatura di Thomas Rowlandson, Hell hounds rallying round the idol of France500, databile al

principio del 1815 (Fig. 14): un gruppo di creature mostruose identificabili con alcuni dei maggiori generali e collaboratori dell’Imperatore – Savary, Vandamme, Fouché, Davout, Caulaincourt, Ney e Lefebvre – onoravano con una danza sfrenata il ritorno di Napoleone, divinità infernale il cui busto si ergeva sopra una moltitudine di teste mozzate. Ancora più interessante risulta però la coeva versione anonima tedesca di questa caricatura, intitolata Das Idol der Franzosen (Fig. 15)501.

Benché la composizione fosse molto simile, la fattura artistica meno accurata ed il volto dell’Imperatore non immediatamente riconoscibile, una singola iscrizione riusciva a modificare il significato dell’immagine ed a renderla ancora più significativa secondo la prospettiva da me adottata: una delle figure diaboliche pronuncia infatti le parole «Juch hé, heute ist der 15te August!

Heute ist Festtag!», dimostrando così che i festeggiamenti rappresentati non celebravano l’episodico riapparire di Napoleone sulla scena politica europea dopo l’esilio elbano, ma la principale fra le festività civiche imperiali. Anche al di fuori della Francia e dei suoi Stati-satellite, insomma, le cerimonie per il 15 agosto erano individuate come il più palese momento di

497 Si trattava di un’allusione evidente alle voci secondo cui Bonaparte, nel corso della campagna d’Egitto, sarebbe

stato pronto a convertirsi all’Islam pur di servirsi della religione per meglio stabilire il controllo francese sul Levante. Sulle relazioni fra Bonaparte e le autorità islamiche del paese si vedano S. Englund, Napoleon: a political life, New York, Scribner, 2004, pp. 131-136, e J.-O. Boudon, La campagne d’Egypte, Paris, Belin, 2018, passim.

498 Sulla “scoperta” di Napoleone nell’ambiente dei caricaturisti inglesi e sulle sue prime rappresentazioni rimando a

P. Dupuy, Quand Bonaparte était déjà Napoléon: aux sources de l’image caricaturale de Napoléon en Grande-

Bretagne, «Cahiers d’histoire. Revue d’histoire critique», 131 (2016), pp. 21-37.

499 Questa stampa a colori, conservata al British Museum, è stata altresì pubblicata in H.-P. Mathis (Hrsg.), Napoleon

I. im Spiegel der Karikatur: ein Sammlungskatalog des Napoleon-Museums Arenenberg mit 435 Karikaturen über Napoleon I, Zürich, Verlag Neue Zürcher Zeitung, 1998.

500 Ivi, n. 75.

501 Ivi, n. 362. La caricatura digitalizzata è disponibile (data di ultima visualizzazione il 4 gennaio 2019) sul sito web

sacralizzazione del potere napoleonico, ed attraverso il ribaltamento dei canoni celebrativi si cercava di suscitare scherno, sdegno e disgusto verso tale fenomeno.