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U N CASO DI STUDIO DI S TORIES OF THE W ORLD AL D URHAM U NIVERSITY O RIENTAL

FANNO LE SCELTE ADEGUATE ? C ASO DI STUDIO PRESSO IL M USEUM OF W ORLD OF

5. U N CASO DI STUDIO DI S TORIES OF THE W ORLD AL D URHAM U NIVERSITY O RIENTAL

MUSEUM: CO-CREAZIONE E ESPOSIZIONI TEMPORANEE

Il Durham Oriental Museum appartiene all’Università di Durham (Regno Unito): la collezione ivi contenuta, iniziata nel 1940 per supportare le ricerche della Scuola di Studi Orientali, ha ad oggetto manufatti provenienti da Medio Oriente, India, Cina e Sud Est asiatico.

Antecedentemente a Stories of the World il museo si era occupato di progetti comunitari legati ai giovani adolescenti, ma in scala ridotta e per periodi di tempo limitati.

Stories of the World ha offerto l’opportunità di sperimentare nuovi approcci metodologici che

hanno incrementato la fruizione alle esposizioni da parte di un nuovo pubblico di giovani. Sin dalle prime battute, il Museo ha programmato una serie di obiettivi ponendo le attività di curatela al centro progetto denominato Made in China: Exports and Experiences. (Allen et al. 2012).

Il programma prevede innanzitutto l’ideazione, direzione e curatela delle attività da svolgersi da parte di giovani adolescenti, i quali possono selezionare gli oggetti da esporre tra tutti quelli presenti nel museo, ivi compresi quelli conservati nei magazzini. Tale scelta assume cardinale rilevanza essendo tutta l’esposizione incentrata sugli oggetti, i quali debbono essere valorizzati con elementi innovativi, tra i quali anche l’uso della tecnologia. Nella fase esecutiva del progetto i giovani, poi, debbono coinvolgere le comunità di immigrati (diaspora

community).

In una prima fase, il Direttore ha predisposto percorsi di formazione professionale per i giovani partecipanti inerenti la manipolazione degli manufatti, la sicurezza del sito e l’uso del database del museo. La partecipazione dei giovani come curatori ha comportato la diminuzione dell’intervento dei dipendenti e, nel contempo, ha costituito occasione di elevata soddisfazione personale. Sono stati ad esempio i giovani a decidere di non includere nell’esposizione gli oggetti che essi stessi avevano ritenuto troppo fragili per poter essere esposti senza pregiudizio alcuno per la loro conservazione; indi hanno optato per il mostrare riproduzioni fotografiche di detti oggetti.

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I giovani hanno potuto, in concreto, scegliere tra i diversi oggetti disponibili accedendo al database di tutti i reperti ivi contenuti; indi hanno assunto decisioni informate sui singoli oggetti che era opportuno includere ovvero escludere.

Al riguardo è interessante constatare che i professionisti del museo inizialmente hanno manifestato perplessità in ordine all’utilizzo del database da parte dei giovani, paventando il rischio di tediarli; per contro, proprio il database è stato, di fatto, uno degli strumenti che ha consentito una buona realizzazione del progetto. Ciò ha consentito, invero, anche al pubblico dei visitatori di ammirare oggetti prima di quel momento rimasti inediti in ragione dell’ubicazione degli stessi nei depositi del museo. I giovani, approfondita la conoscenza delle collezioni e apprese le buone pratiche per l'interpretazione degli oggetti, hanno lavorato a stretto contatto con la comunità cinese, che li ha supportati nell’allestimento dedicato agli oggetti dell’estremo oriente. Si sono così svolti incontri regolari tra i giovani curatori e i membri dell'Associazione Nord Orientale Cinese, l’Università di Teikyo (Giappone) e l'Associazione studentesca cinese di Durham. Una giovane partecipante al progetto, di 18 anni, ha maturato il desiderio di viaggiare in Cina e studiare la cultura cinese in seguito ai contatti con la comunità cinese a Newcastle. Altri giovani che hanno preso parte al progetto si sono iscritti successivamente all'Università di Durham o hanno elaborato il desiderio di lavorare nei musei.

Il progetto e la co-creazione dell’esposizione temporanea hanno avuto un impatto altrettanto significativo sul museo.

In primo luogo, il museo, al fine di continuare le collaborazioni e co-produzioni con i giovani, sta attualmente cercando finanziamenti per lo sviluppo di progetti futuri che includano il coinvolgimento di adolescenti.

In secondo luogo, il museo adotterà alcuni dei nuovi pensieri interpretativi sviluppati dai giovani curatori. Ad esempio, i giovani curatori hanno elaborato un sistema di etichettatura a tre livelli per gli oggetti, la prima con la descrizione dell’oggetto presente nel database, la seconda con la propria interpretazione e la terza con l’interpretazione della comunità cinese. Tutta l'etichettatura e la pubblicità della mostra sono state prodotte nelle lingue inglese e cinese.

I giovani curatori infine hanno adottato il PenFriend RNIB, in appendice alle guide audio tradizionali. Trattasi di un dispositivo a basso costo facente parte della tecnologia soft, che consente alle persone ipovedenti di apprezzare la visita al museo; è però anche in grado di offrire un criterio alternativo di engagement ad altri visitatori. Per utilizzare il PenFriend, il visitatore ha bisogno soltanto di accendere la penna e di sfiorare l’etichetta adiacente l’opera o

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l’oggetto museale; si attiva così automaticamente l'audio. Le tracce audio descrivono il layout della galleria, la disposizione di bacheche ed oggetti nella sala, oltre a guidare i visitatori in un percorso che comprende l'analisi di oggetti touch permanentemente installati nei display. Non esiste alcun limite alla quantità di informazioni, che possono così essere memorizzate per ciascuna etichetta e i file audio possono essere registrati più e più volte se le informazioni devono essere modificate o aggiornate.

Curata da un gruppo di venti studenti di età compresa tra i 16 ei 25 anni, la mostra Made in

China: Exports and Experiences combina artefatti, archivi, materiali archeologici e storie

orali per raccontare la sua storia. I giovani coinvolti hanno selezionato un'inusuale combinazione di oggetti e contemporaneamente hanno sperimentato nuove ed eccitanti modalità di curatela anche attraverso l’utilizzo di strumenti e apparati digitali, ma, come sottolineato da Allen et. Al.(2012, 2), l'aspetto digitale non ha modificato l'esperienza fisica della mostra.